Troppe scelte stressano il bambino

scelte-stress-bambiniNoi genitori moderni nel tentativo di prendere le distanze dal genitore autoritario d’altri tempi, e mostrarsi più democratici, tendiamo a coinvolgere molto i figli nelle scelte che riguardano il bambino stesso o addirittura la famiglia nel suo insieme. Chiediamo ai nostri figli cosa vogliono mangiare a cena, cosa vogliono fare il fine settimana, che sport vogliono praticare, ma anche se vogliono stare con la mamma o con il papà.

La portata delle scelte e la quantità di alternative possibili sono motivo di stress per un bambino, il cui cervello non ha ancora raggiunto lo sviluppo necessario ad avere capacità di astrazione e di comprensione delle conseguenze. In realtà è provato che troppe possibilità di scelta sono motivo di stress anche per gli adulti. Io ad esempio trovo impossibile scegliere la pizza in un menù che ne comprende una trentina, e finisco per prendere sempre la solita, ma so di essere un caso quasi patologico. La decisione apparentemente semplice di cosa si vuole mangiare per cena, richiede ad esempio la capacità di ricordare il sapore di tutti o molti alimenti, rivivere la sensazione di quando li abbiamo mangiati l’ultima volta, e naturalmente prevedere se il nostro stomaco avrà voglia di un piatto leggero o sostanzioso.
I lobi frontali del cervello, responsabili di aiutarci a prendere decisioni, non sono sviluppati in modo adeguato fino ai quattro anni di età, e lo sviluppo delle capacità intellettuali, il senso della morale e di controllo
degli impulsi non è completato fino ai 25 anni.
Il fatto che il cervello non sia completamente sviluppato non significa però che non dobbiamo insegnare ai nostri figli ad allenare la capacità di effettuare delle scelte.

Se il bambino dimostra voglia di indipendenza, ad esempio durante la fase critica dei 2 anni, coinvolgerlo nelle scelte che lo riguardano può aiutare a limitare i conflitti che si susseguono al ritmo vertiginoso di uno ogni 3 minuti, tipico di questa età. Come possiamo farlo senza generargli stress? La soluzione è quella di mantenere il numero di scelte limitato a due possibilità. Vuoi mangiare polpette o pollo questa sera? Vuoi indossare la maglietta blu o quella verde? Far scegliere il bambino gli trasmette il messaggio che ci interessa avere la sua opinione, che lo consideriamo capace di fare una scelta e ci assicura la sua preziosa collaborazione. Non dimentichiamoci di incoraggiarlo quando ad esempio compie una scelta spontaneamente, dicendo ad esempio “hai scelto proprio un bel libro!” ln questo modo il bambino si sente in grado di riuscire a fare delle scelte e aumenta la sua autostima.

Non bisogna richiedere ai bambini di fare scelte che sono troppo difficili per loro. Per un bambino di 2 o 3 anni è impossibile sapere quante polpette sarà in grado di mangiare. Se gli viene posta la domanda è molto probabile che risponda in modo emotivo piuttosto che razionale, non essendo in grado di prevedere quante polpette sono necessarie a sfamarlo, e non ha modo di fare un calcolo approssimato sulla base di esperienze precedenti. Il Vikingo ad esempio risponde sempre “cinque!” perché crede che quello sia il numero massimo possibile (in quanto coinvolge tutte le dita di una mano), e lui è nella fase dello sviluppo in cui “tanto, grande e forte” sono gli unici aggettivi che vale la pena conoscere.
E’ meglio mettere un numero minimo di polpette nel suo piatto, e dirgli che se ne vuole altre dopo che ha finito di mangiare quelle che ha, può tranquillamente averle. In questo modo la scelta la fa il genitore ma si lascia spazio al figlio di modificarla in caso lo voglia.

Ma come si fa a sapere quale tipo di scelta è troppo difficile per i nostri figli? Quali scelte sono appropriate per quali età? Non esistono ovviamente delle regole generali, ma solo delle indicazioni di massima soprattutto per i più piccolini. Iniziare con scelte facili tra due possibilità con i più piccoli, aumentare il grado di difficoltà della scelta a seconda dell’età, esercitarci con i più grandi a valutare le possibili conseguenze di certe scelte. E’ importante prestare sempre attenzione alla reazione del bambino. Spesso succede infatti che il bambino quando interrogato cerca rassicurazione nell’espressione del nostro volto per stabilire quale è la scelta giusta da fare.

Attenzione però a non delegare ai bambini scelte che sono responsabilità di noi adulti. Non è sempre positivo lasciargli la libertà di scegliere e a volte bisogna accettare di lasciarli piangere. Stabilire l’ora in cui mangiare o dormire è una responsabilità del genitore e non del bambino. Decidere tra il vivere con mamma o con papà in caso di separazione è una scelta troppo difficile per chiunque, a maggior ragione per un bambino che ha paura di far soffrire il genitore non scelto. Bisogna aver coraggio di coprire il nostro ruolo di genitori, assumendoci le nostre responsabilità educative. Quando chiediamo al bambino di scegliere chiediamoci se lo stiamo facendo per il suo bene o perché noi non abbiamo il coraggio di farlo.

