La scuola, la matematica e le differenze di genere (#autostima up)

Dopo l’interessante confronto avuto sulle scuole superiori con la prof. Alessandra, suggestionata anche dal tema del mese, mi sono azzardata a chiedere ad Alessandra se secondo lei c’era un rapporto tra scarsa autostima fatta crescere nelle figlie femmine rispetto alla matematica e i loro risultati a scuola.

Ecco, allora, le sue considerazioni.

“[…] I matematici di alto livello costituiscono un mondo quasi esclusivamente maschile.
Negli Stati Uniti, Camilla Benbow e colleghi hanno sottoposto studenti di dodici anni a un test: il SAT-M (Scholastic Aptitude Test), la cui media si aggira normalmente sui cinquecento punti.
Per ogni ragazza che supera questo punteggio a dodici anni, ci sono due maschi che fanno lo stesso. Questo rapporto si trasforma in quattro a una quando il traguardo diventa seicento punti e in tredici a una oltre i settecento punti. […]

Soltanto le élite matematiche sono quasi del tutto composte da uomini; sulla totalità della popolazione la supremazia dei maschi è meno forte. [Al di sotto dei 500 punti] un terzo dei ragazzi scende al di sotto della media delle ragazze o viceversa un terzo delle donne supera la media dei ragazzi.
Il vantaggio dei maschi dipende anche dal contenuto delle prove. Gli uomini sono decisamente in testa nella risoluzione di problemi matematici; ma sono le donne a essere in prima fila, anche se per un piccolo scarto, nel calcolo mentale.
Infine, mentre fin dall’inizio delle elementari emerge un distacco tra bambini e bambine, non si rileva alcun vantaggio sistematico prima della scolarizzazione. Le capacità aritmetiche precoci nei piccolissimi, in particolare, non sono affatto appannaggio del genere maschile.”
Da “Stanislas Dehaene, Il pallino della Matematica, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2010, pagg 168 – 173 (paragrafo: Il talento matematico è un dono biologico?) [titolo originale: La bosse des maths, Paris: Odile Jacob, 1997]”

E in queste prime righe c’è già quasi tutto quello che c’interessa: nell’ambito dell’eccellenza i maschi surclassano le femmine. Restando in una fascia di competenze e conoscenze medie le proporzioni si ribaltano, anche se in maniera meno clamorosa.

Dice in proposito Androulla Vassiliou, Commissario europeo per l’istruzione:
“La correlazione tra genere e risultato educativo è mutata notevolmente nell’ultimo cinquantennio e ora le differenze acquistano forme più complesse. Il personale scolastico è costituito principalmente da donne, ma i sistemi educativi sono gestiti da uomini. La maggioranza dei laureati sono donne, mentre il fenomeno della dispersione scolastica interessa per lo più i ragazzi”

E, tornando a Dehaene:

“Non vi è alcun dubbio che parecchi fattori di ordine psicologico o sociologico siano nettamente svantaggiosi per le donne. Le inchieste mostrano che in media le donne sono più ansiose degli uomini nei corsi di matematica e che hanno meno fiducia nelle loro capacità; che la matematica sembra loro una disciplina tipicamente maschile, di scarsa utilità per la loro futura carriera professionale e che, infine, i loro genitori, e sopratutto i padri, condividono tale opinione. Questi stereotipi costituiscono ciò che gli psicologi chiamano una profezia che si autoavvera. Lo scarso entusiasmo delle ragazze in matematica e la convinzione che in quel campo non potranno mai brillare contribuiscono a renderle meno interessate ai corsi e quindi meno competenti in materia.
Sono convinto che i pregiudizi che circondano nelle nostre società la matematica siano in gran parte responsabili del solco che separa le prestazioni matematiche delle donne da quelle degli uomini […] un solco che potrebbe essere almeno in parte ridotto modificando l’atteggiamento politico e sociale verso la matematica.
E’ significativo che in Cina, per esempio, le adolescenti più dotate ottengano risultati amtematici superiori non solo a quelli delle coetanee USA, ma anche agli adolescenti americani più dotati, mostrando così che la differenza tra uomini e donne è debole di fronte all’impatto di strategie educative.
Una metanalisi recente, riportata in decine di articoli, suggerisce che negli Stati Uniti, negli ultimi trent’anni, lo scarto medio tra uomini e donne si sarebbe ridotto della metà. Un’evoluzione che potrebbe riflettere il miglioramento della situazione della donna durante lo stesso periodo.”

