Strumenti per un villaggio inclusivo (tratto da una storia vera)

Una delle esperienze che mi sta provando fisicamente di più in questo primo quadrimestre (o trimestre, non imparerò mai) dei miei figli a scuola è mia figlia che non vuole aiutare il suo compagno in difficoltà.
Andiamo con ordine: non ho chiesto dettagli alle maestre, faccio parte di quella vecchia generazione in cui ciò che succede a scuola è normato da regole simili al Fight Club (Nessuno parla del Fight Club fuori del Fight Club, eccetera eccetera). Nonostante ciò era impossibile rimanere indifferenti ai continui mal di testa, mal di pancia, male alla gamba, mi bruciano gli occhi, ho prurito ai gomiti che mia figlia manifestava ogni sera all’atto di raccontare com’era andata la giornata e preparare “La cartella” per il giorno successivo.

Questo per giorni.

La situazione si stava facendo snervante, per cui una sera, dopo una doccia calda e rilassante, le ho fatto vuotare il sacco: “Insomma, piccola, adesso va bene tutto, ma mi dici che caspita succede?”
“Mi fanno stare sempre con Giona” (il nome è di fantasia, dio fa che non ci sia nessuno che si chiama così a scuola).
Giona è un bambino molto simpatico ed estroverso ed evidentemente ha qualche difficoltà a star dietro alla lezione, fare i compiti, eccetera eccetera.
Naturalmente è verosimile che il “sempre” di mia figlia sia più aderente ad un “qualche volta” di uso comune, ma questo è un dettaglio.
Di base il punto è questo: i bambini un po’ più scaltri fanno da tutor a quelli che sono più in difficoltà. Geniale. L’idea è piaciuta tanto anche alle colleghe del doposcuola che infatti abbinano Maria a Giona anche per i compiti del pomeriggio. Un paio di mesi e la “ragasetta” mi va in burnout e quindi tutte le balle somatizzazioni di cui sopra.

villaggio-inclusivo

Represso il primo istinto di telefonare alle maestre per chiedere di dare un po’ di respiro alla bambina (ammetto che è stato impegnativo), abbiamo suggerito a nostra figlia di parlarne con la maestra, per chiedere se poteva almeno fare a cambio con qualche altra sua compagna, in modo da non fare solo la tutor di Giona.
In ogni caso, abbiamo detto, siccome per essere bravi a scuola (come lei è) serve impegnarsi molto ma anche avere la fortuna di stare bene, non avere difficoltà di alcun genere, ecc ecc ecc, è importante abituarsi ad aiutare chi invece questa fortuna non ce l’ha.
Chiaro come le montagne dopo un temporale estivo.

Maria è stata brava: ha parlato con la maestra in assoluta autonomia (non ci avrei scommesso un centesimo,è pur sempre in seconda elementare), e dalla settimana successiva hanno inziato a turnare  i tutor. Basta magagne e armonia familiare ritrovata.

Ok. Non so nemmeno perché son partito da un aneddoto personale; fatto sta che gli strumenti che possiamo cercare di insegnare ad usare sono: empatia, condivisione, apertura mentale, coraggio (perché i compagni sfottono se stai più di trenta secondi con un bambino del sesso opposto).
Ma serve, ah, se serve!

Ricordo ancora con sofferenza quando inserirono un ragazzo con la sindrome di down in terza media e noi, impreparati al fatto, non lo abbiamo mai avvicinato, nemmeno per una parola. Nessuna facilitazione dagli insegnanti, nessuna spiegazione sulle difficoltà che potesse avere, nessun lavoro ad hoc per la classe che potesse sostenere l’integrazione. Era semplicemente un compagno con gli occhi a mandorla che non parlava. Poche settimane dopo la madre lo ritirò da scuola. E allora ci dissero che aveva bisogni particolari.

Un proverbio africano dice: “Ci vuole un intero villaggio per crescere un bambino”.  La realtà è che chissà quanti bambini serviranno per creare un villaggio che sappia crescere qualcuno.

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2 thoughts on “Strumenti per un villaggio inclusivo (tratto da una storia vera)”

  1. E’ un piacere leggere le tue considerazioni e confermare quanto sia importante per tutte le persone coinvolte condividere tante diversità. Occasioni che crescono e arricchiscono. Mio figlio ha avuto due esperienze opposte. La prima alla scuola dell’infanzia , con una compagna affetta da una disabilità molto grave; lo scambio di cure e affetto fra bambini, insegnanti e famiglie ha lasciato a tutti un grande insegnamento e dolci ricordi. La seconda esperienza frequentando le elementari, con un compagno con disturbi comportamentali, che purtroppo , ha provato molto i bambini . “il villaggio” si è sparpagliato abbandonando i suoi bambini.

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  2. La tua conclusione è proprio vera…grazie per aver condiviso questa esperienza, io non so come reagirei a una cosa del genere, te lo dico sinceramente. La dinamica di come sono andate le cose da te è stata senza dubbio positiva.

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