E se a scuola non ci andasse? Cos’è la “scuola paterna”

Ma lo sapevate che è possibile non andare a scuola? No, no… cosa avete capito? Lo so che sapete benissimo che è possibile bigiare, marinare, fare sega, o come altro si dice nelle diverse parti d’Italia!! Lo so che lo avete fatto da studenti (inutile negare! almeno ci avete pensato!) ed ora state aspettando con preoccupazione il momento in cui lo faranno i vostri figli!
Intendevo un’altra cosa.
Nel nostro ordinamento è obbligatoria l’istruzione primaria, ma non la frequentazione di una scuola, pubblica o privata.
Esiste infatti un’altrnativa alla scuola che è chiamata “scuola paterna” o “scuola familiare“. Per tutto il periodo dell’istruzione obbligatoria, infatti, è possibile imparare a casa, con i genitori o con altre persone competenti. Insomma, questo istituto che sembrerebbe d’altri tempi, perso tra precettori ed istitutrici, non solo è ancora esistente, ma sta ritrovando un suo spazio culturale.
Prima di tutto parliamo del “come”, poi rifletteremo sui “perchè”.
L’obbligo scolastico nel nostro Paese può essere assolto: presso le scuole elementari e medie di Stato, presso altri Istituti scolastici parificata o autorizzata o tramite “istruzione familiare”.
In questo ultimo caso i genitori devono:
– attestare di possedere i mezzi e le competenze necessarie allo svolgimento dell’incarico oppure attestare che l’incarico sarà svolto da persone competenti;
comunicare per iscritto, entro la data prevista per l’iscrizione a scuola, alla Direzione Didattica di appartenenza, la loro decisione;
presentare il proprio figlio agli esami, previa formale domanda di ammissione agli stessi, corredata dal programma svolto.
presentare un “preventivo di programma”, che anticipa il lavoro del bambino e poi un programma vero e proprio, da consegnare alla scuola e che la Direzione Didattica può richiedere prima che l’anno scolastico sia terminato. Nella elaborazione del preventivo di programma si deve tenere delle direttive Ministeriali.
Da questo si capisce che è una questione facile solo sulla carta: le competenze o le ha il genitore (e non può essere onniscente e “onnidocente”), oppure costano.
Nei Paesi anglosassoni la tradizione dell’home schooling ha uno spazio più vasto ed infatti i maggiori siti di riferimento, pensati per aggregare chi compie questa esperienza, sono principalmente in lingua inglese e rivolti ai metodi scolastici anglosassoni.
Le scuole paterne non sono necessariamente rivolte ad un solo studente, nell’ambito della sua famiglia. Si ricorre a questo istituto giuridico anche per l’istruzione di piccoli gruppi di bambini, curati dai propri genitori che si riuniscono in gruppi e provvedono personalmente o dando incarico a persone qualificate all’insegnamento di diverse materie. Spesso c’è dietro una forte connotazione ideologica o di appartenenza (per esempio famiglie che condividono ideali religiosi). Chi le vive, comunque, le presenta come esperienze interessanti e molto formative. Se vi interessa approfondire, leggete qui e qui a proposito di due esperienze collettive in Italia.
Ma quali sono i motivi per intraprendere un percorso formativo di “scuola familiare”?
Come dicevo ci può essere il desiderio di dare un’impronta fortemente caratterizzata da un’ideologia all’istruzione dei propri figli.
Alcune associazioni che si interessano di dislessia, la presentano come un’alternativa da valutare per l’istruzione di bambini dislessici, in modo che possano realmente seguire dei percorsi formativi molto personali ed adatti: certo, in questo caso più che ad un genitore il bambino dovrà essere affidato a degli esperti, quanto meno in affiancamento, con costi che non sono alla portata di tutti.
Una scelta del genere può interessare anche piccole comunità che risiedono in luoghi territorialmente disagiati e che non rientrano nel diritto di avere una scuola pubblica: per esempio paesi molto piccoli, con pochi bambini residenti, i cui genitori possono decidere di organizzarsi per evitare lunghi e scomodi spostamenti mattutini.
Può essere un’alternativa per un bambino che risiederà in una determinata Nazione solo per pochi anni, sapendo poi che dovrà reinserirsi in un sistema scolastico diverso, del quale si vuole mantenere la lingua e l’impostazione.
Insomma, i motivi possono essere molti, ma altrettanti i problemi: la scuola è importante oltre che per l’istruzione, per la socializzazione e per la crescita come individui sociali dei bambini. Nel portare avanti un’esperienza del genere ci vuole un’organizzazione ferrea, un impegno deciso nello stabilire i tempi dello studio e della vita familiare e ci vuole senza dubbio una motivazione forte e seria.

