Papà, che vuol dire omosessuale?

Quali sono le parole giuste per spiegare l’omosessualità ai bambini e poi ai ragazzi? Ne parliamo con Marco The Queen Father, l’autore di un blog i cui contenuti sono così ben bilanciati, tra ironia e profondità, da far quasi passare in secondo piano la qualità della sua scrittura. Marco racconta la sua storia quotidiana di padre omosessuale, che ha “osato” desiderare un matrimonio e la paternità.
Parlare con ironia della sua famiglia omogenitoriale, è il suo modo di combattere una battaglia per l’informazione, che poi è la chiave del rispetto.

– Come si spiega l’omosessualità ai bambini? Nel momento in cui possono nascere le prime domande, anche in una famiglia eterosessuale, quale pensi sia la chiave per parlarne con naturalezza?
E poi quali sono le parole giuste per parlarne agli adolescenti, nel momento in cui, magari spinti dal “branco”, dovessero mostrare atteggiamenti omofobi?

Mamma… Un domandone! Come esporre l’omosessualità e combattere l’omofobia in famiglia…. Come genitori capirete che i bambini non affrontano nessun argomento, neanche quelli più ‘delicati’ con malizia. Quella è una cosa che imparano da noi.
La naturalezza nell’affrontare un argomento nasce dal sentirsi a proprio agio con certi temi, non è una cosa che si può fingere così su due piedi. Per questo c’è da fare un po’ di lavoro a monte per ‘preparare’ i piccoli ad abbracciare la varietà del sociale senza pregiudizi né preconcetti. E non necessariamente solo nell’ambito di tematiche inerenti alla sessualità.

L’atteggiamento della famiglia nei confronti di tematiche sociali come l’omosessualità influisce terribilmente sulla percezione che il piccolo ha di queste.
Per esempio, io sono cresciuto in una società dove la massima offesa per un maschietto era quello di sentirsi chiamare ‘femminuccia’ e questa era una cosa condivisa da tutti. Anche dai miei genitori, che si incavolavano con me ogniqualvolta un amichetto mi prendeva in giro.
“Cretino! Perchè ti fai dare della femminuccia?”
E io non capivo cosa ci fosse di così degradante nelle femminucce, o in un maschietto che preferiva le Barbie al pallone da calcio… Capivo solo che me ne dovevo vergognare anche di fronte ai miei.

Ma la lezione era quella: datemi del pidocchioso, del poveraccio, dello straccione, ma della femminuccia proprio no.
Il problema inizia così.
Inizi a pensare che mostrare caratteristiche comportamentali legate all’altro sesso sia qualcosa di cui provar vergogna, ed ancora non sei neanche ‘sessuale’, nel senso, non hai ancora sviluppato la tua sessualità, qualunque essa sia. Insomma, sai già che devi attenerti a degli schemi precisi a rischio di essere buttato fuori dal branco o dalla famiglia.

Una volta poi che gli ormoni iniziano ad andare sulle macchinette a scontro che hai nel cervello, arrivano i veri guai, perchè devi iniziare a fare i conti con delle vere e proprie pulsioni verso l’altro sesso.
Se poi queste pulsioni sono invece rivolte verso il tuo stesso sesso ecco che subentra quel senso di ‘errore/orrore’ che abbiamo imparato già quando ancora le ragazze ci facevano schifo perchè preferivamo andare in bicicletta tutto il giorno.

Uno degli errori che facciamo come genitori è quello di far credere ai piccoli, che la loro sessualità ed identità maschile o femminile sia un bene primario suscettibile di ‘contaminazione’ o ‘devianza’. Insomma, gli insegnamo prestissimo a farsi le paranoie quando invece un atteggiamento paritario nei confronti di ambo i sessi sarebbe più utile ad ‘elasticizzare’ le giovani menti nella loro percezione dell’omosessualità, perchè la bambina-maschiaccio è simpatica a tutti, il bambino effeminato invece mette tutti in imbarazzo.
Anche i genitori.

