Quando a scuola ti menano i figli: bullismo, ragione e sentimento

Siate gentili con me nei commenti, sto dicendo qui a cuore aperto cose che non ho detto da nessun altra parte. Evitatemi le ironie, qui siamo su terreno minato. Grazie. Eh, noi genitori quanto siamo fragili sui figli. E poi, siccome ho svuotato un sacco che negli ultimi due-tre anni si era molto riempito, è un post interminabile che per vostra comodità ho diviso in pratici paragrafetti.

Chi mi conosce e segue su Mammamsterdam o su Facebook sa che da diverso tempo stiamo lottando come famiglia contro fenomeni di bullismo nella scuola dei miei figli. In questo momento la fase acuta si è temporaneamente normalizzata, siamo consapevoli che non dobbiamo lasciar perdere tutto proprio ora e quindi potrebbero esserci degli sviluppi. È cominciato un nuovo anno scolastico, le classi sono state ridistribuite e mio figlio è finita in quella con molti bambini più piccoli e i più calmi e studiosi della sua vecchia classe. All’inizio ha protestato, ma adesso è contento. E anche questa soluzione a cui la scuola è stata costretta dai tagli, a nostro avviso è stata affrontata in questo modo anche nell’ottica di quello che abbiamo chiesto alla scuola a giugno. Di prendersi le proprie responsabilità. Adesso quindi è un buon momento, per me, per raccontarvi cosa abbiamo imparato da questa esperienza, sperando che magari possa essere utile anche ad altri.

 

1) I bambini non parlano

Un bambino che viene preso in giro, picchiato o diversamente maltrattato, spesso non ne parla. Hai voglia a dire che hai una comunicazione aperta in famiglia, che gli hai insegnato fin dalla culla a rivolgerti a mamma e papà, spesso basta una nostra reazione, anche in buona fede, anche inevitabile, anche che manco ce ne accorgiamo, per passargli il messaggio che è meglio se questa cosa non ce la dicono. Mi sto ancora chiedendo se dipende da noi, dipende dal fatto che i bambini cercano sempre di proteggerci, a volte da noi stessi, se dipende dalla violenza in sé. Il più piccolo dei miei figli ha aperto bocca solo dopo che per altri motivi e una mia generale sensazione “di pancia” (che non riuscivo a spiegare a nessuno, gli olandesi amano le discussioni ragionate, ma era urgente e sembrava volessi scavalcare e prevaricare) gli abbiamo cambiato scuola.

Dopo una settimana e tutto il tempo per sviluppare un amore improvviso e ricambiato per la nuova maestra, Orso le fa:
Maestra, non capisco, sono qui da una settimana e nessuno ancora mi picchia o mi sfotte“.

Analyze this, se eri convinto di avere la comunicazione aperta in casa. Io ci sono rimasta di merda. Ma ha aperto nuove possibilità di discussione costruttiva a casa, a scuola e con il fratello. Che a quel punto ha aperto la bocca anche lui, terrificandoci ancora di più. Dove eravamo noi mentre succedeva tutto questo?

(Mi consolo dicendomi che quando una volta ho subito io un abuso sessuale, ed ero quasi adulta, avevo 20 anni in fondo, ai miei non l’ho mai detto. Ci ho messo un paio d’anni e una psicologa dell’AIED per chiamarla per nome questa cosa, me la sono portata dietro per anni in silenzio. E mi meraviglio dei miei figli? Mah, la psiche umana, che ci appuri sui meccanismi che si inventa per difendersi?)

2) Le maestre non vedono

Quanti bambini ha una maestra in classe? E il suo compito è tenerli d’occhio o portare avanti il programma? Una maestra è un essere umano come tutti noi e in quanto tale ha i propri limiti umani e divini. Il meglio che può fare è creare in classe un’atmosfera in cui chi fa cose al limite sa che se lo beccano ci sono conseguenze coerenti, e chi subisce sa che viene ascoltato. A voi sembra facile? A me sembra già difficilissimo in casa, con solo due bambini e senza interferenze esterne. La cosa fondamentale secondo me è l’ascolto. Tutti devono sapere chiaramente cosa si accetta e cosa no, ma che in ogni caso li si ascolta.

Esempio, molte scuole a chiacchiere combattono il bullismo. Compresa quella di provenienza che conosco benissimo da dentro e fuori da anni e in cui so che non funziona.

Cosa funziona invece?

Secondo giorno alla nuova scuola, una bambina rompe un lego che Orso stava costruendo. Orso la insulta: “Bambina cattiva“. In altri contesti sarebbe passato inosservato, ma qui gli insulti, anche se light, non sono ammessi.
La bambina va dalla maestra: “Orso mi ha dato della bambina cattiva“.
La maestra va subito da Orso: “Orso, qui non ci insultiamo, hai detto bambina cattiva a X? Non va bene, sappilo“.
E poi quello che secondo me fa la differenza in questa scuola, lo riprende e poi lo ascolta:
Come mai le hai detto così, ti sei arrabbiato?
Si, perché ha rotto il lego che avevo costruito“.
Ah, ma questo non me l’ aveva detto. X, è vero questo che dice Orso? Come è successo?
Ma io non l’ho fatto apposta, mi serviva quel pezzo, pensavo lui avesse finito, mi dispiace“.
Orso, X quindi non l’ha fatto apposta, è stato un equivoco e le dispiace, sei ancora arrabbiato?
No“.
Allora datevi la mano e fate pace e la prossima volta state attenti“.

