Il gioco è l’origine dello sport

Il gioco come base propedeutica dell’attività sportiva e come strada privilegiata per sperimentare la socialità e il rispetto reciproco, senza ansia da risultato.

Questa è l’occasione buona per divagare leggermente dall’argomento di cui mi piace parlare di solito, ovvero lo sport in senso stretto.

Foto ©Kyle Mahaney utilizzata con licenza Creative Commons
Foto ©Kyle Mahaney utilizzata con licenza Creative Commons
Quando penso al gioco mi vengono in mente bambini spensierati che si arrampicano sugli alberi e gruppi di ragazzi vocianti che si divertono sul bagnasciuga: leggerezza, festa, regole inesistenti. Giocare è sinonimo di pausa, un modo per staccare dall’impegno e gestire il tempo senza nessun obbligo e finalità.

Mi pare però che questo punto di vista sia parziale oppure limitato; perché esiste un periodo della vita in cui il gioco è un’attività importante e serissima. Durante l’infanzia infatti giocare rimane l’azione principale e pertanto è eseguita con concentrazione e regole precise; le priorità dei bambini sono molto diverse dalle nostre e noi genitori dovremmo partecipare con empatia ed impegno al loro mondo creativo.

Ammetto candidamente di non essere così portata a giocare con i bambini, ho poca fantasia e una pazienza limitata, confesso di fare fatica a portare a termine le infinite ripetizioni della stessa azione; infatti nella nostra famiglia il genitore dei giochi è stato il papà, delle cui doti ludiche si sono sempre accorti tutti i bambini nel raggio di un chilometro: la simpatia e l’affinità sono pregi che traspaiono anche senza dichiararli.

Trovo che il gioco sia importantissimo (anche da adulti) non solo come momento di riposo ma anche e soprattutto come metodo di insegnamento. Credo che da questo punto di vista giocare insieme a praticare uno sport non abbia nulla di meno di altri sistemi educativi: la partita di pallone al parco, chi arriva prima, buttare giù i birilli, colpire la pallina, chi fa il salto più lungo. Sono solo alcuni esempi di attività propedeutiche a quella sportiva che i nostri ragazzi fanno comunemente appena possono riunirsi.

Durante la partita o la gara al campetto si imparano i rudimenti delle regole di convivenza e dei precetti sportivi che poi possono sviluppare in attività strutturate e più focalizzate; la cosa più bella è che giocando non esistono pressioni sulla prestazione o sul risultato, pur apprendendo alcune basi della socialità e della cultura che sono importanti e fondamentali. Insomma il modo che ho trovato io per giocare con mia figlia è stato sempre più sportivo che concettuale, e credo che sia una buona maniera perché è quella in cui mi sono trovata più a mio agio, trasmettendo a lei il divertimento e la passione di fare una cosa che mi piace.

Credo che giocare bene sia importantissimo e non solo per i bambini: avere momenti di pausa e di allegria aiuta soprattutto gli adulti, a patto che ognuno trovi il suo sistema preferito.

Prova a leggere anche:

Previous

La chimica nei giocattoli

Un documentario sulla scuola che cresce e funziona

Next

Leave a Comment