Quello che non vi dicono sull’allattamento

Leggendo manuali e siti internet dedicati all’allattamento, o parlando con mamme entusiaste si rischia di avere una visione idilliaca della faccenda, tutta fatta di vicinanza, contatti di pelle, tenerezze, coccole e calore. Se si arriva ai capitoli che trattano di ragadi, ingorghi e mastiti si inizia a sospettare che forse tutto rose e fiori non è, ma si scuotono le spalle e si pensa che quelle cose a noi non accadranno.
Ma non è tutto. Ci sono altre difficoltà, quelle di cui nessuno parla. Evidenziare i lati difficili dell’allattamento al seno è praticamente un tabù. Se una madre si lamenta o se decide di non allattare, viene additata come una cattiva madre. E allora si preferisce tacere.

Quando una donna si trova ad allattare, da sola, nella sua stanza, con un piccolo esserino urlante perchè non trova il capezzolo di cui però sente l’odore, la visione rosea dell’allattamento, quella dei pugnetti chiusi sul seno, del calore umano e del profumo di lavanda può venire meno. Ci sono i dolori ai capezzoli, i dolori post partum, i dolori dentro che ti fanno chiedere se stai facendo la cosa giusta. No, anzi, lo sai che stai facendo la cosa giusta. Ma allora perchè ti senti in gabbia? Perchè odi quella sensazione di latteria ambulante e quei seni dolenti? E perchè speri con tutte le tue forze che non si svegli adesso, perchè se si sveglia poi dovrai allattarlo. Di nuovo.

Io ho allattato il Vikingo per 10 mesi, finchè si è stancato lui e ha deciso di smettere da solo. Ho allattato esclusivamente al seno perchè ha rifiutato il biberon, anche se aveva il mio latte dentro. E’ stata dura. Mi ricordo la sensazione di prigionia, il non potermi allontanare per più di 1 ora all’inizio, e poi al massimo 2 ore. La mia piccola sanguisuga mi teneva al guinzaglio. Tutto ciò l’ho vissuto come spesso fanno le donne, in modo conflittuale. Sentendomi in colpa per un’ora di libertà ritagliata un pomeriggio, e sentendomi una pessima madre per il fatto di volermela ritagliare quell’ora di libertà. E i sensi di colpa non aiutano. Purtroppo quando una madre si trova in questo stato conflittuale, avrebbe bisogno di sentire un pò di empatia da altre mamme. Vorrebbe sapere se lei è veramente l’unica oppure è un sentimento comune.

Purtroppo però tutto ciò non viene detto. Le uniche a parlare sono le entusiaste. Quelle con tanto latte, a cui non fanno male i capezzoli, il cui bambino è cresciuto subito tanto e bene. E magari quelle che ti dicono orgogliose che loro hanno allattato fino ai 10 anni, pronte a giurare che il loro bambino è sano e sicuro di se proprio grazie a questo. Ecco, quando sei in quello stato misto di sensi di colpa, voglia di scappare, in semi depressione post-partum, l’ultima cosa che vorresti sentirti dire è che dovresti allattare tuo figlio fino alla maggiore età.
E allora se per caso il pediatra inizia ad insinuare che il latte ti sta finendo (molto probabilmente falso), o che il bambino non cresce bene (rispetto ai bambini allattati artificialmente) e ha bisogno di un’aggiunta, ecco aumentati i sensi di colpa. Perchè tutto sommato senti il sollievo che qualcuno ti autorizzi a liberarti da quella schiavitù. Salvo poi sentirti in colpa per non essere riuscita ad allattare più a lungo. Insomma è una spirale di piacere, colpe, gioie, tenerezze, dolori, dubbi. Ma perchè una cosa così naturale diventa anche così difficile?

C’è l’indipendenza femminile duramente conquistata (e ancora nemmeno completa) posta sotto scacco dal piccolo tiranno. C’è l’isolamento sociale che non offre quella rete di sostegno spontaneo tra donne e mamme, che affrontano gli stessi problemi. Ci sono i pudori legati all’allattamento in pubblico, per cui le donne se ne stanno chiuse in casa proprio i primi mesi, quelli più delicati dell’isolamento materno, in cui si è più fragili emotivamente, per paura che al neonato venga fame proprio nel bel mezzo della passeggiata.
Poi ci sono le difficoltà personali, il rapporto tra l’individuo mamma e l’individuo bambino. Perchè ciascuno è una persona unica. E mentre allatto il mio secondogenito di poche settimane di vita, e vivo questa seconda esperienza con più serenità, mi rendo conto di quanto questo sia vero. Pollicino è completamente diverso dal Vikingo (e non potrebbe essere altrimenti), e fortunatamente non mi costringe agli stessi impossibili ritmi di vita e di allattamento.