Dicevamo che la differenza di genere risulta sorprendentemente marcata solo nei “piani alti”; per i livelli di eccellenza; per coloro che della matematica faranno poi una professione. La mia esperienza mi racconta che anche in quei piani ci sono fattori legati al sociale e allo psicologico che influiscono enormemente le donne.
Conosco almeno due ricercatrici, una in fisica e l’altra in matematica, che hanno abbandonato il loro lavoro sopratutto in quanto donne, e non per le loro capacità. So che leggeranno quest’articolo e le invito caldamente a raccontare la loro esperienza personale.

Molto interessante quel che dice in proposito Sheryl Sanberg in questa conferenza TED (sottotitolata in italiano)

Ma ciò premesso Dehaene ci dice quel che sa su

un gruppo di indici convergenti [che] sottolinea il contributo di variabili biologiche a vantaggio dei maschi in matematica.
In una popolazione di bambini superdotati in matematica, troviamo tredici volte più maschi che femmine, ma anche due volte più mancini che destrimani, quattro volte più miopi e due volte più allergici che nella popolazione normale. Più del 50% dei matematici in erba è mancino, o ambidestro, oppure proveniente usa la destra anche se viene da una famiglia che comprende dei mancini.Infine il 60% è primogenito.
Il ritratto dello scienziato mancino, occhialuto e malaticcio non è poi soltanto un parto della fantasia!
[…] Ancora non disponiamo di una spiegazione convincente di questi misteriosi legami tra sesso, cromosoma X, mancinismo, allergie, ordine di nascita e matematica. Tutt’al più possiamo provare a tratteggiare un quadro impressionista di qualche catena causale possibile. Secondo il neuropsicologo Norman Geshwind e i suoi colleghi, l’esposizione a un tasso elevato di testosterone durante la gestazione avrebbe effetti tanto sul sistema immunitario quanto sulla diversificaizone dei due emisferi cerebrali: il testosterone rallenterebbe lo sviluppo dell’emisfero sinistro [quello che controlla, dal punto di vista motorio, la parte destra del corpo e che è prevalentemente deputato al linguaggio].
Si può allora immaginare che aumentino le possibilità di diventare mancino e che cresca ugualmente la capacità di rappresentazione nello spazio: una funzione meglio governata nell’emisfero destro. Questo senso raffinato dello spazio, infine, [è ampiamente provato che] faciliterebbe la manipolazione dei concetti matematici. Poiché il testosterone è un ormone maschile, non è impensabile che questa ricaduta di effetti abbia maggior impatto sugli uomini che sulle donne. […]
Inoltre, i comportamenti spaziali di ratti femmine, dopo un trattamento ormonale, superano quelli di femmine normali e si pongono allo stesso livello di quelli dei maschi normali; si ricordi infine che la concentrazione di ormoni sessuali è più elevata al momento della prima gravidanza (non dimentichiamo che la maggior parte dei superdotati in matematica sono primogeniti).
Modellato in questo bagno variabile di ormoni sessuali, è ragionevole pensare che il cervello maschile sia orgniazzato in maniera differente da quello femminile.
Con tutta probabilità i circuiti neurali variano sottilmente in funzione del genere […] in un modo che noi ignoriamo quasi del tutto na che spiegherebbe il leggero vantaggio dei maschi nel grande spazio matematico.