[quote]Cioè, ma cosa ci vuole? Ci vuola la consapevolezza, la volontà e la prontezza di non far cadere neanche una pagliuzza per terra. Una fatica, ma una fatica che devi fare solo la prima volta. Veramente, giuro. Funziona. Ma ci devono credere tutti, tutta la scuola. Direzione, insegnanti, bambini, genitori, bidelli e altri che circolano in quella scuola.

3) Le scuole non si muovono se non costrette

Negli anni mi sono persuasa di una cosa: le scuole possono avere protocolli, mission, quello che vi pare, alla fine la fortuna scolastica di tuo figlio la fa l’insegnante che gli capita. Siamo stati tutti a scuola, immagino che molti possano concordare con me su questo punto. Ma per il genitore la differenza fondamentale la fa la direzione. Perché può sostenere gli insegnanti e creare circoli virtuosi o può tagliargli le gambe e creare casini.

La nostra scuola di provenienza, quella in cui figlio 1 è voluto rimanere a tutti i costi per affetto nei confronti della sua classe, ha tante ottime maestre. Una ad una fanno del loro meglio. Ma mi manca una visione d’insieme, mi manca un messaggio unitario e condiviso su alcuni aspetti fondamentali. E la sicurezza è uno di questi. L’apprendimento, lo sviluppo cognitivo sono cose bellissime, ma il minimo che posso pretendere dalla nostra scuola è che mio figlio ci vada volentieri e ne riesca vivo e senza lividi. Se impara qualcosa, meglio.
Cosa che non succedeva a noi e non succedeva ad altri.

4) Blaming the victim

Questa espressione si usava molto in casi di stupro per definire il fenomeno per cui invece di trovare e condannare lo stupratore si fa prima a dare la colpa alla vittima. Frasi tipo: eh, ma aveva la minigonna, eh, ma andava in giro sola di notte, eh, ma ha fatto l’ autostop.
Come dicevo sopra, a un certo punto sembrava che anche nella nostra prima scuola il messaggio che passava era: “Ti ha menato? Eh, che vogliamo farci, lo sappiamo che quello è un bambino difficile. Pure tu, però, porta pazienza (e non stare sempre a rompere e lamentarti)“.

È una reazione umana ai messaggi scomodi, perché ognuno si sente impotente di fronte alle ingiustizie e alle violenze, e forse minimizzare, ecco, ci illudiamo che sia un meccanismo di difesa.

Eh, è perché è un bambino troppo sensibile (o permaloso, o solitario, o difficile, o testone, metteteci quello che vi pare)”. Io a quel punto potrei sparare.
Eccheccà, sensibile è sensibile, ma le botte le prende sul serio. Mi dite cosa state facendo con quel bambino difficile che mena a tutti?

Non lo faccio perché per mia disgrazia mi hanno insegnato ad essere gentile ed educata. Poi parlando, mesi dopo, del fatto che forse con quel bambino che menava qualcuno ci aveva fatto un discorsetto serio, visto che si era molto ridimensionato, una madre che non c’ entrava niente mi risponde, come se fosse ovvio ‘Oppure gli hanno cambiato medicinali”. Eeeh? Mi state dicendo che tutta la scuola sa che quel bambino ha l’ ADHD, viene straseguito e nessuno si è degnato di dirmelo? Non che avrebbe cambiato le botte, ma io la madre la stavo per denunciare e forse invece ci avrei preso un caffè.

“Eh, ma per la privacy non possiamo dire niente, in fondo neanche a voi farebe piacere se parlassimo di vostro figlio con degli estranei.”. Forse. Ma c’ è modo e modo di non dire e questo era il segreto di Pulcinella.

5) Ma qualcuno agli aggressori ci pensa?

Alcuni dei bambini difficili della scuola li conosco benissimo e li ho visti crescere perché per diverso tempo ho fatto la volontaria durante la sorveglianza a ricreazione e quanti ne ho separati e cazziati.

Io lo so di cosa mi stanno implorando questi bambini. Guardami, vedimi, ascoltami, dammi un paletto, dimmi dove è il limite e quando me l’hai detto continuerò a superarlo altre trenta volte e tutte e trenta mi devi fermare. O io continuo.

Il dramma di questi bambini è che li fanno continuare. Per stanchezza, quieto vivere, la vita che ti insegue, ignoranza, altro da fare, nessuno che si sente responsabile. E loro continuano. Non ci credono più che qualcuno faccia qualcosa. Sanno che la scuola, i genitori, la società hanno deciso di ignorarli e abbandonarli a se stessi e non ci investono più. È un gran brutto messaggio da far passare quando hai 10, 11 o 12 anni.[quote1]

Non voglio fare la madre eroina, ma da piccola io a scuola facevo a botte. I miei amici-nemici erano così. So come sono diventati da grandi. Chi è morto per overdose, chi si è salvato in corner, chi si è sposato ed è un padre felice, ma i capelli bianchi di sua madre li so tutti.