Se la scelta di allattare al seno viene fatta per le ragioni sbagliate, tutte queste difficoltà pesano come macigni. La pressione della società, o di amici e parenti non dovrebbe entrarci nulla.
La scelta di allattare al seno deve essere una scelta consapevole che riguarda unicamente la donna e il suo bambino. Nei modi e nei tempi decisi da loro.

Prima di scegliere se allare al seno, fare un’allattamento misto oppure usare LA, informatevi su tutte le possibilità. Fare un scelta consapevole è una splendida arma da sfoderare in risposta alle pressioni esterne, esplicite o meno. Mica per gli altri. Per voi stesse.

Se avete scelto di allattare al seno, vi prego di non lasciarvi scoraggiare dalla disinformazione degli altri, prima di tutti i pediatri, che sono spesso scandalosamente impreparati sull’argomento, e arrivano a dare consigli dannosissimi. Molto probabilmente non è vero che non avete il latte (e in ogni caso ci sono tecniche per farne aumentare la produzione in fretta). Molto probabilmente non è vero che il bambino non cresce bene (se aumenta di peso, vuol dire che cresce, anche se poco, e va bene così). Non è vero che dovete fare la doppia pesata (contare i pannolini bagnati è un metodo più sicuro). La maggior parte delle medicine, inclusi molti antibiotici sono compatibili con l’allattamento. Se volete veramente allattare al seno, e il vostro pediatra inizia a suggerire l’aggiunta di latte artificiale, cercate aiuto altrove. Rivolgetevi a dei consultori o associazioni per il sostegno all’allattamento, per ottenere l’aiuto di cui avete bisogno.

Alcuni siti utili:
La Leche League
allattare.net
Ministero della Salute
latte di mamma mia

Chiunque voglia segnalare un centro per l’allattamento nella propria città, magari aggiungendo una sintesi del tipo di aiuto ricevuto e perchè è stato positivo, può farlo aggiungendo un commento a questo post o inviando un’email a serena@genitoricrescono.com. Provvederò a raccogliere tutti i dati in una pagina apposita da mettere a disposizione per tutte le donne in difficoltà.
Grazie per l’aiuto a nome di tutte le mamme che vogliono allattare e non ci riescono.

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60 thoughts on “Quello che non vi dicono sull’allattamento”

  1. Vi conosco da poco e già vi voglio bene! Io nelle lunghe ore di allattamento ho letto di tutto… I primi tre mesi di vita di mia figlia ero abbonata al fatto e riuscivo a leggerlo tutto 🙂 e a dormire in una maniera che adesso anelo!

    Io ho notato che a parole sono tutti pro allattamento a richiesta, poi: si sveglia di notte … Ah l’avessi steso con un bel biberon di latte.. Non vuole il ciuccio, colpa tua e così x mille altre cose!
    Proprio vero che non ne facciamo mai una giusta!
    Tornando on topic, nel mio paese il consultorio aveva fatto un volantino con su scritto : e adesso?
    E io non potrò mai ringraziare abbastanza l’infermiera Mariagrazia che ha spostato di un centimetro il braccino di mia figlia e mi ha fatto sparire il dolore ai capezzoli! E si che in ospedale sembrava si attaccasse bene!

    X quanto riguarda i respiri profondi io li usavo anche come alternativa alla ninna nanna o al massaggio.

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  2. Dani-Coco, posso solo ringraziarti per questo racconto. Spero che lo leggeranno in molti. Stiamo pensando ad un piccolo progetto per settembre per utilizzare il materiale sull’allattamento che è stato raccolto e sicuramente questa storia troverà spazio anche lì.

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  3. Care mamme,
    ho letto con interesse e con grandi sorrisi i vostri post… tutti, uno per uno. E vi ringrazio per le belle parole, le descrizioni divertenti e le perle di saggezza che ho trovato in ognuna di voi.
    Vi scrivo brevemente la mia esperienza, per così dire, “dall’altra parte della barricata”.

