Il lavoro che farà mia figlia: tra didattica delle competenze e FabLab

L’evoluzione di una nuova didattica delle competenze e i progetti Scuola Lavoro che stanno trovando ingresso nella scuola italiana, spiegati da Paola Santoro, docente, formatrice e consulente.

Foto di Tonio ReinesHerz utilizzata con licenza CC
Foto di Tonio ReinesHerz utilizzata con licenza CC
Ho una figlia di quasi quattro anni e già mi chiedo che lavoro farà da grande.
Spesso mi ritrovo a sognare la sua carriera brillante e ricca di successi, ma poi l’immaginazione si ferma perché il lavoro che farà mia figlia probabilmente non esiste ancora.
Quando si troverà a scegliere la scuola secondaria, forse non avrà neanche una vaga idea di quello che vorrà diventare da grande, e man mano che questa idea maturerà in lei, il mondo del lavoro, lì fuori, avrà preso chissà quale direzione.
Ad ogni modo, qualunque scelta compirà non sarà certo irreversibile e determinante per il suo futuro, perché flessibilità, mobilità, imprevedibilità la metteranno ogni giorno di fronte a nuove sfide a discapito di quella carriera lineare e progressiva alla quale ci hanno educato i nostri genitori e il nostro vecchio sistema scolastico, che ci ha ben formato sulle conoscenze trascurando troppo spesso il valore delle competenze.

Attualmente molti ambiti professionali esigono infatti competenze che sono difficilmente riconducibili a un titolo di studio specifico. Il lavoro è cambiato non solo in termini di conoscenze, ma anche di ecosistema: propone scenari con un grado di prevedibilità molto basso e richiede personalità professionali che sappiano rispondere agli esiti dei cambiamenti in termini risolutivi e propositivi.

La didattica delle competenze in Europa

Oggi fortunatamente la Scuola sta avviando il passaggio dalla didattica delle conoscenze alla didattica per competenze come soluzione alle sempre mutanti esigenze sociali e professionali e in conformità alle direttive della Comunità Europea.
A partire dal 14 febbraio 2008, infatti, gli stati membri possono affidarsi al quadro europeo delle qualifiche (EQF – European Qualifications Framework) per la comparazione e la compatibilità delle qualifiche professionali dei cittadini dei paesi europei.
Il focus della EQF è incentrato non più sulla durata dell’apprendimento o la tipologia del percorso formativo, ma sugli esiti dell’apprendimento classificati su 8 livelli che identificano conoscenze, abilità e competenze e che indicano, in maniera sintetica e univoca, gli standard da comparare.
Le competenze denotano le capacità che afferiscono alla sfera dell’autonomia e della responsabilità, superano il pensiero critico e dimostrano la comprovata capacità di utilizzare conoscenze, abilità e capacità personali, sociali e/o metodologiche in situazioni di lavoro o di studio e nello sviluppo professionale e personale (dal documento informativo sull’EQF)

La didattica delle competenze supera quindi il tradizionale approccio deterministico e si rivolge a un apprendimento iterativo che, mentre fornisce conoscenze e abilità, genera trasformazione e incoraggia le soft skills. Mettendo gli allievi in situazioni reali o simulazione di casi reali che consentano loro di gestire situazioni complesse, assumersi responsabilità e coordinare relazioni tra cose e tra persone, si facilita la maturazione della necessaria indipendenza d’azione.
Questo stretto legame con la realtà ridisegna anche il ruolo del docente che, da insegnante, diventa facilitatore d’esperienza, esperienza che può essere vissuta sia all’interno della Scuola che al di fuori.

La didattica delle competenze in Italia

La collaborazione formativa tra Scuola e Lavoro nel nostro paese è identificato dai percorsi di alternanza Scuola Lavoro, previsti dalla legge 13 luglio 2015 n. 107, che prevedono la strutturazione di progetti formativi convenzionati con imprese, camere di commercio, industria, artigianato, agricoltura, enti pubblici e privati, compresi quelli del terzo settore, che accolgono gli studenti per periodi di apprendimento in situazione lavorativa (400 ore per gli istituti tecnici e 200 per i licei), sotto la la responsabilità dell’istituzione scolastica.

Tali attività già da quest’anno scolastico 2015/16 coinvolgono gli studenti del secondo ciclo di istruzione a partire dalle classi terze. Gli allievi hanno la possibilità di mettere in atto le conoscenze apprese in aula e applicarle in un contesto reale, quello professionale.
Oltre alle imprese, molti comuni italiani offrono dei laboratori territoriali che possono diventare luoghi di aggregazione dell’innovazione dove, attraverso l’uso strategico delle tecnologie digitali, si possono mettere in pratica attività di orientamento al lavoro e si possono stimolare attività di autoimprenditorialità. In questi ambienti la tecnologia diventa un supporto a un apprendimento indipendente che coniuga spesso anche gli interessi personali dei ragazzi.

L’esperienza del FabLab

FabLab e Hacker Space, ad esempio, sono spazi in cui poter promuovere abilità trasversali, come quelle digitali.
Un esperimento interessante lo abbiamo vissuto nel FabLab Roma Makers dove abbiamo messo insieme i ragazzi dell’ITIS Giovanni XXIII di Roma, impegnati in un percorso di alternanza Scuola Lavoro, e gli studenti dell’Università LUISS, impegnati in un percorso universitario di soft skills in Fabbricazione Digitale. Durante queste giornate li abbiamo messi a dura prova ricreando situazioni complesse e caotiche all’interno delle quali hanno generato idee e le hanno messe in pratica attraverso la costruzione di prodotti tangibili. Questa esperienza ha trovato il suo valore soprattutto nell’apprendimento tramite il fare.

I ragazzi hanno appreso progettando, costruendo, sbagliando e riprogettando oggetti intelligenti basati sulla tecnologia dell’Internet of Things. L’aspetto più interessante dell’esperimento è che nessuno di loro aveva particolari conoscenze tecnologiche pregresse.
L’obiettivo didattico è stato dare risalto ai processi operativi e alle dinamiche risolutive che gli studenti hanno svolto in team interdisciplinari e intergenerazionali.
Il risultato è stato un percorso di apprendimento sociale e condiviso in cui gli aspetti caratteriali e motivazionali dei singoli sono state risorse fondamentali per ciascun team e hanno generato ottimi risultati in termini di performance.

L’attenzione ai processi e l’apprendimento condiviso sono alcuni degli aspetti più importanti quando si parla di innovazione del lavoro. Su quanto le Scuole e le Università siano in ritardo nel compiere questa missione educativa è stato già detto molto e molto se ne dirà ancora.
La mia missione di docente è raccogliere le sfide e le difficoltà che insorgono nel progettare e realizzare percorsi formativi basati sul fare. La mia missione di genitore, d’altra parte, è decisamente più difficile perché sta nella quotidianità delle piccole cose: sta nell’incoraggiare mia figlia a mettersi in gioco e a buttarsi nelle avventure ludiche, rischiando, provando e riprovando ancora.
E tutte le volte che mi sarà possibile cercherò di facilitare la sua partecipazione ad attività e situazioni in cui possa essere lei stessa, insieme ai suoi pari, artefice del cambiamento, perché di fronte a un futuro imponderabile non ci sono armi da sguainare, ma soluzioni da costruire.

di Paola Santoro
Business Consultant
Communications Manager
Teacher and Trainer
Lecturer LUISS Guido Carli – Roma
Certified Facilitator in the LEGO® SERIOUS PLAY® Method

Prova a leggere anche:

Previous

Alleanze gemellari

Avere tre figli e un lavoro a tempo pieno è possibile?

Next

Leave a Comment