Per questo, durante la sorveglianza, B., quello che non ascoltava nessuno, non si reggeva e alla fine lo hanno mandato in una scuola speciale, la volta che ha scavalcato il cancello per andare a giocare a calcio con i grandi nella piazzetta riservata solo a quelli di sesta, settima e ottava, io ho scavalcato appresso a lui e l’ho afferrato in corner.
Se lo fai una sola altra volta vengo a togliere il pallone ai grandi e poi glielo puoi spiegare tu che non possono giocare più per merito tuo“.
Non l’ ha fatto più, mi evitava, ma l’ha piantata.

Ho smesso perché non avevo l’ energia e il tempo di fare la sorveglianza. Ma perché i miei figli mi chiedevano tanto di sorvegliare? L’ho scoperto troppo tardi. Li menavano. Anche i figli delle madri che sorvegliavano e che quando si lamentavano non li prendevano sul serio per coprire i loro di figli. E anche questa è una mancanza della direzione che ha sempre rifiutato di applicare gli ottimi piani alternativi proposti da genitori che lo fanno di mestiere.

6) In fondo sei solo un genitore

Diciamoci la verità, i genitori per la scuola sono un male necessario, si impicciano, pretendono di conoscere meglio di te che lo fai per lavoro come funziona il loro figlio, hanno pretese assurde. Vengo da una famiglia di insegnanti, sono la quinta generazione, ho fatto Magistero. Io so come parlano gli insegnanti dopo i consigli e durante, di certi genitori.[quote2]

Insomma, Orso da un anno non fa più nulla in classe, non riusciamo a motivarlo in alcun modo, la terapeuta dice che non è nulla, la maestra vuole farlo testare per vedere se ci sono disturbi, noi non sappiamo che fare“, al primo appuntamento con la direttrice della nuova scuola non ho resistito e mi sono sfogata.
Avete mai pensato di testarlo per vedere se per caso è troppo intelligente?“.
Questo è quello che io ho sempre pensato, ma vede, vengo da una famiglia di insegnanti e so bene cosa succede quando una madre va in direzione a strillare che il figlio è troppo intelligente“. (Succede, per chi non lo sappia, che ti ridono dietro e smettono di prenderti sul serio ammesso che l’abbiano mai fatto. E tuo figlio da quel momento viene visto come un fardello con la madre rompicoglioni).
Anche con mio figlio ci abbiamo messo un sacco a capire che il problema era quello”. Azzo, ma ci è passata anche lei? Già amo questa donna.
Allora lo volete?
Voglio provarci molto volentieri“.

Mica come direttrice, mi ha capita. Come madre. Perché le madri di figli perfetti sono convinte di essere loro le strafighe, quelle che hanno scoperto il metodo educativo perfetto. Ti deve arrivare un figlio challenging perché tu ti renda conto che tuo figlio ha tanto da insegnarti su te stessa e sul mondo e sull’interazione tra i tre (tu, il figlio e il mondo).

7) E allora tocca costringerle

È successa una cosa grave“. Arrivo a scuola 10 minuti dopo.
Lo hanno pestato, in due più grandi, lo hanno preso a sberle, buttato a terra, preso a calci, buttato via il telefono con cui cercava di chiamarmi, trattenuto mentre cercava di andare a farsi aiutare a scuola. Alla fine una maestra del doposcuola, una ragazzina quasi, che aveva visto tutto dalla finestra è andata sulla porta a urlargli di smetterla.

“Mi sento tremendamente in colpa, ho visto succedere tutto e sono andata in panico, non sapevo cosa fare, volevo correre da loro ma avevo 15 piccoli e sapevo che se uscivo sarebbero scappati tutti in strada”.

“Hai fatto la cosa migliore e io ti voglio ringraziare per tutto.”

Neanche lì la scuola li sospende, o si ricorda che da mesi sto denunciando alla maestra le botte che quel ragazzino dà a Ennio. I bulli sono vigliacchi, ma non sono scemi. Mica ti picchiano davanti alla maestra. Mica ti picchiano quando qualcuno li vede. E poi ti prendono in giro e minacciano di ricominciare se lo dici. Ecco perché i bambini non parlano.

Forse è meglio se lo vieni a prendere non appena finisce la scuola e non lo lasci giocare fuori”.
Certo, il problema è nostro. Voi ve ne lavate le mani, e anzi, avete persino suggerito che forse è meglio che gli cambio scuola, sarebbe così comodo anche per noi non avere due figli a scuola in due quartieri diversi. E quando ho risposto se avete mai suggerito ai genitori dei bulli di cambiare scuola ai figli, mi avete detto che non devo prenderla così. A calci, vi prenderei.

Quel ragazzino lì è di una classe più grande, che è molto problematica e ogni tanto lo spediscono in quella di Ennio. Da mesi lo picchia e lo tormenta, da mesi lo faccio presente, da mesi mi dicono: ci stiamo lavorando. Bel lavoro. Colpa mia, dovevo cambiargli scuola quando c’era un posto a quella nuova di Orso. Quel posto non c’è più. Quando l’ ho saputo mi sono sentita in trappola.

