Ancora dalla parte delle bambine


Ho appena terminato di leggere un libro dell’orrore. Si intitola Ancora dalla parte delle bambine richiamando nel titolo il famoso libro di Elena Gianini Belotti. L’autrice è Loredana Lipperini, nota in rete per il suo blog Lipperatura. Il libro è un libro dell’orrore perché mi ha regalato un bel po’ di insonnia. Ad un certo punto ho anche pensato di smettere di leggerlo la sera prima di addormentarmi, ma siccome durante il giorno non ho mai tempo per la lettura, ho accettato il sonno disturbato e sono andata avanti. La Lipperini fa un’analisi lucida della situazione femminile in Italia, ma non solo. Dei valori trasmessi alle bambine sin dai primissimi anni di vita. Essere belle, servizievoli, gentili, prendersi cura del prossimo, essere tranquille, preferire i giochi al chiuso ad una corsa nei prati. Essere brave studentesse, diligenti e obbedienti.

In questo libro si legge un’analisi spietata dei mezzi di comunicazione, inclusi la televisione, le riviste e naturalmente internet. L’immagine femminile proposta in TV è quanto di più retrogrado si possa sperare, specialmente in Italia, ma non possiamo nascondere che è un problema abbastanza diffuso anche in altri paesi del mondo occidentale, in cui magari non ci sono le Veline, ma i modelli femminili vengono portati avanti prepotentemente da cantanti Pop per descrivere le quali l’aggettivo “ammiccanti” è decisamente troppo casto.
La pubblicità è sicuramente una delle maggiori responsabili del messaggio marcato di differenza di genere. Avete mai osservato le pubblicità destinate ai bambini e alle bambine? Il problema qui non è chiaramente l’oggetto di cui viene fatta la pubblcità, perché su quello noi genitori abbiamo poi piena facoltà di non comprarlo, o farli riflettere sulla sua (in)utilità. La parte veramente difficile è il messaggio, o meglio l’aspirational che il messaggio pubblicitario trasmette. Tu bambina, ti divertirai un mondo ad infilare perline, travestirti da principessa, indossare abiti sexy, e ad essere modella per un giorno (o per la vita?). Tu maschietto ti divertirai a correre nei prati, a giocare alla guerra, a manovrare macchinari, e a costruire.
I pubblicitari ovviamente hanno l’unica colpa di prendere una cultura diffusa, semplificarla in un messaggio facile da capire, e dargli risonanza attraverso i mezzi di diffusione più utilizzati. Ma è proprio la semplificazione il problema. Il messaggio viene reso talmente semplice che anche un bambino di 3 anni può coglierlo, e infatti lo coglie e lo fa proprio. I bambini hanno bisogno di messaggi semplici. Hanno bisogno di sentirsi dire maschi così, femmine cosà. Bianco è bianco, e nero è nero. Non possono capire e gestire la complessità delle sottili differenze tra il mondo maschile e femminile. Il problema è quindi nella semplificazione del messaggio, nell’amplificazione attraverso la pubblicità, ma anche e forse sopratutto nell’abbassamento del target di età.
Il target dei programmi televisivi si è abbassato notevolmente. Programmi quali Striscia la notizia o Amici vengono visti da molti ragazzini, spesso da soli nelle loro stanze. Non è difficile immaginare l’effetto sulle loro giovani menti della visione di donne semi nude che si espongono come soprammobili, che non hanno diritto di parola e che vengono apprezzate solo ed esclusivamente per il loro aspetto fisico. E l’eccitazione sessuale mi pare forse il male minore.
Passando alla carta stampata, quelli che ai nostri tempi venivano venduti come giornalini per ragazzine oggi sono pensati per le bambine, incluse pubblicazioni apparentemente innocue come quelle della Disney. Quello che prima leggevano le dodicenni, oggi lo leggono le seienni.E leggono di consigli per il trucco, come avere successo alle feste, come vestirsi per sentirsi sempre belle, e istruzioni su cosa fare dello sperma dopo l’eiaculazione.
A. Sei. Anni.
Leggendo questo libro mi sono sentita male più volte. Inizialmente sono stata sollevata dal pensiero di avere figli maschi e non femmine. Poi ho pensato che non fa nessuna differenza. Perché l’aspirational per i maschi, o per le femmine, viene comunque recepita da entrambi, e bambini di entrambi i sessi cresceranno con questa visione limitata e limitante delle possibilità concesse a ciascuno.