Il paragrafo successivo s’intitola: “Quando la passione genera il talento” e mostra come siano più l’abnegazione (quantità di tempo dedicato, intensità dell’investimento emotivo, costanza) per la materia, data dalla passione, a portare a risultati straordinari piuttosto che questioni biologiche.

“più che un dono innato, il talento per il calcolo pare, dunque, il frutto di un addestramento precoce, qualche volta accompagnato da una capacità eccezionale o persino morbosa a concentrarsi sul campo ristretto dei numeri.
Le nostre conclusioni coincidono con l’introspezione di due grandi geni dei secoli passati: Tomas Edison per il quale “il genio consiste dell’un per cento di ispirazione e del novantanove per cento di traspirazione” e il naturalista Buffon che confessa (con falsa modestia?) che: “il genio è soltanto una grande attitudine alla pazienza”.

Silvietta mi chiede conto della mia esperienza come insegnante e quindi la fornisco, ma non so se è così significativa. Nei Licei Scientifici effettivamente i pochi studenti “genietti” in matematica che ho incontrato erano maschi. In generale però le ragazze surclassano di una spanna, come determinazione, senso di responsabilità, organizzazione e quindi profitto, i compagni maschi.
Come laureata in matematica (iscritta senza avere un vero e proprio fuoco sacro) posso confermanre il senso d’ansia e inadeguatezza di fronte ai problemi da risolvere. Niente a che fare con la sicumera di certi compagni!

Concludo con l’opinione di due mie ex studenti bravi cui ho sottoposto un estratto dal libro di Daheane leggermente più lungo di quello riportato qui:

Antonio (il migliore della sua classe, in matematica. L’ho conosciuto al liceo scientifico tre anni fa e ora è iscritto a matematica):
“Il mio personale parere è che non ci sia tanto una differenza biologica quanto effettivamente socio-culturale. Certo è anche possibile che l’intelligenza sie “suddivisa” diversamente a seconda del sesso di una persona (talvolta si confonde l’intelligenza con la predisposizione al calcolo o alla matematica). Però è certamente una questione interessante che merita di essere approfondita… magari anche utilizzando mezzi filosofici o scientifici piuttosto che quelli statistici!”

Alessia (conosciuta al Liceo Classico sei anni fa, brava in matematica ma non quanto altri compagni e compagne, sta diventando, con passione e soddisfazione, medico):
Inizio da una piccola esperienza personale:il primo anno dell’università ho dovuto sostenere l’esame di fisica 1 e 2… Nonostante quel libro si fosse consumato sotto le mie dita e avessi compilato quaderni interni di esercizi, l’ho superato solo dopo il terzo tentativo…e la cosa più curiosa è stata che dopo aver sfangato lo scritto con la minima sufficienza, ho chiuso con un brillante orale…
Tutto questo per dirle che, nella mia piccola esperienza, io avvertivo di avere proprio un gap mancante, di non avere uno schema mentale, una dote innata che mi permettesse di applicare tutte quelle formule che conoscevo a memoria... Secondo me si tratta di una predisposizione, di uno status menti che o ce l’hai o non ce l’hai…insomma non si può apprendere da nessun libro…
Tuttavia la realtà in continua trasformazione che sto vedendo negli atenei è che le donne stanno diventando le indiscusse protagoniste, anche nelle facoltà scientifiche un tempo predominio indiscusse del sesso forte… Le dico solo un dato che ho letto su una rivista scientifica: se il trend continuerà a essere questo, è previsto che nel 2021 le università di Medicina avranno solo future dottoresse da far laureare!!! Pazzesco non trova?!
E dopo tutte queste dilungazioni arrivo al brano: molto interessante. Che ci sia un imprinting familiare in negativo ne sono convinta, ma ciò non può essere a mio parere sufficiente a vanificare le passioni di tutte le ragazze che coltivano il sogno della Matematica… Le nuove generazioni (intendo quelle dopo di me) sono molto più sveglie e ben determinate e a volte affrontare questo sogno come una sfida contro la propria famiglia può essere uno stimolo da non sottovalutare…
Riguardo la base biologica invece non le nascondo che mi ha strappato un sorriso: tutti i più grandi geni della storia erano mancini e tutti i mancini che conosco hanno un estro artistico invidiabile… E visto che anche la Matematica è un arte converrà con me, povera destrimane, che qualcosa di fondato deve esserci…
[…] credo che il tratto finale dell’articolo sia la parte più stimolante: ci sarà forse una indiscussa base biologia ma è la passione, anche secondo me, a fare di un esperto di Matematica un genio….