Nell’esibizione di caratteristiche comportamentali appartenenti all’altro sesso, come nell’interesse sentimentale/erotico verso un altro uomo, noi maschi commettiamo il massimo tradimento verso il nostro clan: assumiamo i connotati del sesso opposto, quindi contaminando la nostra sessualità “predominante” vissuta come bene primario.
E non lo dico io, lo dicono dotti psicologi e psichiatri.
Avete mai ragionato sul fatto che tanti uomini etero non hanno grossi problemi con le lesbiche (a parte il senso di ‘spreco di figa’ per metterla sul quel tono là…), ma assumono atteggiamenti castigatori e derisori se si tratta invece di un omosessuale maschio, mentre le donne sono tendenzialmente più tolleranti nei confronti di ambo le categorie?
Come se fosse più grave per un uomo essere gay che per una donna… Come se l’omosessualità fosse prima di tutto sentita come una minaccia all’identità sessaule maschile.
C’è questa formazione di base che va smossa.

L’omosessualità non deve essere trattata come una disgrazia, una perversione, come qualcosa da discutere sottobanco a mezza bocca e di cui vergognarsi.
Le battutacce da caserma sui gay (chiamateli poi come volete… A casa mia si chiamavano ‘froci’, ‘ricchioni’ e ‘zozzoni’… Un termine positivo non sapevo neanche che esistesse…) evitatele. Evitate di ridicolizzare l’omosessualità, anche senza malizia.
Se volete educare i vostri figli e trasmettere loro l’idea che qualcosa sia serio e meritevole di rispetto, dovete iniziare voi.

[quote]Quindi questa è una chiave verso la naturalezza: incorporare parole come ‘omosessualità’ nel lessico famigliare e cercare di salvare il termine dalle grinfie della perversione e del taboo.
Omosessualità non è una parolaccia.
È una variante del comportamento di alcuni individui. Come il colore della pelle, o il livello di intelligenza.
Adesso non vorremmo mica prendere uno a sassate perchè è meno intelligente di noi? O ha la pelle di un colore diverso? O è omosessuale? Capisco la reticenza dei genitori di usare parole contenenti ‘sesso’ con i piccoli. Ma allora usate ‘gay’ no? È pure più carino…

Il 90% di quello che esce dalla bocca dei piccoli è il riciclaggio delle parolone di mamma e papà. Solitamente, famiglie con un atteggiamento liberale nei confronti di sesso e sessualità (specialmente nel nord Europa) crescono figli altamente tolleranti ed a proprio agio con certe tematiche e con la propria sessualità (senza poi menzionare i bassissimi livelli di gravidanze under-18 e di violenze sessuali di cui le società più ‘bacchettone’ sono piene…).

Stavo leggendo un interessantissimo articolo sulla primissima infanzia che mostrava come il nostro atteggiamento di genitori varia nei confronti dei nostri piccoli a secondo del loro sesso. Che sembra la scoperta dell’acqua calda, ma è invece un po’ più sottile la cosa…
In genere i maschietti vengono ‘maneggiati’ con meno delicatezza delle femminucce, specialmente dai papà, i giochi sono più fisici e ‘violenti’ ed il tono di voce con cui parliamo loro fin da neonati è più forte.
Se il maschietto casca e si fa male al ginocchio cerchiamo di minimizzare l’accaduto e gli diciamo di smettere di piangere, di ‘essere grande’ o di comportarsi da ‘ometto’.
Così i maschietti imparano che mostrare i propri sentimenti e le proprie paure è un segno di debolezza. Di conseguenza, crescendo, se si imbattono in un maschietto ‘diverso’ (uno che piange quando cade, piange quando lo prendono in giro, piange quando lo spingono per terra e gliele danno di santa ragione…), lo interpretano subito come un ‘debole’, una ‘femminuccia’.
Il passo per arrivare a chiamarlo ‘frocetto’ è breve perchè il più è stato fatto.

Non sei meno maschio se vuoi piangere o giocare con le pentoline invece che con le pistole, non sei meno femmina se vuoi fare le buche con la ruspa invece che pettinare la coda al Mini Pony.
Ci sono maschi che giocano a pallone e maschi che giocano con la Barbie. Ci sono femmine che giocano a ‘signora mia’ e femmine che giocano a ‘camionisti’.
E così ci sono maschi che sposano i maschi e maschi che sposano le femmine. Ed è tutto qui.
Sono comunque maschi e femmine.
Senza dimenticare che dietro all’omosessualità c’è comunque il sentimento, l’amore, ma quello non si spiega, si dà.
Riceverlo con costanza è generalmente l’insegnamento più valido per ogni bambino e lo spaventapasseri più efficace contro atteggiamenti ostili di ogni tipo.