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18 thoughts on “Troppe scelte stressano il bambino”

  1. Ciao Serena! Complimenti per questo articolo! Per me questo e’ un argomento chiave, mio figlio a 3 anni vuole decidere TUTTO. E alle volte mi manda cosi’ in confusione da farmi dimenticare che il genitore sono IO. Sono d’accordissimo con te, il bambino non puo’ capire se una cosa mira al suo bene o meno, quindi bisogna lasciarlo decidere solo su cose per cui la sua psiche ha gia’ maturato la capacita’ di discernimento. Ne parlavamo con mio marito proprio in questi giorni, per darci delle linee guida comuni. Poi ho trovato questo articolo e credo me lo stampero’! 🙂 peccato non avervi potuto conoscere al MomCamp.

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  2. Io penso che come in ogni cosa giudicare dal di fuori è sbagliato. Sicuramente nell’articolo molto non è stato detto perchè a mio avviso il giornalista ha letto la notizia Ansa e la riporta arricchendola di qualche fronzolo, ma la cosa non mi stupisce più di tanto, quando spesso si leggono articoli completi e ben fatti?? Raramente. Comunque SE la storia fosse vera, qui l’amore e la protezione non c’entrano niente, qui c’è una patologia vera e propria che va scoperta e curata. Purtroppo ultimamente, non solo in Italia, si è sentito parlare di bambini “segregati” e privati dell’infanzia e spesso è tutta la famiglia ad essere coinvolta. Ciò che mi stupisce è la scuola: il bambino ha 12 anni? In tutti questi anni solo una segnalazione in prima elementare? Hanno chiuso tutti gli occhi?

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  3. @Silvietta bentornata!

    @mammadicorsa stai scherzando! L’alternativa poco invitante una delle nostre tecniche preferite con il Vikingo? Altro che ricatto, si chiama sopravvivenza. Finché dura ovviamente, che ad un certo punto mi sa che la pacchia finisce 😉

    @VmnP al bonus sullo sviluppo del linguaggio non avevo pensato. Bella riflessione!

    @supermambanana ha detto già tutto l’avvocato 🙂

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  4. il modo di raccontarla dei giornali e’ veramente superficiale, e’ che io mi aspetto sempre un po’ di piu’ dai giornalisti e invece… vedi ad esempio, tanto per andare ancora piu’ fuori dal tema, come hanno raccontato oggi la vicenda del padre italiano che ha ucciso la figlia che usciva con un albanese, in che luce lo hanno messo e confronta con la luce in cui una cosa assolutamente analoga e’ stata messa qualche settimana fa, dove il padre invece era marocchino…

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  5. Non solo l’incuria, ma anche l’ipercura rientra nei maltrattamenti infantili. Nei casi più gravi può sfociare nella sindrome di Munchausen per procura: in parole molto povere, la madre arreca danno al bambino per potersene prendere cura, e per dimostrare a tutti di essere una madre attenta e amorevole.

    L’articolo però è incompleto e fuorviante, e concordo con Silvia, in questo… difficilissimo capire cosa è successo.

    Sta di fatto che, se queste persone erano state già condannate per lo stesso reato, non dovevano continuare ad esserne i tutori.
    Ma si sa che in Italia la Legge è molto protettiva nei confronti della famiglia originaria, e tende a preservarne l’integrità anche in casi estremi.
    Per questo così pochi bambini, in Italia, godono dello stato di adottabilità, ahimè.

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  6. @supermambanana: ok, magari la segnalazione è fuori tema, ma io la colgo in pieno e non sai quanto vorrei discuterne.
    Mi permetto di affermare, contrariando magari molti, che, alla luce della mia esperienza personale, i casi giudiziari sono riportati dalla stampa sempre in modo superficiale e con grandissime lacune ed imprecisioni. Le sentenze sono fraintese e si tende a mettere in luce gli aspetti che fanno “colore” rispetto ai temi centrali.
    Ti faccio notare un particolare di quell’articolo: i nonni e la mamma hanno evidentemente il ruolo dei “cattivi”. Per gettare una luce più “sinistra” sul loro conto, si evidenzia un dato del tutto inconferente e cioè che il loro avvocato sarebbe un senatore pdl: quelle semplici due parole tra parentesi lasciano immaginare chissà quali giochi di potere e quali deviazioni dal corso ordinario della giustizia. Visto cosa si fa con due parole?
    In realtà è un dato assolutamente fuori contesto: perchè l’autore dell’articolo non mi indica anche un particolare per ognuno deli altri due avvocati che cita? Per esempio se avessero nominato me, avrebbero dovuto scrivere l’Avv. Silvia Pincopallino (autrice di un blog): e che significato avrebbe avuto?

