Sport da maschi e sport da femmine

Il dibattito sullo sport di genere è sempre molto sentito. Esistono attività fisiche ad uso esclusivo dei maschi? E’ possibile crescere con il concetto che si possa praticare lo sport preferito senza doversi segregare a seconda dei cromosomi capitati alla nascita?

Foto ©clappstar utilizzata con licenza creative commons
Foto clappstar utilizzata con licenza creative commons

Passando a volo radente lungo i secoli ci siamo accorti che l’universo femminile era delicatamente e drasticamente isolato tra pentole e pannolini, tanto che tutte le attività che esulavano da quelle di dama del focolare non venissero nemmeno prese in considerazione. Lavoro, sport, hobby non rientravano nei pensieri femminili pertanto non si potevano trovare spazi o alternative.
Ammesso (e non concesso) che la storia insegni a migliorare e ad eliminare i disequilibri, in tempi moderni ci sono state le giuste evoluzioni e le aperture sociali sperate: pari diritti, pari opportunità, pari possibilità di scelta. Vedere le foto color seppia delle signorine anni 50 in tenuta ginnica mi provoca sempre dei sorrisi bonari, era l’inizio di una rincorsa che ancora non è finita.
Oggi che noi siamo genitori, ci troviamo a dover affrontare un dilemma ancora più complesso, ovvero la scelta di una attività sportiva consona alle esigenze dei nostri figli: la nostra responsabilità, però, non è prendere in considerazione solamente le attitudini, la struttura fisica, il tipo di impegno, ma è necessario inserire tutte queste variabili all’interno di un contesto sociale vario e multiforme.
Mia figlia molte volte mi ha chiesto se può andare alla scuola di calcio; a 8 anni e mezzo è spinta a cercare il resto della compagnia di amici, e dato che lei ama giocare in egual misura con le femmine e con i maschi, non vede differenze anche nella scelta sportiva. Buona cosa avere molteplici vie, così che si possa effettivamente scegliere, a patto di essere liberi dai condizionamenti.
Vedo le statistiche del calcio giovanile nei paesi anglosassoni e nordici e mi accorgo che le percentuali di presenza femminile sono molto alte. Faccio un giro al centro di avviamento al calcio dietro casa e, non senza difficoltà, mi metto a contare le bambine che si stanno allenando: zero. Esiste uno scoglio da superare per fare scegliere liberamente lo sport a mia figlia: non essendoci richiesta, le società non si pongono proprio il problema di ampliare la gamma. Fine della molteplicità di scelta.
Questo significa per me contestualizzare una frase come “non esistono sport solo per maschi o solo per femmine”: vuol dire ragionare molto bene sulle parole e sui concetti che si vogliono trasmettere, facendo leva su esempi concreti e di facile reperimento. La teoria è bella, ma senza pratica rimane un freddo esercizio di stile.
Crescendo di età è chiaro che le differenze aumentano, perché aumenta il divario fisico, la distinzioni all’interno delle federazioni, la richiesta di impegno; è quindi sostanzialmente impossibile confrontarsi tra sessi diversi.

Lo so che tutti i genitori che stanno leggendo questo articolo sono lungimiranti e illuminati, pertanto mai cadrebbero nel banale rispondendo ai propri figli che esistono sport che possono fare solo se sono femmine (o maschi): ma la popolazione è varia (e anche avariata, a volte) e sono certa di aver sentito più di un papà che ha definito “da femmina” la danza (o anche la pallavolo, compilate voi a caso). Anche se rabbrividisco ogni volta, mi rendo conto che è necessario approfondire, perché anche una frase così sessista può essere ragionevole, se applicata allo sport; mi piacerebbe pensare che esista un’universalità all’interno del mondo sportivo dei più piccoli, ma la (nostra) realtà è così fatta e ha bisogno di molte spinte verso ulteriori aperture.
Mi vengono in mente piccole realtà sane che si occupano di “crescere” i bambini sotto molti aspetti, che non pongono vincoli di sesso alla totalità di attività praticabili all’interno della società sportiva; vero è che certi sport si prestano più di altri, ma è altresì vero che fino almeno ai 12 anni è possibile creare una “mentalità” sportiva che vada oltre ogni differenza di genere.
La possibilità di evolvere e aumentare le opzioni di scelta dei figli è in gran parte nelle mani di noi genitori, che dovremmo spingere (e spingerci) a pensare ad un mondo bambino che tutto può e a cui niente è impossibile, anche (e soprattutto) nello sport, inteso come mezzo culturale e sostegno ad una rivoluzione delle abitudini.
Concludendo: esistono sport da maschi o da femmine? Io dico di si, ma solo se siamo capaci di capire che si può cominciare tutti insieme.

Il camminare presuppone che a ogni passo il mondo cambi in qualche suo aspetto e pure che qualcosa cambi in noi. (Italo Calvino)

Prova a leggere anche:

Previous

Cosa è una teoria scientifica?