– Hai raccontato nel tuo blog il momento in cui hai preso coscienza della tua omosessualità. Quali sono le parole per parlare a un adolescente della sua omosessualità, se la si riconosce? Un genitore come può accogliere un figlio omosessuale e comunicare la sua disponibilità a parlarne e ad accettarlo? Nella tua esperienza quali sono state le parole dei tuoi genitori o quelle che avresti voluto sentirti dire?

Per esperienza vi dico che la cosa migliore è aspettare che lui si faccia avanti. C’è comunque tutto un lavoro di ‘preparazione del terreno’ per così dire che i genitori devono fare per rendere questo passo più facile per il figlio.
Intanto smettetela di fare domande sceme ed imbarazzanti tipo “Ce l’hai la ragazza?” ed aiutatelo a evitarne da parenti ed amici. Io odiavo quando mi paragonavano ai galletti del quartiere, sempre a spomiciazzare con qualche ragazza e mi facevano sentire ‘diverso’ perchè non ingaggiavo in quel tipo di condotta.

Passate commenti positivi su quel tipo gay che conoscete o su quell’attore gay che ammirate.
Interessatevi alle cose che interessano a vostro figlio, che sia la moda, il ballo, il pallone o quell’amico del cuore con cui litiga sempre, sforzatevi di fare parte della sua vita pur rispettando la sua privacy e condividete il più possibile.
Io ero l’unico che si mise a studiare moda e costume dopo una lunghissima sequenza di cugini tutti muratori o elettricisti o poliziotti.
Questa cosa è sempre stata un po’ lo scherzo tra parenti.
“Ma non sai che gli stilisti son tutti froci? Perchè vuoi essere stilista?” e giù sorrisini.
Bastardi.
Se volete che lui vi parli di sé, dovete rassicurarlo che una volta fatto il ‘coming out’ voi sarete sempre lì, tanto quanto prima, ad amarlo e supportarlo.
Non è astrofisica.
Ma non arrogatevi mai il diritto di fare domande o di fare insinuazioni. Scoprire ed ammettere di fronte a se stessi di essere gay è una delle cose più difficili e sconvolgenti nella vita di un adolescente (specialmente se cresciuto con tutti i ‘dogmi sociali’ esposti sopra…), date a vostro figlio il lusso della libertà di scegliere quando dirvelo e la sicurezza del vostro appoggio.
Il mio coming out è stato un po’ una tragedia. Lo dissi prima a mia madre e lei la prese malissimo.
Si rimproverava di avermi coccolato troppo da piccolo.
“Si vede che me lo merito! Dovevo essere più dura…” e giù a piangere lacrimoni. (vedete però come si ricollega al discorso che facevo prima?)
Andava fuori di cervello pensando a cosa dire alla gente che le chiedeva puntualmente di me. E io che urlavo “Ma che cazzo di problemi ti fai? Vogliono solo sapere se sto bene, non cosa faccio a letto!”.
Ero diventato una vergogna da tener nascosta.
Ero furioso e ricordo di averle detto di non parlarmi finchè non avesse digerito la cosa.
“Mi rifiuto di essere trattato come un delinquente da mia madre! Sai quanto ci ho messo io a digerirla ‘sta cosa? Adesso fai tu la tua parte…”
Quelle parole ancora mi fanno male.
Io ero già a Londra, vivevo da solo ed avevo conquistato una certa indipendenza emotiva dai miei genitori. Dir loro della mia omosessualità era un rischio che mi sentivo di poter correre.
Lei mi implorò di non dir nulla a mio padre “Non capirebbe!” (perchè lei, volpe, invece la aveva presa bene…).
Anni dopo, esce fuori che papà lo aveva sempre saputo e che non è mai stato un problema, ma voleva fossi io a dirglielo.
Addirittura abbracciò il mio Steven dicendogli “Per me sei come un figlio!”. Parole che mai mi sarei aspettato da mio padre, burbero, serio, tutto di un pezzo e anche abbastanza incazzoso.
Questo mi fa ancora piangere di commozione.
Eh sì, sono ancora una femminuccia. Che ci volete fare.
Ne vado fiero.
[quote1]Se pensate che vostro figlio sia gay, aspettate che sia lui a mettersi a nudo, a nessuno piace sentirsi strappare la corazza di dosso, specialmente quando la si è indossata per anni.
Ricordatevi anche che non avrete mai la possibilità di rimangiarvi le parole che gli direte, quindi fate attenzione a come le scegliete.
Se poi volete davvero un consiglio, non dite nulla, abbracciatelo stretto e basta, cucinategli il suo piatto preferito, festeggiate.