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50 thoughts on “La scuola, la matematica e le differenze di genere (#autostima up)”

  1. @Serena penso anch’io (e l’ho già detto prima, anche se forse in modo un pò criptico) che il metodo di insegnamento abbia un forte peso nelle scelte future degli studenti diciamo in età liceale. Però, e sicuramente la cosa è vera per la Svezia, e per quanto ho visto nel mio periodo lì anche negli USA, pesa anche il diverso trattamento lavorativo fra uomini e donne. Quel gran numero di femmine che si laureano in fisica in Italia finisce poi a insegnare, probabilmente. E il motivo principale è che qui le donne non si possono ancora permettere, in media, una carriera con gavetta lunga, orari massacranti e imprevedibili, la necessità di viaggiare, dedizione totale e uno stipendio medio (intendo dire che le supermanager si possono permettere fior di tate, ma una ricercatrice neoassunta o a TD guadagna sui 1600-1700 euro al mese), perchè il peso della famiglia grava molto più su di loro che sugli uomini.
    Da persone che vengono da quell’ambiente sappiamo bene che fare la carriera del ricercatore equivale alla realizzazione di un sogno, e quindi qui i sogni sono ancora molto meno accessibili alle donne che agli uomini, perchè di fatto le donne hanno più doveri. E in questo il condizionamento culturale è fortissimo.

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  2. Grazie Silvietta e grazie Alessandra per questo bel post ricco di spunti di riflessione. Io ho la tendenza a credere nel fatto che ci siano differenze biologiche ma che queste non siano di tipo esclusivo. E’ un po’ come per i giocattoli nei bambini piccoli. C’è una tendenza percentuale che distingue biologicamente i maschi dalle femmine ad esempio nella preferenza di cose che si muovono sin dal primo anno di vita, ma non è così per tutti i maschi e il contrario non è decisamente vero per tutte le femmine. Ovviamente gli studi relativi alla matematica sono più complicati perché richiedono un’età più avanzata, per cui i condizionamenti culturali hanno avuto tempo di fare il loro bel lavoro, però il confronto tra culture diverse può essere di aiuto nella comprensione di certi meccanismi, un po’ come citato nello stesso post ad esempio nel caso della Cina. Questa della differenza culturale ho avuto il piacere di vederla anche nella mia piccola esperienza personale di laureata in fisica. In Italia ad esempio “ai miei tempi” il numero delle laureate donne era 52%, ma il numero di ricercatrici crollava pesantemente, se non ricordo male, intorno al 30% per poi continuare a crollare nei ruoli di professore associato e via dicendo. Una volta trasferita all’estero ho scoperto che nelle altre università del mondo (occidentale) il numero di laureate in fisica era molto inferiore dei colleghi maschi. Una possibile spiegazione può essere trovata nel fatto che in Italia la fisica è tradizionalmente considerata una materia abbastanza teorica, mentre all’estero, ad esempio in US o in Svezia dove vivo, la fisica è considerata al pari dell’ingegneria, una materia molto pratica. Già da questo piccolo esempio risulta lampante come la cultura diffusa possa condizionare le possibilità di successo. Un’altra considerazione che voglio fare è che un discorso serio sulle differenze biologiche, ammesso che esistano sul serio e ammesso che giochino un ruolo importante, dovrebbero stimolare un discorso sui metodi di insegnamento utilizzati in basi ai metodi di apprendimento preferiti dagli studenti. Dal mio punto di vista però direi che la differenza più importante è data dalle variazioni tra i singoli individui almeno nelle dinamiche di una classe, e quindi che alla fine l’utilizzo di tecniche di insegnamento miste sarebbero una mossa vincente per tirare fuori il meglio da tutti gli studenti, femmine e maschi, capre o simil genietti, e via dicendo.