    Quando è nato Riccardo (dopo un travaglio e un parto naturale fulmineo – ingresso in ospedale alle 5 di mattina, primo vagito alle 7:56…!) mi sono trovata fra le mani un torello di 4100 grammi… Premesse ottime, perché nonostante tutto mi sentivo piena di energia, e soprattutto, ero stracolma di latte già un mese prima del parto… quindi non vi dico dopo… Per questo, mi sono buttata “a pesce” sull’allattamento al seno, complice molti libri letti, contatti assidui con la Leche League e, dulcis in fundo, una suocera che a suo tempo aveva allattato (per 18 mesi consecutivi!!!) non solo suo figlio, ma anche svariati pupi del circondario…

    Ma tutto l’idillio si spezzò due giorni dopo il parto: Riccardo non si attaccava bene, tirava dentro il labbro inferiore, e i capezzoli sfuggivano di continuo… capezzoli che per di più non si estroflettevano abbastanza.
    Alla sera del secondo giorno, il medico della neonatologia passò in rassegna il reparto. Arrivato alla mia stanza, disse (davanti a parenti, amici in visita e perfetti sconosciuti in visita alla mia compagna di stanza): “signora, suo figlio non sta crescendo, e questo perché lei non ha latte; domani la dimettiamo, suo figlio dovrà prendere il latte artificiale. Arrivederci.”
    Me lo ricordo perfettamente, perché quelle parole sono stampate a lettere di fuoco nel mio cuore. Che, ovviamente, si spezzò.

    In quel momento, TUTTI mi guardarono come se avessi una malattia contagiosa, e dopo un primo momento di evidente imbarazzo, cominciarono le frasi di rito “eh, va bene, dai, fa lo stesso, non importa, ci hai provato, ma che strano, io ho allattato così tanto, può succedere, forse… forse… forse il tuo latte NON e’ BUONO…!”

    Quella notte, l’infermiera della neonatologia di turno venne a prendermi per i capelli (io continuavo a piangere, non volevo vedere il piccolo, mi vergognavo e dicevo “non riesco a dargli da mangiare, non sono una buona madre”). Mi trascinò in guardiola, e mi piazzò davanti al tiralatte.
    “Senti” mi disse “proviamo: questo è un tiralatte; funziona così e così. Ora siediti, prova dieci minuti al primo seno, e vediamo cosa succede”.
    Il seno spruzzava come le fontane della Reggia di Versailles… ma… ma effettivamente… NON ERA sostanzioso: quello che usciva non era latte… bianco giallognolo, odoroso… in realtà avevo il seno pieno di acqua… una specie di siero caseario. Praticamente, in quei primi giorni dopo il parto, il mio Ricky “beveva” ma non “mangiava”.

    Mi assicurarono che era normale, che poteva succedere, e che la montata lattea, il latte sostanzioso, sarebbe arrivato a breve… ma non allattare significava perdere il treno.
    Così non abbiamo mollato.
    Siamo tornati a casa con tutto l’occorrente: paracapezzoli di silicone, bustine di integratori, tisane, tiralatte, cremine, bilancia pesaneonato… e chi più ne ha… e sono andata avanti 40 giorni a tirarmi il latte dal seno.
    Completamente SOLA.