Molti capitoli del libro sono dedicati ovviamente anche al “Male” per eccellenza, ossia Internet. Al pari della pubblicità, anche internet fa da scatola di risonanza di quello che avviene nella cultura diffusa, e non inventa nulla di nuovo. C’è però almeno una differenza sostanziale. Internet amplifica ma non semplifica. In Internet in messaggio è complesso, come nella realtà, e quindi non crea quella divisione netta tra bianco e nero, intrinseca del linguaggio pubblicitario. Inoltre al mondo di internet ci si affaccia sicuramente ad un’età maggiore rispetto alla pubblicità, che invece condiziona i bambini sin dai primi anni di vita.

Ci sono certamente situazioni in cui Internet può trasformarsi in un mezzo distruttivo, e la Lipperini racconta ad esempio di un mondo a me totalmente sconosciuto, quello cioè dell’anoressia. La Dea Ana è venerata in rete e si creano delle comunità che nulla hanno da invidiare a certe sette segrete. Alcuni studi hanno mostrato che le ragazze che hanno fatto parte di queste community online hanno minore possibilità di successo nelle cure. Ecco, questo mi spaventa molto.
E’ evidente che non c’è molta differenza tra incontrare brutte amicizie nella vita reale ed entrare in queste comunità virtuali, i meccanismi sono probabilmente gli stessi, con la differenza che onlline l’offerta è maggiore, nel bene e nel male.

E’ sicuramente molto importante conoscere questi meccanismi e riflettere sulle conseguenze di certi messaggi che a noi adulti sembrano solo ridicoli.
Proprio ieri ho avuto una conversazione con il mio cinquenne che mi ha dato da pensare. Dovevamo comprare un regalo ad una amichetta che compie gli anni e siamo andati in un negozio di giocattoli. Mentre guardavo dei giochi da tavolo mi sono avvicinata a delle carte da gioco con il tema Star Wars. Il Vikingo mi ha immediatamente rimproverata, dicendo che quello non era un gioco da femmine. Che alle femmine piace Hello Kitty, oppure le bambole e le pentoline indicando gli scaffali tempestati di rosa alle nostre spalle. Sono rimasta di stucco, chiedendomi da dove ha tirato fuori questi discorsi. Gli ho chiesto se pensava che alla sua amichetta piacessero solo Hello Kitty e le bambole o se pensava che fosse così per tutte le femmine. Lui ci ha pensato un attimo e ha esteso il concetto a tutte le femmine. E allora gli ho chiesto come spiega il fatto che lui e il fratello si divertono a giocare con le bambole e con le pentoline a casa. Lui si è rifiutato di procedere nel discorso, ma spero di avergli messo una pulce nell’orecchio e di non ritrovarmelo a casa a rifiutarsi di giocare con pentole e bambole, perché mi scoccerebbe molto.

La lettura del libro delle Lipperini, oltre a tenermi insonne qualche notte, mi ha dato molto materiale su cui riflettere. Credo che ogni genitore, sia di femmine che di maschi, dovrebbe essere cosciente del tipo di messaggi a cui vengono sottoposti i nostri figli quotidianamente.
Perché mentre da una parte è vero che non bisogna demonizzare il mezzo, sia esso la TV o il web, ma l’uso che se ne fa, è anche vero che ci sono cose che escono fuori dal nostro controllo. E c’è soprattutto molta differenza tra il modo in cui un adulto prende alcune cose e ne trascura o ridicolizza altre e quello che succede nella testa di un bambino.
Che modelli gli vengono proposti dai media, dalla scuola, dai compagni? Come pensiamo di riuscire a contrastare quei valori che gli vengono trasmessi ma che non riteniamo giusti?
Come possiamo condizionare i media, la scuola, la società a cambiare rotta? Perché non so voi, ma io vorrei proprio cambiarla questa rotta, e chissà che la rete non sia proprio il luogo da cui partire per dare risonanza ad un messaggio differente. Voi che ne pensate?

