Siete di quelli a cui il colloquio a scuola mette ansia? Ora io vi dico la verità a me invece il colloquio piace da morire. Se fosse per me lo farei tutti i giorni. Io voglio sapere, voglio capire, voglio discutere, analizzare, risolvere. Amo il colloquio con gli insegnanti. Chiamatemi pure matta.
Qualche giorno fa ho ricevuto un’email da una amica, mamma di una compagna del Vikingo. Era un’email collettiva, rivolta a tutte le mamme (e poi magari parliamo anche del perché il colloquio lo fanno le mamme), e diceva più o meno così:
Avete già avuto il piacere del colloquio con l’insegnante? Spero vi sentiate meglio. La maestra non ha trovato nulla di positivo da dire su mia figlia.
La stessa lamentela mi era stata fatta da un’altra mamma poco tempo prima.
Ora è necessario chiarire un punto. Il colloquio qui in Svezia si chiama utvecklingsamtal ovvero letteralmente: “conversazione sullo sviluppo” L’idea è quindi quella di parlare con l’insegnante dello sviluppo del bambino, cosa ha imparato, cosa funziona, su cosa ha bisogno di concentrarsi per migliorare. Da qui lo stupore di queste due mamme che si sono ritrovate a sentire parlare solo di problemi, come se non ci fosse nulla di positivo da dire sullo sviluppo dei loro figli.
Durante il nostro colloquio la lista dei problemi era praticamente infinita, ma io non ho subito nessun tracollo per questo, in parte perché non ho avuto la sensazione che l’insegnante stesse li a giudicare me o mio figlio, in parte perché io ho un approccio molto aperto rispetto ai problemi che vedo come una possibilità di crescita, e non una critica nei miei confronti.
Quindi prima regola del colloquio è quella di non andarci come se fosse un esame del vostro essere genitori, e non prendete ogni cosa negativa come una critica personale a voi o al bambino. Molto probabilmente questo non è nelle intenzioni dell’insegnante, e se anche lo fosse, voi avete la possibilità durante il colloquio di trasformare questo atteggiamento in qualcosa di costruttivo. Magari non ci si riesce, ma vale sempre la pena di provare.
Quindi permettetemi di discutere con voi alcuni punti importanti per provare a vivere il colloquio con gli insegnanti al meglio.
Inizio con il dirvi cosa dovrebbe essere il colloquio secondo me.
Il colloquio dovrebbe avere come scopo quello di offrire un punto di contatto tra il lavoro svolto in classe e quello svolto a casa (e il condizionale è d’obbligo), per permettere una certa continuità pedagogica e di visione tra i due ambiti.
Il colloquio ideale non dovrebbe contenere nessun termine di critica da parte degli insegnanti nei confronti dell’educazione impartita dai genitori, e viceversa. Non dovrebbe contenere critiche rivolte al bambino ne tantomeno classificazioni o etichette. Dovrebbe contenere frasi del tipo “il bambino è in una fase in cui…”, “in questo periodo stiamo affrontando delle difficoltà con…”, “abbiamo bisogno di lavorare per…” e nessuna etichettatura di nessun tipo.
Spero vivamente che questo sia il senso del colloquio anche per la maggior parte gli insegnanti.
Come facciamo a far si che il colloquio non sia una resa dei conti, ma un momento di crescita per tutti (genitori e insegnanti), anche nelle situazioni in cui gli insegnanti non sembrano dargli questo significato?
Ora supponiamo che l’insegnante in questione inizi il colloquio immediatamente con tutta una serie di problematiche che riguardano ad esempio il comportamento a scuola, diciamo che il bambino si distrae con facilità e disturba. Cosa fare?
Per me ci sono 3 questioni fondamentali.
1. riconoscere il problema. Dire ad un insegnante “ma come? a casa è un angelo e non capisco come sia possibile questo comportamento a scuola, deve essere perché lui in classe si annoia” non è una buona idea, perché mette l’insegnante sotto accusa, e anche se avete di fronte l’insegnante più noiosa dell’universo non riuscirete mai a convincerla di questa cosa, e comunque a ben vedere non è questo il punto. Dire “mi rendo conto che deve essere difficile mantenere l’attenzione della classe se un bambino si mette a disturbare” riconosce all’insegnante una difficoltà che sta avendo nella relazione con il bambino (e viceversa) senza gettare sull’insegnante la colpa della faccenda.