    Senza un aiuto, perché mio marito lavorava dalla mattina alla sera…

    La mia unica compagnia era MIA SUOCERA che quando mi veniva a trovare mi prendeva il piccolo dalle mani, come se fosse SUO figlio, e mi diceva “a pranzo gradirei un pò di pasta al ragù”… oppure mia mamma che passava una mezz’oretta alla sera e mi diceva “sei sciupata, dovresti farti aiutare da qualcuno… ma io non ho tempo… sai, il nuoto, il giardino…”.
    Non ridete, non sto esagerando: ero proprio sola come un cane.
    E il mio orgoglio non mi ha aiutata: continuavo a dirmi “devo farcela, devo farcela, sono forte, ce la farò!”.
    E invece…
    Dopo 40 giorni di INFERNO (Ricky piangeva SEMPRE e io ero sull’orlo della depressione post-parto – mi dicevo “MIO DIO, cosa ho fatto?”) la mia pediatra, cui avevo portato in visione il mio latte (che non era più trasparente, ma “nebuloso”) ebbe la buona idea di suggerirmi un’aggiunta di artificiale, con queste parole:
    “Signora provi un’aggiunta di artificiale, altrimenti bisogna programmare un ricovero…”
    “Oddio! Per il bambino?”
    “Macché! Suo figlio sta benissimo… l’unico neo è che come parametri di crescita siamo al limite inferiore: insomma, rispetto a quand’è nato sta crescendo poco, ma la cacca e la pipì le fa, no? Ecco, quando il bimbo fa pipì e pupù vuol dire che c’è sostanza. Ma forse non è sufficiente… ora, siccome questo pianto a me sembra un pianto di fame, non c’è niente di male a cercare un aiuto nel latte artificiale!”
    “Ma… e il ricovero, allora?”
    “Il ricovero lo dicevo per lei… sta facendo un esaurimento, non lo vede? Suo figlio ha bisogno di una mamma SERENA per stare bene… se allattare diventa un incubo, come può pensare di avere un buon rapporto con il bambino? Nutrirlo deve essere una gioia. Se lei vive questo momento in modo negativo, suo figlio ne risentirà. Se in cuor suo sa di averle provate tutte, faccia un tentativo con l’artificiale, e nel frattempo continui a tirarsi il latte. Ripeto: deve essere una GIOIA, non una GABBIA…!”

    Così cominciammo con l’artificiale. Non posso dire che sia stato un sollievo, anzi, i sensi di colpa ho continuato ad averli per un bel pò… ma questo “break” (il bambino più rilassato, la cacca un pò più “sostanziosa”, la doppia pesata positiva) mi ha permesso di guardarmi allo specchio.
    Non per vanità, intendiamoci… ma per rendermi conto che sì, effettivamente, qualcosa in me non andava.
    E non era la stanchezza, non erano le borse sotto gli occhi, non era nemmeno la patata ricucita malamente dopo l’episiotomia…
    Mi ero ammalata sul serio.
    La mia tiroide dopo il parto era impazzita.
    Cose che succedono… Raramente, ma succedono.
    Quindi, subito analisi. Ecografie, visite, prelievi.
    Avevo i valori fuori dalle orbite… circa 300 volte sopra il normale. La soluzione era una sola: subito, sotto terapia. E subito, via l’allattamento al seno.

    Ora, non preoccupatevi… perché Ricky, che oggi ha quasi due anni, è cresciuto sano e forte, tant’é che veste come un bimbo di 4. Mangia di tutto, adora il pesce al sugo e il pane con le olive, e di notte dorme come un ghiro per 10 ore filate.
    E io?
    Io ho continuato con le mie dosi di medicine… fino a dicembre dell’anno scorso, quando mi hanno detto che la situazione si era sì stabilizzata, ma forse era il caso di intervenire chirurgicamente.
    Non me la sono sentita, e ho rimandato.
    Ho fatto un bel weekend in montagna con i miei amori… “poi deciderò”, mi ero detta.
    Ma al ritorno, con grande sorpresa, abbiamo scoperto che… ehm… insomma… che ASPETTAVAMO ANCORA LA CICOGNA!

    E lì, dopo aver sospeso la terapia farmacologica (che poteva comportare danni gravissimi al feto) ed averne sentite di tutti i colori da parte del medico che mi seguiva (“ma è pazza? Le avevo detto che era pericoloso iniziare una seconda gravidanza! Gliel’avevo sconsigliato!”)… beh, dopo tutto questo, i valori della mia tiroide si sono stabilizzati.
    Che culo, direte voi.
    Già… ancora non ci crediamo.

    Ma quello che voglio dirvi è questo: con Francesca, che nascerà a ottobre, nonostante tutto questo, ci riproverò. Con una sola differenza: stavolta starò attenta anche a me stessa.