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44 thoughts on “E se a scuola non ci andasse? Cos’è la “scuola paterna””

  1. Scrivo anche io sebbene i post precedenti risalgono a qualche tempo fa.
    Io sono una mamma italoamericana di tre homeschoolers qui in Italia. Ho scelto di fare HS perchè ho vissuto qui l’esperienza scolastica in questo paese sia dietro ai banchi che davanti (insegno) e trovo che i l ati negativi siano almeno il triplo di quelli positivi. Purtroppo noi che facciamo scuola a casa qui siamo visti come marziani… per dare info e supporto a chi si trova a fare scuola a casa o vuole semplicemente saperne di più ho iniziato un blog
    http://www.controscuola.it/

    Grazie,
    Erika

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    • Erika, grazie per questo arricchimento al nostro post, che era solo informativo.
      Però, pur rispettando molto la scelta dell’home schooling, ancora oggi non penso che la scuola italiana sia il luogo peggiore dove crescere! Sarà per parecchia della gente che ci insegna….

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  2. Analisi davvero interessante, Serena! Credo anch’io che i problemi nascono spesso quando lo stile educativo della famiglia é troppo diverso da quello della scuola.
    Vorrei segnalare questa documentazione http://www.zdf.de/ZDFmediathek/hauptnavigation/sendung-verpasst/#/beitrag/video/907704/Homeschooling:-Unterricht-am-Kuechentisch/ della tv tedesca ZDF su due famiglie che praticano homeschooling nonostante sia vietato dalla legge in Germania (significa multe, galera ecc.). Anche se é in lingua tedesca gli immagini raccontano parecchio. Una é una famiglia che vive in modo religioso, con 9 figli; l’altra con due figli pratica Unschooling (senza programma scolastico) e per via dei problemi giuridici ogni tanto cambia paese (Francia, Spagna ecc.).

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  3. Mi è venuta una riflessione sul questo argomento, grazie anche al commento di Claudia, perché è una cosa che ho in testa da un bel po’. Quando si vive all’estero, e ci si scrontra con un sistema scolastico diverso da quello a noi noto, può succedere che effettivamente i bambini si trovino male anche per via di differenze culturali nell’approccio pedagogico tra quello che avviene a scuola e quello che succede a casa. Questa è una cosa che succede spessissimo in Svezia, dove c’è una grande immigrazione da paesi di cultura araba, caratterizzata spesso da una cultura della famiglia molto patriarcale. I bambini che nascono e crescono in famiglie in cui la figura paterna è molto rigida, si trovano spesso allo sbaraglio nel sistema scolastico svedese in cui ci si aspetta che il bambino si impegni sulla base di motivazioni personali e non per raggiungere il voto o perché venga premiato. I voti qui praticamente non esistono fino alle scuole superiori (ma ora li stanno introducendo nuovamente), e spesso non è nemmeno prevista la frequenza obbligatoria. Insomma il controllo esterno sullo studente è molto basso. Se un bambino è abituato in famiglia ad essere sempre controllato, è evidente che appena il controllo scompare il bambino si troverà senza punti di riferimento, ed è facile che inizi a sbarellare. Senza parlare di casi estremi, so per certo che ci sono molte famiglie di origine anglosassone, in particolare americani, che si trovano male con la scuola svedese, perché manca competizione. Questi bambini che in famiglia sono cresciuti al suono di “fagli vedere chi sei!” arrivano alla scuola svedese in cui se ti fai vedere troppo, e alzi la mano troppo spesso vieni visto male, e non si trovano a loro agio. Un bambino che in una cultura verrebbe considerato attento e interessato, in quella svedese viene considerato invadente e prepotente. Queste tensioni tra diverse culture dovrebbe certamente essere un motivo di crescita per la scuola tutta, ma spesso purtroppo portano a scontri poco costruttivi.
    Non mi è difficile pensare che lo stesso tipo di problema possa avvenire nelle scuole italiane.

