Il Natale è una festa straniera

Musulmano, rifugiato, straniero: cosa è il Natale? Un significato così universale da superare ogni differenza, tra fedi diverse, ma anche tra chi ha e chi non ha fede.
Un contributo fondamentale che ci regalano Amanullah e il Centro Astalli

foto di Simona Bungaro su Flickr usata con licenza Creative Commons
foto di Simona Bungaro su Flickr usata con licenza Creative Commons
Come trascorre il Natale una persona che è dovuta fuggire dal suo Paese per salvarsi la vita, con la prospettiva di non tornare più? Di rifugiati si inizia a sentire parlare un po’ di più di prima. L’attenzione resta però di solito concentrata sui moli degli sbarchi, dove vediamo file naufraghi tutti uguali, avvolti dai soccorritori in teli riflettenti che li rendono ancora più alieni.
Noi del Centro Astalli li incontriamo invece al centro di Roma, a due passi da piazza Venezia. Ogni giorno a mangiare ne arrivano 400. Quasi nessuno sa chi sono. Sembra anzi che nessuno li noti. Eppure hanno avventure incredibili da raccontare. Persone che hanno avuto spesso il coraggio di perdere letteralmente tutto per un ideale, per una questione di principio, per la giustizia. Famiglie travolte dalla guerra, come quelle dei nostri nonni qui in Italia. Ragazzi che hanno percorso a piedi migliaia di chilometri, protagonisti di moderne odissee che hanno come scenario due o tre continenti diversi.
Noi abbiamo la fortuna di incontrarli, di conoscerli un po’, di ascoltare i loro racconti. Cerchiamo di aiutarli a ricominciare da capo, qui da noi. La strada da fare qui in Italia spesso è dura, dolorosa e umiliante quanto le esperienze del loro passato. Non è facile essere soli in una società sconosciuta, estranea, a volte ostile. Eppure, anche se li incontriamo in un momento di massima fragilità, il loro coraggio e la loro determinazione ci sono comunque di esempio e di insegnamento.

Amanullah è un ragazzo afgano, uno di quelli arrivati viaggiando sotto un TIR, partiti bambini e arrivati uomini fatti, nonostante l’età anagrafica. La sua storia è simile a quella di Enaiatollah Akbari, raccontata magistralmente da Fabio Geda nel libro “Nel mare ci sono i coccodrilli”.
Abbiamo chiesto a lui, rifugiato e musulmano, di raccontare cosa significa per lui questa nostra festa.

Fino a tre anni fa, ossia fino a prima di arrivare in Italia, non sapevo neanche cosa fosse il Natale. Quest’anno,invece, ho deciso di festeggiarlo anch’io. Lo farò in modo del tutto particolare, visto che sono un ragazzo musulmano.
Credo però che la nascita di Gesù non debba essere considerata una festa per un solo popolo o per un determinato gruppo di persone. Sarebbe giusto,invece, che il giorno della sua nascita fosse celebrato da tutti, a prescindere dal fatto che lo si ritenga il Figlio di Dio o più semplicemente un uomo, perché Gesù considerava tutto il mondo come un unico paese e tutti gli uomini come una sola famiglia. Il suo messaggio di pace e di giustizia era rivolto a tutti.
Io vengo dall’Afghanistan, e ho imparato velocemente cosa significhi vivere in un luogo dove queste due semplici parole ti vengono negate. Lo so che al mondo esistono tante fedi, che ognuno si rivolge a Dio chiamandolo con un nome differente, ma sarebbe così bello se un giorno capissimo che tutte le religioni non sono altro che strade diverse che l’uomo percorre per arrivare a Dio! Penso che allora saremmo pronti ad accogliere le parole d’amore e fratellanza pronunciate da Gesù, che saremmo finalmente pronti a rifiutare qualunque forma di odio, a cominciare da quello religioso. Se quando ero più piccolo mi avessero parlato di Babbo Natale, sarebbe stato questo il primo regalo che gli avrei chiesto.
Quando al Centro Astalli mi hanno domandato se mi avrebbe fatto piacere scrivere qualche riga di auguri per il Natale, ho risposto subito di sì. Io mi trovo molto bene in Italia, tra un paio d’anni vorrei iscrivermi a ingegneria e costruirmi un futuro, perciò ho pensato che questa sarebbe stata una buona occasione per ringraziare tutte le persone che, da quando sono qui, mi hanno accolto, ascoltato, aiutato. Una buona occasione per augurare un felice Natale non solo ai miei amici italiani, ai miei compagni di classe con i quali frequento l’istituto di ragioneria, ma anche a tutte quelle persone che ogni giorno si adoperano per tutti i ragazzi che come me sono costretti a fuggire e a lasciare ogni cosa, tutte quelle persone che hanno fatto tanto per me senza neanche conoscermi.
Grazie e buon Natale!
– Amanullah –

Il Centro Astalli, sede italiana del Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati, in questo periodo di Natale propone a chi lo desidera di “sostenere da vicino” un rifugiato che vive nelle nostre città. Tutti i dettagli qui: Campagna IO SOSTENGO DA VICINO

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