Quello è il gesto che dice più di tutto “Per me sei sempre il mio bambino ed io ti amo!”.

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72 thoughts on “Papà, che vuol dire omosessuale?”

  1. Ecco, Marzia, io non ci penso neppure di ritirare mio figlio dal corso di pallavolo dove sono SOLO femmine, perchè a lui la pallavolo piace da matti. E non ci ha pensato per un minuto neanche suo padre, quando ha saputo che erano tutte bambine (peraltro alcune schiacciano come fabbri, ma questa è un’altra storia). Io non ci penso neppure a distrarre mio figlio dai suoi giochi di pentoline anche ora che ha quasi 8 anni, anzi, dato che gli va tanto di cucinare, lo invito a cucinare sul serio, non per finta.
    Semplicemente non penso che questo tipo di attività influirà in alcun modo sulla sua sessualità. Mi stupisco proprio che si possano associare cose di questo genere alla sessualità.
    In realtà dire che non si hanno aspettative sui figli, non mi sembra onesto. Io mi aspetto, in realtà, solo che cresca come uomo libero, prima di tutto libero nel pensiero. Questa è già un’aspettativa. E me ne guarderò bene dal piangere al suo matrimonio, con chiunque voglia sposarsi e anche se non vorrà sposarsi affatto.
    Non piangerò quando mi dirà che se ne va di casa e spero che accada prima possibile, perchè vorrà dire che ne ho fatto un uomo indipendente e curioso.
    Ma per molte notizie, scelte, pensieri che vorrà comunicarmi, ci sarà qualche tonfo interno: credo sia naturale. Perchè ogni volta ti accorgi che tuo figlio è una persona che cresce e che si stacca da te, molecola dopo molecola.

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  2. E’ proprio una bella conversazione, certamente portata avanti da tante persone che si sono per lo meno poste tra gli obiettivi educativi anche una certa neutralità verso le distinzioni di genere. Io lavoro insieme a moltissimi gay, si parla di compagni/e senza alcuna differenza, i problemi di convivenza alla fine sono uguali per tutti! Sul fronte figlio non mi sono ancora dovuta esprimere, dell’argomento sesso (dalla nascita dei bambini a qualsiasi altro aspetto) non è ancora per nulla interessato. Aspetterò.
    Ma sul fronte “differenze” stiamo alla grande. E come potrebbe essere altrimenti quando partorisci un alieno? Lui ha una specie di radar nel trovarsi compagni tra i bambini un pò meno nella media: stranieri, adottati, timidissimi … insomma alla fine ha accettato se stesso con le sue particolarità e accetta quindi di buon grado quelle altrui.
    Io ci ho messo quasi 7 anni a rassegnarmi ma ora direi di sentirmi pienamente allenata, credo potrei accettare qualsiasi confessione in cambio della sua serenità, l’unico vero obiettivo del mio percorso materno, l’unica vera aspettativa che ho sul suo futuro.
    Però mi pare che la strada sia lunga, che a fronte di una apparente accettazione ci siano ancora tanti punti oscuri nella normale quotidianità. Ad es. il suo migliore amico è stato ritirato dal corso di pianoforte perchè “erano tutte bambine” (questa frase l’ho sentita dire io alla madre). Allora ho chiesto se era stato il suo compagno a chiedere di cambiare attività ma la risposta è stata “no, anzi è dispiaciuto” … Una grande occasione per ribadire la stupidità di distinzione tra attività per maschi e per femmine. Alex come al solito se l’è cavata con un “lo so già, mamma”. Devono essere i parenti alieni …

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  3. Marco grazie a te, perché ti racconti sempre con intelligenza, onestà ed ironia e io, ormai lo sanno pure i muri, ti stimo e ti amo per questo ^___^

    Detto ciò io giocavo con le macchinette di mio fratello, mi piaceva da matti fare i parcheggi, ho sempre avuto un ottimo rapporto con il mio lato “maschile”, chiamiamolo così, non l’ho mai represso, alla fine l’ho integrato e all’asilo avevo una fidanzatina con cui sognavo il giorno delle nozze. Quando, da adolescente, facevo domande dirette a mia madre, del tipo cosa faresti se scoprissi che io sono lesbica o che tuo figlio è gay? Lei mi guardava, rideva e poi rispondeva:
    – Ti girerei la domanda chiedendo io a te: sei felice? Questo per me conta. –