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  3. @Close The Door la tua osservazione è secondo me validissima, infatti ammetto che l’articolo mi ha incuriosito specialmente perchè dice che già in età giovanile i maschi superano le femmine, e questo mi sorprende.

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  4. Noi in famiglia abbiamo tutto, in ordine sparso: maschi, femmine, studi e occupazioni scientifiche (carriere mi sembra eccessivo…), mancinismo, primogenitura. Predisposizione? Boh! Determinazione? Mah!
    Però, anche recentemente riflettevo su come i giocattoli tradizionalmente proposti a maschie e femmine (e quindi, anche se teoricamente disponibili entrambi, come a casa mia e di straba, percepiti prima o poi come “idonei” e “non idonei”; basta il commento di una nonna, l’osservazione delle case e regali altrui, le figure sulla confezione, mica sono scemi) sviluppino anche da un’osservazione macroscopica capacità diverse. Quelli tradizionalmente regalati a i maschi stimolano spesso relazioni quantitative e spaziali, equilibrio, movimento, quelli tradizionalmente regalati alle femmine, narrazione e creatività.

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  5. Forse non sono molto attenta a queste tematiche di genere, ma devo ammettere che non avevo mai fatto caso a questa “esclusività” maschile nel gotha della matematica (non più che in altri ambiti scientifici quanto meno).
    La mia esperienza personale è molto positiva: al liceo la più brava della classe in matematica era una ragazza (che poi si è laureata in matematica infatti); anch’io e altre ragazze ce la cavavamo piuttosto bene rispetto ai maschi. Alla scuola dell’obbligo ho avuto quasi esclusivamente professoresse donne (la mia prof del liceo si era laureata addirittura prima del termine).
    All’università in effetti nelle varie materie (matematica, statistica, econometria) c’erano in media più uomini, ma le donne erano molte, sia di ruolo che come ricercatrici.
    Quindi mi sento di essere abbastanza positiva, come in altri campi le cose gradualmente si evolvono, speriamo bene!

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  6. Credo che l’eccellenza faccia, come dici tu, a pugni con l’essere femmina principalmente perché la femmina spesso non ha la possibilità e il tempo per affrontare un percorso magari incerto che potrebbe portarla ad eccellere in un campo specifico.
    Per ruolo sociale dobbiamo essere molto più pragmatiche, garantirci un futuro sicuro e una base per la costruzione della famiglia.
    Mio padre, quando comunicai che non avrei fatto né ingegneria né economia e commercio ma avrei scelto scienze geologiche, non mi ha rivolto la parola per mesi. Stavo clamorosamente violando il principio base studia-per-lavorare, per applicare quello secondo me molto più efficace studia-per-il-piacere-di-farlo. Figurarsi se avessi pensato di essere un talento della matematica teorica, della cucina o dello styling e avessi voluto seguire queste passioni…
    Ovviamente lui ha avuto ragione riguardo al lavoro, non avevo molti dubbi, ma il piacere con cui ho frequentato l’università e studiato per gli esami (matematica a parte 😉 ) per me è impagabile.

