Ancora dalla parte delle bambine


Ho appena terminato di leggere un libro dell’orrore. Si intitola Ancora dalla parte delle bambine richiamando nel titolo il famoso libro di Elena Gianini Belotti. L’autrice è Loredana Lipperini, nota in rete per il suo blog Lipperatura. Il libro è un libro dell’orrore perché mi ha regalato un bel po’ di insonnia. Ad un certo punto ho anche pensato di smettere di leggerlo la sera prima di addormentarmi, ma siccome durante il giorno non ho mai tempo per la lettura, ho accettato il sonno disturbato e sono andata avanti. La Lipperini fa un’analisi lucida della situazione femminile in Italia, ma non solo. Dei valori trasmessi alle bambine sin dai primissimi anni di vita. Essere belle, servizievoli, gentili, prendersi cura del prossimo, essere tranquille, preferire i giochi al chiuso ad una corsa nei prati. Essere brave studentesse, diligenti e obbedienti.

In questo libro si legge un’analisi spietata dei mezzi di comunicazione, inclusi la televisione, le riviste e naturalmente internet. L’immagine femminile proposta in TV è quanto di più retrogrado si possa sperare, specialmente in Italia, ma non possiamo nascondere che è un problema abbastanza diffuso anche in altri paesi del mondo occidentale, in cui magari non ci sono le Veline, ma i modelli femminili vengono portati avanti prepotentemente da cantanti Pop per descrivere le quali l’aggettivo “ammiccanti” è decisamente troppo casto.
La pubblicità è sicuramente una delle maggiori responsabili del messaggio marcato di differenza di genere. Avete mai osservato le pubblicità destinate ai bambini e alle bambine? Il problema qui non è chiaramente l’oggetto di cui viene fatta la pubblcità, perché su quello noi genitori abbiamo poi piena facoltà di non comprarlo, o farli riflettere sulla sua (in)utilità. La parte veramente difficile è il messaggio, o meglio l’aspirational che il messaggio pubblicitario trasmette. Tu bambina, ti divertirai un mondo ad infilare perline, travestirti da principessa, indossare abiti sexy, e ad essere modella per un giorno (o per la vita?). Tu maschietto ti divertirai a correre nei prati, a giocare alla guerra, a manovrare macchinari, e a costruire.
I pubblicitari ovviamente hanno l’unica colpa di prendere una cultura diffusa, semplificarla in un messaggio facile da capire, e dargli risonanza attraverso i mezzi di diffusione più utilizzati. Ma è proprio la semplificazione il problema. Il messaggio viene reso talmente semplice che anche un bambino di 3 anni può coglierlo, e infatti lo coglie e lo fa proprio. I bambini hanno bisogno di messaggi semplici. Hanno bisogno di sentirsi dire maschi così, femmine cosà. Bianco è bianco, e nero è nero. Non possono capire e gestire la complessità delle sottili differenze tra il mondo maschile e femminile. Il problema è quindi nella semplificazione del messaggio, nell’amplificazione attraverso la pubblicità, ma anche e forse sopratutto nell’abbassamento del target di età.
Il target dei programmi televisivi si è abbassato notevolmente. Programmi quali Striscia la notizia o Amici vengono visti da molti ragazzini, spesso da soli nelle loro stanze. Non è difficile immaginare l’effetto sulle loro giovani menti della visione di donne semi nude che si espongono come soprammobili, che non hanno diritto di parola e che vengono apprezzate solo ed esclusivamente per il loro aspetto fisico. E l’eccitazione sessuale mi pare forse il male minore.
Passando alla carta stampata, quelli che ai nostri tempi venivano venduti come giornalini per ragazzine oggi sono pensati per le bambine, incluse pubblicazioni apparentemente innocue come quelle della Disney. Quello che prima leggevano le dodicenni, oggi lo leggono le seienni.E leggono di consigli per il trucco, come avere successo alle feste, come vestirsi per sentirsi sempre belle, e istruzioni su cosa fare dello sperma dopo l’eiaculazione.
A. Sei. Anni.
Leggendo questo libro mi sono sentita male più volte. Inizialmente sono stata sollevata dal pensiero di avere figli maschi e non femmine. Poi ho pensato che non fa nessuna differenza. Perché l’aspirational per i maschi, o per le femmine, viene comunque recepita da entrambi, e bambini di entrambi i sessi cresceranno con questa visione limitata e limitante delle possibilità concesse a ciascuno.