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22 thoughts on “Ancora dalla parte delle bambine”

  1. Ecco… abbiamo regalato da poco portapenne e diario dei cuccioli a una cuginetta (le piacevano e li abbiamo presi volentier) e già mi chiedevo che zaino avrebbe voluto la mia per la scuola. Compleanno a giugno, come regalo la si poteva accontentare.Poi mi ricordo di un trolley, rosa ma anonimo, che ci hanno regalato qualche mese fa. Forse può andare bene… Però tutte le amichette con winx, hallo kitty, e chi più ne ha e ne metta, non è che mi fa storie?

    Entro in camera e le dico “senti, ma sai che per la scuola c’è quel trolley rosa, che dici, va bene no?” Si si, con faccia tipo “ma che domande, perché no?”. E sai, abbiamo anche un portapenne rosa, va benissimo giusto? Si si (stessa faccia). Poi se vuoi ti prendiamo un diario, mi dici tu di cosa lo vuoi? Spallucce: mamma, va bene, poi vediamo non è importante.

    Ok, sono uscita da lì con una sensazione strana. Mia figlia non è minimamente interessata ai marchi. Conosce tutte le winx perché ne parlano tutte le amiche ma non mi ha mai chiesto di vederle. Adora ben 10 e se lo trova lo guarda sennò fa niente. Adora Hallo kitty ma non la vuole. Ha visto la corsa allo zaino di Winx/Hallo kitty/cuccioli/principesse ma non ci ha nemmeno pensato. Ha visto tutte le pubblicità che esistono, e forse ricomincerà a chiedermi tutti gli zaini quando ci sarà il boom alla tv, ma poi si riprende e fa spallucce.

    Ora, vorrei vantarmi di essere stata brava, ma mi sa un po’ di botta di… ecco, si. Però insomma, vuol dire che è possibile, che non siamo senza speranza. Sperando che non cambi troppo nei prossimi anni!

    TV- FIGLIA 0-1. E questa l’abbiamo vinta!

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  2. Non ho letto questo libro e, dalla copertina, credo avrei il terrore di leggerlo… non potrei guardarla, la bimba è inquietante!
    Leggevo la teoria di supermambanana e guardando qualche bimbetta di 6 o 7 anni che conosco, mi rendo conto che tutti i torti non ha!
    La figlia di un’amica, italiana come me, ha visto quasi esclusivamente i cartoni italiani, diversi da quelli tedeschi (qui, ad esempio, non ci sono le wink o i teletubbies), che la isolano dagli altri, al punto che le maestre hanno parlato alla mamma spiegandole che la figlia è isolata perchè non ha argomenti di dialogo con le compagne di scuola.
    La tv diventa quindi anche un mezzo per relazionarsi!!!
    I genitori sicuramente hanno il loro peso nella formazione dei figli, ma non solo i genitori!
    I bambini vanno a scuola, fanno sport o musica, si confrontano, vengono inclusi od esclusi dai gruppetti, vengono amati od odiati e spesso il bisogno di sentirsi integrati, di piacere, di essere voluti bene, fa fare scelte che non rientrano affatto nell’educazione familiare.
    Non so se sarò in grado di far capire a mia figlia una cosa che avrei voluto tanto dicessero a me, ossia che i compagni di scuola vanno e vengono, come le mode. Che l’affetto è una cosa pura, che prescinde dall’estetica, dagli oggetti e dai punti di vista, che la personalità è una cos aimportante e l’amarsi lo è ancora di più.
    Vedremo, il futuro parlerà anche per me!

