Il mostro è il solo colpevole

Un disabile mentale uccide all’interno di una clinica psichiatrica, dove 15 dipendenti sono indagati per maltrattamenti ai pazienti anziani.
Fin dove arriva la sua colpa? O quella della sua malattia? O la nostra?

© foto di Alexandre Dulaunoy flickr.com utilizzata in licenza Creative Common
© foto di Alexandre Dulaunoy flickr.com utilizzata in licenza Creative Common

Davide passerà il Natale in un manicomio criminale.
Non si usa più la parola “manicomio”, deteriorata dall’uso, si è trasformata in Residenza Sanitaria Psico-geriatrica. Il che ha almeno il pregio di evidenziare come si cerchi di farvi alloggiare le persone il più tardi possibile.

Ma non è scontato, infatti Davide è giovane: ha meno di quarant’anni.
E non c’è verso che da qualche parte ci sia scritto che è in un manicomio criminale. C’è scritto che è pericoloso, che è malato, che è un killer, che ha avuto una follia omicida, che anche le forze dell’ordine hanno faticato a tradurlo fuori dall’ospedale dove lo avevano ricoverato dopo gli omicidi (si, ecco, anche omicidi, c’è). Poi però si parla di “Ospedale giudiziario”. Così, improvvisamente, c’è bisogno di edulcorare i concetti, di dare un contorno più accettabile, più umano.

Ho pensato e ripensato a quei due articoli a tutta pagina e mi ha colpito una cosa in particolare: le parole addolcite sono tutte quelle che riguardano la società, le istituzioni: “ospedale giudiziario”, “personale di assistenza”, “forze dell’ordine”.
Invece tutto quello che riguarda Davide è appesantito, abbruttito. Incattivito.

Eppure in quella stessa clinica mesi fa erano stati denunciati e allontanati (probabilmente anche incarcerati) alcuni membri del “personale di assistenza” per violenza e percosse nei confronti dei degenti. E proprio in quel frangente qualcuno aveva osato alzare la mano e chiedere in quali condizioni si sia costretti a vivere e lavorare in quella struttura.
Nessuna risposta.

Anche oggi qualcuno chiede le stesse cose ma la risposta è identica, nella sua assurda assenza.
Non importa se Davide è vittima lui stesso di una malattia che non è in grado di governare, se i farmaci che potevano contenerla non gli sono stati dati, o non erano sufficienti e altre misure di contenzione (che a volte, ahimè, sono necessarie) non sono state utilizzate.
Perché chiedere conto al personale, agli psichiatri, alla direzione, alla politica? (Che ricordiamolo: tagli significa meno personale, meno farmaci, meno sicurezza).
E noi? Quanto sentiamo la forza e la voglia di indignarci per questo? Quanto abbiamo pensato che nel funzionamento di uno stato (pagare le tasse, la conservazione del territorio) c’è anche questo: la cura dei più deboli?
Che nessuno si senta additato, per carità! Perfino io ho collegato solo oggi, costretto da un bollettino in scadenza e l’impegno di finire questo post, il mio dovere di cittadino e la vicenda di Davide.
In qualche modo è come se anche io avessi avvallato la teoria secondo la quale il colpevole è uno, è l’orco, il mostro. Lo si rinchiude in qualche posto, badando bene di usare parole politically correct e nascondendo alla gente gli occhi spaventati di un ragazzo di poco più di trent’anni che chiedeva solo aiuto per stare in questo mondo.

Buon Natale Davide.

Dicono che sia capace di uccidere un uomo
non per difendersi, solo perché non è buono
Dicono loro che sono scienziati affermati
classe di uomini scelti e di gente sicura
Ma l’unica cosa evidente è che il mostro ha paura

(Samuele Bersani – Il Mostro)

Il post si riferisce a questo fatto di cronaca recentemente accaduto

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1 thought on “Il mostro è il solo colpevole”

  1. mi si stringe il cuore per tutti: per Davide, per le due persone che sono state ammazzate, per tutti i loro genitori e famigliari che dopo una vita di strazio con un figlio che ha bisogno di cure che loro non gli possono dare, e con il cuore pesante di saperli già tutti quanti in una struttura dove chi ci lavora maltratta i pazienti. Per le persone che ci lavorano dentro. Per tutti gli altri pazienti, forse vivi, forse non maltrattati, forse no. Nel mio piccolissimo ho capito qualche mese fa l’ enorme differenza che fa nel mio benessere di persona sana, normale e relativamente funzionale (e funzionante) alla società in cui vivo, prendere la pasticca giusta al momento giusto. Non che la pasticca risolva tutto, ma se pensiamo che forse certe volte basta davvero quel poco, ecco, mi prende una disperazione spaventosa se penso a questa e altre vicende. grazie per avercela raccontata, è un peso che come cittadini e societ`a non possiamo ignorare, e dobbiamo aiutare a portare.

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