Papà, che vuol dire omosessuale?

Quali sono le parole giuste per spiegare l’omosessualità ai bambini e poi ai ragazzi? Ne parliamo con Marco The Queen Father, l’autore di un blog i cui contenuti sono così ben bilanciati, tra ironia e profondità, da far quasi passare in secondo piano la qualità della sua scrittura. Marco racconta la sua storia quotidiana di padre omosessuale, che ha “osato” desiderare un matrimonio e la paternità.
Parlare con ironia della sua famiglia omogenitoriale, è il suo modo di combattere una battaglia per l’informazione, che poi è la chiave del rispetto.

– Come si spiega l’omosessualità ai bambini? Nel momento in cui possono nascere le prime domande, anche in una famiglia eterosessuale, quale pensi sia la chiave per parlarne con naturalezza?
E poi quali sono le parole giuste per parlarne agli adolescenti, nel momento in cui, magari spinti dal “branco”, dovessero mostrare atteggiamenti omofobi?

Mamma… Un domandone! Come esporre l’omosessualità e combattere l’omofobia in famiglia…. Come genitori capirete che i bambini non affrontano nessun argomento, neanche quelli più ‘delicati’ con malizia. Quella è una cosa che imparano da noi.
La naturalezza nell’affrontare un argomento nasce dal sentirsi a proprio agio con certi temi, non è una cosa che si può fingere così su due piedi. Per questo c’è da fare un po’ di lavoro a monte per ‘preparare’ i piccoli ad abbracciare la varietà del sociale senza pregiudizi né preconcetti. E non necessariamente solo nell’ambito di tematiche inerenti alla sessualità.

L’atteggiamento della famiglia nei confronti di tematiche sociali come l’omosessualità influisce terribilmente sulla percezione che il piccolo ha di queste.
Per esempio, io sono cresciuto in una società dove la massima offesa per un maschietto era quello di sentirsi chiamare ‘femminuccia’ e questa era una cosa condivisa da tutti. Anche dai miei genitori, che si incavolavano con me ogniqualvolta un amichetto mi prendeva in giro.
“Cretino! Perchè ti fai dare della femminuccia?”
E io non capivo cosa ci fosse di così degradante nelle femminucce, o in un maschietto che preferiva le Barbie al pallone da calcio… Capivo solo che me ne dovevo vergognare anche di fronte ai miei.

Ma la lezione era quella: datemi del pidocchioso, del poveraccio, dello straccione, ma della femminuccia proprio no.
Il problema inizia così.
Inizi a pensare che mostrare caratteristiche comportamentali legate all’altro sesso sia qualcosa di cui provar vergogna, ed ancora non sei neanche ‘sessuale’, nel senso, non hai ancora sviluppato la tua sessualità, qualunque essa sia. Insomma, sai già che devi attenerti a degli schemi precisi a rischio di essere buttato fuori dal branco o dalla famiglia.

Una volta poi che gli ormoni iniziano ad andare sulle macchinette a scontro che hai nel cervello, arrivano i veri guai, perchè devi iniziare a fare i conti con delle vere e proprie pulsioni verso l’altro sesso.
Se poi queste pulsioni sono invece rivolte verso il tuo stesso sesso ecco che subentra quel senso di ‘errore/orrore’ che abbiamo imparato già quando ancora le ragazze ci facevano schifo perchè preferivamo andare in bicicletta tutto il giorno.

Uno degli errori che facciamo come genitori è quello di far credere ai piccoli, che la loro sessualità ed identità maschile o femminile sia un bene primario suscettibile di ‘contaminazione’ o ‘devianza’. Insomma, gli insegnamo prestissimo a farsi le paranoie quando invece un atteggiamento paritario nei confronti di ambo i sessi sarebbe più utile ad ‘elasticizzare’ le giovani menti nella loro percezione dell’omosessualità, perchè la bambina-maschiaccio è simpatica a tutti, il bambino effeminato invece mette tutti in imbarazzo.
Anche i genitori.