Io non voglio cambiare scuola. Voglio che se ne vada lui“.

La maestra viene pesantemente ripresa dalla direttrice, hai sbagliato a consigliare la denuncia e che il bambino resti o non resti non è decisione tua. Resta. La maestra non ne parla in classe (“non voglio creare irrequietezza“, no, ma così lui pensa che nessuno gli fa niente e mio figlio si sente abbandonato. Grazie tante, eh). Non vuole parlarne con noi genitori.

Ci parliamo noi e scopriamo che tutto un gruppo di ragazzini che all’inizio dell’anno menavano in gruppo, sono stati a loro volta menati e minacciati se non lo facevano. Poi la cosa è rientrata, conosciamo i genitori e sono persone come noi, sui figli ci lavorano.
La madre, che conosco, di uno dei due bulli cerca di convincerci a dichiarare che quello che ha menato è l’altro, non suo figlio. Ma non è vero.

Noi vogliamo sputtanare questa scuola del cavolo più preoccupata della propria immagine all’esterno che dei messaggi che passa. E far licenziare o trasferire la madre del bullo, che nell’ edificio contiguo ci lavora e sta sempre pronta a intervenire per coprire il figlio. E i bambini la considerano quasi una maestra, ha quindi l’ autorità per dirgli di parlare o tacere.

Aspettiamo, riflettiamo, ci consultiamo, scriviamo una lettera. Ma io voglio un mitra e maschio alfa anche. È terrorizzato dalle mie reazioni, teme che io mi incazzi con lui perché vuole fare con calma. Si, ma anche no. Dormiamo malissimo da mesi, siamo semplicemente distrutti, i bambini ovviamente risentono di tutto questo, meno male che Orso sta nell’altra scuola e ci sta benissimo.

La terapeuta ci riceve d’urgenza dopo cena, parla con Ennio che ribadisce di voler restare nella sua classe. Lui è sereno. Vede che ci diamo da fare per lui, che lo supportiamo, che gli spieghiamo che le cose dei grandi vanno troppo lentamente, ma che lui deve tornare a scuola. Ci torna.

A scuola lo minacciano gli danno dello spione, ma non lo picchiano. Hanno imparato che tutto quello che fanno fuori dall’orario scolastico non comporta sospensione. Cioè, potrebbe, ma la scuola deve avere il coraggio di farlo e la nostra non ce l’ha.

Informo presso la ASL il medico scolastico. Parlo con la polizia. La poliziotta di quartiere è in ferie, quando torna ci contatta. Continuiamo a scocciare la scuola che ci invita a un colloquio.

8) E, miracolo, qualcosa funziona

La mia vicina che non voleva mandare la figlia in gita perché non si fidava che non gliela picchiassero come sempre a scuola, improvvisamente mi dice che la scuola ha deciso di non ammettere certi ragazzini alla gita e che il tormentatore di sua figlia verrà controllato da una persona apposita 24 ore giorno e alla prima che fa lo rispediscono a casa.
Ci mancherebbe che sia lei a dover essere punita non andando alla gita, sono i bulli che devono stare attenti a quello che fanno“. Questa scuola ci ha messo 5 anni a dare questa soddisfazione a una famiglia. Sono contenta che il nostro casino sia servito almeno a questo. Poi la nostra maestra, che li ha accompagnati alla gita, ha raccontato che la prima sera, proprio quei due, la ragazzina e lo scocciatore, stavano seduti pacifici a leggere lo stesso libro.

I minori possiamo denunciarli ma non sono perseguibili. Ma resta una annotazione nel dossier, anche senza denuncia.

Io mi chiedo e chiedo alla polizia se possiamo rovinare due stronzetti manco dodicenni che in fondo, per quanto voglia tritarli a mani nude, mi fanno pena. Sono ragazzini senza padre e con madri deboli (e ignoranti) che credono che negando l’ evidenza e rifiutando aiuto le cose smettano da sole. Mi fa pena anche la madre che conosco, da sola tira su due figli altamente energetici, uno forse anche ADHD (che scoprirò essere un eufemismo per indicare i bambini violenti. Ma violento non si può dire. In fondo mica gira con un coltello in tasca. Si, ci hanno detto anche questo).

Silvia da avvocato mi rassicura: in certi casi la denuncia può essere la salvezza di un ragazzino, perché finalmente si è costretti a lavorarci e non è più una cosa su base volontaria. Anche la poliziotta ci parla di un incontro regolare tra scuole, polizia, ASL, servizi sociali e quant’ altro per discutere di casi difficili che vengono seguiti da un qualche ente. E ci dice che presenterà questa storia al prossimo incontro. Anche qui, io mica lo sapevo che esistesse questa prassi.

Gli stronzetti nel frattempo si sono ridimensionati. Sono gentili con Ennio. Incrocio quello che conosco a scuola, mi sentivo ridicola come adulto a ignorarlo nei giorni scorsi, andava al nido con i miei figli.
Ciao J.“, faccio. Poi chiedo a Ennio: “Ti dispiace se lo saluto? In fondo non ti sta facendo niente e prima lo salutavo, forse è meglio creare una situazione normale“. “Ma si“, fa lui. Un mese dopo si lamenta che loro sono ridiventati amici ma che la maestra non vuole che giochino insieme. E ci credo. Forse è meglio se lo invito a giocare da noi, così si rinormalizza la situazione e intanto li tengo d’ occhio io. Prima o poi.

