Sostenibilità, di che genere?

Qualche giorno fa ho partecipato ad un evento incentrato sul tema della sostenibilità al femminile, all’interno della fiera Fa’ la cosa giusta, a Milano (ogni tanto anche noi provinciali ci muoviamo per andare in città 🙂 .
Mi ha coinvolto un’azienda (lo posso dire? non ci guadagno niente eh…) che produce e commercializza prodotti a basso impatto per il ciclo.
Voi lo sapete che io sono un’adepta della magica coppetta, ma vedo di buon occhio tutte le alternative ecocompatibili e le osservo, a volte le provo, da consumatrice che prova ad essere critica e consapevole.
All’evento hanno partecipato altre “ecoblogger” (ci hanno affibbiato questa specie di etichetta, in cui io mi ritrovo anche, più o meno) che in qualche modo hanno virato verso buone pratiche, cercando soluzioni sostenibili per la vita di tutti i giorni: si è parlato di mamme e bambini, di alimentazione, di moda, e poi come al solito di pannolini, di spesa critica, di rifiuti, di mobilità, toccando davvero tanti temi che possono portarci verso un modo di consumare che alleggerisca la nostra impronta sulla terra.

Io personalmente proprio in questa occasione ho fatto una riflessione sul mio modo di avvicinarmi al mondo dell’ecologia e vorrei azzardare qualche considerazione del tutto aperta sul questo tema: padri, madri, maschi e femmine, c’è un modo differente di vivere i temi della sostenibilità? C’è una sensibilità più maschile o più femminile di educare la propria famiglia e propri figli al consumo critico e responsabile?

Nella mia esperienza personale in genere sono io che “lancio i sassi”, ma poi in famiglia ci troviamo molto in accordo su questi temi e abbiamo entrambi una sensibilità al tema dell’ambiente. Magari la difficoltà la incontriamo coi parenti, che non capiscono fino in fondo certe scelte, il limitare volutamente molti acquisti, molti consumi: è più difficile – per dire – far capire al nonno che un gioco plasticoso comprato dai cinesi non ha molto senso, e anche lui pian piano si sta orientando su libri o giochi durevoli, oppure chiede a noi quando vuole regalare qualcosa alle nipotine (lo abbiamo forse un po’ inibito, ma era per una buona causa!).
Mi capita spesso però di sentire madri sconsolate che cercano di acquistare il cibo biologico o di passare all’ecodetergenza che vengono tacciate dai compagni di essere radical chic, di abboccare alle solite mode che non cambiano mai nulla, perchè costa troppi quattrini e tanto l’aria che respiriamo… quella è.

Io credo molto nelle sinergie in tutti gli ambiti (incluso quello lavorativo). Ma sul tema dell’ambiente sono particolarmente importanti: se siamo soli si combina poco, i bambini non ritrovano la continuità educativa tra i genitori, mentre c’è bisogno di essere compatti, in famiglia prima di tutto, che è l’unità educativa principale, e poi in relazione alle persone che frequentiamo, alla scuola, alla comunità. Sento sempre più spesso l’esigenza di condividere questi pensieri e mi permetto di ammorbare anche voi :-).

La mia impressione rimane questa: l’approccio all’aspetto naturale, alla ricerca del benessere, alla scoperta dei prodotti a basso impatto per la famiglia (dal cibo a tutto il resto) è più femminile, è ricercata molto dalle donne, ma poi i cambiamenti si portano avanti insieme, modificando lentamente le proprie abitudini, senza strafare.

Senza scadere in stereotipi di basso profilo, mi permetto di notare che molti papà, che non disdegnao questi temi, riescono a far emergere di più la loro attenzione all’ambiente attraverso il riuso e il non spreco in tante piccole azioni quotidiane, ad esempio  nell’aggiustare le cose, nel ripristinare vecchi oggetti, magari rinnovandoli.

Voi cosa ne pensate? Come vivete in famiglia l’ecologia? Chi lancia il sasso a casa vostra?

Elisa di Mestieredimamma.it

Prova a leggere anche:

Previous

Il congedo ai papà Nestlè: azienda illuminata o marketing d’assalto?

Dialogo sull’inserimento alla scuola dell’infanzia

Next

5 thoughts on “Sostenibilità, di che genere?”