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  7. @ Giulia
    Il paragone non è affatto fuori luogo, anche le grandi firme della moda sono per lo più uomini mentre chi cuce i vestiti in casa generalmente è la donna. Anzi a ben guardare, non esiste un campo di pertinenza culturalmente femminile in cui i grandi teorizzatori non siano generalmente uomini. Forse allora è proprio il concetto di “eccellenza” che fa a pugni con l’essere femmina?
    (Lo so, è polemica veterofemminista, ma anche Marx è ancora studiato nelle università americane :D)

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  8. Articolo interessantissimo. Nella mia esperienza alle elementari mi sono capitate classi in cui i “matematici” erano in egual misura maschi e femmine e altre in cui erano solo maschi. Non mi sono mai trovata davanti un gruppo in cui le femmine eccellessero più dei maschi. Allo stesso modo tra quelli con cui devo fare lezioni di recupero oppure lezioni individuali perché sono troppo indietro rispetto alla classe, le bambine sono predominanti. Con tutte le dovute eccezioni individuali, la tendenza generale salta nell’occhio. Così come nella scrittura e la creatività emerge il fatto che le femmine se la cavano meglio.

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  9. Se mi permettete un paragone dissacratorio, è un po’ quello che avviene nel mondo della cucina: nell’ambito dell’eccellenza gli chef sono tutti uomini, ma nella vita di tutti i giorni e di tutte le case le cuoche più brave sono le donne!

    Da persona che ha sofferto dell’ansia da matematica, posso dire che l’autostima è un fattore importante.
    Al Liceo Classico ero molto più brava del resto della classe e questo mi stimolava e mi aiutava a fare sempre meglio.
    Ho scelto poi una facoltà scientifica, ma a quel punto il confronto con gli amici provenienti dal Liceo Scientifico ha creato un muro psicologico che ho impiegato 3 anni per abbattere (questo il tempo impiegato per superare l’esame di Matematica I). Mi sentivo inadeguata e senza basi solide, tra l’altro la docente universitaria era un personaggio a dir poco particolare e senza la minima capacità divulgativa, per cui mi sono portata dietro questa sensazione finché non ho finalmente superato anche il secondo esame di Matematica.
    Devo dire però che non ho avuto le stesse difficoltà con la Fisica, materia che ho sempre adorato e nella quale riuscivo molto meglio, probabilmente perché trovavo più divertente applicare la matematica alla realtà.

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  10. Il mio è un commento molto “di parte” e naturalmente riferito a una singola esperienza, la mia. Scuola superiore, prof. di matematica decisamente più interessato al lato B di una mia appetitosa compagna di classe che a svelarci gli affascinanti misteri dell’algebra. Era un maschilista della peggior specie, e non aveva paura di dimostrarlo. Abusava della sua posizione per mettere in atto una sua insindacabile teoria: se eri “femmina”, e contestualmente abile nelle materie umanistiche, non meritavi un voto più alto del 6 a prescindere dalle tue reali capacità. Se penso al giorno in cui mi rimandò al banco con uno striminzito 6 dopo aver sostenuto un’interrogazione da 9 pieno mi monta ancora la rabbia. Sono passati almeno 25 anni da allora, eppure ho ancora nelle orecchie il suo beffardo: “TroncIanetti (già, con la “I”, Dio solo sa perché), tanto più di 6 tu non te lo meriti.”
    Vi lascio immaginare quanto ciò alimentasse la mia autostima… Il risultato? Studiavo il doppio di quanto in realtà sarebbe stato necessario, ma non sono mai riuscita a “portare a casa” più di un 7. Alla fine quel professore mi ha spinto a detestare una materia in cui, teoricamente, avrei potuto eccellere.
    E’ chiaro che questo è solo un episodio isolato, non so neppure quanto sia pertinente con lo splendido post di Silvietta, però ho avvertito la necessità di raccontarlo.