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  4. @mammame:ecco, la tua frase “dovremmo essere più capaci di accantonare le nostre aspettative sui figli (anche comprensibili, magari, dato l’impegno che ci si mette) in favore di un atteggiamento che riconosca loro uno spazio e un tempo diversi dai nostri” andrebbe stampata e appiccicata sul frigorifero, sul pc, sullo specchio del bagno, ovunque. Per ricordare ai genitori, me per prima, che i figli si mettono al mondo, non si clonano. E se crescendo non rispecchiano le nostre aspettative, bisogna sforzarsi di accettarlo. Questo è il più immenso dono d’amore che si possa fare a un figlio/a. L’unico, il più importante, il più difficile.

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  5. Prima di tutto un ENORME grazie per tutti i vostri commenti! La conversazione tra adulti è una delle cose che mi manca di più al momento (però conosco tutti gli episodi di Peppa Pig a memoria! Interrogatemi!).
    Volevo fare una precisazione.
    Quando definisco l’omosessualità come una “variante del comportamento”, non sostengo che sia il risultato di influenze esterne alla persona, ma che sia una ‘condizione innata dell’individuo’, quindi non trasmissibile, non trasmessa e non ‘imparata’ direttamente o meno da qualcun altro.
    Ogni tipo di sessualità è innata all’individuo. Vuoi per una pezzo di DNA rosa shocking o qualche altro aspetto genetico che sfugge alla stupida voglia di definizione di quanti ci speculano sopra, fatto sta che non si diventa gay e non si diventa etero.
    Forse ci si nasce.
    Non lo so.
    Io sto solo offrendo una panoramica sulle possibili cause dell’atteggiamento di disagio nei confronti dell’omosessualità, più marcato negli uomini che nelle donne, e sul fatto che alcune di queste iniziano a nostra insaputa proprio tra le pareti domestiche.

    Grazie ancora!

    Marco

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  6. Mi ha colpito molto in questo racconto e in quello, molto bello, della dichiarazione d’amore a c questa attesa di parole. o di silenzi. di parole giuste. o di silenzi giusti. Non saprei dire quale sarebbe la mia reazione di fronte ad un figlio/a che mi dice questa cosa di sé, è ancora troppo presto, non riesco a vedere ancora questa concreta prospettiva. Quello di cui sono sicura è che non voglio per nessun motivo essere il primo ostacolo da superare, la prima pietra di delusione, il suo primo strappo. E in questo la nostra responsabilità di genitori è grande quando si cammina su territori così delicati e intimi. Forse bisogna essere nelle situazioni prima di poter dare una valutazione e ammiro l’onestà di chi dice “a me non starebbe bene, io non ce la farei” , quindi lo dico prima di tutto a me stessa : dovremmo essere più capaci di accantonare le nostre aspettative sui figli (anche comprensibili, magari, dato l’impegno che ci si mette) in favore di un atteggiamento che riconosca loro uno spazio e un tempo diversi dai nostri. Questo week end tra le altre cose, ho detto al papà loro: “se mai un giorno dovessi dire ai nostri figli la frase “con tutto quello che ho fatto per te…”, ti prego, abbattimi!”

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  7. Ho scoperto il blog di Marco la scorsa estate, e me ne sono follemente innamorata. Questo non perchè sia un gay sposato con un figlio, merce praticamente introvabile qui in Italia, no.
    Non mi interessa tanto il Marco “personaggio”, passatemi il termine, anche se non nego che nutro una sana curiosità per il mondo che racconta nel suo blog, anche e sopratutto perchè vive a Londra, città che mi affascina da sempre.
    La cosa che mi piace di più di Marco, oltre ad aver trovato il coraggio di fare scelte mai semplici nella sua vita, è il suo splendido modo di scrivere, la sua ironia: merce altrettanto rara in Italia e in qualsiasi altro punto del pianeta. Uno stile che non poteva che incantare una come me che come prima cosa è un’accanita lettrice e poi, proprio a voler essere di manica larga, eventualmente una scrittrice.
    Mio figlio ha sette anni e un giorno ha visto in TV due uomini che si baciavano. Ovviamente ne è rimasto incuriosito, e mi ha chiesto spiegazioni. Io gli ho detto semplicemente che esistono coppie composte da un uomo e una donna, come me e suo padre, e coppie che si amano anche se hanno lo stesso sesso.
    ” Ah, sì? E com’è che non me l’hai mai detto prima?”
    ” Perchè tu non me l’hai mai chiesto, quindi te lo dico ora ”
    ” Mi sembra giusto.. già”
    ” Già…”
    ” Ok, mamma. E come si chiamano queste persone?”
    ” Beh, intando direi che si chiamamo persone e basta. Ma ci sono comunque alcuni modi per definirli, il più corretto è “gay” ”
    ” Gay vuol dire gaio in inglese, vero?”
    ” Sì, vuol dire gaio, felice ”
    ” Allora queste persone sono felici mamma? ”
    ” Non più nè meno di quanto non siano felici le altre persone. La felicità a volte amore mio è anche una questione di fortuna. E in certi casi di buona volontà… ”
    ” Ok, mamma. Allora sono persone normali con noi due?”
    ” Tesoro, ti risulta per caso che io e te siamo normali?”
    ” Nooooooo… per niente….. (risatina)”