Molti capitoli del libro sono dedicati ovviamente anche al “Male” per eccellenza, ossia Internet. Al pari della pubblicità, anche internet fa da scatola di risonanza di quello che avviene nella cultura diffusa, e non inventa nulla di nuovo. C’è però almeno una differenza sostanziale. Internet amplifica ma non semplifica. In Internet in messaggio è complesso, come nella realtà, e quindi non crea quella divisione netta tra bianco e nero, intrinseca del linguaggio pubblicitario. Inoltre al mondo di internet ci si affaccia sicuramente ad un’età maggiore rispetto alla pubblicità, che invece condiziona i bambini sin dai primi anni di vita.

Ci sono certamente situazioni in cui Internet può trasformarsi in un mezzo distruttivo, e la Lipperini racconta ad esempio di un mondo a me totalmente sconosciuto, quello cioè dell’anoressia. La Dea Ana è venerata in rete e si creano delle comunità che nulla hanno da invidiare a certe sette segrete. Alcuni studi hanno mostrato che le ragazze che hanno fatto parte di queste community online hanno minore possibilità di successo nelle cure. Ecco, questo mi spaventa molto.
E’ evidente che non c’è molta differenza tra incontrare brutte amicizie nella vita reale ed entrare in queste comunità virtuali, i meccanismi sono probabilmente gli stessi, con la differenza che onlline l’offerta è maggiore, nel bene e nel male.

E’ sicuramente molto importante conoscere questi meccanismi e riflettere sulle conseguenze di certi messaggi che a noi adulti sembrano solo ridicoli.
Proprio ieri ho avuto una conversazione con il mio cinquenne che mi ha dato da pensare. Dovevamo comprare un regalo ad una amichetta che compie gli anni e siamo andati in un negozio di giocattoli. Mentre guardavo dei giochi da tavolo mi sono avvicinata a delle carte da gioco con il tema Star Wars. Il Vikingo mi ha immediatamente rimproverata, dicendo che quello non era un gioco da femmine. Che alle femmine piace Hello Kitty, oppure le bambole e le pentoline indicando gli scaffali tempestati di rosa alle nostre spalle. Sono rimasta di stucco, chiedendomi da dove ha tirato fuori questi discorsi. Gli ho chiesto se pensava che alla sua amichetta piacessero solo Hello Kitty e le bambole o se pensava che fosse così per tutte le femmine. Lui ci ha pensato un attimo e ha esteso il concetto a tutte le femmine. E allora gli ho chiesto come spiega il fatto che lui e il fratello si divertono a giocare con le bambole e con le pentoline a casa. Lui si è rifiutato di procedere nel discorso, ma spero di avergli messo una pulce nell’orecchio e di non ritrovarmelo a casa a rifiutarsi di giocare con pentole e bambole, perché mi scoccerebbe molto.

La lettura del libro delle Lipperini, oltre a tenermi insonne qualche notte, mi ha dato molto materiale su cui riflettere. Credo che ogni genitore, sia di femmine che di maschi, dovrebbe essere cosciente del tipo di messaggi a cui vengono sottoposti i nostri figli quotidianamente.
Perché mentre da una parte è vero che non bisogna demonizzare il mezzo, sia esso la TV o il web, ma l’uso che se ne fa, è anche vero che ci sono cose che escono fuori dal nostro controllo. E c’è soprattutto molta differenza tra il modo in cui un adulto prende alcune cose e ne trascura o ridicolizza altre e quello che succede nella testa di un bambino.
Che modelli gli vengono proposti dai media, dalla scuola, dai compagni? Come pensiamo di riuscire a contrastare quei valori che gli vengono trasmessi ma che non riteniamo giusti?
Come possiamo condizionare i media, la scuola, la società a cambiare rotta? Perché non so voi, ma io vorrei proprio cambiarla questa rotta, e chissà che la rete non sia proprio il luogo da cui partire per dare risonanza ad un messaggio differente. Voi che ne pensate?

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22 thoughts on “Ancora dalla parte delle bambine”

