Cosa mi aspetto dalla scuola

Volevo scrivere tutto un altro post all’inizio di questo mese. Un post meno “scolastico”, meno orientato al tema dell’istruzione in senso stretto.
Ma i commenti al post sul tema del mese mi hanno portato in questa direzione. E seguire la direzione dei vostri commenti è ancora uno dei piaceri dello scrivere su questo sito, mettendo da parte ogni scaletta prevista…

In quel post citavo questo articolo, un po’ anomalo, ma molto interessante per il ribaltamento dei consueti punti di vista sul ruolo della scuola. Marco Lodoli, l’autore, manifestava l’esigenza che la scuola ricominci a fornire strumenti intellettuali, come suo primo e indiscutibile compito. Che la scuola insegni e che conquisti i ragazzi, prima di tutto, perchè offre conoscenza.
Si sono susseguiti molti commenti e opinioni diverse su cosa ci si aspetta dalla scuola. O meglio, su cosa noi genitori ci aspettiamo dalla scuola, anche in base ai nostri ricordi e al nostro personale percorso scolastico.

Noi genitori, oggi, ci aspettiamo che la scuola, e per essa gli insegnanti, accolgano i nostri figli e li formino come persone, li rispettino nella loro personalità, li conducano a sviluppare le loro peculiarità, li invitino alla socializzazione, li comprendano, li seguano, li stimolino, ne comprendano la psicologia. Ci aspettiamo, dai nostri figli come studenti, che stringano amicizie, solidarizzino con i compagni, si rendano indipendenti, si formino per la vita. Speriamo che apprendano e costituiscano il loro bagaglio di esperienze e cultura.
Ed è tutto giusto e legittimo. Abbiamo aspettative complesse, sempre più articolate, spesso influenzate dalla sempre crescente divulgazione pedagogica. Non vogliamo trascurare nulla.

Ma avete mai provato a chiedere ai bambini, soprattutto a quelli che si affacciano alla scuola, a quelli delle elementari, cosa si aspettano dalla scuola?
Provate. Io sono pronta a scommettere che la loro prima risposta sarà: IMPARARE.
I bambini sono avidi di nozioni. I bambini vogliono “scoprire cose”. Vogliono sapere come funziona e come si fa. I bambini hanno voglia di immagazzinare dati, tanti e sempre nuovi, come palline colorate nella loro più preziosa collezione di piccole cose.
I bambini amano imparare.
Arrivano il primo giorno della prima elementare con l’entusiasmo della grande promessa: da oggi imparerai. Da lì, il loro percorso può prendere tante strade diverse, per gli insegnanti che incontreranno, per il loro carattere e il modo di affrontare quella strada, per il sostegno che avranno dalla famiglia. Ma tutti, provenendo da tante storie diverse, partono da lì.

Forse è più difficile scorgere questa esigenza di imparare nei ragazzini più grandi, quando dagli impegni scolastici cercano di svicolare in ogni modo. Eppure anche per loro è un’esigenza primaria. Le relazioni si stabiliscono di conseguenza, si stabiliscono perchè, se si impara insieme, si diventa necessariamente una comunità. Ed è proprio agli adolescenti che sarebbe più utile insegnare che una comunità è tale perchè “fa qualcosa insieme“, non perchè si trova lì, ferma, a condividere solo la stessa età anagrafica o lo stesso edificio. Insegnare ogni giorno qualcosa di nuovo, nozioni, strumenti, informazioni, educa a superare la noia. E quanto è importante, proprio in quell’età, che un ragazzo, da solo o con il suo gruppo (che è come una propaggine di se stesso), non ceda alla noia?
Imparare è la cura e la prevenzione.

Se richiamo alla mente i ricordi dominanti del mio percorso scolastico, ci sono sì gli amici e le relazioni personali, ma i momenti che spiccano su tutti sono soprattutto quelli in cui mi sono accorta di aver imparato qualcosa: aver scoperto, aver trovato la chiave per una soluzione. Secondo me, a tutte le età, il momento di godimento intellettuale regala grandi soddisfazioni. E’ quello che ti salva dalla noia e dal disinteresse, è quello che ti sveglia.