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  11. Uuuuhh, quanto ci sarebbe da dire!! Ok, le premesse: sono destrorsa, secondogenita, laureata in fisica con dottorato di ricerca, sposata a un mancino musicista, attualmente a casa dopo aver perso il contratto da ricercatrice in gravidanza. Sono anche figlia di un fisico e una matematica. Mia sorella maggiore ha studiato lettere.
    Vorrei aggiungere qualche pensiero secondo me importante nella questione. Essere secondogeniti può anche essere una spinta, in una direzione o nell’altra, dopo che il primo figlio ha già mostrato le sue preferenze. I miei mi hanno molto appoggiata nelle mie scelte forse anche perchè mia sorella non aveva minimamente seguito le orme genitoriali, quindi ero l’ultima possibilità. Ho avuto anche un’allieva molto portata ma decisamente in ombra rispetto alla sorella maggiore, pare un genietto, che quindi veniva incoraggiata a volare più basso dalla famiglia. Penso anche che questo tipo di dinamiche siano più naturali (anche se ovviamente sbagliatissime) con figli dello stesso sesso.
    Poi c’è da dire che nelle materie propriamente matematiche, quindi anche per esempio fisica e chimica teoriche, eccellere significa fare ricerca o avere un posto all’Università, e in Italia la vita della ricercatrice o della prof universitaria è veramente alla portata di poche. Molte altre posizioni in queste materie sono più tecniche, ma gli orari e la delocalizzazione degli istituti di ricerca non aiutano una madre di famiglia. Checchè se ne dica, il peso della famiglia in Italia continua a gravare molto più sulle donne che sugli uomini. Quindi molte femmine non si avvicineranno neanche a questo tipo di mondo.
    Infine c’è la questione di COME venga insegnata la matematica. In Italia l’approccio è estremamente metodico: fare matematica viene inteso come fare calcoli, possibilmente in fretta, almeno fino a metà delle superiori (poi dipende dal tipo di scuola). Le femmine, in media più “scolarizzate”, riescono comunque a ottenere buoni voti anche senza avere un vero e proprio talento, mentre i maschi magari fioriscono più tardi quando anche l’estro e la creatività cominciano ad aver peso.
    In ogni caso sono anch’io straconvinta che il condizionamento sociale su piccola, media e larga scala faccia un sacco di vittime. Interessantissima però la storia delle due parti del cervello…

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  12. bisogna anche dire che la “ansia da matematica” e’ un fenomeno ben noto, crea situazioni, nei casi estremi, di panico vero e proprio, e di rifiuto per qualsiasi approccio e, ahimè, prescinde dal genere, almeno nei grandi numeri, ma ovviamente ha bisogno di autostima alta e motivazione per essere superata, e questo, di nuovo ahimè, spesso si accompagna più al genere maschile che quello femminile, per cultura e per situazione familiare. Diciamo che potrebbe essere un’altra di quelle profezie che si avverano da sole?