Nell’esibizione di caratteristiche comportamentali appartenenti all’altro sesso, come nell’interesse sentimentale/erotico verso un altro uomo, noi maschi commettiamo il massimo tradimento verso il nostro clan: assumiamo i connotati del sesso opposto, quindi contaminando la nostra sessualità “predominante” vissuta come bene primario.
E non lo dico io, lo dicono dotti psicologi e psichiatri.
Avete mai ragionato sul fatto che tanti uomini etero non hanno grossi problemi con le lesbiche (a parte il senso di ‘spreco di figa’ per metterla sul quel tono là…), ma assumono atteggiamenti castigatori e derisori se si tratta invece di un omosessuale maschio, mentre le donne sono tendenzialmente più tolleranti nei confronti di ambo le categorie?
Come se fosse più grave per un uomo essere gay che per una donna… Come se l’omosessualità fosse prima di tutto sentita come una minaccia all’identità sessaule maschile.
C’è questa formazione di base che va smossa.

L’omosessualità non deve essere trattata come una disgrazia, una perversione, come qualcosa da discutere sottobanco a mezza bocca e di cui vergognarsi.
Le battutacce da caserma sui gay (chiamateli poi come volete… A casa mia si chiamavano ‘froci’, ‘ricchioni’ e ‘zozzoni’… Un termine positivo non sapevo neanche che esistesse…) evitatele. Evitate di ridicolizzare l’omosessualità, anche senza malizia.
Se volete educare i vostri figli e trasmettere loro l’idea che qualcosa sia serio e meritevole di rispetto, dovete iniziare voi.

[quote]Quindi questa è una chiave verso la naturalezza: incorporare parole come ‘omosessualità’ nel lessico famigliare e cercare di salvare il termine dalle grinfie della perversione e del taboo.
Omosessualità non è una parolaccia.
È una variante del comportamento di alcuni individui. Come il colore della pelle, o il livello di intelligenza.
Adesso non vorremmo mica prendere uno a sassate perchè è meno intelligente di noi? O ha la pelle di un colore diverso? O è omosessuale? Capisco la reticenza dei genitori di usare parole contenenti ‘sesso’ con i piccoli. Ma allora usate ‘gay’ no? È pure più carino…

Il 90% di quello che esce dalla bocca dei piccoli è il riciclaggio delle parolone di mamma e papà. Solitamente, famiglie con un atteggiamento liberale nei confronti di sesso e sessualità (specialmente nel nord Europa) crescono figli altamente tolleranti ed a proprio agio con certe tematiche e con la propria sessualità (senza poi menzionare i bassissimi livelli di gravidanze under-18 e di violenze sessuali di cui le società più ‘bacchettone’ sono piene…).

Stavo leggendo un interessantissimo articolo sulla primissima infanzia che mostrava come il nostro atteggiamento di genitori varia nei confronti dei nostri piccoli a secondo del loro sesso. Che sembra la scoperta dell’acqua calda, ma è invece un po’ più sottile la cosa…
In genere i maschietti vengono ‘maneggiati’ con meno delicatezza delle femminucce, specialmente dai papà, i giochi sono più fisici e ‘violenti’ ed il tono di voce con cui parliamo loro fin da neonati è più forte.
Se il maschietto casca e si fa male al ginocchio cerchiamo di minimizzare l’accaduto e gli diciamo di smettere di piangere, di ‘essere grande’ o di comportarsi da ‘ometto’.
Così i maschietti imparano che mostrare i propri sentimenti e le proprie paure è un segno di debolezza. Di conseguenza, crescendo, se si imbattono in un maschietto ‘diverso’ (uno che piange quando cade, piange quando lo prendono in giro, piange quando lo spingono per terra e gliele danno di santa ragione…), lo interpretano subito come un ‘debole’, una ‘femminuccia’.
Il passo per arrivare a chiamarlo ‘frocetto’ è breve perchè il più è stato fatto.