2. Fate un esercizio di trasposizione del problema in un aspetto positivo, ad esempio dicendo “in effetti è un bambino molto curioso e questo spesso lo porta a notare cose che ad altri passano indisturbate. E forse questo lo porta a distrarsi con facilità” è molto probabile che l’insegnante resti un po’ perplessa, soprattutto se non aveva già individuato l’origine del problema, e che prenda di buon grado questo nuovo punto di vista.
Chiaramente l’esercizio si può fare con un sacco di “problemi”. Ogni problema ha un suo risvolto positivo:
non sa stare fermo diventa è un bambino energetico;
parla sempre quando non è il suo turno diventa è un entusiasta;
parla a voce alta diventa è un bambino molto teatrale nelle sue manifestazioni.
Insomma provateci voi a fare questo esercizio che conoscete bene i vostri figli.
3. Condividere la ricerca della soluzione con l’insegnante. Ponete la seguente domanda: “cosa possiamo fare per aiutarlo a…?” (a scelta: a concentrarsi di più, dargli la giusta possibilità di sfogo fisico senza che disturbi la classe, insegnargli a parlare a voce più bassa, insegnargli ad attendere il suo turno, eccetera eccetera. )
Attenzione questo può sembrare irrilevante ma non lo è. E’ una domanda fondamentale per due motivi. Da un lato mostra all’insegnante che siete genitori accorti, e che avete anche voi voglia di risolvere il problema. Dall’altra ricolloca il problema dal lato giusto della barricata. Se un comportamento “sbagliato” avviene in classe, è in classe che deve essere risolto, magari con il sostegno dei genitori da casa, ma il problema va risolto nell’ambito in cui si pone.
Anche perché voi a casa potete anche chiedergli cosa c’è che non va, metterlo in punizione, offrirgli premi, ma se l’insegnante non si mette in testa di aiutarlo anche in classe c’è molto poco che voi potete fare per risolvere a distanza. E’ molto probabile infatti che il comportamento non sia premeditato, ma sia il risultato di una difficoltà che il bambino incontra in classe (e qui parlo ovviamente soprattutto di bambini piccoli, perché l’adolescente invece potrebbe avere un atteggiamento premeditato, ma che comunque nasconde una difficoltà diversa)
Ora dirò una cosa ovvia: secondo me il genitore ha il dovere di porsi come alleato degli insegnanti, per garantire il miglior risultato possibile dall’educazione scolastica dei figli. Il che non significa allearsi con gli insegnanti contro i figli, ma allearsi per favorire la buona riuscita del percorso scolastico, che per me è ben diverso.
Quindi la domanda “cosa possiamo fare per aiutarlo a…?” non significa cosa possiamo fare noi a casa, e nemmeno cosa potete fare voi in classe, ma cosa possiamo fare insieme, noi genitori e voi insegnanti per il suo bene.
E’ chiaro che questo non è una garanzia di riuscita, ci deve essere un po’ di buona volontà da entrambe le parti perché il colloquio raggiunga il senso che sto cercando di descrivere in questo post, ma provare a condurlo in questi termini potrebbe anche raggiungere risultati positivi, anche perché tutto quello che l’insegnante ha bisogno da voi è ricevere il sostegno per far funzionare la sua classe, e non dovrebbe avere nessun interesse a giudicarvi come genitori, né tantomeno a prendersela con un bambino (anche se so che purtroppo questo non è sempre vero).
L’ultimo punto che mi preme di aggiungere è il seguente. Se alla fine del colloquio avete la sensazione che si sia parlato solo di cose negative, provate a porre esplicitamente la domanda: “in complesso però mi sembra che stia facendo dei passi avanti, ad esempio quando…..bla bla bla…non crede?”
A questo punto, se siete riusciti a condurre un colloquio equilibrato, senza che nessuno si sia sentito accusato di qualcosa, è moto probabile che l’insegnante vi elencherà tutto quel che di buono c’è in vostro figlio, facendovi tornare casa un po’ più leggeri di spirito.