    Vostro figlio vi riempirà la vita, ma non dovrà soffocarla.
    Lui dipende da voi in tutto, ma è una creatura con un proprio cuore, una propria meravigliosa testolina, e il vostro rapporto si deve fondare DA SUBITO sul rispetto.
    Se vi sentite impreparate, inadeguate, abbandonate, NON ABBIATE PAURA A CHIEDERE AIUTO!
    Ricordatevi di VOI stesse, è fondamentale: parlate con le vostre amiche, con i vostri mariti, con i vostri compagni, con la vostra famiglia…
    Avere un figlio è uno stravolgimento incredibile e ognuna di noi lo vive in modo diverso. C’è chi lo vive come una favola rosa, ma c’è anche chi lo vive come un evento traumatizzante e difficile da accettare e superare.
    Quel che è certo è che alla mattina quando vi alzaterete potrete sentirvi stanche, spossate, tirate da tutte le parti, ma non dovrete MAI, MAI avvertire un sentimento di odio misto a senso di colpa quando attaccate il bambino al seno.
    Se così fosse, mettetevi di fronte a voi stesse e chiedetevi: è davvero questo quello che voglio? Come posso fare in modo che le cose cambino?
    Fatevi aiutare da persone che conoscono la materia; chiamate il reparto di neonatologia, chiedete una consulenza, un consiglio…
    Abbiate coscienza dei vostri limiti e delle vostre difficoltà, è il primo passo per superarle.
    Poi, datevi tempo: provate quello che volete… per un mese, due mesi, tre… quello che vi sentite di fare.
    Ma credetemi, se il meccanismo non va, vuol dire che non va… PUNTO!
    Passate ad altre forme di allattamento, misto o solo artificiale, per il semplice fatto che vostro figlio DEVE MANGIARE per CRESCERE…!

    Concludo… come disse una mia amica, “durante il parto, è come se la DONNA morisse, per rinascere MADRE”.
    In un certo senso è vero… ma quello che aggiungo io è questo: ricordiamoci che non siamo “solo” madri… siamo mille cose in più.
    Non dimentichiamolo mai.
    Buona vita a tutte voi.
    Dani Coco

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  4. @Serena, ho l’impressione che la maternità sia anche, come dire, il picco di permalosità nella vita di una donna 🙂 e tendiamo tutte a ricordarci soprattutto le critiche…

    @Supermambanana dài, mi fai vergognare :p

    @francesca, vero? a me manca un sacco quel periodo… oltretutto avevo delle tette fantastiche 😀 adesso sono ritornata alla solita seconda, sigh…

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  5. garnde claudia! anche io mi sentivo benissimo quando allattavo, potevo stare seduta a rilassarmi…e tutti premurosi intorno a me! ora invece…

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  6. Grazie Claudia per la tua testimonianza “opposta”. Se dovessi scrivere questo post oggi dopo avere allattato anche il secondo lo scriverei diversamente. Mi sembra verissimo quello che dici. La maternità del resto è il periodo della vita che ti costringe più di ogni altro a rimettere in discussione te stessa e tutte le tue convinzioni. Quindi tutte pronte a cambiare idea 🙂

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  7. @Serena leggo solo ora questo post. Mi ha fatto un po’ ridere perché penso che un'”entusiasta”, come la chiami tu, potrebbe scrivere lo stesso post esattamente speculare. 😀
    Io che ho avuto la fortuna di poter diventare un’entusiasta – nel senso che proprio ci vuole culo, excuse my French, perché la cosa dipende da così tanti fattori… – insomma io non ricordo gran sviolinate pro allattamento, mi ricordo una sfilza infinita di ANCORA ALLATTI?!?!?… di cui il primo, che conservo nella mia memoria sotto una campana di vetro come se fosse il primo cent di Paperone perché è un ricordo troppo prezioso nel suo essere ridicolo, il primo ANCORA ALLATTI?!? è arrivato quando sono rientrata dall’ospedale con mia figlia di 5 (CINQUE) GIORNI.

    Ricordo che prima che nascesse mia figlia TUTTE le mamme che conoscevo – comprese le ostetriche del corso pre-parto – non hanno tralasciato di fornire i dettagli truci di questa meraviglia chiamata poppata. Passerete 12 ore al giorno ad allattare! E lo farete con le lacrime che vi scendono per il dolore, per un periodo che andrà dalle 2 settimane a quando smettete! Per mesi sarai poco più che una mucca, dicevano le mie colleghe, una sensazione orribile!

    Così quando l’ostetrica che mi seguiva a casa dopo il parto, all’ultimo appuntamento mi chiese come mi sentivo, io indottrinata risposi “mi sento una mucca”. E nel momento esatto in cui lo dissi, mi resi conto che NON ERA VERO! Io stavo da dio. Mia figlia ciucciava ogni ora e mezza e a me piaceva. Mi piaceva spaparanzarmi e non dover fare altro nella mia vita che guardare lei. Dopo un mesetto ho scoperto che le 12 ore al giorno che passavo ad allattare (quello era vero eh… 12 ore cronometrate, i primi due mesi 😉 ) potevo usarle per fare altre cose in parallelo… leggere, per esempio, quanto ho letto il quel periodo! Telefonare. Scrivere email tutte rigorosamente senza maiuscole e punteggiatura. Dormire. Guardare film. Mangiare. Io stavo da dio, e tutte volevano che mi sentissi mucca.