Non sei meno maschio se vuoi piangere o giocare con le pentoline invece che con le pistole, non sei meno femmina se vuoi fare le buche con la ruspa invece che pettinare la coda al Mini Pony.
Ci sono maschi che giocano a pallone e maschi che giocano con la Barbie. Ci sono femmine che giocano a ‘signora mia’ e femmine che giocano a ‘camionisti’.
E così ci sono maschi che sposano i maschi e maschi che sposano le femmine. Ed è tutto qui.
Sono comunque maschi e femmine.
Senza dimenticare che dietro all’omosessualità c’è comunque il sentimento, l’amore, ma quello non si spiega, si dà.
Riceverlo con costanza è generalmente l’insegnamento più valido per ogni bambino e lo spaventapasseri più efficace contro atteggiamenti ostili di ogni tipo.

– Hai raccontato nel tuo blog il momento in cui hai preso coscienza della tua omosessualità. Quali sono le parole per parlare a un adolescente della sua omosessualità, se la si riconosce? Un genitore come può accogliere un figlio omosessuale e comunicare la sua disponibilità a parlarne e ad accettarlo? Nella tua esperienza quali sono state le parole dei tuoi genitori o quelle che avresti voluto sentirti dire?

Per esperienza vi dico che la cosa migliore è aspettare che lui si faccia avanti. C’è comunque tutto un lavoro di ‘preparazione del terreno’ per così dire che i genitori devono fare per rendere questo passo più facile per il figlio.
Intanto smettetela di fare domande sceme ed imbarazzanti tipo “Ce l’hai la ragazza?” ed aiutatelo a evitarne da parenti ed amici. Io odiavo quando mi paragonavano ai galletti del quartiere, sempre a spomiciazzare con qualche ragazza e mi facevano sentire ‘diverso’ perchè non ingaggiavo in quel tipo di condotta.

Passate commenti positivi su quel tipo gay che conoscete o su quell’attore gay che ammirate.
Interessatevi alle cose che interessano a vostro figlio, che sia la moda, il ballo, il pallone o quell’amico del cuore con cui litiga sempre, sforzatevi di fare parte della sua vita pur rispettando la sua privacy e condividete il più possibile.
Io ero l’unico che si mise a studiare moda e costume dopo una lunghissima sequenza di cugini tutti muratori o elettricisti o poliziotti.
Questa cosa è sempre stata un po’ lo scherzo tra parenti.
“Ma non sai che gli stilisti son tutti froci? Perchè vuoi essere stilista?” e giù sorrisini.
Bastardi.
Se volete che lui vi parli di sé, dovete rassicurarlo che una volta fatto il ‘coming out’ voi sarete sempre lì, tanto quanto prima, ad amarlo e supportarlo.
Non è astrofisica.
Ma non arrogatevi mai il diritto di fare domande o di fare insinuazioni. Scoprire ed ammettere di fronte a se stessi di essere gay è una delle cose più difficili e sconvolgenti nella vita di un adolescente (specialmente se cresciuto con tutti i ‘dogmi sociali’ esposti sopra…), date a vostro figlio il lusso della libertà di scegliere quando dirvelo e la sicurezza del vostro appoggio.
Il mio coming out è stato un po’ una tragedia. Lo dissi prima a mia madre e lei la prese malissimo.
Si rimproverava di avermi coccolato troppo da piccolo.
“Si vede che me lo merito! Dovevo essere più dura…” e giù a piangere lacrimoni. (vedete però come si ricollega al discorso che facevo prima?)
Andava fuori di cervello pensando a cosa dire alla gente che le chiedeva puntualmente di me. E io che urlavo “Ma che cazzo di problemi ti fai? Vogliono solo sapere se sto bene, non cosa faccio a letto!”.
Ero diventato una vergogna da tener nascosta.
Ero furioso e ricordo di averle detto di non parlarmi finchè non avesse digerito la cosa.
“Mi rifiuto di essere trattato come un delinquente da mia madre! Sai quanto ci ho messo io a digerirla ‘sta cosa? Adesso fai tu la tua parte…”
Quelle parole ancora mi fanno male.
Io ero già a Londra, vivevo da solo ed avevo conquistato una certa indipendenza emotiva dai miei genitori. Dir loro della mia omosessualità era un rischio che mi sentivo di poter correre.
Lei mi implorò di non dir nulla a mio padre “Non capirebbe!” (perchè lei, volpe, invece la aveva presa bene…).
Anni dopo, esce fuori che papà lo aveva sempre saputo e che non è mai stato un problema, ma voleva fossi io a dirglielo.
Addirittura abbracciò il mio Steven dicendogli “Per me sei come un figlio!”. Parole che mai mi sarei aspettato da mio padre, burbero, serio, tutto di un pezzo e anche abbastanza incazzoso.
Questo mi fa ancora piangere di commozione.
Eh sì, sono ancora una femminuccia. Che ci volete fare.
Ne vado fiero.
[quote1]Se pensate che vostro figlio sia gay, aspettate che sia lui a mettersi a nudo, a nessuno piace sentirsi strappare la corazza di dosso, specialmente quando la si è indossata per anni.
Ricordatevi anche che non avrete mai la possibilità di rimangiarvi le parole che gli direte, quindi fate attenzione a come le scegliete.
Se poi volete davvero un consiglio, non dite nulla, abbracciatelo stretto e basta, cucinategli il suo piatto preferito, festeggiate.