  1. ha anche escogitato un sistema di contenitori dove conserviamo le pose di caffe’ e i gusci delle uova, che poi lui regolarmente trita nel frullatore e crea un composto (caffe+uova insieme) che usa come fertilizzante per il giardino – ecco secondo me in certi casi l’approccio pedissequo e’ tutto maschile, un po’ come il cucinare “a occhio” o seguendo la ricetta passo passo 😉

    Reply
  2. e’ vero, ero OT. Allora per rientrare in tema, direi che a casa mia sfanghiamo alla grande lo stereotipo, perche’ e’ il marito che in genere si preoccupa di queste cose, prende la macchina per andare alla fattoria e comprare le robe di allevamento, e quando fa la spesa (cioe’, il 95% delle volte) sceglie molto MOLTO accuratamente, e leggendo le etichette.

    Reply
  3. Secondo me ci sono diverse “eco-inclinazioni” per uomini e donne, ma probabilmente sono dovute alla divisione dei compiti domestici. E’ frequente che dell’alimentazione familiare si occupino le donne, quindi è più facile che sviluppino interesse per i cibi bio o l’autoproduzione. Gli uomini spesso si occupano di portare fuori la spazzatura, quindi magari si interessano alla differenziata, oppure si occupano delle piccole riparazioni e si interessano perciò di più al riuso di oggetti. Forse più che di genere si tratta di differenze organizzative che si assomigliano per un buon numero di famiglie.

    Reply
  4. @supermambanana penso che anche io farei lo stesso, al supermercato, ma cercherei anche il bio del produttore tutte le volte che è possibile, limitando l’acquisto gdo (come faccio anche ora che ci vado solo x estrema necessità).
    Non so se sia una buona idea riproporre le stesse modalità di acquisto della gdo, solo mettendo i prodotti bio. Credo che il cercare il bio debba essere anche da stimolo ad acquisti di buon senso, come ho detto altre volte: stagionalità, km0 etc

    Cioè per esempio: sono stata alla coop che ha la linea bio e vende i legumi secchi (ceci, fagioli etc) che vengono dalla turchia. Ma ditemi che senso ha? deve essere un acquisto sensato, io non li prendo più anche se sono bio.

    Ma questo non c’entra con la sostenibilità e il genere (maschile o femminile).

    Reply
  5. come ho forse gia’ detto altrove, qui in UK trovo cibo biologico (tutto, dalle uova alla farina alla carne allo zucchero alla frutta all’olio al burro al latte al caffe eccetera) e detersivi eco in tutti i supermercati, quindi il passaggio oltre il radical chic (che c’e’ stato forse all’inizio) e’ stato implementato quando anche le grandi catene hanno visto nel biologico-eco trend un… trend appunto da cavalcare. Questo mi fa venire in mente il post precedene a questo di Silvia sulla Nestle’ – ci sono degli aspetti del marketing che non possono che venire in aiuto a certe politiche, e spostare l’ago della bilancia proprio dal radical-chic alla massa (con buona pace di chi non puo’ piu’ fare l’eccentrico e ci resta male) non puo’ che far bene. Quando anche i grossi supermercati (tipo Tesco) capiscono che il bio-eco-fairtrade e’ talmente sensato che si mettono a produrre cose col loro marchio, quindi abbassando i prezzi sostanzialmente, allora, per quanto io mi possa chiedere quanto Tesco “ci creda o ci faccia” comunque non posso non apprezzarne i vantaggi, e usufruirne. E non posso non apprezzare del fatto che la grande distribuzione riesca a imporre un comportamento molto piu’ facilmente: se io ho sullo stesso scaffale, quindi senza andare in giro per negozietti bio, ma con lo stesso gesto con cui metto nel carrello la spesa settimanale, la scelta fra latte normale, per fare un esempi pratico, a 63centesimi al litro (se ho fatto bene i conti sterlina/euro) e biologico a 82centesimi, che anzi mi mettono in offerta per cui se compro 3 pago 70centesimi a litro, magari la manina per prendere il latte biologico la sposto di 10 centimetri piu’ in la’, e 7centesimi in piu’ a litro di latte non mi pesano.

    Reply

Leave a Comment