Che ne pensate? Quale è la vostra esperienza in merito?
ecco, trovo che questo post sia lungimirante sul comportamento positivo e sulla collaborazione casa-scuola per la crescita dei bambini. Mio figlio ha tre anni e mezzo e va alla scuola materna. Ha problemi nella relazione con una educatrice e lo manifesta facendosi la cacca addosso. Lo fa anche con me a casa quando sono un pò troppo esigente con lui e lo stresso. Al rientro dalle vacanze natalizie ho avvertito la maestra di questa difficoltà e le ho chiesto di farci caso. Ieri è successo e lui si è sentito minacciato dalla maestra con un “se ti fai la cacca addosso te ne torni al nido qui non ti vogliamo”.
Stamani ho provato a parlarle ma con insuccesso. Ho cercato di stare attenta a non colpevolizzarla, riferendole che mio figlio si rifiutava di tornare a scuola a causa di un conflitto nato tra loro, e che mi avrebbe fatto piacere che lo risolvessero, ma mi sono sentita rispondere che se c’è un disagio lo devo risolvere a casa e che le custodi si stufano a lavarlo ogni volta (aiuto che odono le mie orecchie!), dal canto suo lei non gli dirà più nulla e lo lascerà fare.
non mi sembra una risposta sensata. O io ho sbagliato qualcosa nella mia comunicazione o ho davanti una persona disinteressata al suo lavoro. sigh. Consigli? Devo riprovarci?
Insomma, Serena, allenamento emotivo per insegnanti… 🙂
Anch’io insegno, quest’anno matematica e scienze alle medie, e ho sempre cercato innanzi tutto di illustrare ai genitori la situazione dell’intera classe e poi di analizzare con loro come il figlio o la figlia si inseriscono nell’ambiente. Questo devo dire aiuta, in parte perchè toglie ai ragazzi la responsabilità di certe dinamiche, ma poi a volte concludo con un “capisco che per Genoveffa che è una ragazza molto timida doversi confrontare con gente logorroica che ha tutti 9 sia pesante, ma per portarla alla sufficienza piena ho bisogno che faccia più attenzione in classe e che mi dica dove ha dubbi, quando glielo chiedo”. Insomma a volte tocca anche a noi fare un pò di allenamento emotivo ai genitori. Con una coppia, genitori di un ragazzo molto complicato, ho dovuto esordire con un “allora, io vostro figlio lo adoro” e li ho visti rilassarsi con un sospiro prima di continuare il colloquio rilassati. Insomma non è facile e soprattutto dispiace che a volte per seguire i ragazzi/bambini più delicati e offrire pane per i denti delle cosiddette eccellenze qualcuno scappi dal marcaggio stretto, ma per fare un buon lavoro con tutti davvero non bastano 24 ore al giorno!
Postato su pagina di insegnanti: vediamo che ne dicono! Io sono un’insegnante di matematica e fisica delle superiori di secondo grado (perlopiù Licei) e farò tesoro delle indicazioni di Serena.
Qualcosa istintivamente facevo già, ma quest’anno che ho avuto un quinto anno di liceo scientifico difficilissimo, sono sbottata più volte a colloqui individuali con un bel “che classe di immaturi!” (per “istinto” mai rivolgendo questo giudizio ad un singolo, però…) E non è stata una grande idea… PEr fortuna, confliggendo e confliggendo, alla fine siamo arrivati ad un chiarimento… Certo se fosse giunto mesi prima sarebbe stato meglio!
Grazie Serena
Ma grazie a te Ale per averlo postato su una pagina per insegnanti! Magari qualcuno/a fa qualche riflessione in più e il colloquio lo si vive tutti meglio!
@Serena, anch’io come te adoro i colloqui con la maestra! E non solo adesso che ho trovato un angelo del paradiso ma anche alla scuola dell’infanzia (che odiavamo) dove ne uscivo sempre più consapevole degli sbagli educativi che si perpetravano ai danni di mio figlio e dei suoi compagni. E’ così interessante parlare con chi trascorre così tante ore con Alex, spesso più ore di me! Conoscere il Dott. Jekyll del mio Mr Hyde è di grande aiuto nei momenti in cui la mia scelta dell’amore incondizionato vacilla. Vedere la passione che è riuscito a generare in alcuni dei suoi insegnanti, che hanno capito la sua difficoltà e hanno deciso di lottare al suo fianco mi riappacifica con le critiche feroci che mi riserva certa parte della mia famiglia (ma è un’altra storia …).