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  3. Sono molto contenta che siamo tornati a parlare di questo libro anche con un altro tema del mese, perchè ci permette di guardare oltre alle distinzioni di genere al problema dell’influenza dei mezzi di comunicazione di massa su tutti, maschi e femmine.
    Quando ho letto il libro della Lipperini ho avuto reazioni simili a quelle di Serena: rabbia, schifo e preoccupazione. Tutto il capitolo sulla pubblicità è davvero sconcertante (non me ne volere Gabriella): la pubblicità sembra essere il mezzo reazionario per antonomasia. Si fa leva su modelli rassicuranti, vecchio stile, perchè a chi non fa piacere vedere bambini sereni e tranquilli di ricoprire un ruolo socialmente “sicuro” e accettato? E allora via a mamme perfette che fanno i biscotti, bambini avventurosi, papà che tornano dal lavoro per trovare un ambiente sereno, sano, pulito e organizzato e bambine che aiutano la mamma e si allenano fin dalla tenera età a fare le padrone di casa perfette? Poi però spiegatemi quali case hanno il prato fiorito fuori dove poter correre…
    La parte sulla dea Ana è tremenda. Ti fa capire solo che devi cominciare a parlare presto coi tuoi figli dei disturbi alimentari (maschi e femmine, il libro non ne parla ma questi disturbi stanno aumentando moltissimo anche nei maschi). Per non parlare delle riviste per ragazze, con argomenti per postadolescenti, che gli editori sanno benissimo venir lette da bambine di sei, otto anni. E la nostra società che richiede individui omologati, tutti uguali, che se sei una bimba e non ti piace Hello Kitty le altre ti guardano male. Che se sei un bimbo a cui piace giocare con le pentoline “stia attenta signora, non ha paura che diventi gay?” (!). Che se la moda dice “quest’anno nero” e tu devi andare a un matrimonio e odi il nero ai matrimoni ti attacchi perchè nei negozi non c’e’ altro.
    Comunque abbiamo fatto un passo indietro, questo ho capito. Siamo tornati a un’era in cui gli uomini devono stare al posto loro e le donne al loro, ma senza pudore. E allora le donne hanno solo il corpo e lo devono mostrare, vendere, usare. Gli uomini devono essere machi, ricchi, mancare di rispetto agli altri per essere considerati fichi. Tutti devono fare i furbetti, farsi gli amici giusti, essere leader del branco (ognuno del proprio)…
    Ma io ho speranza. In misura minore, ma queste dinamiche c’erano già (o dovrei dire ancora) trent’anni fa e a suon di esempio e discussioni io sono cresciuta in modo diverso, apprezzando l’individualità e le capacità delle persone. Spero di riuscire a fare altrettanto bene con mia figlia.

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  4. Il guaio, anche se dicendolo mi … diciamo faccio del male, siamo proprio noi pubblicisti, noi che facciamo tesoro delle ricerche di mercato, e che facciamo vendere prodotti che non servono, facendo leva su messaggi “subliminali” colori, parole, dissolvenze immagini, e immagini, che ti fanno sembrare anche il prodotto più insulso e cattivo, l’unico che ti serve e che devi avere, sennò..non sei felice!! Ma la felicità deve essere insita in ogniuno di noi, deve sorgere al mattino, guardando e respirando il giorno che nasce, e poi ancora facendo sorridere chi ti stà accanto. Ma questo purtroppo per tanti non esiste più, chiusi in città grigie e caotiche dove tutti hanno fretta e paura, di chi gli stà accanto, dove anche una passeggiata diventa un problema, dove non si vede l’ora di collegarsi in rete, per crearsi virtualmente una vita… Arriva la TV a dare ..l’immagine felice del Mulino bianco,qual’è quella mamma, quella bimba che non sognano di svegliarsi in una bella casetta circondata dai fiori… Negli ultimi anni tante cose sono state fatte ..digerire alla gente, 15 anni fà non si potevano utilizzare certe immagini, ora si può fare tutto, ed a qualsiasi ora del giorno immagini, anche cruente, vengono date in pasto ai bambini, la pubblicità in mezzo ai programmi per bimbi, esempio cartoni e quant’altro non sarebbe consentita, ma nelle TV private chissà come mai la pubblicità c’è ogni 15 minuti, scarpette, e giocattoli ogni 15 minuti, e per ogni età, grazie alle ricerche, ci sono cartoni, e telefilm, che poi creano gadget, che vanno dai lacci delle scarpe, ai cioccolatini… insomma… ci vuole coraggio, ma l’unica cosa è qulla di spegnerla quella scatola di plastica e pixel, che si chiama TV…

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  5. Chiedi Come possiamo condizionare i media, la scuola, la società a cambiare rotta? Perché non so voi, ma io vorrei proprio cambiarla questa rotta, e chissà che la rete non sia proprio il luogo da cui partire per dare risonanza ad un messaggio differente. Voi che ne pensate?