Quello è il gesto che dice più di tutto “Per me sei sempre il mio bambino ed io ti amo!”.

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72 thoughts on “Papà, che vuol dire omosessuale?”

  1. Beh, un qualunque psicologo vi direbbe qualcosa del tipo che esistono ruoli materni e paterni ben definiti, e il bambino che non vive una situazione chiara da questo punto di vista fa fatica a trovare una sua identità sessuale e a rapportarsi con il suo e con l’altro sesso.
    Personalmente non sono assolutamente d’accordo, secondo me ogni famiglia trova un suo equilibrio basato sul carattere e sulle risorse di tutti i componenti. O almeno pretendo che la mia sia così, anche perchè se all’ennesimo trasloco lascio papà a rimontare i mobili poi ci ritroviamo tutti seduti per terra e col letto fracassato e le ante degli armadi che precipitano in testa a qualcuno…
    E allora cerco di insegnare a mia figlia che tutti possono fare tutto (tranne cose di alta precisione tipo rimontare i mobili, appunto) ma che alcuni preferiscono fare alcune cose e non altre, e allora io cucino e papà mette a posto dopo, io le faccio lo shampoo e papà le asciuga i capelli e così via. Preferisco passare il messaggio che una famiglia è una realtà che si basa su amore, collaborazione e sostegno più che un’organizzazione gerarchica dove ognuno ricopre un ruolo ben definito. Anche perchè poi sennò come le spiego che i nonni sono divorziati e quindi lei ha acquisito un nonno e una nonna che proprio suoi nonni non sono? E che ha 5 cugini con 4 padri diversi da solo due madri?

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    • Da quello che ho letto ci sono molti studi che mostrano che i bambini cresciuti da coppie omosessuali non mostrano differenze rispetto ai bambini cresciuti da famiglie tradizionali. In qualche modo le figure di femminile e maschile esistono sempre, proprio come testimonia Marco. Del resto in molte famiglie i ruoli tradizionali di femminile e maschile sono molto cambiati, e forse ci iniziamo a rendere conto che più che altro si parla di individui e i ruoli non sono marmorei ma condividono in ciascuno di noi a seconda degli ambiti di interesse.