  1. Bell’argomento e molto ricco di spunti di cui ne condivido molti. 
    Vorrei solo aggiungere : sono mamma di due femmine e due maschi tutti molto diversi.
    Le femmine soprattutto sono opposte: una (la più piccola 4 anni e mezzo) molto attenta all’estetica 
    al vestire….da sempre,da appena nata.L’altra (10anni e mezzo) tutto il contrario:devo
    litigare x farle mettere qualcosa di diverso da tuta e scarpe da ginnastica!Sono cresciute entrambe
    senza tv e senza pubblicità!Io pero’ sono una donna che al suo aspetto ci tiene:mi piace mettere
    le gonne e i tacchi anche se amo stare comoda(visto che corro dalla mattina alla sera) e truccarmi e trovo che 
    “demonizzare” certa femminilità data dal truccarsi o dal vestirsi in modo curato
    sia altrettanto negativo dell’eccesso opposto. Femmine e maschi sono DIVERSI MA PARI nella dignità 
    e questo credo sia importante trasmettere ai nostri figli e soprattutto alle nostre figlie.
    Perché trovo sessista anche il binomio troppo spesso applicato “bella=stupida” per cui 
    nella nostra società una donna se vuole far considerare la propria intelligenza deve mortificare
    la propria femminilità (e dimostratemi che non e’ vero che le prime a pensarla così non
    sono forse proprio le donne nei confronti delle loro simili?!?). La cura di se è importante anche x i maschi
    certo e questo lo trasmette il  papa’ cosi come l’importanza di partecipare tutti ai doveri domestici.
    Ma trovo negativo che molte mamme “neghino” eccessivamente la cura del proprio aspetto ritenendola
    “frivolezza” perche vedo come cio’ a volte si ripercuote negativamente sulle figlie femmine e sul loro processo
    di identificazione, perché a volte ciò le spinge nell’eccesso opposto.
    Lo stesso vale naturalmente nel caso di madri ossessionate dall’aspetto fisico proprio
    e delle proprie figlie.  Il tutto per confermare che 
    siamo noi genitori i primi veicoli di messaggi e riferimenti da seguire per i nostri figli e che cmq 
    difenderli dagli attacchi dei media è nostri dovere come difenderli dalle malattie!

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    • Mammamila, sono perfettamente d’accordo: prendersi cura di sè è sempre positivo ed esprime un buon rapporto con se stessi, con il proprio corpo, oltre che con la propria mente.
      Perchè litigare per far mettere a tua figlia qualcosa di diverso dalla tuta (ma lo so che era un modo di dire! 😉 ): ora è così, forse lo sarà sempre oppure un bel giorno deciderà di sperimentare qualcosa di diverso con il suo abbigliamento. Che poi, in questo senso, è una forma di espressione di se stessi ed è giusto che il gusto cambi con l’età, da una parte, e mantenga sempre un’impronta personale dall’altra.
      Vestirsi bene non trovo affatto che sia frivolo, nè per le donne, nè per gli uomini. E bene vuol dire in modo sempre adeguato, all’età e alla situazione. Spesso in questo, invece, si vedono delle vere mostruosità!

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  2. Passo spesso da queste parti senza lasciare commenti, semplicemente perché … ripeterei ciò che è stato già scritto:)
    Questa volta però… desidero lasciare il link alla Homepage che trovate oggi nel sito della Fondazione Movimento Bambino: http://www.movimentobambino.org/index.php, in cui potete leggere l’intervento della dottoressa Maria Rita Parsi proprio su questo argomento, citando il Prof. Giovanni Bollea intervenuto al convegno “Giacere sotto la Rete” (http://www.movimentobambino.org/video_vedi.php?id=28), svoltosi presso la Camera dei Deputati nel 2008. Probabilmente ne sarete già a conoscenza, forse no.

    Tornerò presto a farvi visita.

    Bravissime.

    p.s. Mi scuso per aver inserito i link in quel modo, ma nell’area commenti non si attiva la modalità di inserimento del link… senza leggerlo per intero.

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  3. Daniela, confermo che ‘ste cose sono un po’ botta di… Non per sminuire le tue qualità di mamma, ma anche io mi ritrovo col Piccolo Jedi che non ha mai fatto storie per avere qualcosa del genere. Vede le pubblicità in tv, magari si interessa anche, ma poi non chiede mai in regalo qualcosa visto in pubblicità, ma cose ben precise (precisissime direi), molto vicine ai suoi gusti del momento, ma senza riferirsi alla pubblicità.
    Per esempio a giugno aveva visto lo zaino delle Frecce Tricolore, talmente poco pubblicizzato che mi è stato difficile reperirlo nei negozi. Ne era davvero innamorato e mi ha fatto piacere comprarlo (anche perchè era obiettivamente molto bello rispetto agli zaini dei personaggi dei cartoni). E’ ovvio che quello zaino lo ha solo lui in tutta la scuola (l’avranno venduto meno di 10 negozi in tutta Roma!!!), ma è un oggetto che si è scelto perchè gli piaceva.
    Però, come diceva supermambanana, questo è il momento dell’identificazione col gruppo,m che passa anche da certe scelte di oggetti, di programmi tv, di giochi. Per ora riesce (stranamente) a tenersi un po’ fuori da queste dinamiche: è appassionato di cose che gli altri non degnano di nessuna attenzione. Ma se tra un po’ non sarà più così, sicuramente non me ne preoccuperò. E’ un meccanismo naturale, l’importante è che non sia esasperato.

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