Però Ennio continua ad avere il mal di pancia. Non vuole andare a scuola al mattino. All’amica di famiglia agopunturista dice che adesso lo lasciano in pace e che per lui è quasi peggio, perché non sa quando ricominciano. A noi non l’ha detto. Non l’ ha detto perché ha paura che gli cambiamo scuola, lui invece vuole restare lì con i suoi amici. Mi sono decisa a promettergli che non lo faremo se lui non vuole.

E mio marito propone di cominciare a investire tutta l’ energia che metteremmo nel cercagli una nuova scuola, incazzarci, minacciare eccetera, nel migliorare la scuola in cui siamo. Già abbiamo visto che dopo le nostre proteste finalmente cercano di fare qualcosa. E il prossimo anno nella squadra di calcio ci sono con Ennio proprio quei ragazzini maltrattati-maltrattanti della sua classe. Incontrandoci con i genitori due volte alla settimana al campo, c’ è modo di mettersi d’ accordo con loro e fare gruppo per migliorare le cose, se si dovessero verificare episodi. Una di queste madri è preside e proprio nella sua scuola hanno appena lavorato un anno a un protocollo di prevenzione bullismo e sa un sacco di cose che potrebbero tornare utili anche a noi. Un genitore non lo ascoltano volentieri, ma quattro o cinque si.

9) Cosa abbiamo imparato 

Quello che ho capito è che non sei mai preparato a situazioni del genere. Quello che ho imparato è fidati della pancia. Se vuoi togliere tuo figlio da scuola e ne hai trovato un’ altra che ti convince, fallo prima di doverlo poi fare per forza. Non mollare, scoccia la scuola, scrivi raccomandate, minaccia di scrivere a provveditorato e ispezione scolastica, informati se la ASL ha un medico scolastico e contattalo per informarlo, chiedi alla polizia. Forse avrei dovuto cercare prima un contatto con i genitori di questi bambini, in questo momento non ne ho voglia. Loro fanno gli gnorri, nessuno ha telefonato per offrire delle scuse. Ho detto alla polizia che siamo disposti, se ha un senso e se loro sono aperti alla discussione. La poliziotta di quartiere è stata meravigliosa.

La scuola finalmente, senza poter dire per via della privacy, ci ha fatto capire che da un bel po’ stanno lavorando sui ragazzini ma che non possono mandarli via, i servizi sociali si oppongono. Se me lo dicevano un anno fa era meglio. Avrei tolto Ennio da scuola insieme al fratello.

Le scuole fanno fatica ad implementare dei cambiamenti, specie se gli costa uno sforzo. La scuola non dà retta di suo ai genitori, e allora tocca costringerli. Per mio figlio l’ utilità è relativa, ma finalmente abbiamo messo il problema sul loro tavolo e ci stanno lavorando. Per quanto ci riguarda noi eravamo decisi a fare i genitori, consigliati anche dalla terapeuta. Noi prenderemo la decisione per nostro figlio, e gli cambieremo scuola a costo di prenderci la colpa della perdita di quotidianità con gli amichetti, le difficoltà di reinserirsi, dicevamo. Ne stiamo uscendo fuori solo adesso con figlio 2, non ci si annoia mai.

Poi però ci siamo resi conto che questa storiaccia a Ennio ha fatto molto bene, è cresciuto, ha imparato a mettersi meglio nei panni degli altri. E abbiamo capito che portarlo via sarebbe stato un errore. E c’ è un’ altra cosa: uno dei noti stronzetti della scuola da un anno è il miglior amico di mio figlio, ma è lo stesso che tormenta da anni la nostra vicina. Che ci ha chiesto una volta esplicitamente di non dirgli niente di lei, perché lui se ne servirebbe a scuola per darle il tormento. E io avevo qui un conflitto di lealtà. Finché il padre in confidenza mi ha raccontato che anche amichetto stronzo ha una forma di autismo, che ci stanno lavorando da anni (la madre è addirittura psicologa nel centro di sostegno per genitori, povera stella) e che hanno passato anche loro i guai prima che si capisse qual è il problema e come affrontarlo. E che nessuno lo invitava ai compleanno perché era troppo vivace e casinista.

Da quando lo so ci parlo diversamente, non lascio più spazio ai “forse”, è solo “si” oppure “no”. E anche lui si pone diversamente nei confronti degli altri e nostri. Alcune cose che attribuivo a manipolazione, tipo chiedermi 18 volte se Ennio poteva andare da lui anche quando avevo già risposto, adesso le capisco meglio. E apprezzo moltissimo che quando Ennio è stato picchiato da due suoi compagni di classe, che erano anche suoi amici, ha cercato di intervenire e lo hanno bloccato dicendo che le davano anche a lui se si impicciava. Il che mi conferma che anche i bulli bisogna prenderli a modo loro e la scuola non può ignorarlo.