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  2. @Morgaine le Fèe:Sì, anche secondo me è una definizione piuttosto fumosa, come tutte quelle che tendono a incasellare gli esseri umani, a catalogarli: la donna è così e l’uomo è colà. L’altro giorno guardavo su utube un’intervista dell’autrice di “Sposati e sii sottomessa” che mi incuriosiva un tantino, non foss’altro che per il coraggioso titolo del libro. Alla fine però, tutta la teorizzazione della sottomissione della moglie al marito, partiva dall’assunto che “la donna” fosse più mansueta e docile e “l’uomo” più portato ad assumere un ruolo egemone di guida.
    Così, proprio, come se ci fosse solo una donna e solo un uomo sulla faccia della terra o, se volete, come se tutte le donne e tutti gli uomini avessero di base le stesse caratteristiche. Come se , vivvaddio, questo mondo non fosse abitato da una molteplicità di caratteri e personalità assai diverse tra loro e non identificabili banalmente con il genere sessuale. Il medesimo discorso vale per il ruolo materno e paterno, che sono alla fine spesso e volentieri interscambiabili nella coppia.O no?

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  3. A proposito di omosessualitá e genitorialitá mi viene in mente che l’obiezione piú comune verso le coppie omosessuali che vogliono/hanno figli é quella che ‘in quel caso verrebbe a mancare la complementarietá della figura materna e paterna, del ruolo femminile e maschile’.

    A pensarci bene, e pensando a com’é la famiglia che ho formato, mi chiedo spesso cosa veramente significhi ruolo ‘femminile o maschile’ come genitore. Cos’é che caratterizza l’uno o l’altro? Perché ci sono stereotipi a riguardo, ma tra me e il mio moroso non é che vengano rispettati cosí facilmente. Alcuni ci sono (io cucino, lui ha la macchina), ma altri clamorosamente sono invertiti, o non definiti affatto.
    Il comportamento che abbiamo verso nostro figlio é perlopiú dettato dalle nostre rispettive personalitá.

    Volevo chiedere, sia a Marco come genitore omosessuale, sia a chiunque altro: in che cosa consistono questi ruoli? perché? ha senso parlare di ruolo materno e paterno come ruoli aventi caratteristiche precise e fisse?
    No, perché piú ci penso, piú mi sembra che la definizione sia molto fumosa.

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  4. Ecco, quando inizio e cancello e non riesco a scrivere nulla è perchè quello che ho letto mi ha veramente dato tanto. Tanto nel senso di emozioni e allora mi diventa difficile trovare le parole giuste da racchiudere in un commento.

    Io non ricordo quando i miei mi hanno spiegato cos’era l’omossessualità. L’unica cosa che posso dire è che per me i gusti sessuali degli altri non li ho mai sentiti come una discriminante nel mio giudizio sulla persona. E allora penso che i mie siano stai bravi, nel rendere tutto naturale.
    Spero di essere altrettanto brava.

    Grazie per questo bellissimo post.

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  5. concordo con Serena, la societa’ influenza molto il tipo di reazione che un genitore potrebbe avere. Nell’universita’ dove lavoro per esempio (ma non e’ un’eccezione, e’ la regola) il comitato LGBT e’ attivo e presente, ufficiale, e ascoltato ai tavoli decisionali, lo staff e gli studenti che si riconoscono in questa descrizione sono contenti di avere un punto di contatto e di aggregazione, e non solo, anche di aiuto per le questioni e lavorative e di vita. Un nuovo membro dello staff che si presenta e dice questo e’ mio marito non e’ insolito, e non genera commenti. Credo che buona parte del “tonfo” come si diceva sopra, sia legato per un genitore alla prospettiva che i figli soffrano, e se la societa’ limita un po’ questo danno tutti ne sono piu’ sereni e certe situazioni sono accettate come normali (per dire, come si quando in Italia le figlie dicono che vogliono fare le escort… mmm, battuta cinica). Io sono contenta che i miei boys siano nati qui, sinceramente, non so se vorranno restarci ma almeno son partiti con un piede giusto in varie cose (magari con quello sbagliato in altre per carita’ – btw, Marco, ma non e’ vero che tutti i bambini inglesi vanno alle boarding school, io non ne conosco neanche uno, ma chi frequenti ragazzo mio?)