Sempre da quell’articolo, vorrei estrarre un altro brano:

Poi si tratta di ricostruire un rapporto tra le generazioni. La maggior parte degli insegnanti pensa che gli studenti siano dei decerebrati volgari e ignoranti, e la maggior parte degli studenti pensa che gli insegnanti siano dei vecchi amareggiati e inutili. Anche qui temo che grandi danni siano venuti dalla malizia dell’economia, quella del marketing che pensa agli esseri umani in termini di target, che separa le età per poter vendere meglio i prodotti più adatti ai ventenni e alle sessantenni, musica e dentiere. La piazza si è frantumata, la comunità si è sbriciolata in calcinacci generazionali, ogni gruppo sta per conto suo, sospettoso, diffidente, scorbutico. Bisognerebbe ritornare all’unica grande divisione, quella tra i vivi e i morti, e forse nemmeno questa è così inevitabile. Siamo tutti qui, tutti vivi finché dura, e allora nella scuola gli adulti e i ragazzi hanno ancora tanto da scambiarsi, da regalarsi, tanto da discutere e litigare.

Ognuno faccia la sua parte: insegnanti e studenti possono essere, legittimamente, su due sponde diverse, interlocutori contrapposti e dialoganti. Non serve che l’empatia ci avvolga tutti e sempre, in ogni momento. Si può discutere, ci si può arrabbiare, si può anche imporre. L’importante è che i primi insegnino, tanto, “un sacco di cose”, tutti i giorni. Un fiume di nozioni in piena. Diamogli “tanta roba” a questi bambini e ragazzi, perchè tutti, il primo giorno della prima elementare erano lì per la promessa di imparare.

E allora evviva le tabelline da studiare e da ripetere, evviva le poesie da imparare a memoria, evviva i riassunti e i dettati, evviva l’analisi logica, i problemi, l’algebra, il ripasso di storia. Perchè è da lì che si comincia a combattere la noia, la pochezza, la facilità, il menefreghismo.

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21 thoughts on “Cosa mi aspetto dalla scuola”

  1. Dopo aver letto don milani… vorrei che la scuola sapesse di essere pagata per fare un lavoro, e non è lì a fare un favore a nessuno, e che le famiglie sapessero che mandare figli a scuola non è un favore che si fa ai maestri, ma ai figli.

    Ne sento tanti che “tanto non ha voglia, cosa insistono a fare”. La voglia viene a casa. Se tu genitore parti dal presupposto che è meglio lasciar perdere, non c’è tanta speranza…

    Ma allo stesso tempo, come dicevano i ragazzi di Barbiana “E’ comodo dire a un ragazzo: “Per questa materia non ci sei tagliato”. Il ragazzo accetta perché è pigro come il maestro….
    Io vi pagherei a cottimo. Un tanto per ragazzo che impara tutte le materie. O meglio multa per ogni ragazzo che non ne impara una. Allora l’occhio vi correrebbe sempre su Gianni. Cerchereste nel suo sguardo distratto l’intelligenza che Dio ci ha messa certo eguale agli altri. Lottereste per il bambino che ha più bisogno, trascurando il più fortunato, come si fa in tutte le famiglie. Vi svegliereste la notte col pensiero fisso su lui a cercare un modo nuovo di far scuola, tagliato su misura sua. Andreste a cercarlo a casa se non torna. Non vi dareste pace, perché la scuola che perde Gianni non è degna d’essere chiamata”

    Ecco, questo mi aspetto. E anche fantasia, perché ai bambini serve imparare con fantasia. Vanno benissimo le tabelline, spero facciano ancora le operazioni a mente e non con la calcolatrice, ma lasciamoli muovere, chiacchierare, tutto nei giusti limiti.

