Dopo l’interessante confronto avuto sulle scuole superiori con la prof. Alessandra, suggestionata anche dal tema del mese, mi sono azzardata a chiedere ad Alessandra se secondo lei c’era un rapporto tra scarsa autostima fatta crescere nelle figlie femmine rispetto alla matematica e i loro risultati a scuola.
Ecco, allora, le sue considerazioni.
“[…] I matematici di alto livello costituiscono un mondo quasi esclusivamente maschile.
Negli Stati Uniti, Camilla Benbow e colleghi hanno sottoposto studenti di dodici anni a un test: il SAT-M (Scholastic Aptitude Test), la cui media si aggira normalmente sui cinquecento punti.
Per ogni ragazza che supera questo punteggio a dodici anni, ci sono due maschi che fanno lo stesso. Questo rapporto si trasforma in quattro a una quando il traguardo diventa seicento punti e in tredici a una oltre i settecento punti. […]Soltanto le élite matematiche sono quasi del tutto composte da uomini; sulla totalità della popolazione la supremazia dei maschi è meno forte. [Al di sotto dei 500 punti] un terzo dei ragazzi scende al di sotto della media delle ragazze o viceversa un terzo delle donne supera la media dei ragazzi.
Il vantaggio dei maschi dipende anche dal contenuto delle prove. Gli uomini sono decisamente in testa nella risoluzione di problemi matematici; ma sono le donne a essere in prima fila, anche se per un piccolo scarto, nel calcolo mentale.
Infine, mentre fin dall’inizio delle elementari emerge un distacco tra bambini e bambine, non si rileva alcun vantaggio sistematico prima della scolarizzazione. Le capacità aritmetiche precoci nei piccolissimi, in particolare, non sono affatto appannaggio del genere maschile.”
Da “Stanislas Dehaene, Il pallino della Matematica, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2010, pagg 168 – 173 (paragrafo: Il talento matematico è un dono biologico?) [titolo originale: La bosse des maths, Paris: Odile Jacob, 1997]”
E in queste prime righe c’è già quasi tutto quello che c’interessa: nell’ambito dell’eccellenza i maschi surclassano le femmine. Restando in una fascia di competenze e conoscenze medie le proporzioni si ribaltano, anche se in maniera meno clamorosa.
Dice in proposito Androulla Vassiliou, Commissario europeo per l’istruzione:
“La correlazione tra genere e risultato educativo è mutata notevolmente nell’ultimo cinquantennio e ora le differenze acquistano forme più complesse. Il personale scolastico è costituito principalmente da donne, ma i sistemi educativi sono gestiti da uomini. La maggioranza dei laureati sono donne, mentre il fenomeno della dispersione scolastica interessa per lo più i ragazzi”
E, tornando a Dehaene:
“Non vi è alcun dubbio che parecchi fattori di ordine psicologico o sociologico siano nettamente svantaggiosi per le donne. Le inchieste mostrano che in media le donne sono più ansiose degli uomini nei corsi di matematica e che hanno meno fiducia nelle loro capacità; che la matematica sembra loro una disciplina tipicamente maschile, di scarsa utilità per la loro futura carriera professionale e che, infine, i loro genitori, e sopratutto i padri, condividono tale opinione. Questi stereotipi costituiscono ciò che gli psicologi chiamano una profezia che si autoavvera. Lo scarso entusiasmo delle ragazze in matematica e la convinzione che in quel campo non potranno mai brillare contribuiscono a renderle meno interessate ai corsi e quindi meno competenti in materia.
Sono convinto che i pregiudizi che circondano nelle nostre società la matematica siano in gran parte responsabili del solco che separa le prestazioni matematiche delle donne da quelle degli uomini […] un solco che potrebbe essere almeno in parte ridotto modificando l’atteggiamento politico e sociale verso la matematica.
E’ significativo che in Cina, per esempio, le adolescenti più dotate ottengano risultati amtematici superiori non solo a quelli delle coetanee USA, ma anche agli adolescenti americani più dotati, mostrando così che la differenza tra uomini e donne è debole di fronte all’impatto di strategie educative.
Una metanalisi recente, riportata in decine di articoli, suggerisce che negli Stati Uniti, negli ultimi trent’anni, lo scarto medio tra uomini e donne si sarebbe ridotto della metà. Un’evoluzione che potrebbe riflettere il miglioramento della situazione della donna durante lo stesso periodo.”
Dicevamo che la differenza di genere risulta sorprendentemente marcata solo nei “piani alti”; per i livelli di eccellenza; per coloro che della matematica faranno poi una professione. La mia esperienza mi racconta che anche in quei piani ci sono fattori legati al sociale e allo psicologico che influiscono enormemente le donne.
Conosco almeno due ricercatrici, una in fisica e l’altra in matematica, che hanno abbandonato il loro lavoro sopratutto in quanto donne, e non per le loro capacità. So che leggeranno quest’articolo e le invito caldamente a raccontare la loro esperienza personale.