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  6. Grazie per questo post, veramente bello.
    Anche se parlo a livello teorico perché non abbiamo ancora affrontato questi argomenti (mia figlia ha 3 anni e il nascituro è in arrivo), non credo avrei particolari problemi a spiegare loro l’omosessualità.
    Purtroppo concordo con le difficoltà e i danni, come per altre questioni, che possono fare le persone vicine e il sentito dire, in primis parenti e scuola. E’ difficile smontare quei giudizi, ma già per il discorso “cose da femmine e da maschi” siamo piuttosto agguerriti, vediamo cosa sapremo fare in altri ambiti.
    Sulle aspettative verso i figli, francamente con tutta l’incertezza sul futuro che vediamo ora l’orientamento sessuale non è tra le mie priorità: spero che i miei figli siano onesti, sani, che crescano nel rispetto dell’altro senza farsi prevaricare, che riescano a diventare indipendenti, e magari abbiano la prospettiva di una pensione :-)…mi sembra che basti per il momento!

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  7. @Close, io credo che il giudizio sociale dipenda moltissimo da quanto peso gli diamo noi. Io rifiuto di farmi giudicare come persona solo da come sono madre perchè sento di essere anche altro. E quindi faccio e sono anche altro, bilanciando automaticamente anche i giudizi esterni. Che comunque mi pesano poco (parlo del lontano mondo esterno, ovviamente) e quindi non me ne faccio influenzare. Insomma è un circolo vizioso in positivo che però dobbiamo essere noi a innescare.
    Per la tua risposta a Serena, penso intendesse che i nostri istinti sono profondamente radicati nel nostro modo di essere, ma i nostri figli possono essere completamente diversi e quindi ciò che per noi è ovvio e assodato per loro può non esserlo. Abbiamo parlato tante volte del rispetto nei confronti dei bambini, soprattutto verso la loro personalità, e bilanciare razionalmente i nostri comportamenti verso di loro secondo me è un passo fondamentale.

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  8. @ Supermambanana

    Ti ODIO quando mi smonti le teorie così 😀 Però rimango convinta che la maternità sia un metro di giudizio, a livello sociale, più costringente per le donne che non la paternità per gli uomini.

    @ Serena

    Nel senso che una mamma sanissima può _istintivamente_ dare un ceffone al figlio che gli confida di essere gay? 🙂 (o meglio, :()

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  9. Silvia, anche se sicuramente in molta parte è fuori tema (la sessualità è una realtà talmente profonda e perentoria che alla fine diventano irrilevanti moltissime altre considerazioni) volevo anch’io aggiungere qualcosa a proposito delle aspettative. Quando mio figlio attua il suo estenuante boicottaggio nei miei confronti come di molti altri nell’affermazione di una propria identità e a me verrebbe voglia di mollare il campo di battaglia, mi viene la speranza che questa “libertà di pensiero” in erba (proprio quello che hai detto tu) che ora mi mette così alla prova, gli serva per diventare un adulto capace di prendere le sue decisioni e di difenderle. Quindi non posso che essere d’accordo con te su tutta la linea, se questa è la linea. E’ vero anche che tutti i genitori hanno aspettative ed è onesto ammetterlo, hai ragione. Il punto è che spesso siamo imprigionati da tutta una serie di linee di demarcazione che tendenzialmente cerchiamo in tutti i modi di trasmettere: si fa così e così e per arrivare a questi obiettivi occorre fare questo e quest’altro. Ma non è così. Intendo dire che forse il vero capovolgimento è prendere realmente coscienza che la loro strada sarà soltanto loro, che noi saremo delusi dalle loro scelte, spesso non le approveremo, come i nostri genitori non hanno approvato le nostre e ci hanno criticato.Il senso di squalifica per un figlio per non essere quello che i genitori si prefiguravano è un macigno e so che non lo vorrei mettere sulle spalle di nessuno. Vorrei invece provare a dare un contributo propulsivo alla vita dei figli e dunque i conti con le mie eventuali aspettative mancate li farò in separata sede e riguarderanno me, spero tanto che non si giochino sulla realizzazione degli obiettivi che ho scelto io al posto loro, arrabbiandomi perchè non sono stati rispettati. E c’è anche che anche loro avranno delle aspettative su di me e io queste credo di avere il dovere di non demolirle.