Le Sentinelle in piedi e la resistenza pop-intellettuale

Next

14 thoughts on “Sport da maschi e sport da femmine”

  1. A proposito di calcio: forse l’ambiente del calcio “maschile” migliorerebbe un po’ se ci fossero più femmine a praticarlo.
    Per ora faccio di tutto per tenere mio figlio quasi seienne alla larga, invitandolo a prendere visione di sport e interessi diversi: nuoto, musica, free climbing… L’ho portato anche a vedere una lezione di hip-hop, ma non se l’è sentita di provare.
    Trovo emblematico che su Chance.org ci sia una petizione (Donne nello sport? Dilettanti per regolamento!) che chiede che anche per le donne sia previsto di diventare professioniste nelle categorie sportive.
    C’è ancora tanto da fare!

    Reply
  2. Argomento che mi tocca molto da vicino. Da bambina ero appassionata di calcio e ho giocato nella squadra maschile tutte le volte che ho potuto: il campo sportivo era dietro casa, l’allenatore mi vedeva a bordo campo quando andavo a vedere gli allenamenti di mio fratello e mi chiamava sempre dentro, ma purtroppo non potevo fare le partite. Ero bene accolta dagli altri bambini, abituati a giocare con me a pallone al parco e mio padre seguiva la cosa con tranquillità.
    Certo il resto del mondo mi aveva classificato come maschiaccio, ma a me non dispiaceva.
    Col senno di poi mi dico che forse questo ha forzato un po’ la mia parte mascolina nel senso che ho faticato un po’ a trovare la mia femminilità crescendo, ma sono davvero grata ai miei genitori di non avermi imposto il modello sportivo femminile (e comunque ho poi giocato tanti anni a pallavolo in una squadra femminile e ho provato molti altri sport spinta dalla curiosità e dalla passione).
    Ricordo che per i miei 10 anni mio padre mi regalò dei magnifici guanti da portiere: ne ero orgogliosa!

    Mio fratello ha allenato per tanti anni una squadra mista di minibasket e si divertivano tutti moltissimo e in quell’ambiente non ho mai visto una resistenza a mescolare femmine e maschi.

    Ho due figli maschi: sul piccolo non mi pronuncio perché ha solo tre anni, ma il grande (6 anni) non ha nessuna predisposizione e nessun interesse per il calcio, mentre gli piace molto andare a vedere il pattinaggio artistico (c’è una pista vicino casa). Gli ho proposto varie volte di provare, ma lui non vuole perché son tutte femmine e io non lo forzo, ma mi dispiace.
    E proprio ieri al parco giochi ho giocato a calcio con una bambina di 4 anni, figlia di un’amica, che fa calcio in una squadra mista di bambini della sua età, con gran dispiacere della famiglia che vorrebbe invece indirizzarla a cose più femminili (danza soprattutto).
    Ecco, forse il mio intervento non è molto costruttivo, serve solo per dare una conferma di quanto detto sopra, ma poiché è un argomento che mi sta molto a cuore, partecipo volentieri al dibattito.

    Reply
  3. io da piccola ho fatto prettamente sport maschili ….. mi piacevano e mia madre non mi ha mai ostacolato……
    ho fatto anche danza ,…. ma ero io chemi sentivo fuori luogo…invece ilmio caro amico Cri…. era bravissimo a danza ..tutt’ora fa il ballerino ed è un figo pazzesco!!!!!!
    abbamoavuto genitori intelligenti!!
    aimieifigli faccio scelgiere illoro sport…lapeste piccoal fa karate le altre ginnastica e ilgrande pallone…… liberamente senza forzature di nessun genere
    mi ritengo fortunataa stare inunposto dov c’è un’ampia scelta di attività senza divisioni forzate….

    mi arrabbio quando sento dire ad un bambino che gioca a calcio e magari no eccelle :-” sei un afemminuccia:_” mi incavolo …e viceveersa se una bambina faunbelkatà gli vine detto :-” si ma è unmaschiaccio!!!1:-
    mi fanno arabbiarequeste cose!!!!!
    veronica

    Reply
  4. Mio figlio frequenta una scuola di basket. Alla prima lezione mi sono stupita del fatto che il gruppo fosse misto, molti maschi e qualche femmina, non perché le bambine giocassero a basket, ma per il fatto che non ci fossero due classi distinte. In realtà, poi, ho capito che fino a una certa età maschi e femmine non differiscono tanto per struttura e forza fisica, per cui non c’è ragione di separarli. Adesso mi sembra del tutto normale vederli giocare insieme. A volte è solo questione di abitudine. Magari la presenza di una femminuccia che fa scuola calcio con altri maschietti darà coraggio ad altre bambine.