Insomma, è ovvio che non tutto quello che ti dicono è facile da digerire ma comunque è sempre sempre utilissimo.
Io ho scritto un post nel mio diario: http://lemcronache.blogspot.com/2011/05/riunioni-di-fine-anno-scolastico.html
noi siamo qualche anno dopo di te, ma anche a me i colloqui piacciono da impazzire, non vedo l’ora di capire come si comporta il fantastico duo “in pubblico” 🙂 comunque qui in UK abbiamo semmai il problema opposto, nella terra dell’understatement e della self-confidence innanzitutto, i lati positivi sono quelli che senti di piu’, e sei tu che devi capire quando ti dicono che “è un entusiasta” se in realta’ ti stanno dicendo che non sanno come legarlo alla sedia 😛 Qui fra noi due e’ daddy che e’ quello piu’ frustrato dalla cosa, lui che vuol tirare fuori il modello matematico della testa dei suoi figli per analizzarne gli algoritmi di ottimizzazione migliori, quindi e’ lui che mette sotto torchio le insegnanti 😀
@supermambanana come al solito hai centrato il punto. Anche da noi ti dicono direttamente la versione edulcorata, quindi siccome io sono abituata a una cultura molto più dura nei giudizi e nella comunicazione dei giudizi su fatti personali, esco tranquillissima da questi colloqui, in cui io devo sempre tradurre il “è entusiasta” in “non sappiamo come tenerlo fermo”, e con questa ultima insegnante che punta suoi problemi le mie amiche svedesi si sono sentite colpite negativamente dalla discussione. E’ tutto un problema di cultura di riferimento ed è interessantissimo per me vedere che la stessa identica frase in due culture diverse viene interpretata in modo opposto.
PS. quindi non sono l’unica a voler tirare fuori un modello matematico dalla testa dei figli? 😉
Devo dire che le maestre di mia figlia (I anno di scuola materna) mi sono sembrate molto equilibrate e soprattutto attente nel sottolineare i lati positivi del comportamento della bambina. Certo, è una bambina che a volte non sta a sentire, che a volte litiga con gli altri, ma se tutto rientra nella “norma” di ciò che fanno i bambini non c’è bisogno di preoccupare nessuno. Questo mi sembra un atteggiamento costruttivo… Devo dire comunque che non mi dispiacerebbe se i genitori venissero maggiormente coinvolti nelle attività delle scuole (di tutti i livelli) invece che pensare alle scuole solo come baby-sittere a tempo pieno!!!!!!!!!!
Mi ripsecchio alla perfezione in quanto hai detto! La settimana scorsa abbiamo avuto un colloquio collettivo, una riunione con tutte le mamme ed insegnati per discutere della situzione e ovviamente delle problematiche della classe. Come dappertutto ci sono bambini bravissimi e ci sono bambini che disturbano/picchiano/urlano/non stanno fermi. Naturlamente si è parlato sopratutto di questi e di cosa fare per cambiare la situazione, dei progetti studiati appositamente dalle insegnanti per risolvere questi problemi e della loro esplicita richiesta di aiuto perchè quanto da loro fatto venga portato avanti anche a casa, in famiglia. Di trenta persone sono stata l’unica a dire che mio figlio è uno degli elementi “disturbanti”, quali sono le sue caratteristiche, cosa sto facendo io per migliorare la situazione e chiedere consiglio su cosa potrei fare. Delle restanti mamme hanno parlato solo quelle di bimbi “tranquilli”, mentre le altre mamme con bambini irrequieti come il mio se ne sono state zitte zitte, a testa bassa e con aria affranta. La cosa sinceramente mi ha molto colpita e non in senso positivo: mi viene spontaneo chiedermi se anche a casa sono solite affrontare i problemi in questo modo! E ne sono molto preoccupata…
Terrò a mente, cara, per il prossimo anno!