    Si potesse… Perchè poi so che i problemi sono più grandi e difficili, poco personale, poche strutture poco tempo. E così diventano sogni che magari anche i prof e maestri più benitenzionati…

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  2. “però spesso l’atteggiamento della scuola è: ci siamo Noi, e Voi, adeguatevi” Deborah, non è solo per gli orari delle riunioni (che comunque sono indicativi, ma spesso questa sensazione è davvero palpabile. Sono d’accordo con te.

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  3. Cammino sulle uova … sono assolutamente d’accordo sulla necessità di dare delle priorità e la scuola deve prioritariamente insegnare e appassionare. Se mio figlio saltellasse andando a scuola, non chiederei nient’altro … un miraggio per me e non per colpa della scuola o di cattivi insegnanti. La “nostra” maestra è meravigliosa e ci ha fatto un grosso regalo: non si è fermata all’apparenza e ha fatto distinzioni. Ha 30 bambini ma per ognuno è riuscita a cogliere una peculiarità e in questo distinguere si è sforzata di far arrivare tutti alla propria meta senza dare importanza al fatto che tale meta potesse essere un pò diversa.
    Io non chiedo alla scuola di farsi carico dell’intera educazione di mio figlio, io devo e voglio essere in prima fila. Ma quando il tuo bambino ha tante difficoltà che non sono legate all’imparare in sè è davvero difficile non sperare che la scuola lo accetti comunque, che vada oltre l’insegnare al gruppo ed entri un pochino nella singola tribolazione. Immagino sia egoismo da parte mia, ma è così dura essere la madre dell’unico su 30 che “si comporta così”. Se lo scoglio da superare non è la tabellina ma è proprio “il gruppo”, se leggere appassiona molto più dell’intervallo … io mamma posso farcela da sola su tutto ciò che non è apprendimento puro?
    Non vorrei mai che l’insegnante trascurasse il suo percorso di insegnamento e non le ho mai chiesto di essere “psicologa” però il suo occhio esperto e la sua volontà di portare avanti tutti, anche mio figlio, sono stati impagabili. Io ho fatto e continuo a fare tutto ciò che è in mio potere per far crescere Alex nei suoi limiti emotivi ma non sono in classe con lui quando si chiude a riccio perchè non riesce più a gestire lo stare in gruppo. Dopo un anno con questa maestra le cose sono andare meglio, poco poco ma meglio.
    Come dicevo, cammino sulle uova e trattengo la paura.

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  4. Io vorrei che ci si incontrasse tra persone di buona volontà. Gli insegnanti motivati a diffondere conoscenza e i genitori impegnati a tutto tondo nella crescita dei figli. Vorrei ci si venisse un po’ più incontro.
    Giovedì avrò una riunione prescuola con le maestre di mia figlia. Alle 9 del mattino! Va da sè che dovrò prendermi un giorno intero dal lavoro. Metterla in coda, ‘sta benedetta riunione non dico alle 4, ma anche alle tre, sarebbe stato più facile per chi lavora. Scusate se vi sembro fuori tema, però spesso l’atteggiamento della scuola è: ci siamo Noi, e Voi, adeguatevi.
    In ogni caso l’unica cosa di cui sarei veramente grata alle maestre è: MOTIVAZIONE
    Motivazione nell’insegnare e nel comprendere chi sta loro di fronte. POi gli errore li commettiamo tutti, ma la scuola viene salvata dai molti insegnanti motivati e rovinata da quelli che vanno solo a timbrare il cartellino!
    Sto sperando, in questo mese, che mia figlia capiti in una sezione piuttosto che in un’altra,e sarà solo fortuna se verrà scelta dalle due maestre che negli anni hanno datto ottima prova di sè, piuttosto che..
    Insomma, però così non può funzionare , via..

