Alcuni dei tabu più radicati in questa nostra epoca, riguardano il ruolo di genitore. Quasi decaduto ogni tabu sessuale, siamo passati ai “tabu parentali“.
Di cosa non si può parlare, senza sollevare indicibili polemiche?
Di maternità in tutte le declinazioni che contraddicano quel concetto di Maternità, con la M maiuscola e granitica, che vuole affermarsi come tutela di un ordine sociale: quindi sono tabu le madri lavoratrici, le madri surrogate, le madri sole, le madri in coppie di madri, le donne non madri. Fino, addirittura alle “madri pentite“, figura femminile di cui si dichiarerebbe volentieri l’inesistenza e che fa urlare allo scandalo.
Di paternità in tutti i suoi aspetti di consapevolezza e partecipazione, quasi fosse un vezzo di pochi spiriti bizzarri, forse un atteggiamento snob, intellettuale e veterofemminista (sia mai usare una così brutta parola!).
Di persone che non hanno nessuna intenzione di diventare genitori: atteggiamento che si perdona agli uomini, simpatici bricconi ed eterni peter pan, ma che si considera in qualche modo patologico in una donna, perché, si sa, l’orologio biologico, l’istinto materno represso, signora mia!
E’ davvero possibile che qualcuno possa non desiderare di avere figli? Eppure c’è tanta gente che non ha alcun interesse ad avere figli. Ci sono donne che non vogliono diventare madri, così come ci sono uomini che non vogliono diventare padri. E sono tutte persone in equilibrio o in umano squilibrio come tutti noi. E’ una forma di egoismo, di infantilismo, di sottrazione a un dovere sociale di perpetuazione della specie e della patria? E’ negazione o repressione di istinti naturali?
E poi, argomento ancora più scottante, perché non prendere atto che ci sono genitori pentiti? Persone che, alla luce della difficoltà di una vita che ti costringe in ogni attimo alla responsabilità nei confronti di un’altra persona, senza sconti, senza pause, pensano che in fondo questa non era la vita per loro. O anche persone che non sentono questo peso indicibile della genitorialità, ma, a pensarci bene, non era questa la sola via: ce ne erano tante possibili e chissà, ne avessero percorsa un’altra, sarebbero state più felici. E come si concilia questo sentimento con l’amore materno e paterno?
Quanti sono, poi, i non-genitori che crescono figli, che ci aiutano a crescere i nostri, che accolgono figli di altri e li accompagnano per un tratto di strada. Come siamo noi ai loro occhi, cosa sanno dei nostri figli che noi non sappiamo comprendere? Quale contributo nuovo e diverso dal nostro possono dare alla vita di chi sta crescendo. Figure spesso di riferimento, parenti, amici, mentori, che sono altro dal genitore.
Vi siete mai pentiti di aver avuto dei figli? Avete mai pensato a come poteva essere la vostra vita senza di loro? C’è stato un momento nella vita in cui vi siete detti certi che non sareste stati mai genitori? Questi argomenti sono un tabu?
IO NON CE LA FACCIO PIÙ E NON POSSO DIRLO A NESSUNO
Luca certo che puoi dirlo a qualcuno! Coraggio! Ci sono momenti difficili, ma c’è sempre una via d’uscita, per quanto lontana possa sembrare. Un grande abbraccio!
Ne avevo due, dentro di me era fortissima la sensazione che la mia famiglia non funzionasse a dovere, che ci fosse uno squilibrio, ed è nata l’idea, poi trasformatasi in desiderio fortissimo di fare il terzo. A due anni dalla sua nascita sono distrutta dalla stanchezza, con la sensazione fortissima che a causa sua ho tolto molto alla secondogenita, già molto diversa da me e che sta crescendo con mille rinunce, di cui lei non sa, ma io sì. Continuo a incoraggiarli dicendomi che le cose si risolveranno, ma se dovessi decidere oggi, mi spiace, ma a lui rinuncerei volentieri.
Sono pentita,lo dico non sempre liberamente. Non esplicito il mio pentimento tutte le volte che ne avrei bisogno perchè credo che la massa non sia in grado di accettare questa possibilità. Perchè non voglio che questa mia consapevolezza, abbia delle ricadute sociali sulla rete di relazioni che cerco di intessere per mia figlia(compagni di classe,genitori,parenti etcc). Perchè a mie spese,ho subito anche prima che nascesse, le conseguenze che il pensiero di massa in qualche modo ti spinge a dover fronteggiare. Cambiare una cultura,un sistema di vita che va avanti da secoli non è facile,ci vuole un grande sacrificio da parte di tutte quelle che come noi (perchè )ce ne sono tante,si sono rese conto di essersi pentite. Continuerò a dire,che mi sono pentita,è un mio diritto,e continuerò a scegliere le persone a cui dirlo perche’ritengo un mio dovere tutelare mia figlia,che è ancora piccola,dalla crudezza della gente. Forse un giorno,insieme ne parleremo liberamente,ed insieme discuteremo su come poter essere e vivere le proprie scelte.
Io sono una madre pentita ma non posso mai dirlo, tutti mi dicono di piantarla nel fare certi discorsi che non è possibile dire certe cose.
Voglio bene a mia figlia, è ovvio, ma sicuramente se lei non fosse nata starei decisamente meglio, è egoismo da parte mia ma è così e il fatto di non poterlo esternare mi dà i nervi.
Ho visto che è uscito un libro a riguardo “regretting motherhood” di un’autrice tedesca , aspetto la traduzione in inglese o in italiano.
il libro, che nasce da una ricerca sociologica, credo sia anche in inglese (ne ho trovato un estratto online) ed è stato uno dei motivi di spunto per questo tema
Sì, sono un tabù. E sono d’accordissimo con quanto hai scritto. Si parlava anche sul mio blog proprio della questione della Maternità con la M necessariamente maiuscola; lo spunto della discussione è stato una frase scritta da un pediatra secondo cui i padri non devono fare”i mammi” ma supportare le scelte educative materne..io sono inorridita..e mi è sembrata una lusinga che rende orgogliose molte madri non rendendosi conto che cela uno scaricamento immenso di responsabilità. Detto questo, io ho momenti in cui mi chiedo chi me l’abbia fatto fare e se ho fatto la scelta giusta. Pentita no perché è allo stesso tempo la mia gioia più grande. Forse devo solo accettare questa contraddizione, la mia gioia più grande è anche la mia preoccupazione più grande e una parte di me si sente soffocare a volte. Ma non ha ancora due anni, anche questo credo conti. Credo anche mi fermerò a un solo figlio e pure questo, ti assicuro dai commenti che ricevo quando lo dico, è un tabù.
Hai ragione, anche quello è un tabù
Non sono pentita di aver deciso di diventare madre, ma spesso sono pentita di aver fatto un secondo figlio. Ecco, l’ho detto. C’è poco da fare: tutto è immensamente più complicato quando si hanno due figli. Il tempo è sempre meno, il senso di risucchio nella funzione materna è a tratti insopportabile.
Io sono stata una seconda figlia dichiaratamente non desiderata e ne ho sempre sofferto. Per questo moltiplico l’amore per il mio secondogenito, nei quali rivedo molto di me stessa bambina: lo stesso temperamento, la stessa assoluta diversità dal fratello.