    Ecco, questo è il modo in cui spiego le cose a mio figlio. Un sistema forse opinabile. Ma io quando parlo con lui ci metto sempre un briciolo d’ironia, viva Dio ora è in grado di capire le battute di spirito, e gli spiego le cose in modo tranquillo, chiaro e il più possibile naturale. Mantenendo questo atteggiamento, vedo che anche lui prende le cose con estrema naturalezza su questa e su mille altre questioni. Il punto è che cerco di insegnarli che il mondo è fatto di persone,principalmente, che hanno gusti e comportamenti diversi ed è naturale e fisiologico che sia così.
    Poi gli spiego anche che la società condanna determinati atteggiamenti, ma che tutto ciò è profondamente ingiusto. Sarebbe come giudicare strano lui, che a differenza del 90% dei bambini terresti detesta i dolci e si ingozza di verdure, pure le più schifose.
    Come mi comporterei se scoprissi, un domani, che mio figlio è gay? Non benissimo, lo confesso. Ma non perché mi sconvolgerebbe sapere che fa sesso con un altro uomo, ma perchè so che dovrebbe scontrarsi con un mondo che si professa aperto e liberale, mentre in realtà per certi versi è ancora fermo al Medioevo.
    Non mi vergognerei di lui, non potrei mai vergognarmi dell’uomo che amo di più al mondo, ma soffrirei sotto sotto perché non potrei proteggerlo all’infinito. Noi madri abbiamo in generale la tendenza a voler proteggere i nostri figli, anche quelle che come me sono sì molto materne, ma non soffocanti. E’ impossibile tenere i nostri figli al riparo dalla cattiveria degli altri, e questo indipendentemente dal fatto che siano gay oppure laziali (perdonate la battutaccia da avanspettacolo, ma per quel poco che conosco di Marco so che a lui questa battuta piacerà da matti. Augurandomi che sia romanista come me, e non laziale).
    Nel frattempo io faccio giocare mio figlio con le bambole, tranquillamente. E lega moltissimo con le bambine, non ho ancora capito se perchè è uno sciupafemmine incallito oppure se c’è dell’altro sotto.
    Quando una volta mi ha chiesto se per caso sarebbe diventato gay perché qualche volta ama fare giochi da femmina, gli ho risposto: non è una bambola in più o una in meno che deciderà della tua vita, tesoro.
    Sicuramente non ha capito granché della mia risposta, ma sono certa che in futuro capirà.

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  8. Se mio figlio o mia figlia fosse gay, che cosa farei? Secondo me dipende molto da qual è la rappresentazione che fai dentro di te del futuro dei tuoi figli. Io penso che quel “tonfo” di cui parla Silvia lo sentirei se mia figlia si adattasse a fare la mantenuta o se mio figlio rinunciasse a far fruttare i suoi talenti. Nelle mie fantasie sul futuro dei miei figli, le loro preferenze sessuali sono assolutamente indifferenti.
    Del resto, nelle famiglie mia e di mio marito, c’è qualche cugino che potrebbe esserlo. Ma la grande chiacchiera è: perché si fa tutti questi problemi? Crede che ce ne fregherebbe qualcosa? Al momento, in particolare, c’è un cugino le cui reticenze possono essere spiegate solo in due modi: o è un pirla o è gay. Io per mio figlio preferirei la seconda, di gran lunga.