    Intanto, bisognerebbe capire se è un’esigenza diffusa oppure no. Se i genitori non vedono che male c’è a proporre alle figlie femmine solo Winx e ai figli maschi solo Ben10, mancano i presupposti.

    Poi, dovremmo praticare e condividere buone pratiche nella vita quotidiana. Io per esempio dovrei spiegare meglio ai miei figli perché la nonna tratta nipoti maschi e nipoti femmine in modo diverso. Mica per litigare con la suocera ;-), magari può essere lo spunto per spiegare che le cose sono un pochettino cambiate da quando lei aveva dieci anni 🙂

    Poi, boicottando i messaggi sessisti (sulla tv, ma anche altrove). E boicottando i prodotti che non ci piacciono.

    Poi, proponendo alternative ai messaggi e ai prodotti suddetti.

    Poi, parlando, parlando e continuando a parlare…

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  6. Che dire… io ho due femmine, 2 anni appena compiuti e 4 fra pochi giorni, e la risposta è si, mi preoccupa quello che vedo in giro.
    Non tanto per la televisione perché in casa non si guarda se non per vedere dvd e videocassette, ma da quando vanno a scuola sono bombardate dai messaggi che mandano i vestiti, o gli zaini o le scarpe… di tutti gli altri bambini. E’ li che le mie hanno conosciuto l’odiosissimo gatto Hello Kitty, Ben 10 e non so chi altro.
    Quello che penso è che noi genitori siamo un gran punto di riferimento per le nostre figlie. Quando vengono a casa e ci raccontano di un certo personaggio non stiamo li a fare chissà quali scene di gioia insieme a loro per enfatizzare queste manifestazioni.
    La piccola ha chiesto la torta di Hello Kitty per il suo compleanno, e fra due giorni glie la farò… non gli nego questo tipo di richieste perché poi so che finisce li.
    La grande l’altro giorno è andata in piscina e, uscendo dalla vasca, veniva verso di me con il suo accappatoio color arancio con un papero disegnato; si è girata e ridendo mi ha detto: “Guarda mamma, tutti Hello Kitty!” Sull’appendiabiti c’erano 7, e dico 7 accappatoi identici, tutti rosa con questo gatto sopra.
    Che pena. Tutti uguali. Proprio come ci vorrebbe la nostra società!!!
    No, mi dispiace.
    Lascio giocare le mie figlie al parco, e non le vesto bene per poi urlare per un’ora “stai attenta che ti sporchi”!! Vanno in giro con vestiti anonimi, proprio per permettersi di sporcarsi.
    Un bambino sporco è un bambino felice.
    Di immagini di donne poco raccomandabili ne abbiamo viste su un cartellone pubblicitario: un sedere in bella vista per non so quale razza di pubblicità… La grande ha detto: “Mamma, quella signora è un po’ brutta” e a me è scappato via dalla bocca: “No, è proprio una maiala!”. Me ne sono resa conto solo dopo averlo detto…
    Ora mi tocca stare attenta che se per strada incontriamo qualche signorina poco vestita… se ne esce con la mia stessa frase (non male però per una 4enne eh?). 😉
    I trucchi non li conoscono ancora. Hanno il mio esempio, che è già tanto se mi lavo la faccia la mattina. 🙂
    Tempo fa hanno regalato una scatolina di plastica di trucchi finti (di plastica anche quelli) e la grande mi ha chiesto a che servivano. “Servono a far sembrare bella chi non lo è. Queste cose le usano le persone che non si piacciono”. Non sono stata li a giocare con lei a far finta di essere belle. Noi lo siamo. Non me ne vogliano le persone che ne fanno uso, le rispetto, ma a questa età se cominciano con il trucco fanno poca strada per arrivare alla bambina di 6 anni che viene citata sopra… meglio andarci con i piedi di piombo.
    A carnevale li potrà usare come vuole, per mascherarsi e far finta di essere chi non è. E se vorranno fare questo gioco ogni tanto, comprerò i trucchi e ci giocheremo. Così si, per ora. Poi tra qualche anno ne riparleremo e saranno libere di usarli, che non sono un tabù,ma almeno avranno qualche anno in più!
    Insomma è una bel lavoro cercare di “modulare”, ma finchè i nostri bimbi sono piccoli penso che sia un dovere, una scelta consapevole, per non fargli prendere troppo sul serio cose futili e di poco valore.
    Cerchiamo di seguirle nei loro istinti di gioco, senza fare distinzioni fra maschi e femmine. In casa nostra girano viti, trapani e bulloni di plastica, oltre alle bambole: sono loro a scegliere di giocare con l’uno e con l’altro.
    Sono d’accordo con voi, quando dite che è limitante per i bambini fare queste distinzioni.
    Vorrei scrivere ancora, ma mi sono resa conto di aver fatto un poema… 🙂
    Prenderò questo libro che non conoscevo, per capire che cosa posso fare di meglio per le nostre due figlie, e per tutti quelli che varcano la porta di casa nostra. Si, perché condividere è la nostra parola d’ordine, e se possiamo portare qualcuno nella nostra barca a remare insieme a noi… vabbè, lasciatemi sognare un mondo migliore và…
    Un saluto!