Molto interessante quel che dice in proposito Sheryl Sanberg in questa conferenza TED (sottotitolata in italiano)
Ma ciò premesso Dehaene ci dice quel che sa su
“un gruppo di indici convergenti [che] sottolinea il contributo di variabili biologiche a vantaggio dei maschi in matematica.
In una popolazione di bambini superdotati in matematica, troviamo tredici volte più maschi che femmine, ma anche due volte più mancini che destrimani, quattro volte più miopi e due volte più allergici che nella popolazione normale. Più del 50% dei matematici in erba è mancino, o ambidestro, oppure proveniente usa la destra anche se viene da una famiglia che comprende dei mancini.Infine il 60% è primogenito.
Il ritratto dello scienziato mancino, occhialuto e malaticcio non è poi soltanto un parto della fantasia!
[…] Ancora non disponiamo di una spiegazione convincente di questi misteriosi legami tra sesso, cromosoma X, mancinismo, allergie, ordine di nascita e matematica. Tutt’al più possiamo provare a tratteggiare un quadro impressionista di qualche catena causale possibile. Secondo il neuropsicologo Norman Geshwind e i suoi colleghi, l’esposizione a un tasso elevato di testosterone durante la gestazione avrebbe effetti tanto sul sistema immunitario quanto sulla diversificaizone dei due emisferi cerebrali: il testosterone rallenterebbe lo sviluppo dell’emisfero sinistro [quello che controlla, dal punto di vista motorio, la parte destra del corpo e che è prevalentemente deputato al linguaggio].
Si può allora immaginare che aumentino le possibilità di diventare mancino e che cresca ugualmente la capacità di rappresentazione nello spazio: una funzione meglio governata nell’emisfero destro. Questo senso raffinato dello spazio, infine, [è ampiamente provato che] faciliterebbe la manipolazione dei concetti matematici. Poiché il testosterone è un ormone maschile, non è impensabile che questa ricaduta di effetti abbia maggior impatto sugli uomini che sulle donne. […]
Inoltre, i comportamenti spaziali di ratti femmine, dopo un trattamento ormonale, superano quelli di femmine normali e si pongono allo stesso livello di quelli dei maschi normali; si ricordi infine che la concentrazione di ormoni sessuali è più elevata al momento della prima gravidanza (non dimentichiamo che la maggior parte dei superdotati in matematica sono primogeniti).
Modellato in questo bagno variabile di ormoni sessuali, è ragionevole pensare che il cervello maschile sia orgniazzato in maniera differente da quello femminile.
Con tutta probabilità i circuiti neurali variano sottilmente in funzione del genere […] in un modo che noi ignoriamo quasi del tutto na che spiegherebbe il leggero vantaggio dei maschi nel grande spazio matematico.
Il paragrafo successivo s’intitola: “Quando la passione genera il talento” e mostra come siano più l’abnegazione (quantità di tempo dedicato, intensità dell’investimento emotivo, costanza) per la materia, data dalla passione, a portare a risultati straordinari piuttosto che questioni biologiche.
“più che un dono innato, il talento per il calcolo pare, dunque, il frutto di un addestramento precoce, qualche volta accompagnato da una capacità eccezionale o persino morbosa a concentrarsi sul campo ristretto dei numeri.
Le nostre conclusioni coincidono con l’introspezione di due grandi geni dei secoli passati: Tomas Edison per il quale “il genio consiste dell’un per cento di ispirazione e del novantanove per cento di traspirazione” e il naturalista Buffon che confessa (con falsa modestia?) che: “il genio è soltanto una grande attitudine alla pazienza”.
Silvietta mi chiede conto della mia esperienza come insegnante e quindi la fornisco, ma non so se è così significativa. Nei Licei Scientifici effettivamente i pochi studenti “genietti” in matematica che ho incontrato erano maschi. In generale però le ragazze surclassano di una spanna, come determinazione, senso di responsabilità, organizzazione e quindi profitto, i compagni maschi.
Come laureata in matematica (iscritta senza avere un vero e proprio fuoco sacro) posso confermanre il senso d’ansia e inadeguatezza di fronte ai problemi da risolvere. Niente a che fare con la sicumera di certi compagni!
Concludo con l’opinione di due mie ex studenti bravi cui ho sottoposto un estratto dal libro di Daheane leggermente più lungo di quello riportato qui:
Antonio (il migliore della sua classe, in matematica. L’ho conosciuto al liceo scientifico tre anni fa e ora è iscritto a matematica):
“Il mio personale parere è che non ci sia tanto una differenza biologica quanto effettivamente socio-culturale. Certo è anche possibile che l’intelligenza sie “suddivisa” diversamente a seconda del sesso di una persona (talvolta si confonde l’intelligenza con la predisposizione al calcolo o alla matematica). Però è certamente una questione interessante che merita di essere approfondita… magari anche utilizzando mezzi filosofici o scientifici piuttosto che quelli statistici!”