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  5. Aspetta, Silvia, forse mi sono spiegata male. Quello che intendevo è che l’ambiente scolastico è per forza di cose diverso da quello casalingo, e che quindi offre possibilità di interazione che a casa (o al parco, o agli allenamenti sportivi) non ci sono. Ma queste interazioni hanno bisogno di regole, e ben vengano le regole. Prima dell’empatia. Sarò severa, non lo so, ma se mia figlia picchia un compagno io la sgrido e mi sta benissimo che la sgridi anche l’insegnante, ma se gli altri genitori non prendono provvedimenti che almeno lo faccia l’insegnante… (vengo da brutte esperienze, si vede?).
    Io credo fermamente che la scuola dovrebbe recuperare una dimensione più formativa e meno educativa, perchè da quello che ho visto ultimamente si è molto sbilanciata dall’altra parte. Per i miei gusti troppo. Non dico che l’appoggio, l’empatia, la comprensione non ci vogliano, dico che è un compromesso molto difficile e bisognerebbe chiedersi meglio quali siano gli obiettivi minimi (ah, i famosi obiettivi minimi!!) da fissare su entrambi i fronti.

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  6. @Silvia: da genitore, sono d’accordo al 100% con te!

    @Alessandra: da precario, anch’io mi scontro con la tristissima realtà della nostra scuola e ti sono vicino.

    Dopo un’estate trascorsa nell’angoscia della possibile disoccupazione, so solo da quache giorno che quest’anno lavorerò ed in quale scuola; i “dettagli” (classi, colleghi, programmazione, ecc) si definiscono tutti di corsa in questa settimana. Per l’orario definitivo bidogna attendere come al solito 1-2 mesi.
    Stamattina mi sono riuscito a procurare il libro di testo che sto esaminando, e fra 1 settimana avrò davanti ~150 nuovi ragazzi, ciascuno con le sue problematiche, le sue particolarità, le sue esigenze … difficile costruire una relazione di qualità in queste condizioni.

    L’anno scorso avevo parecchie classi prime di un istituto professionale.
    L’attività didattica è stata resa estremamente difficile e faticosa a causa del numero di alunni per classe e del bassissimo livello di scolarizzazione generale. Certo non è così in tutte le scuole, ma intendo dire che almeno un terzo dei ragazzi sembrava non aver mai frequentato una scuola, sia da un punto di vista delle conoscenze che da un punto di vista comportamentale.
    Quando si spende l’80% delle energie per cercare di far spegnere cellulari, togliere le cuffie, smettere di truccarsi, gestire i ritardi, le giustificazioni mancanti, le uscite per recarsi ai servizi (avranno mica problemi di incontinenza?) i rientri dalla ricreazione, e quando ci si trova con ragazzi cui scivolano addosso rimproveri, note, consigli di disciplina, sospensioni perché tanto devono assolvere l’obbligo scolastico e quindi bisogna tenerli parcheggiati a scuola fino ai 16 anni, risulta molto difficile animare una lezione, attivare un dialogo, incuriosire, far riflettere in presenza di tali e tanti elementi di disturbo.

    Credetemi, uno ce la mette tutta, ma non sono certo le migliori condizioni per svolgere questo importante, delicato e faticoso lavoro.

    P.S.: dimenticavo: anche quest’anno il mio contratto arriverà solo fino al 30/6, in quanto i docenti precari pur facendo lo stesso identico lavoro di quelli di ruolo hanno diritto a due mensilità in meno.
    Inoltre, relativamente all’anno scorso, a due mesi dal termine del contratto, non ho ancora percepito: TFR, ferie non fruite, retribuzione per gli esami di stato e di riparazione.

    (mi rendo conto solo ora che avrei dovuto scrivere sotto genitorisbroccano; chiedo venia …)

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  7. Barbara, è importantissimo che la scuola insegni a rapportarsi con gli altri, ma, secondo me, non è detto che debba essere preponderante. E’ tutta la vita che deve insegnarti a rapportarti con gli altri e, per primi, i genitori.
    Che la scuola insegni le relazioni umane attraverso il suo compito di insegnare: in quel modo nascerà comunque un vincolo tra persone che imparano insieme. Vorrei che la scuola non… “si distraesse” troppo e insegnasse che imparare è bello e divertente. Perchè se sei contento di imparare, non fai il bullo con i compagni, magari ti ci azzuffi ogni tanto, ci discuti, ci litighi, ma ti senti parte del gruppo che “fa qualcosa” e non “sta lì”.