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  4. Se si guarda al quadro generale con uno sguardo ai dati Ocse la visione può essere pessimistica. Andando poi a scavare nelle esperienze personali è vero che singolarmente i docenti riescono là dove il “sistema scuola” sembra fallire. Nella didattica ciò che però conta è proprio quel rapporto empatico discente/docente e viceversa senza il quale non si scatena la voglia di apprendere del bambino (nel rapporto genitore-insegnante/alunno-figlio è un rapporto spesso automatico, in una classe di tanti bambini è molto più difficile da costruire.
    Veniamo ai dati Ocse che sono costruiti su prove strutturate di diverso tipo, al quale metodologicamente i nostri alunni non sono preparati. Ho visto personalmente alunni molto bravi fallire in queste prove e alunni apparentemente meno brillanti riuscire meglio.
    Il problema è la conoscenza di questi strumenti valutativi anche da parte dei docenti e su come fare in modo che i bambini siano in grado di affrontarli.
    Altro problema fondamentale è la costruzione di un curricolo (competenze) anche a livello europeo ivi comprese le lingue.
    la costruzione di un curricolo presuppone non solo il cosa ma il come proporlo metodologicamente agli studenti.
    Infine ricordiamoci che la politica, almeno in Italia non è mai interessata ad un sistema scuola efficace ed efficente. Altrimenti non si spiegherebbe una riforma per ogni nuovo ministro. Il che ha portato alla quasi demolizione di un sistema non eccellente ma quantomeno buono.

    Un saluto e scusate la lunghezza ma l’argomento mi sollecita parecchio

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  5. Ho letto bene i dati dell’OCSE ed ho notato che il punto fondamentale è che il sistema scolastico italiano disperde risorse economiche. In questo è carente: costa troppo per quello che da.
    E per questo un buon risultato è sempre fondato sulla buona volontà di insegnanti e dirigenti, a scapito di chi si trova con persone che questa buona volontà non hanno voglia di impiegarla. Chi spreca meno le risorse e li impiega meglio, offre risultati migliori.
    Serena e Claudia, ditemi, soprattutto voi che ci guardate ormai da fuori, non è forse questo uno dei mali maggiori dell’Italia? La disomogeneità.
    Con questo, però, non sono d’accordo nell’attaccare il sistema scolastico, che forse è un po’ carente nel dare risalto agli aspetti pedagogici, ma che comunque, nella sensibilità degli insegnanti, sta facendo dei passi.
    Nella nostra classe di prima elementare, per esempio, ci sono 3 bambini con un genitore straniero e due con entrambi i genitori stranieri. I primi hanno le mamme che provengono da Paesi e da sistemi scolastici nord-europei, diversi dal nostro, ma comunque le famiglie hanno integrato i loro figli alla perfezione nella scuola Italiana. Anche i secondi, in cui tutta la famiglia è straniera di origine, con provenienza nordafricana ed asiatica, non sembrano aver problemi con il nostro sistema scolastico. Indubbiamente sono famiglie che hanno fatto iniziare la scuola ai loro figli in Italia. Forse ci sono maggiori problemi se un bambino che ha iniziato in un Paese, trasferendosi, deve adeguarsi ad un altro sistema. Però non è necessariamente un problema del sistema scolastico, nè di quello di provenienza, nè di quello di destinazione. E’ un problema di adattamento, che è una delle capacità umane più difficile da sviluppare e coltivare.

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  6. Win, io sono italiana e vivo all’estero da 10 anni. La mia esperienza personale è che in generale il sistema scolastico italiano dia una preparazione nozionistica molto elevata, ma abbia carenze sul piano pedagogico. Ho dato uno sguardo allo studio dell’OCSE, e mi sembra confermare questa mia impressione. Potremmo discutere all’infinito su quale aspetto sia il più importante, ma penso che la tua rabbia verso il sistema italiano prescinda da questo genere di considerazioni. Ogni sistema scolastico di ogni paese ha i suoi pro e contro, e mi rendo conto che quando ci si trova male con la scuola in cui si è capitati si tende a generalizzare. Io credo che l’insegnamento è una di quelle cose che dipendono maggiormente dall’insegnante, più che dal sistema scolastico. Un insegnante bravo e preparato riuscirà bene anche in un sistema corrotto e privo di fondi. E’ triste però che una cosa così importante come l’educazione scolastica, che dovrebbe formare i futuri cittadini, sia lasciata nelle mani di persone di buona volontà e non sia sorretta dall’alto.