Però vedete, siamo cresciuti tutti e quattro attraverso questa storia, Ne siamo usciti più uniti, più forti, più orgogliosi di come lavoriamo bene come team.

Anche se avrei preferito restare piccola e scema. Davvero, questo mito delle difficoltà che ti fortificherebbero, ne avrei fatto a meno nella vita (ma anche no). E adesso ricomincia un nuovo anno e siamo tutti ottimisti su quello che ci porterà. Ma anche allerta e più smaliziati su come intervenire per tempo.

– di Mammamsterdam

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85 thoughts on “Quando a scuola ti menano i figli: bullismo, ragione e sentimento”

  1. CIAO!!!PER PRIMA ,GRAZIE DELLE INFORMAZIONI UITLI CHE HO LETTO QUA.PURTROPO,MIO BIMBO CHE E NELLA PRIMA ELEMENTARE E ARRIVATO A CASA DICENDOMI CHE A SCUOLA E STATO PICHIATTO .VOGLIO DIRE CHE CI SONO LE MACHIE SULLA PELLE DI COME GLI HANNO DATO CALCI.ALLORA SONO ANDATA A SCUOLA A PARLARE CON LA MAESTRA E I CALCI HANNO SMESSO,PERO ADESSO IL BAMBINO VIENE ALONTANATO DAI BAMBINI CON COSE TIPO”VAI VIA,NON GIOCHIAMO CON TE”.NON VUOLE PIU ANDARE A SCUOLA,PIANGE PRIMA DI DORMIRE,E NOI SIAMO DISTRUTTI.PERO ADESSO SO COSA DEVO FARE,ANDARE IN DIREZIONE A PARLARE…MI SENTO MOLTO IN COLPA CHE HO SEMPRE INSEGNTO A MIO FIGLIO DI ESSERE BRAVO,DI NON DARE CALCI E BOTE A NESSUNO E ADESSO LUI…NON PENSAVO MAI CHE UNA SITUAZIONE DI QUESTO TIPO POTEVA SUCCEDERE …ALLORA GRAZIE CHE CI SEI!!!TANTI SALUTTI

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  2. Ma, se mio figlio-che è in prima elementare- mi venisse a casa dicendomi con certezza – xkè poi indagherei di persona- che un o i , compagni l han menato , o la maestra ( xkè succede che ci sono ancora maestre che menano, gente nervosa che ha preso il posto da maestra rubandolo a chi veramente è un artista nell’insegnamento ), ma, di sicuro vado a scuola e quel qualcuno, compagni o insegnante, li meno davanti a tutti, e poi ke mi vadano a denunciare, quando esco gli do il resto, perchè i bambini non si picchiano, specie se sono i figli degli altri, ok ? Se ci sono problemi, xke mio figlio non studia, disturba o non capisce, be, è compito della maestra fare in modo di riuscire a, giusto ? Quindi, io mi auguro ke non succeda a mio figlio, anche perche nell eventualità lo terrei a casa, anche se è la scuola dell’obbligo, e ki se ne frega, io sono insegnante e gli faccio scuola io, tanto per l’efficienza della maggior parte delle maestre , posso benissimo fargli da insegnante privato.

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  3. grazie, grazie, mi commuove sentire la calda brezza della solidarietà

    il guaio è che in questo simpatico quartierino residenziale i marmocchi giocano tutti fuori, in perenne gruppetto, e non sarà affatto ovvio gestire la separazione dato che la ras del quartiere è anche la capa del sottogruppetto che sta fuori anche le sere, d’estate, mentre le altre che hanno un anno meno di mia figlia e fanno da ammortizzatore vengono ritirate

    speriamo nell’inverno…

    un abbraccio

    n

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  4. Nina, tranquilla, l’ avvocata ce l’ abbiamo anche noi (Silvia) e se la provocano morde. 🙂

    Scherzi a parte, se le grandi devono fare le carogne e la piccola si tiene, che giochino insieme da voi e le altre due inutile che vengano, tanto l’ hanno detto i loro genitori che non si fa.

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  5. ossantapeppina, scusate lo sfogo emotivo ma è successo da poco… mia figlia è tornata a casa stressata per l’ennesimo accenno a ‘essere messa in castigo’ da parte delle due vicine più grandi, ho deciso di affrontare la cosa subito e sono stta presa a male parole; unica soluzione ipotizzata di genitori è che non giochino mai più insieme

    premesso che di cambiare casa non se ne parla, sono due i problemi: la sorella piccola è invece amica per la pelle di mia figlia, e il padre è un avvocato control freak pieno di soldi e millesimi condominiali: sono paranoide se vi confesso che ho paura?

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  6. Nella scuola dove andava il mio bambino in prima e seconda elementare, il bullismo si manifestava nel denigrare i compagni meno bravi ed impedire ad alcuni di giocare con gli altri: gli insegnanti non vedevano e da parte loro mettevano a disagio chi aveva qualche difficoltà.A partire da gennaio mio figlio non volle più andare a scuola, abbiamo risolto cambiando istituto, ora frequenterà la quinta ed è abbastanza sereno, ma basta poco perché perché si senta insicuro.
    Importante per i bambini è trovare persone sensibili e attente, il mio consiglio è di non esitare a cambiare scuola, è l’unica possibilità per ricostruire il legame tra i nostri figli e la scuola.