    Reply
  5. E’ interessante quanto è stato scritto, ma per la mia limitatissima esperienza direi che ci sono più resistenze rispetto ad un maschio che scelga uno sport da “femmine” che viceversa.
    Forse è solo il mio punto di osservazione, ma vedo un sacco di ragazzine a karatè con mio figlio o a basket(mai stato da maschi nella mia zona in verità)/calcio/pallanuoto che ragazzini a danza o ginnastica artistica.
    Siccome non credo che siano più noiose mi chiedo se non sia proprio una questione di una maggiore resistenza culturale

    Reply
    • Per esperienza ti dico che la tradizione locale spinge alla scelta sportiva dei giovani. Qui ginnastica artistica e ritmica hanno squadre nazionali e campioni internazionali e i giovani che frequentano i corsi sono ben suddivisi tra i sessi, stesso vale per pallacanestro e pallavolo.
      E’ una questione culturale, dovuta maggiormente all’esempio e ai risultati.

      Reply
    • Ho la stessa impressione. Il freno può venire dalla famiglia ma anche fuori. Ho presente il caso del figlio di una mia amica, 4 anni all’epoca, che era stato avviato a fare ginnastica artistica. Purtroppo il nome “artistica” fa immaginare una disciplina solo femminile – che se non mi sbaglio invece è la ginnastica “ritmica” – bisogna menzionare Juri Chechi e altre celebrità per far riflettere che no, ginnastica artistica è aperta a entrambi i sessi. Comunque un girotondo di commenti via Facebook su questo bambino mandato a fare ginnastica artisticaaaaa!?!? Tanto che il papà si è sentito in dovere di commentare che suo figlio era un vero maschio e gli piaceva essere circondato da bambine. Un modo intelligente per ribadire la virilità del piccolino, che gli amici reputavano evidentemente messa in pericolo.

      Reply
  6. Nonostante le molte critiche ricevute dai compagni di classe mia figlia, oltre al suo sport “da femmina”, si è iscritta a scuola calcio con il fratello.
    A casa mia non esistono “ancora” giochi e mansioni da maschio o da femmina!

    Reply
  7. Io vedo molte aperture, e questo decisamente mi rende ottimista per il futuro (che spero prossimo).
    Mi fa riflettere il fatto che molto (troppo) spesso il freno arrivi dalla famiglia; se guardiamo a quest’ultima come un microcosmo, non mi stupisco della mancanza di offerta sportiva trasversale.

    Reply
  8. A 17 anni ero cintura marrone di karate, uno sport che mi appassionava moltissimo. All’unico saggio di fine anno a cui ho partecipato ricordo che una ragazza, 15enne giovane promessa dell’agonismo, fece un bellissimo “katà”… suscitando commenti sarcastici da parte del pubblico, perché era poco femminile. Parlo di quasi 25 anni fa. Adesso ho conosciuto una coppia di genitori che mandano la figlia 8enne a taekwondo insieme al fratello più piccolo. Sarà che mi basta poco ma questo incontro mi ha riconciliato con parte dell’umanità 🙂

    Reply
  9. Per me gli allenamenti di kung fu a Giulianova in cui veniva anche l’allieva bravissima di San Benedetto erano una benedizione: avevo davanti una ragazza più grande che per me era un esempio da raggiungere, mi motivavo diversamente (e comunque avevo 17 anni). Per questo vedo un gran senso nello stimolare la maggior partecipazione di bambini del sesso minoritario con insegnanti o corsi per conto loro. Solamente a livello di stimolare la partecipazione e il piacere di fare sport.

    Reply
  10. A me è sempre rimasto in mente un video bellissimo dell’Aquila Rugby sulle ragazze, poi lo posto. Io non ho mai fatto sport ad alti livelli, da piccola ogni anno ne provavo uno e hai ragione che le scelte sono orientate in base a quello che è disponibile in zona. Avevo una gran predilezione per le arti marziali, all’ epoca proprio sport da maschio, infatti eravamo sempre pochissime ragazze (a judo di più, a kung fu e karate meno, ma erano anni diversi). Come dici tu ci sono due fattori: uno la mentalità, se certi sport sono percepiti da maschio o da femmina e quindi i bambini forse si fanno frenare o i genitori sono perplessi su scelte controcorrente dei figli, si spiegano i numeri bassi e questo crea ulteriori limiti (anche solo la domanda pratica: per un corso con 3 femmina su 30, se mancano gli spogliatoi separati ti arrangi, se cominci ad avere un 50-50 ti tocca provvedere a un ulteriore spogliatoio). L’ altro è che se appunto non poni limiti ulteriori e cerchi di inglobare entrambi i sessi, specie da bambini, le soluzioni si trovano. Quando Luca ha detto di voler fare balletto, perché tutte le sue amiche lo facevano (ed era consapevole che fosse uno sport da femmine, dunque mi sono sbattuta per dimostrargli che lui può fare tutto quello che vuole) ho trovato delle scuole di danza con classi separate per i maschietti. E preferibilmente con un maestro, proprio perché così si potevano anche fargli fare esercizi più mirati, o comunque eliminare il fattore pesce-fuor-d’acqua.

    Reply

Leave a Comment