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  10. @Chiara “… non possiamo fare affidamento sulle reazioni meramente istintive o sull’improvvisazione” Non sono d’accordo per niente: penso invece che dobbiamo lavorare bene – se ce n’è bisogno, perché magari non ce n’è – a far sì che le nostre reazioni immediate siano sane e non gravate da problemi non risolti. Chi è sano, seguendo il proprio istinto, fa sempre bene.
    Altro fatto: non credo che se un giorno dovessimo scoprire che i nostri figli, o un* nostr* figli*, sia omosessuale saremmo content*. Tutt’altra questione, e fondamentale, star* vicino nel modo migliore e non aggredirl* o tentare di cancellarl* come se la cosa non ci riguardasse…

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    • Io vivo in un paese in cui l’omosessualità è decisamente più accettata che in Italia, anche se come sempre la strada da fare è ancora molta. Mi è capitato più di una volta di vedere due donne baciarsi per strada (meno gli uomini ad essere sinceri), e gli omosessuali possono sposarsi e adottare bambini (non credo possano effettuare inseminazione tramite donatore esterno, ma non ne sono sicurissima). Io credo che quello che si sente dire e che si vede intorno a se faccia la differenza. Un’enorme differenza, tra cosa è giusto e cosa è sbagliato. Il mio grande ad esempio non è abituato a vedere chiese e crocifissi, e quando veniamo in Italia mi riempie di domande in merito, mentre non ha ancora fatto l’associazione che due uomini o due donne che stanno insieme sono strani. Vi dico la verità non so se è perché non gli si è posta la domanda, o se quando si è abituati a vedere qualcosa, le domande semplicemente non vengono perché tutto diventa più normale.

      @Alessandra scrivi “Chi è sano, seguendo il proprio istinto, fa sempre bene.” vorrei che tu avessi ragione, ma temo invece che seguire l’istinto non sia sempre la cosa migliore. Se io avessi seguito l’istinto sarei stata e sarei tuttora una pessima mamma. L’istinto è spesso condizionato pesantemente dal nostro vissuto, dalla cultura nella quale siamo cresciuti, e da cosa ci è stato insegnato sia giusto e sbagliato. L’istinto senza una guida razionale fa fare cose atroci anche a persone apparentemente sanissime.

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  11. E’ difficile lasciare un commento che porti qualcosa in più di quello che ho letto fino ad ora. Quello che mi viene istintivamente nel cuore è il pensiero che ora, questa società, non è “abituata” alla diversità; e come tutte le cose che non si conoscono, la diversità fa paura, e viene schernita ridicolizzandola. Tutto il lavoro di apertura mentale, di amore, di condivisione che possiamo fare con i nostri figli si scontrerà inevitabilente con una parte del mondo “là fuori”; e allora mi sembra altrettanto importante presentare loro la parte buia, quella che non accetta, l’ottusità: credo che solo in questo modo potremmo completare l’educazione e la preparazione che gli diamo. Presentando in modo completo le reazioni che si possono trovare verso l’omosessualità, avremo fatto un buon lavoro. Mettendoci sempre amore.