Alessia (conosciuta al Liceo Classico sei anni fa, brava in matematica ma non quanto altri compagni e compagne, sta diventando, con passione e soddisfazione, medico):
Inizio da una piccola esperienza personale:il primo anno dell’università ho dovuto sostenere l’esame di fisica 1 e 2… Nonostante quel libro si fosse consumato sotto le mie dita e avessi compilato quaderni interni di esercizi, l’ho superato solo dopo il terzo tentativo…e la cosa più curiosa è stata che dopo aver sfangato lo scritto con la minima sufficienza, ho chiuso con un brillante orale…
Tutto questo per dirle che, nella mia piccola esperienza, io avvertivo di avere proprio un gap mancante, di non avere uno schema mentale, una dote innata che mi permettesse di applicare tutte quelle formule che conoscevo a memoria... Secondo me si tratta di una predisposizione, di uno status menti che o ce l’hai o non ce l’hai…insomma non si può apprendere da nessun libro…
Tuttavia la realtà in continua trasformazione che sto vedendo negli atenei è che le donne stanno diventando le indiscusse protagoniste, anche nelle facoltà scientifiche un tempo predominio indiscusse del sesso forte… Le dico solo un dato che ho letto su una rivista scientifica: se il trend continuerà a essere questo, è previsto che nel 2021 le università di Medicina avranno solo future dottoresse da far laureare!!! Pazzesco non trova?!
E dopo tutte queste dilungazioni arrivo al brano: molto interessante. Che ci sia un imprinting familiare in negativo ne sono convinta, ma ciò non può essere a mio parere sufficiente a vanificare le passioni di tutte le ragazze che coltivano il sogno della Matematica… Le nuove generazioni (intendo quelle dopo di me) sono molto più sveglie e ben determinate e a volte affrontare questo sogno come una sfida contro la propria famiglia può essere uno stimolo da non sottovalutare…
Riguardo la base biologica invece non le nascondo che mi ha strappato un sorriso: tutti i più grandi geni della storia erano mancini e tutti i mancini che conosco hanno un estro artistico invidiabile… E visto che anche la Matematica è un arte converrà con me, povera destrimane, che qualcosa di fondato deve esserci…
[…] credo che il tratto finale dell’articolo sia la parte più stimolante: ci sarà forse una indiscussa base biologia ma è la passione, anche secondo me, a fare di un esperto di Matematica un genio….
Segnalo una ricerca in cui mi sono imbattuta di recente: “Stereotype Threat”, di Stephanie Domzalski: “Research indicates that the performance differential between genders and ethnicities can be best understood in terms of stereotype threat activation rather than biological determinants. The anxiety a stereotyped individual feels when confronted with an academic task is compounded by a societal expectation of failure”
(Magari da qualche parte si facessero ancora 4 ore di fisica 😉 viste solo in rare sperimentazioni di cui con Gelmini si è persa memoria…)
Supermamb, i bravi sono preoccupanti sempre tanto quanto i meno bravi, ma proprio perché sono bravi sono in genere più facili da gestire. Basta riempirli di cose da fare 😉 Un bravo in classe è una gran risorsa, puoi dividere la classe in gruppi e lavorare per livelli diversi, puoi fare tante cose. Solo una volta ho avuto un bravo che mi ha dato problemi, un ragazzino molto geloso di sé, molto poco disposto a lavorare con gli altri, quasi avaro. Con lui, l’unica era proporgli problemi sempre più difficili, ma era una conversazione a due. Pensa che una volta la mamma venne a ringraziarmi perché gli avevo insegnato non so che e si divertiva un sacco, ma a me lui non ha mai detto nulla. Lei sosteneva che era per timidezza, ma magari gli stavo solo antipatica.
io pero’, mi rendo conto sia in controtendenza, ma sono piu’ preoccupata di quelli bravi invece, quelli avanti a tutti, che devono rallentare, si annoiano, e se non hanno un sacro fuoco di loro, finiscono per archiviare la matematica per sempre. E’ che odio gli sprechi.
4+4 ore sono tante se hai studenti supermegaraggiputtra! Considera che al linguistico le ore erano 3+3 (erano), ma non si combinava niente: tra senso di autoefficacia sotto le scarpe, voija de lavora’ saltame addosso e strumenti culturali “chi li ha visti?”, non ti dico…
E esistono anche licei scientifici di periferia nei quali la triade di cui sopra spopola…
O forse i miei sono solo i deliri di una povera prof (ex) precaria!
A marzo dovrò scegliere appunto se immolarmi altri 5 anni in contesto antimatematico (Liceo Artistico), andarmi a cullare nel 4+4, o cosa…
Io, invece, sono sollevata dal numero molto alto di ore di matematica allo scientifico e trovo che ci sia spazio per fare molto. Quest’anno per esempio ho preso una quinta piena di buchi, ma con otto ore tra matematica e fisica (e n in rete quando non stiamo a scuola) mi sembra di avere un sacco di tempo, e ci concediamo anche i film in ora di lezione.
Come distinguere i depressi dagli zuzzurulloni? Bella domanda 🙂 Io comincio a riempirli di materiale extra, se ci lavorano bene, se non hanno voglia pazienza. Recuperare è sacrosanto, ma non si può neanche sacrificare una classe per qualcuno che non vuole darsi da fare.