    Qui sicuramente gli assitenti sociali saranno intervenuti, sollecitati, oltre che dal padre, sembrerebbe anche dalla scuola, come succede (per fortuna) spessissimo. I casi in cui i bambini sono letteralmente “salvati” dai loro insegnanti sono numerosissimi.
    L’intervento dei servizi sociali, però, è spesso piuttosto superficiale. Seguono le indicazioni dei giudici, fanno una relazione e via, avanti il prossimo. Del resto è anche vero che spesso non sono messi in condizione di fare di più.

    Nel racconto di questa vicenda qualcosa non quadra: se il nonno e la madre erano stati già condannati in passato per lo stesso reato (maltrattamenti aggravati), cosa ci faceva il bambino affidato ancora a loro? Come mai il padre non ha quantomeno anche lui l’affidamento del bambino? Questo ci spiega che, della vicenda giudiziaria, ci mancano pezzi fondamentali, che rendono un po’ sgangherata la presentazione del fatto.

    Insomma, la vicenda mi inquieta per il fatto di per sè (perchè ti assicuro che anche dal punto di vista che mi offre questo lavoro, io non finisco mai di stupirmi e, grazie al cielo, non mi arrendo mai all’evidenza di averne ormai sentite di tutti i colori) ed anche per il solito modo in cui è raccontata.

    Ed eri tu leggermente fuori tema????

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  7. Gran bel post! E poi proprio questi giorni noi abbiamo discusso a casa di come la costante offerta di scelte semplici possa addirittura favorire il bilinguismo di nostra figlia ed in generale favorire lo sviluppo del linguaggio. Infatti fare solo domande a cui c’è solo bisogni di rispondere con un si o con un no non stimola affatto la produzione (e di conseguenza l’acquisizione)di nuovi vocaboli.

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  8. leggermente OT e mi scuso ma…. avete visto questo?

    http://www.corriere.it/cronache/09_ottobre_13/bambino-troppo-amato-alberti_2d7bf594-b7bc-11de-9cba-00144f02aabc.shtml

    la cosa che mi rattrista di piu’ e’ che il modo per trattare questi casi sembra sia sempre e soltanto il tribunale. Spero che sia un problema dei giornalisti che non lo abbiano riportato, ma che in realta’ si siano mossi psicologi e quant’altro per aiutare il bimbo ma soprattutto la mamma, non solo i tribunali che “condannano la madre e il nonno ad un anno e due mesi sulla base delle relazioni dei servizi sociali”, come condannano? E chi li aiuta allora?

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  9. Alcune volte mio marito per invogliare la puledrina a fare una cosa le pone davanti due alternative di cui una è quella che vorremmo facesse e l’altra è molto meno appetibile, lei sceglie ovviamente la prima. Che dici è come un ricatto? A volte sembra proprio così, però lei sceglie! A parte questo ritengo giusto l’alternativa tra due cose, loro sono in grado di effettuare la scelta a ragion veduta!! Per il numero, la mia è fissata con il due, sarà perchè ha due anni!

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  10. …. mi piace molto il pezzo in cui dici che non bisogna chiedergli di scegliere cose di cui siamo responsabili noi adulti e che occorre anche accettare che piangano, laddove spetta a noi la decisione.
    Mi sembra un bel messaggio … anche se a volte preferirei essere ancora una bimba, non la mamma che si prende carico delle decisioni 😀
    a presto, s.

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  11. @Mammafelice grazie! 🙂
    @LGO direi che tuo figlio fa proprio una scelta emotiva e non razionale. Proprio perché non è in grado o non vuole effettuare una scelta si affida alla sorella per lasciarsi guidare. Forse l’uva e la banana sono buone entrambe e preferisce scegliere come la sorella per stare “in compagnia”.
    Mi sembra utilissimo il tuo consiglio di fornire elementi per fargli capire come ragioniamo noi quando si tratta di scegliere. Ne terrò conto sicuramente.
    Un commento è sempre utile! 😉

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  12. Se c’è più di un bambino a volte si può cercare di avere un feedback. Il mio figlio più piccolo, che ha quattro anni, non rinuncerebbe mai al diritto di scegliere se mangiare l’uva o la banana, ma spesso chiede consiglio alla sorella (quella di mezzo, che come età è più vicina, ed è il suo faro). Tu che vuoi? La banana. Allora, la banana anch’io.
    A volte possiamo anche fornire elementi per aiutarlo a decidere (Ti puoi mettere la maglietta nera o quella con la tigre perché hanno le maniche lunghe e oggi fa più freddo: il genitore restringe il campo ma lascia un margine di discrezionalità, e intanto il bambino impara ad associare il freddo alle maniche lunghe).
    Vabbè, forse ‘sto commento è inutile 😉

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