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  13. Sono destrimane e secondogenita molto fortunata di due genitori che pur essendo della generazione ante-guerra non hanno mai e dico mai cercato di influenzare le nostre scelte con pregiudizi di genere. Semmai al contrario ci hanno stimolato a confrontarci con quello che non riuscivamo ad ottenere per i nostri limiti. Detto questo, a scuola ero il classico “genietto” della matematica e nella mia classe (piuttosto brillante, devo dire) i genietti erano tre: due femmine e un maschio. Solo lui ha scelto matematica all’università, l’altra ragazza ingegneria e io chimica. Tutte facoltà scientifiche. Ammetto che nonostante l’evidente talento nel risolvere i problemi il sacro fuoco a me non mi ha mai preso e questo motiva la mia scelta. A proposito, anche gli altri compagni erano destimani e secondogeniti!
    Saremo stati delle eccezioni? io non credo, nel senso che la statistica fotografa una media poi ogni persona fa caso a sè. Comunque, da scienziata, sono convinta che maschietti e femminucce abbiano un cervello diverso – nella media – ma ovviamente non siamo tutti uguali. Io e mia sorella maggiore non abbiamo avuto una educazione diversa ma lei è sempre stata molto più portata di me per le lingue e io per le materie scientifiche. Posso studiare inglese anche tutta la vita, ma più di tanto non ne verrà fuori perchè comunque mi manca il talento. E viceversa se uno la matematica non la visualizza, ci può passare anche l’intera esistenza, non ne verrà mai a capo. Quindi, fatta zero l’educazione, sono sicura che una differenza la si noterà senz’altro. Dirò di più: all’università nel mio corso di laurea i primi due anni si davano ben 4 esami di matematica e 4 di fisica (non scherzo!). Ho sempre brillato anche all’università, ma ovviamente i talenti erano molti di più. Eppure benchè tutti alla fine risolvessimo i problemi il modo di ragionare delle ragazze era profondamente diverso da quello dei ragazzi.
    Come mamma di un maschietto, cerco di non indirizzarlo verso giochi sessisti e anche all’asilo (e al nido prima) fanno un ottimo lavoro in questo senso. Devo dire però che mio figlio spontaneamente sceglie una macchinina piuttosto che i peluche come al contrario mia nipote preferisce le bambole alle costruzioni, sebbene abbia liberamente a disposizione entrambi e anche mia sorella condivida la nostra filosofia di vita.

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  14. …eppure è così comodo cullarsi nell’illusione che la propria mancanza di talento sia dovuta ad una differenza di genere! Sono sicura che capita anche ai maschietti quando si sentono ripetere che sono generalmente sono meno maturi fino alla maturità e anche dopo, e quindi implicitamente autorizzati a fare più casino, trascurare gli studi ecc, salvo svegliarsi poco prima del gong finale e aggiudicarsi tutti i punti 😉

    Personalmente però devo dire che mio caso non ho mai percepito una profezia “di genere” avendo avuto una mamma che aveva talento per la matematica e un papà cosiddetto “negato”. Dentro di me avevo risolto la cosa pensando di “avere preso dal papà”. Che a pensarci bene è una profezia autoavverante pure questa, ma con implicazioni più microscopiche che macroscopiche come una supposta differenza di genere che condiziona il rendimento di generazioni di allievi. La profezia di genere l’ho riscontrata nella scelta della scuola superiore, vuoi dai genitori vuoi dai professori i maschi sono stati genericamente indirizzati alle scuole tecniche, le femmine alle scuole più umanistiche, e anche le ragazze che avevano scelto scuole tecniche mi riferivano di dover colmare un gap per cui “le ragazze non riescono bene nelle materie tecniche”.

    La predisposizione a mio avviso viene costruita proprio nei primi anni di apprendimento: guardando i regali che riceve mia figlia, riceve quasi esclusivamente peluches, bambole e pentoline, mentre il figlio dei vicini costruzioni, meccano e macchine. Io cerco di correggere per quel che posso e spero che alla scuola materna ricevano input in entrambi i sensi, ma sono iperconvinta che questa segregazione di input abbia effetti molto importanti. Mi pare che Morgaine La Fée abbia partecipato con un post proprio su questo argomento.

    Ultimissima cosa: sarei molto curiosa di leggere le testimonianze delle colleghedi questa professoressa, ricordo tempo fa un’intervista ad una ricercatrice in matematica che lamentava l’esclusione morale dalle discussioni fra colleghi dopo aver avuto un figlio (“pensano che il mio cervello si sia spappolato”). E viceversa, purtroppo, ho l’esperienza di una mia cara amica che ha rinunciato alla maternità per fare la ricercatrice di fisica, anche se lì si tratta evidentemente di una cosa molto più complessa, in quanto il suo essere femmina è sempre stato contrapposto dalla famiglia ai suoi desideri professionali. Un po’ come 150 anni fa insomma, solo che siamo nell’Italia del 2012.

    Grazie per questo spunto. A quando una promozione di “meccano” tutti rosa, come il Lego??? 😀

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