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  7. Anche io ho letto con molto interesse il libro della Lipperini e se è vero che esistono forti condizionamenti sociali e culturali, questi esistono purtroppo sia per i maschi che per le femmine. Non so se sia meglio vedere i gormiti o le winx. per me pari sono.L’importante è che non esistano solo quei modelli. Che si guardi anche altro, che l’esempio sia anche altro.
    La presenza e il compito della famiglia nella crescita dei figli è essenziale e lo è sempre stata. Inutile nascondersi dietro un dito. I nostri figli, le nostre figlie, hanno possibilità di crescita “intellettuale” infinite rispetto a quelle che avevamo noi.
    Io vivo in un città di un’incommensurabile ricchezza culturale, che offre ai bambini notevoli possibilità di conoscenza e sperimentazione. Forse , da questo punto di vista, sono fortunata. Ma spesso sono i genitori stessi a non vedere al di là del proprio naso.Le mamme che io frequento non sono tutte stereotipate sul tacco a spillo. Ce n’è una varietà infinita.
    Credo sia giusto che la famiglia riprenda fiducia nel proprio ruolo e non si faccia appiattire dai modelli sociali dominanti, che peraltro hanno caratterizzato in maniera diversa ogni epoca passata.

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  8. Io credo sempre molto nell’esempio, nelle vie di mezzo e… nel non terririzzarsi. Non mi piace l’ideale di femmina che c’è oggi in Italia. Ma non è l’ideale di casa mia. Niente tacchi, quasi niente gonne (quasi perché ogni tanto ci penso… chissà, forse un giorno…), vestiti comodi, magari qualche volta mi trucco ma, ecco appunto, qualche volta!

    Ho due femmine, e da quando sono nate l’esempio regna sovrano. Mio marito collabora, ok certe cose non le sa fare bene, ma è figlio di una generazione che l’ha relegato ai doveri da uomo, quindi non ci faccio nemmeno caso. Però aspira, pulisce i vetri (ecco, qui meglio di me), apparecchia, sparecchia, spolvera, riordina. Fa il bagnetto, prepara le pappe (anche se la cucina è uno dei punti dolenti), cambia pannolini. E nessuno dei due accetta di sentirgli dire “che bravo” senza puntualizzare che non lo è affatto, non più di me!