    Hai ragione quando dici che è importantissimo informarsi prima, tutte dovrebbero essere messe nella condizione di poterlo fare. Ma, una volta raccolte le informazioni, secondo me prima di adottare una filosofia o l’altra bisogna prepararsi mentalmente al fatto che NON LO SAI che mamma sarai, NON SAI come sarà tuo figlio e non sai come reagirete voi due insieme.

    Quando incontro una mamma frustrata dall’allattamento (e non solo), spesso vedo non tanto una mamma che non si è informata, ma piuttosto una mamma che non concede a sé stessa la possibilità di cambiare idea.

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  8. lo ametto, non vado pazza per allattare. si, l’ho detto,mi sento in trappola, mi sembra di non fare altro durante tutto il giorno.
    neanche per la prima facevo i salti di gioia, tanto male ai capezzoli, tantissimo latte ma con un flusso lento per cui la bimba si arrabiava e si disperava dandomi letteralmente testate e strappandomi i capezzoli, lei si arrabiava e io mi arrabiavo perchè poi lei non mangiava.
    al terzo mese la mia santa pediatra mi ha illuminato dicendomi che l’allattamento deve essere un piacere se cosi’ non è allora si passa al latte artificiale.
    cosi, poco alla volta, abbiamo tolto una poppata e a 5 mesi abbiamo tolto la tetta.
    graduale, senza troppi traumi. adesso la situazione è diversa, il latte c’è , lui cresce bene e tanto, il mio rapporto con l’allattare in pubblico è migliorato ( non mi piace ma lo faccio )i capezzoli hanno smesso di fare male, ma mi sento in trappola lo stesso. si, si, mi sento anche tanto in colpa per questo. ogni tre ore, sembra un orologio, anche di notte!! e io li, sempre con la tetta di fuori….le occhiaie e tanto tanto sonno. passare al latte artificiale solo per un mio capriccio mi sembra davvero una sciocchezza e una cattiveria nei suoi confronti quindi stringo i denti e vado avanti finchè ce la faccio. speriamo bene.

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  9. Tutti questi sono temi a me cari e ho trovato anch’io grande aiuto col primo figlio dalla LLL, anche se non avevo problemi, ma un’informazione ed una riflessione su ruoli, modalità, aspetti emotivi e di coppia, ecc.. non viene fatta di default e sarebbe invece piacevole e necessaria…
    Stupendi gli interventi di Milena e Anna, li posso usare nei corsi che tengo per le mamme? Ve ne attribuirò ogni merito, non ve li rubo ;-))
    Un abbraccio speciale a Diana.
    Vorrei sapere se c’è qualche mamma nella mia zona (Volta Mantovana) che vorrebbe unirsi a me per promuovere iniziative di formazione e di auto-aiuto in ambito perinatale e genitoriale.
    Un’ultima cosa, anche se ormai è tardi viste le date degli interventi: leggendo ciò che scrive Rossana a me è venuto in mente tutto ciò che avete risposto voi e anche un eventuale dolore alle orecchie, che per la posizione di allattamento può aumentare, mentre col biberon forse no.. ma immagino che il pediatra ci avrà già pensato, è più un consiglio per chi si trovasse nella stessa situazione.

    A me sono serviti tanto i corsi che ho fatto al MIPA (MOVIMENTO ITALIANO PARTO ATTIVO) e consiglio il loro sito mipaonline anche per i consigli bibliografici.