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  7. Closethedoor: io mi stavo trovando nella stessa situazione l’anno scorso, ho risolto sostenendolo ed andando a parlare prima con le maestre e subito dopo con la direzione scolastica che come dicevo nel precendente commento mi ha rassicurata. Se non si dice niente si rischia poi di non esere sostenuti perchè chi dovrebbe sapere (maestre, altri genitori, ecc.) scopre la cosa sul momento e non capisce quanto fossero importanti i maltrattamenti precedenti alla reazione. Oltretutto i bambini che reagiscono lo fanno per esasperazione ma poi spesso si sentono quasi in colpa perchè sono molto sensibili e buoni, proprio per questo vanno sostenuti ancora di più.

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  8. close, trovo estremamente interessante l’ osservazione che fai, sulla cultura italiana dove chi si ribella passa dalla parte del torto. All’ inizio mi sono detta: quanto è vero, poi ci ho pensato e mi sono detta che è così ovunque, se manca un’ autorità a cui rivolgersi.

    Però il bello è che a dispetto delle sensibilità individuali, noi paesi democratici abbiamo una grande risorsa, che è vero che non funziona sempre, ma almeno a livello teorico un influsso ce l’ ha. Possiamo andare dai Carabinieri (e dico Carabinieri, prima che polizia, perchè in Italia questa frase è un classico, in un certo senso: in qualche modo essendo la chiesa e i Carabinieri le uniche due istituzioni in cui i poveri e i figli di nessuno avevano modo di fare carriera basandosi esclusivamente sui meriti personali, anche se ce lo siamo scordat secondo me resta un po’ di questa fiducia nell’ Arma, a parte quando ci multano).

    In Italia minacciare di andare dai carabinieri qualcosa fa e se poi uno ci va davvero da un segnale fortissimo. Anche se non denunci ma vai solo ad informarti, io credo che nelle cittadine piccole si possa ancora ottenere che un milite venga a fare un discorsetto a una classe o passi a trovare una singola famiglia. E la scuola certe volte ha bisogno di uno scrollone. Certo, poi uno vive con il timore di ‘rappresaglie’ da parte degli insegnanti, però uno a un certo punto deve scorpire il gioco. Vi suggerisco un brevissimo post di Amedeo che spiega perfettamente quello che intendo, dovremmo tutti fare come la signora sul treno: http://mentemiscellanea.blogspot.nl/2012/09/non-siamo-conniventi.html

    E vorrei aggiungere un’ altra cosa, visto che ci sono passata: cambiar scuola ai figli non è impossibile. Al massimo lo è per questioni burocratiche, ma non roviniamo i figli a cambiargli ambiente, delle volte anzi, come è stato per noi con orso, gli abbiamo dato modo di fiorire e di togliersi da un angolo, quello del bambino incapace e inutile, in cui si era messo da solo, e di ripartire da zero, con la fatica del caso, certo, ma anche senza preconcetti da parte di chi gli sta intorno. Ci si può rifare una verginità.

    So che mi contraddico, con Ennio alla fine non l’ abbiamo fatto perché ha quasi 11 anni, è un bambino con cui è stato fatto un enorme lavoro di introspezione con la terapeuta e noi da sempre, in momenti diversi ha fatto una mattinata da ospite in un’ altra scuola e quindi ha potuto vedere che aria tira, e se alla fine ha chiesto, scelto, insistito per stare nella sua vecchia classe abbiamo deciso di dargli retta (anche contro il parere della terapeuta che riteneva che potesse anche provare a fare l’ esperienza di una scuola in cui stare tranquillo, perchè non poteva sapere che differenza ci fosse).

    Ma ripeto, quando si pone il problema di cambiar scuola, certe volte una manco se lo pone per questa idea preconcetta che se cambi scuola a un bambino senza necessità esterne (trasloco, ecc.) LO ROVINI. No, certo, richiede un po’ di adattamento e sicuramente una fatica in più, ma se finisce meglio la fatica in più è solo quella iniziale, al posto di quella quotidiana e invisibile che hai in un ambiente in cui sei profondamente infelice. Insomma, dico che certe volte è utile pensarci, anche solo per decidere che resti dove sei, ma con congnizione, e a volte è persino utile farsi sorprendere infrm,andosi presso un’ altra scuola. Già parlare con la direzione e le maestre a pelle ti dà un’ idea.