    Ecco, quel che voglio dire è che a poco servirebbero tv, internet, pubblicità e modelli diversi finché non sono diverse le famiglie. Finché sento dire “io il lavoro a tempo pieno nemmeno posso sognarlo, sai mio marito mica è come il tuo che mi aiuta!” o l’amica che entrando in casa e lo vede fare il bagnetto alla piccola esclama stupita “ma dai, ma fa il bagnetto alle bimbe? ma che bravo!” O alla vicina che vedendolo stendere gli dice sorridendo “è proprio bravo lei, che fortunata sua moglie!”.

    Ecco, mi girano, mi girano di brutto. Perché lavoriamo in due, io qualche ora in meno ma i miei orari mi lasciano alla fine meno tempo che a lui, e io in casa, a somme tirate, mi sbatto più di lui (ma per un fatto di gestione, non per scelta) eppure il bravo è lui. E almeno mi sentissi dire brava perché lavoro! No, o faccio pena, o non fa niente. Ecchediamine!

    Ecco, questo voglio dire, cambiamo mentalità noi, non accettiamo il papà sul divano se noi stiamo sudando 7 camicie, ok, se sei casalinga (e tutto il rispetto, è un lavoraccio e ben vengano le casalinghe) non è giusto che a fine giornata il papi torni in una casa devastata con la moglie sul divano che aspetta di lasciare a lui le faccende, ma ho corso tutto il giorno, tu anche, è sera, la cucina è da riordinare, i pupi urlano, scegli, o i pupi o la cucina, il divano quando ci sarà posto per tutti e due! Finché non cambierà questa mentalità, finché non cambieranno i “no, la bambola no, è da femmine” o le risatine idiote davanti al maschietto che spinge il passeggino (e la mamma che glielo toglie imbarazzata), o la mamma che ripete “non stare con le gambe larghe, non è da signorina” a ben poco servirebbe cambiare la tv!

    Io lascio esprimere mia figlia, vuole gli orecchini? Bene, se ne parla, va bene, li avrà. Vuole la gonna? Ok. Non la vuole più perché fa freddo e ci vogliono i collant? E meno male che mi preoccupavo… Al parco giochi gioca scalza, si rotola nell’erba, fa capriole, corre, gioca con la sabbia, esce sporca da paura, ma è salute! E a casa mia i vari “è da maschio” o “è da femmine” sono troncati come minimo con occhiatacce terribili (si, anche con gli ospiti). Le piace hallo kitty? Bene. Per il compleanno ha voluto la borsetta dalla nonna e va bene. Le piace ben 10? Ok, le spiego che è un cartone, che non si picchia, che la lotta non è bella, ma poi lo guarda. E grazie al cielo serve, perché la prendono in giro per i gusti un po’ maschili (la befana, tanto per dire, le ha portato i calzini di ben 10 😛 ) ma lei si difende a spada tratta “sarà da maschi, ma non è solo per maschi, quindi può guardarlo chi vuole”. Amore di mamma… E così le regalano gli album da principesse da colorare. E lei gioisce. Poi ne vede uno di macchinine e lo vuole perché “ho solo quello delle principesse” e va bene.

    Ecco, equilibrio, libertà, esempio. E secondo me le pubblicità e la tv vanno a farsi friggere! Almeno spero, vedremo fra vent’anni, e se mi ritroverò con due veline col sedere in fuori in casa… Beh, seppellito mio marito (non può superare un trauma simile) verrò qui a fare ammenda 😉

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  9. Sono (tanto per cambiare) d’accordo con supermambanana (e toccherà affidartela sta rubrica prima o poi!!!). Serena è un po’ più intransigente sul punto, ma vive in una realtà fortemente permeata dall’equiparazione dei generi come valore.
    Ciò non toglie che il cambiamento di rotta, soprattutto in Italia, proprio per identificare l’ambiente culturale in cui si vive, è decisamente necessario.
    Ed è anche necessario prendere coscienza che i messaggi esterni a cui sono esposti i bambini, non vengono più soltanto dalla televisione, ma da mezzi più complessi come può essere la rete. Sappiamo veramente come vengono recepite le informazioni e le conversazioni sulla rete da parte, soprattutto, degli adolescenti? Come facciamo ad avere esperienza di come vivono i figli nel web, dato che questi sono i primi figli che ci cresceranno? Quali sono le loro percezioni e che tipo di amplificazione hanno i messaggi visualizzati in rete?