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  7. Claudia, grazie delle tue precisazioni sempre puntuali. E’ evidente la funzione dell’home schooling in questi casi e capisco Win che potrà sentire grandi differenze tra il sistema scolastico cui è abituata e quello italiano.
    Però, a parte la curiosità di verificare di persona i dati OCSE, il sistema scolastico italiano, che pure ha dei difetti, non merita di essere “affondato” in modo incondizionato. Nella scuola elementare, che poi è quella sperimentata da Win, la maggior parte dei bambini italiani trova una collocazione adeguata ed ha esperienze positive.

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  8. Win… veramente la scuola elementare italiana, a parte le questioni organizzative ed i tagli economici, è generalmente ben considerata come metodi e come valore professionale dei maestri…
    L’homeshooling, generalmente, non è praticato per ovviare alle mancanze del sistema scolastico, ma come scelta di apprendimento con ritmi più personali e flessibili.

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  9. How many of those that replied have travelled outside Italy, or lived outside Italy or seen how schools work in other countries? In typical Italian style everyone is ready to complain about the poor schooling system that exists in this wonderful country, but nobody does anything about it! I am a trained junoir primary school teacher from Australia married to an Italian with two boys aged 6 and 8 who WILL NOT return to the Italian school system come next September. The only solution for now is homeschooling as we’re not rich and cant afford a Montesori or Steiner school.. I am furious with the entire Italian parent population who think that its OK that their kids frequent a scolastic system that the OCSE results conclude is one of the worst in the world!

    Chiedo……quanti di loro che hanno risposto sono viaggiati fuori del’ Italia, o vissuto fuori del’ Italia, o visto come si insegna nel’ altre parte del mondo?
    In tipico stile italiano tutti sono pronti a lamentarsi del sistema scolastico in questo paese meraviglioso ma nessuno fa niente per cambiare lo status quo (governi per prima)! Sono un insegnante di scuola primaria dal Australia (BA Ed.), sposato con un italiano e abbiamo due ragazzi di 6 e 8 anni, che non torneranno a scuola il settembre prossimo. L’unica soluzione per ora è Homeschooling (non siamo ricchi e non possiamo permettersi un scuola Montessori o Steiner).
    Sono furioso con l’intera popolazione dei genitori italiani che accettano che i loro figli frequentano un sistema scolastico che i risultati OCSE li definisce come uno dei peggiori sistemi scolastici nel mondo!

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  10. Buongiorno a tutti, sono una mamma che cerca altri genitori con cui condividere l’esperienza di scuola collettiva in ambiente famigliare. Personalmente credo che molte delle titubanze dei genitori abbiano cause dentro di loro non nel bambino che hanno davanti. Se ne avessero voglia potrebbero facilmente constatare che, se il bambino viene lasciato libero nella sua voglia naturale di apprendere, potrebbe orientarci nelle materie da affrontare giorno per giorno senza impegnarci per più di due ore al massimo. Questo perchè quando il bambino chiede è particolamente attento e difficilmente dimentica ciò che apprende per curiosità e sete di sapere, poi avrebbe la percezione della finalità pratica di quanto ha conquistato. E poi chi dice che si debba fare lezione seduti? Che poca fantasia!!!
    Inviterei tutti gli interessati ad un dibattito che si terrà il 25 ottobre a Savignano sul Panaro (MO). Basta inviare una mail per ricevere l’invito a: info@educaresano.net. CIAO A TUTTI!!!

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  11. Visto l’interesse che ha suscitato l’argomento (contro la mia stessa ignara previsione) ed anche le molte curiosità che mi ha fatto nascere, approfondirò volentieri.
    Sybille, se ti va seguici anche per l’argomento del prossimo mese, sono certa che avrai molto da offrirci, anche partecipando al blogstorming

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  12. P.S. Se a qualcuno il tema interessasse, sabato 3 ottobre va in onda la trasmissione “Questa casa non é un albergo” in cui si discute di homeschooling in Italia, su Radio24 alle 12,05.

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