L’intervista: la parola a Chiara, mamma di Meryem

Chiara, mamma di una bambina di 20 mesi di nome Meryem, e autrice del blog Yeni Belqis, ha accettato di condividere con noi i suoi pensieri sul diventare genitore. In questa intervista risponde alle nostre domande, per raccontarci come l’ha vissuta lei.

Da quanto sei diventata mamma e da quanto il tuo compagno è diventato papà? Ritieni che i due tempi coincidano?
Io sono diventata mamma da circa 20 mesi, perché direi che sono diventata tale nel momento in cui ho avuto in braccio la mia bambina. Prima no, la gravidanza è un’altra cosa. Dopo, ovviamente, si cresce, si progredisce (e si regredisce!) come genitori. Per il mio compagno direi che è stata lo stesso. Lui vive la sua paternità in modo molto concreto, diretto, aperto. Non so se questo dipenda dal fatto che è straniero e al suo Paese si fanno molti figli con grande naturalezza: ma ha sempretrovato un po’ ridicolo il modo un po’ enfatico di vivere la gravidanza prima e la maternità/paternità poi che vedeva intorno e in certi film. Lui ha preparato con molto impegno e cura la stanza per la bambina che doveva nascere, meditando a lungo sul colore delle pareti; tuttora le compra vestitini sfiziosi, la fa giocare, la maneggia con disinvoltura totale dal primo istante… Ma i gridolini e i sospiri davanti alle ecografie, non li ha mai capiti.

Nel corso dei primi mesi di vita della tua bambina, quali sono state le maggiori differenze tra l’esperienza che ti aspettavi e quella reale?
Non so bene cosa mi aspettassi in realtà. Forse più notti insonni? E’ stato ovviamente faticoso, ma è andato tutto piuttosto bene. Forse mi aspettavo di trovare tutto più difficile. Non ho mai avuto un gran senso di maternità e ho sempre evitato di prendere bambini in braccio, e simili.

E dopo quasi 2 anni?
Ecco, forse qui mi aspettavo che le cose fossero più semplici. Che tutto continuasse in discesa. Invece in ogni fase ci sono difficoltà e quella delle malattie, iniziate con il nido a 9 mesi, e dei capricci col cibo, ignota fino a un mese fa, mi mettono parecchio alla prova. Però è incredibile vedere la bambina che si esprime, che mi chiama mamma, che canta le canzoni e risponde a tono.

Come hai vissuto i mesi in cui sei rimasta lontana dal lavoro per la maternità: hai patito il cambiamento di ritmi e di interessi?
In effetti a tratti mi sono sentita parecchio sola. Non avevo amiche vicino e in un primo periodo mi ha sostenuto soprattutto una sorella. Era estate e spesso dovevo stare a casa: non essendo una gran casalinga, scalpitavo. Ho approfittato però per fare qualche cosa di carino, tipo un corso di massaggio neonatale.

Quando hai interrotto il tuo lavoro per la maternità e quando lo hai ripreso?
Ho lavorato fino all’ottavo mese. Ho ripreso gradualmente dopo quattro mesi dal parto: prima 4 ore, di pomeriggio; poi 6 la mattina (a nove mesi dal parto) e infine, a un anno dalla nascita di Meryem, sono tornata a 8 ore al giorno (9 con la pausa pranzo).

Sei tornata volentieri al lavoro ed hai trovato qualche cambiamento nell’ambiente di lavoro? Sono cambiate le tue mansioni o i tuoi orari dopo la maternità?
Ho ovviamente dovuto lasciare alcuni progetti a cui lavoravo e, a tratti, mi sono sentita messa da parte. Ma in effetti sono tornata rapidamente ad avere tutte le mie mansioni e qualcuna di più (allo stesso stipendio, si intende…). Il ritorno al lavoro è stato un momento positivo. Forse la fase migliore era quando lavoravo 4 ore, dalle 13.30 alle 17.30. La mattina facevo tutto con calma, poi lasciavo la bambina alla babysitter e tornavo non troppo tardi. Avere uno spazio mio, a contatto con adulti, è ancora oggi una cosa fondamentale. Vivo però con molta ansia le malattie perché, non potendo contare sui nonni, ogni assenza al nido causa un problema. Fortunatamente quest’anno mi affianca una babysitter che riesce all’occorrenza a liberarsi quasi tutte le mattine. Soluzione costosa, ai limiti delle mie possibilità, ma che mi consente un po’ di flessibilità in più.

Consigli per altre mamme e papà
Non mi sento, sinceramente, di dare grandi consigli. Se non, forse, di cercare di non farsi condizionare troppo dagli stereotipi di maternità. Non tutte provano le stesse sensazioni, non a tutte piacciono smodatamente i disegni di Anne Geddes, non tutte godono infinitamente nell’allattare (io lo trovavo pratico e comodo e non ho avuto alcun problema a farlo, ma non per tutte è necessariamente così)… Quello che ho trovato più difficile sono le critiche e le osservazioni pungenti che sembrano arrivarti da tutte le parti, passanti compresi! E’ vero che si è più suscettibili, fragili e nervose: ma è vero anche che la gente, vedendo un neonato, si sente autorizzata a prendersi confidenze inimmaginabili. Concentratevi molto e cercate di ignorare.

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