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  10. Le tue domande mettono all’angolo e pongono una problema di responsabilità grande nelle nostre mani. Come genitori, come individui (quindi entità che si muovono nel proprio micro-cosmo privato) ma anche come cittadini (fruitori di servizi come la scuola e consumatori di prodotti come i media) che con le proprie scelte quotidiane hanno anche la possibilità di orientare in modo diverso la rotta di cui parli. E’ un problema veramente ampio e c’è molto lavoro da fare: il controllo non si può esercitare su tutto e inevitabilmente la sfida e la speranza è quella di mettere nelle mani dei nostri figli degli strumenti validi per poter decifrare quei messaggi e quei modelli in modo autonomo e che li mettano nella condizione di poter distinguere soprattutto quando noi non saremo più il loro “filtro”.

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  11. io ho elaborato una teoria mia, che parte da cose che ho letto ovviamente ma non sarei in grado di argomentare con fonti perche’ son perse nei meandri delle sinapsi. La mia teoria mi fa in realta’ essere molto rilassata di fronte a situazioni come la scelta di star wars per i maschi e hello kitty per le femmine a 6 o 7 anni, e magari anche oltre non lo so, lo imparero’ con i figli che crescono. Perche’ credo che esista un momento in cui il merging col gruppo e’ molto piu’ importante dell’individualita’, noi comprendiamo l’individualita’ perche’ la guardiamo con gli occhi di un adulto, per i bimbi credo sia ancora molto piu’ fondamentale il bisogno di essere accettati e fare le cose tutte uguali. Non sottovaluto e nemmeno ridicolizzo la cosa, ma riconosco l’esigenza, e non mi pare giusto non tenerla in conto. Hanno sempre giocato a cucinare, i miei, anche perche’ sia mamma che papa’ sono un po’ patiti dei fornelli (e Jamie Oliver non e’ un’opinione), ma non mi sentirei ‘scocciata’ se decidessero di non farlo piu’, e devo dire che da dopo i 4 anni (in cui ci sarebbe il primo botto di testosterone, dicono) sono aumentate le attivita’ piu’ prettamente da boys, incluse la fisicalita’ nei rapporti. Tutto cio’ non mi pare innaturale e non mi impensierisce. Al contempo pero’ visto che io sono il primo riferimento di persona di sesso femminile per i miei due maschi, sento come mio compito quello di aiutarli a relazionare con le amichette, e le amiche piu’ grandi quando cresceranno. Se io ho piacere a conversare con loro, a uscire con loro, a partecipare alle loro attivita’, io dimostro al contempo due tesi, quella della mamma partecipe and caring, ma anche quella della compagna (sia in senso di amica sia in senso di persona speciale) con cui stare bene.

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  12. forse rischio di essere impopolare..ma io mi chiedo dove siamo a volte noi mamme.mi sembra che spesso subiamo passivamente…
    io a 15 anni facevo politica. Ero dalla parte sbagliata, ma almeno ci ho provato a cambiare il mondo.
    Ho letto più cose io sulla storia contemporenea di quanto hanno fatto molte prof di storia.
    e avevo dei genitori semianalfabeti che per me hanno voluto per forza l’istituto tecnico commerciale.
    Ho 33 anni e se devo andare a prendere la bimba a scuola vado in jeans e anfibi.
    Mi trovo bene con molte mamme della rete, ma con le mamme dell’asilo della mia bimba non attacco.
    Sono tutte piccole veline sui tacchi a spillo.
    A volte davvero belle e con la pancia piatta nonostante due gravidanze.
    Ma le riunioni dei genitori sembrano pollai, e mi ritrovo a fiancheggiare le maestre su determinate scelte…e sanno cosa sta succedendo nell’ultimo reality ma non hanno la piu pallida idea dei regali che mary star gelmini ci ha fatto.
    che non sia il caso di ritornare ai reggiseni bruciati in piazza?? E’ davvero solo colpa degli uomini??

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