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  9. silvia, aspetta, secondo me è questione di percezione!
    io conosco diverse lesbiche dichiarate (anche una coppia con figli) e anche tante ragazze etero che non si vergognano affatto a dire che sono state anche con donne. Mentre non conosco nessun maschio etero che ammetta di essere stato anche con uomini.
    secondo me è una generalizzazione dire “gay fa figo, lesbica no”. Al limite si può dire che il lesbismo ha meno visibilità mediatica, visto che per la tv italiana le donne sono un giocattolo ad uso e consumo dei maschi. Mentre il gay figo, non è che abbia sempre vita facile al di fuori dello studio televisivo.

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  10. Scusate, sarò stupida ma non capisco. Silvia, scrivi: “Ma un momento di tonfo dentro non lo mettete in conto? No, perchè accettare che un figlio non è come ce lo eravamo immaginato, non è mai semplice”. .
    Paola, scrivi: “Se mio figlio mi dicesse che è gay, reagirei così bene come mi propongo ora di fare? Continuerò a pensare romanticamente che la cosa più importante è dare e ricevere amore, uomo o donna non ha nessuna importanza? Che ciò che conta sono lui e i suoi sentimenti? O mi prenderà male e mi farò delle seghe mentali pensando agli altri? Mi metterò al loro livello?”
    Ma scusa, Silvia perchè tu tuo figlio come te lo immagini? Vedi il giorno in cui piangerai in chiesa al suo matrimonio o terrai in braccio tuo nipote per il battesimo? E pensi sia davvero questa la cosa più importante da augurarti per lui? (tono scherzosamente provocatorio, ndr)
    A me sembra che il più grosso preconcetto sull’omosessualità sia proprio qualcosa di ovvio e non detto che tutti capiscono al volo (ti prendo solo ad esempio, Paola, permettimi) ma che se poi vai a scavare non si sa bene cosa sia. Arrivi al punto che la preoccupazione principale è “cosa pensano gli altri”, cioè un cane che si mangia la coda…
    Ma a me come madre ma che mi frega di cosa pensano gli altri??? Me ne frego su me stessa figuriamoci per la felicità di mia figlia! Non mi cambia niente, sarà sempre e comunque la mia bambina, le vorrò sempre bene “più di tutto mondo” e farò del mio meglio per aiutarla se avrà difficoltà di qualunque tipo! E ovviamente strangolerò chiunque le faccia del male, uomo, donna, buddista o punkabbestia che sia…

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  11. Non sono d’accordo con Marco solo per quello che dice sull’omosessualità femminile. Mi sembra tutt’altro che più accettata, anzi, mi sembra ancora una situazione ghettizzata, rispetto a una omosessualità maschile che ha trovato una sua immagine positiva (il gay figo, col lavoro di prestigio, intelligente, brillante è sempre uomo!).
    Come diceva mammasterdam, conosco solo uomini omosessuali che ne parlano esplicitamente (che hanno fatto coming out), mentre conosco donne omosessuali che semplicemente lasciano intendere, anche con gli amici, senza esprimersi chiaramente. Quindi vuol dire che qualcosa non va, che non se la sentono, che avvertono che l’aria su questo tema è pesante. Nell’immaginario collettivo (italiano?) la lesbica con una tranquilla vita di coppia, madre, ancora non esiste. Puoi accettare di non riconoscere a prima vista un omosessuale uomo, perchè ormai è accettato che sia “uno normale”, mentre ti aspetti di renderti subito conto che una donna è lesbica.
    Per questo credo che abbiamo la responsabilità di genitori di far fare ai nostri figli quel tratto di strada che ancora manca, a noi come generazione, per considerare l’omosessualità come un fatto neutro.

    Le domande che si pone Paola sono più che condivisibili: noi etero siamo tutti pieni di amici e amiche omosessuali e per questo pensiamo che accetteremo di buon grado di sapere, un giorno, che nostro figlio o figlia è gay. Ma è vero?
    Noi che siamo laureati, come la prenderemmo se nostro figlio ci dicesse che non intende affatto proseguire gli studi? Noi che siamo cattolici, come la prenderemmo se nostro figlio ci comunicasse che si vuole convertire all’islam, magari perchè sposerà una donna musulmana?
    Sono certa che sapremmo dire le parole giuste e che poi lo abbracceremmo e cucineremmo il suo piatto preferito, come dice Marco. Ma un momento di tonfo dentro non lo mettete in conto?
    No, perchè accettare che un figlio non è come ce lo eravamo immaginato, non è mai semplice, quasi come renderci conto che non siamo noi come pensavamo di essere.