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  10. Penso che sull’allattamento, così come sulla maggior parte dei temi riguardanti l’essere genitori, sia fondamentale mantenere un atteggiamento il più possibile equilibrato, proprio per limitare il turbinio di sentimenti contrastanti perfettamente descritto in questo post. Sono convinta che l’allattamento al seno vada il più possibile incoraggiato, ma senza eccedere nella demonizzazione del latte artificiale e nella critica alle mamme che lo utilizzano, spesso per reale necessità e non per puro sfizio…a mia figlia ho dovuto darlo perchè nei primi giorni di vita ha dovuto assumere forti dosi di antibiotici e il mio latte non era ancora sufficiente; poi sono riuscita a farle bere il mio, ma a 40 giorni ha smesso di attaccarsi al seno e, a tre mesi, non sono riuscita a mantenere la montata lattea neppure ccon il tiralatte…nonostante questo non ha mai avuto le coliche, ha avuto la prima febbre a 16 mesi, a 2 mesi ha smesso di mangiare di notte ed è cresciuta in modo assolutamente normale…e poi, dallo svezzamento in poi, l’alimentazione dei nostri figli costa ben di più dell’euro, massimo 2, al giorno del latte artificiale!
    tra l’altro, con poppate che non sono mai durate meno di 45 minuti e con copioso gocciolamento di latte dal lato a cui la bimba non era attaccata, allattare fuori casa era praticamente impossibile…

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  11. @Rossana coraggio!!! ce la puoi fare!! pensa sempre questo e già ti sentirai meglio! è solo questione di allenamento imparare a capire il proprio bambino ed è sempre una scoperta, non si finisce mai!loro crescono e cambiano in continuazione: ha ragione il tuo pediatra (che tra parentesi è raro: un altro ti avrebbe rifilato una bella marca di LA e via!). Vorrei aggiungere solo un consiglio: unico modo infallibile per far aumentare il latte è stimolarlo di più e riposare: quindi se puoi tirati il latte con regolarità fra una poppata e l’altra almeno per 2-3 giorni e cerca di sospendere le attività extra e vedrai che il tuo latte aumenterà soddisfacendo l’aumentata richiesta del pargolo (sono d’accordo con Valentina e Serena che si tratti di uno scatto di crescita aggiunto ad una fase di iperstimolazione.

    @Michela Grazie, e ti capisco! ma in fondo nessuno ti dice che l’allattamento al seno alla fine (se sei sostenuta e hai la possibilità di farlo serenamente senza essere oberata da altro)è più comodo e riposante di quello artificiale. Io infatti spesso mi sono ritrovata a poter fare più cose allattando al seno che non avrei potuto se fossi stata schiava del biberon!andare in giro senza pesi, senza orari perché ovunque ero potevo allattare (solo per esempio). E sai quante volte ho telefonato o letto libri ad un altro figlio allattando?senza parlare dell’enorme aiuto per la forma fisica che mi ha dato l’allattamento: ho perso sempre tutti i chili in più della gravidanza senza fatica e senza diete 🙂 Insomma questa chimera del tempo per te che sparisce solo se allatti al seno è da sfatare: la realtà è che un figlio comunque ti toglie tempo e comunque ti obbliga a riorganizzarti! ma allattare come dici bene tu ti dà molto di più!

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  12. Sono rimasta colpita dal post di milena(maggio 09)sull’argomento!
    Niente di più vero: con l’emancipazione femminile ci stiamo perdendo la parte più autentica dell’essere donna. Dall’azienda mi arrivano pressioni ogni giorno perché rientri quanto prima al lavoro. Sto provando a mettere da parte il latte con il tiralatte e sto iniziando a stressarmi -ora butto il tiralatte e mi prendo aspettativa, alla faccia dei risparmi familiari;). Il valore sociale di quello che sto facendo è nullo…sono circondata da amiche che mi chiedono: ma scusa perché non gli dai il latte artificiale e ti prendi un pò di tempo per te? Di LA non è mai morto nessuno! Mia suocera che mi chiede se intendo allattarlo fino a 20 anni (il piccoletto ha 6 mesi). La pediatra che mi dice che nell’ultimo mese è cresciuto un pò meno rispetto al suo trend (peso 8kg e 2 a 6 mesi!) e mi propone un latte di proseguimento, non si capisce bene perché forse pensa che debba diventare un vitello invece che un bambino. L’allattamento al seno- per me un’esperienza unica e indimenticabile anche se faticosa- non si sposa con i ritmi della vita di oggi e con l’immagine di una donna superinfoma. Una donna che tiene in mano da un parte un notebook e dall’altra un biberon, che chiude il passeggino con una mano mentre con l’altra risponde al cellulare…e io cosa faccio in tutto questo? allatto allatto allatto allatto…in tuta e mollettone nei capelli e con il telefonino sempre silenziato!

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  13. Mi fa piacere che va meglio. Quello del respiro è un mio pallino o meglio molto più di un pallino…Fammi sapere come va.
    Ti abbraccio

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