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  9. grazie, Mammamsterdam, ora mi è chiaro

    ti e vi segnalo un link che per me è stato prezioso: http://www.dawnmenken.com/services_schoolprogams.html

    nella seconda parte della pagina descrive il programma che offre alle scuole come prevenzione e risoluzione delle dinamiche di bullismo – che come hanno scritto in molti sono ben complicate, con le vittime che sovente si sentono attratte dai persecutori, capaci di fregarsene del doversi comportare bene, mentre specularmente i persecutori in segreto invidiano le vittime, libere di essere vulnerabili, sensibili e ‘diverse’

    sempre lì è riportato il link a un’intervista che ha rilasciato a un’emittente dell’Oregon, in cui parla anche di come suo figlio (per lo meno nel 2009) era infine uscito bene da episodi di bullismo, trovando modi intelligenti, creativi e in fondo semplici di andare al cuore del problema

    dura 51′, ma con un buon uncinetto accanto giuro che volano…

    grazie ancora, Nina

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  10. Aggiungo poi una riflessione molto amara portata da una mia coetanea che invece aveva subito bullismo a scuola (riflessione uscita sempre durante questa discussione) : sua mamma, stanca di vederla tornare a casa sempre ammaccata e in lacrime, le ha detto “Ma insomma, perché non ti difendi?” E lei è caduta dalle nuvole, pensando “Ma si può?” Ed è accaduto l’imprevedibile: dopo mesi di angherie si è difesa, stendendo al tappeto il bullo più grande e più forte di lei… che è andato a lamentarsi in direzione, e la direzione, insieme con tanti genitori, ha preso le difese del bullo. Nemmeno la mamma di questa all’epoca bambina di 11 anni ha preso le difese di lei e si è appiattita sul generale “facendo così passi dalla parte del torto”.

    Ecco su questa esperienza eravamo concordi tutti che è caratteristica della cultura italiana, dove cioè chi si ribella a una prepotenza passa dalla parte del torto.

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  11. Arrivo tardi e forse dirò cose già dette. Intanto grazie di cuore di questo post Mammamsterdam, mi ha scombussolato un po’ e mi ha messo non una ma 10 pulci nell’orecchio.

    Personalmente per mia fortuna non ho mai avuto a che fare con un bullismo di questa entità, ma mi sembra che le cose stiano cambiando molto velocemente nella scuola italiana riguardo la diffusione del fenomeno purtroppo, e siamo indietro nell’identificare alcuni problemi. Una mia amica che insegna in un istituto professionale non sa come fermare i suoi studenti che pestano davanti ai suoi occhi un ragazzo più imbranato, il quale si rialza con i segni delle scarpe sul giubbotto. Ha provato a parlare con il preside che sembra capitato lì per caso…

    Parlando invece di genitori: questo post mi fa tornare in mente una vivace discussione avuta con coetanei genitori sul comportamento da tenere quando si verificano questi episodi. Si capisce che lì oltre alle convinzioni teoriche contano anche molto i vissuti personali e in virtù di questi ho sempre sentito profonda la necessità di autorizzare mia figlia a difendersi anche fisicamente se viene aggredita (non ad aggredire, cosa su cui la riprendo, ma a difendersi). Altre mamme invece vedevano il rischio dell’escalation di violenza e insegnano al figlio a rivolgersi all’autorità, “senza paura”. La mia obiezione, che tale rimane tuttora è: e se poi l’autorità non fa nulla?

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  12. Mammamsterdam grazie. Ovviamente non mi sognerei mai di proporre ai genitori un sospetto di autismo. I bimbi qui sono così stracontrollati che se così è, prima o poi salterà fuori (credo). Il bambino era così già due anni fa e sicuramente in molte cose ha fatto i normali progressi che si fanno alla sua età, ma la gestione delle frustrazioni è rimasta più o meno com’era. Solo che adesso fisicamente è molto, molto più forte. Alla scena della faccia nella piscina era presente anche la madre, i genitori non lo perdono di vista un attimo. Per fortuna non mi si pone il problema di dover proibire a mia figlia di giocare con lui, è lei che non ci vuole giocare, io per ora devo solo smetterla di cercare di convincerla che non sta bene dire sempre di no (non credevo di poter essere così stupida, porca miseria).

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  13. Claudia, delle volte capire i propri figli si fa più fatica, i genitori magari si preoccupano ma per sfinimento, paura della verità o semplicemente la fatica di tutti i giorni che ti distrae, non ci pensi. Premesso che una diagnosi di autismo o altro è una cosa seria e non si fa così a sensazione, io direi che puoi partire proprio dal caso specifico del tentativo di affogamento e spiegare che visto che sono piccoli non ti senti molto sicura a farli giocare insieme, che delle volte certi comportamenti ti preoccupano e se lei ha qualche idea, cosa ti propone, vista la sua esperienza fino a che punto è una fase che passa o forse è il caso di parlare insieme ai bambini. Sicuramente se c’ è qualcosa, anche lei che teme di parlare di certe cose, affrontandolo in modo empatica lo capisce e altrimenti se tu dovessi decidere di non farli giocare insieme si capisce che lo fai per motivi fondati. Vedi tu. Anche tutto il discorso dei comportamenti di tipo autistico, possono essere dovuti a tante di quelle cose specie a quell’ età, dalle intolleranze alimentari (diagnosi azzeccata dell’ ennesimo psichiatra a una mia amica il cui figlio era stato diagnosticato con autismo grave a 3 anni per approdare a un leggere Asperger a 8) a cose serie più o meno affrontabili.
    Per dire, in fondo la mamma dell’ amichetto è il capo degli psicologi di un centro specializzato e persino lei, prima di avere una diagnosi chiara, ci ha messo il suo tempo.

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