Il Tribunale dei ragazzi a scuola

Tutto cominciò con una mail della scuola e finì in una sala del Tribunale di Amsterdam, dove tante volte sono stata a lavorare come interprete, e con un giudice e…

Ricomincio dall’inizio.

“Cari genitori di Orso Diga,

Prossimamente inizierà a scuola un progetto da parte del Tribunale dei ragazzi, in cui gli studenti vengono formati, secondo un metodo specifico, ad emettere sentenze su incidenti e conflitti che possono verificarsi in ambito scolastico. Scopo del progetto è contribuire a mantenere un clima sicuro a scuola.

Photo by Andrej Lišakov on Unsplash

I membri del Tribunale dei ragazzi hanno visitato tutte le classi per cercare nuovi partecipanti al progetto. Gli studenti sono stati successivamente selezionati per mezzo di una lettera di motivazione.

Ho il piacere di comunicarvi che vostro figlio è uno degli studenti selezionati eccetera eccetera.”

Insomma la formazione dei membri del Tribunale consisteva in 6 lezioni, comprese una visita in commissariato e due in tribunale, quelli veri degli adulti, e servivano a spiegare ai ragazzi come funziona un procedimento, i vari ruoli di giudice istruttore, avvocato difensore, pubblico ministero, collegio giudicante, cancelliere. Tra le altre cose hanno anche imparato cos’è un conflitto di interessi

“cioè mamma, se per caso è un mio amico che ha fatto qualcosa, allora io devo dirlo che siamo amici e non posso giudicarlo, ma posso per esempio rappresentarlo come avvocato difensore”.

Gli hanno fatto fare giochi di ruolo su dei casi da risolvere. L’ultimo giorno siamo stati invitati anche noi genitori in tribunale per assistere al giuramento, ma prima hanno dovuto deliberare sul seguente caso.

A scuola un ragazzino ruba un telefonino da € 800 a una compagna e lo rivende per € 100 a un altro compagno. Lei lo riconosce e lo denuncia agli insegnanti. Ammetto di essermi persa dei dettagli perché siamo arrivati in ritarndo, ma pare che il telefonino nel frattempo era stato ceduto ancora a qualcun altro e se ne erano perse le tracce, in ogni caso ecco la sentenza:

I due reprobi sono stati riconosciuti colpevoli di furto e ricettazione. Ricettazione in quanto se compri a un prezzo esageratamente basso un qualsiasi oggetto sei tenuto, per la legge olandese, a farti due domande ed accertarti della sua legale provenienza. Se non lo fai, appunto, e ti beccano, vieni condannato per ricettazione (lo dico anche a tutti quelli che si comprano a pochi soldi le biciclette usate ad Amsterdam, non dite che non vi ho avvertito).

Il telefonino ormai non si poteva più recuperare, ma alla vittima sono stati dati almeno i € 100. Inoltre per ristabilire un clima di fiducia, danneggiato dalle loro azioni, i due condannati hanno anche dovuto come parte della condanna, scrivere una lettera di scuse alla vittima, e preparare entrambi una presentazione orale di almeno 10 minuti sul concetto di furto e quello di ricettazione ai sensi della legislazione vigente, e riferire nelle rispettive classi. Hanno stabilito delle tempistiche entro le quali tutto questo doveva accadere.

A questo punto è intervenuto un vero giudice, che dopo aver complimentato i colleghi (ha detto così, “cari colleghi” io facevo foto e stavo per mettermi a piangere, cioè, gli avevo anche fatto mettere l’abito blu, la camicia e la cravatta di Natale per l’occasione, che almeno se li sfrutta un po’ prima di crescerci dentro, coredemamma) ha commentato le varie parti della sentenza.

Ha insistito molto sul discorso della rottura di fiducia causata dall’infrazione alla vittima, che ormai poveretta sa che a scuola non ti puoi fidare di nessuno. Per questo è importante, ha aggiunto, che la lettera di scuse deve essere una cosa ragionata e sentita. “Quanti ne ho visti di imputati che si scusavano così, a casaccio. E io gli rispondevo: no, che lei dica così che le dispiace significa che a lei dispiace di essere stato beccato, non che le dispiace per quello che hai fatto. E vi assicuro che la differenza si capisce benissimo e la capirete anche voi”.

Ha parlato dell’importanza di potersi consultare con qualcun altro. Che esistono dei casi che prevedono un giudice unico e non sempre lui ne è stato felice. Ci saranno sempre delle situazioni che una persona può vedere a modo suo, o di cui coglie altri dettagli, e per questo è utile nel collegio con tre giudici che questi possano motivare il proprio pensiero ai colleghi per giungere a una sentenza il più possibile calibrata e consapevole.

E poi li ha fatti giurare. Poi visto che avevano le magliette nere apposta con sopra stampata la bavaglietta che hanno i giudici veri, e qualcuno se l’era già tolta, gliele hanno fatte rimettere per la foto di gruppo.

Erano veramente un bel gruppo: una decina di femmine e tre maschi, di tutte le provenienze, un paio caraibici, una asiatica, una ragazza con il velo. Un paio avevano i genitori a fare foto, gli altri liberi e felici. Per quello che ne so io di chi lavora in quel tribunale, una perfetta rappresentatività dei veri dipendenti.

Mi è sembrato insomma un gran bel progetto, soprattutto riflettendo sulla sentenza che ci hanno illustrato. Perché anche nella vita vera sarebbe bello se le infrazioni alla legge, le stupidaggini che uno fa perché è giovane e fesso, si risolvessero mettendoti davvero nei panni della vittima e scusandoti sentitamente, e facendo una presentazione da 10 minuti in cui spieghi che tipo di sbaglio hai fatto.

Ah, fermi tutti, anche nella vita vera è così. E mi fa piacere che esista questo progetto, per iniziare a capirlo già a scuola. Ancora più piacere mi fa che mio figlio abbia fortemente voluto farne parte e che abbia imparato tante cose.

“Ma quindi posso scriverne un pezzo per Genitoricrescono?”

“Ma si, e se vuoi puoi metterci pure la mia foto.”

Si renda atto.

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