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  12. Grazie, Marco, bellissima intervista.
    Ricordo ancora il giorno, avrò avuto 9 o 10 anni, in cui vidi il gattone di campagna (si chiamava Nerone, non so se rendo) tentare di accoppiarsi con il gattino di 6 mesi a cui avevo dato il biberon. Fu uno shock, lo ammetto, ma quel giorno ho imparato che l’omosessualità esiste anche in natura e ho smesso di considerarla una “devianza” come l’avevo sempre sentita definire. Adesso non la considero neanche una “diversità”, ma semplicemente uno dei tanti modi di essere che le persone possono trovarsi a vivere (perchè NON è una scelta!), un pò come il metro e cinquanta di mia cugina o il mio 41 di piede. Continuo a non capire tutto questo grosso impatto sociale che avrebbe, io sinceramente non lo vedo proprio. Comunque, non è questo l’argomento del post, temo.
    Per quanto riguarda quello che spero di riuscire a trasmettere a mia figlia e a come farlo, beh, non vorrei aspettare che sia lei a farle domande ma vorrei proprio come dire, creare un’atmosfera, un substrato di percezione sul quale lei inevitabilmente poi porrà domande, ma che viva la questione con la naturalezza che la questione merita. Anche perchè dovesse lei poi scoprirsi lesbica, spero che si senta in diritto di vivere con la serenità e la felicità che spetta a tutti. E ovviamente spero che si senta tranquilla a parlarne con me, ma questo vale per tutto 🙂
    E’ mio grosso rammarico non conoscere quasi nessuna persona omosessuale e non frequentarne abitualmente, credo che una abituale frequentazione sarebbe di grosso aiuto nel creare l’atmosfera di assoluta accettazione e accoglienza che sento dentro.
    Se poi dovessero sorgere domande prima dell’adolescenza, credo le spiegherei che ognuno ha i suoi gusti, alcuni sono più comuni (papà è attratto dalle donne con un bel seno) altri più buffi (mamma ha un’attrazione quasi irresistibile per i mancini) e così via. Non temo questo momento, forse perchè so che le dirò esattamente quello che penso e quindi dovrebbe riuscirmi facile…
    Grazie Marco per aver sottolineato la differenza di accettazione sociale fra gay e lesbiche, e la diversa percezione dell’omosessualità fra uomini e donne. Una cosa che ho notato è che la difficoltà da parte dei maschi di accettare gli uomini omosessuali è legata a una paura “che ci provino con loro”. Questo mi dà molto fastidio, in primo luogo perchè sottintende una forma di insistenza o addirittura di prepotenza o violenza che non ha nessun motivo di essere sottintesa, e poi perchè noi donne cresciamo con la gente che ci allunga le mani addosso sugli autobus o ci fischia dietro per strada e quindi, nel caso, benvenuti nel clan. Credo possa pesare la paura di passare da “predatore” a “preda”, ma anche in questo caso mi sembra un atteggiamento piuttosto… come dire… idiota?

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  13. Trovo questo articolo emozionante ma anche illuminante,
    come in ogni aspetto della educazione dei bambini credo che l’esempio dei genitori faccia più di ogni altra parola o indicazione.
    Se poi dovessero arrivare delle domande credo che sottolineare la naturalezza sia la chiave giusta.
    Ma confesso che a volte anche io sono caduta nella trappola della scelta dei giochi per “genere” e mi sono ritrovata a cercare di dissuadere papolagrande dicendo “questo gioco è da maschietto”, poi le macchinine le ho comprate lo stesso ma è il giudizio di fondo che probabilmente ho sbagliato a trasmettere. Adesso mi chiedo, quel giorno nel negozio se avessi avuto un figlio maschio e mi avesse chiesto le pentoline gliele avrei comprate lo stesso così come ho fatto con le macchinine? Non lo so, forse quel giorno probabilmente no, adesso ho capito una cosa in più e probabilmente le comprerei. Grazie Marco.

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  14. ma dai che c’entra, Gandhi e’ chiamato padre da tutti (un altro mito sui padri e le madri?), ma e’ ben diverso dallo “scrivere di” essere padri

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  15. è un comportamento degli individui. anche noi abbiamo amici gay, uomini e donne, per nostro figlio sarà “normale” che ci siano uomini che amano uomini e donne che amano donne.
    Il nostro intento, di mio marito e mio, è di insegnare a nostro figlio che la gente va giudicata dai fatti, chi amino le persone per noi è corollario.

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