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  12. Sono d’ accordo con Silvia: chi non ha delle “minime” aspettative sul proprio figlio? Anche solo che sia una persona onesta, libera, ecc ecc
    Però secondo me qui non è questione di aspettative. Mi sto facendo delle domande…ma non perchè mi aspetto che mio figlio si sposi con una biondina dal nasino all’ insù e mi “regali” 3 nipotini bravi, belli e gentili. Non scherziamo.
    Il fatto è che ora è facile dire che se mio figlio dovesse dichiararmi la sua omosessualità lo accoglierei con un abbraccio e sarei felicissima…ma quando/se sarà il momento reagirò cosí? Magari avessi già questa certezza! E quella di avere per lui le parole e i gesti giusti. Ma chi lo sa. Come dice Chiara non ci si può affidare all’ istinto perchè si rischia di fare davvero molto male ai ns figli.
    Dobbiamo affiancare nella sua corsa il mondo in cui viviamo e andare al suo stesso passo.
    E cmq, nonostante questo, nonostante, in modo naturale, si accetti senza problemi l’ evoluzione del modo di vivere la sessualitá, credo di tonfi dentro di noi ce ne saranno tanti.
    Ora non me ne può fregare di meno di quello che dicono gli altri. Ho tremila amici omosessuali (nel mio ambiente di lavoro forse sono anche in prevalenza rispetto agli etero), ho l’ esempio di amici più grandi di me che hanno una figlia lesbica…ma. Ma spero di affondare qualsiasi tonfo dovessi sentire in futuro.
    E spero che si continuino a diffondere esperienze straordinarie come quella di Marco, che insegnano a lottare DAVVERO per ciò che si desidera. E che a me, come madre, hanno regalato tanto.
    Ciaoooo Paola

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  13. Con mia figlia ho sdoganato molto presto tanti argomenti spinosi.Quello anche dell’omosessualità anche, perchè sentì me e suo padre commentare inorriditi la notizia di due gay picchiati selvaggiamente perchè si scambiavano tenerezze in pubblico. E siccome è curiosa come una scimmia, mi ha subito chiesto il motivo della violenza. Allora le ho spiegato che, per la maggior parte delle volte , agli uomini piacciono le donne e viceversa, ma può anche succedere che a un uomo piaccia un altro uomo e a una donna un’altra donna. L’importante è che ci sia amore o almeno una certa dose di allegria e rispetto reciproco. Lei questo l’ha capito così bene che nei mesi successivi dichiarava di volersi sposare, a turno, solo con le sue compagne di classe di sesso femminile. Ricordo anche di aver pensato, ipocritamente, che forse avevo un tantino esagerato;)

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    • Marzia, se il tuo non diventa serial killer e il mio non diventa un terrorista anarchico insurrezionalista, dovremmo vederci tra una ventina d’anni per brindare alle aspettative non disattese!

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  14. Credo che lo spunto più importante sia sempre il solito: dobbiamo pensare bene a come la pensiamo, non possiamo fare affidamento sulle reazioni meramente istintive o sull’improvvisazione. Si rischiano scivoloni incresciosi. La vita di un omosessuale in Italia, maschio o femmina, è certamente una vita difficile. Ma non tanto e non solo per “come la pensano gli altri”. Più sottilmente, forse, per come ciascuno di noi la pensa su se stesso. Io non credo che avrò difficoltà particolari a raccontare l’omosessualità a Meryem. Ma su questo punto suo padre certamente ha maggiori remore, perché viene da una società in cui lo stigma è ancora maggiore e dunque no, non la si dichiara la propria omosessualità. Si rischia troppo. Perché, ricordiamocelo, ci sono ancora Paesi in cui l’omosessualità è un reato penale (non la Turchia, ma altri sì). Cammina in fretta questo mondo, per fortuna. Ma noi genitori dobbiamo stare attenti a non perdere il passo.

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  15. Sai Silvia, in effetti io di immagini ideali di mio figlio ne avevo, come tutti. Di tuffi al cuore ne ho vissuti centinaia, perché davvero io e lui siamo così diversi. Forse ho dovuto vivere il distacco ancora prima dell’unione e questo mi rende fiduciosa nel poter accettare tutto quello che per lui sia serenità e voglia di vivere. A 5 anni pensava che vivere fosse inutile, quindi con tutta onesta’ se a 30 avrà trovato qualsiasi ragione per essere felice (senza diventare un serial killer!) io avrò realizzato ogni possibile aspettativa. Comunque e’ un utile riflessione, ci penserò ancora.

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