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  8. Io dico tutto e niente: dalla scuola mi aspetto che dia a mia figlia quello che non posso darle io. Mi interessa quindi molto di più che le dia un metodo, l’esperienza sul campo, la preparazione in materie nelle quali io non eccello (ma anche quelle in cui sono brava, per carità). Ma anche l’insieme delle regole dello stare insieme e di rispetto per gli altri e per i loro ruoli che a casa sperimenta in altro modo perchè, appunto, i ruoli sono diversi. Sono due anni che insegno, da supplente (e quindi ancora con tutta l’energia e la voglia di fare dei principianti) e ho visto accadere tante cose. Molte sono i soliti luoghi comuni, ma quando ti ci trovi dentro diventano inaccettabili: le classi lasciate sporche, la mancanza di rispetto per il personale non docente, le marachelle in bagno, gli episodi di piccolo bullismo. Ecco, nei momenti in cui mia figlia è fuori di casa, vorrei che la scuola le insegnasse soprattutto a non essere “una di quelli”, con la fermezza e la severità che servono, senza sconti.
    Vorrei che le insegnasse la capacità di rapportarsi agli altri, e più sono diversi da lei e meglio è, in tutti i sensi.
    Poi, vederla oggi correre verso l’asilo nido urlando il nome dell’educatrice, prendere da sola il suo zainetto e precipitarsi dentro senza neanche salutarmi, beh, non ha prezzo.

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  9. @Silvia O forse sono io che sto con l’ansia alle orecchie perché fra qualche ora mi toccherà scegliere la sede di lavoro di quest’anno (da un elenco di disponibilità al quale ho accesso in base a una graduatoria di anzianità e titoli spesso fasulli: merito ZERO) e forse non dovrei lanciarmi in nessun commento!

    Vita da prof precaria… In qualche modo è attinente al tema… Quant’è faticoso essere bravi insegnanti quando si è umiliati n questo modo?!?

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  10. Alessandra, l’ho escluso da quella lista, proprio perchè volevo metterlo in primo piano. Io mi aspetto, prima di tutto, che impari e che abbia voglia di farlo. E’ che mi accorgo che questo elemento sta passando incredibilmente in secondo piano. Mi aspetto anche tutto il resto, va bene, ma sono d’accordo con te: se un bambino o un ragazzo non dimostrano voglia di imparare io ho il dovere di mettermi in allarme.
    (Magari l’espediente stilistico di escluderlo dall’elenco, per spiegarlo nel contesto del post, non mi è riuscito… Vabbè! 🙂 )

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  11. ho appena accompagnato i due boys a scuola, erano eccitatissimi stamattina, hanno fatto la strada saltellando e ridendo, con una corsa a perdifiato non appena abbiamo imboccato il vialetto della scuola. Non vedevano l’ora di lasciarmi per entrare, non importa il bacetto e il ci vediamo dopo, uffa. Ecco, quello che io chiedo alla scuola e’ questo: due bimbi entusiasti di esserci.

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  12. Donna colta, dolce e illuminata, scrivi: “Ci aspettiamo, dai nostri figli come studenti, che stringano amicizie, solidarizzino con i compagni, si rendano indipendenti, si formino per la vita”.

    Io non nutro simpatia per quelle insegnanti che dicono cose tipo “una volta sì c’era rispetto (sospirone)”, però perché le insegnanti possano insegnare e i figli imparare, ci deve essere collaborazione anche da parte dei figli: devono essere preparati a questo, anche solo inconsciamente…

    Se vanno a scuola con l’imprinting che l’adulto dovrà “intrattenerli” certo la strada si presenta in salita!!! Poi sono la prima a dire che un* bambin* san* ha voglia d’imparare. Ma mettiamolo anche fra le cose che ci aspettiamo da lei/lui, no? Se non altro stiamo in campana nel caso non succeda, perché forse è il segnale di qualcosa che non va…

    Probabilmente lo davi per scontato…

    Che poi si debba insegnare anche e sopratutto a studenti non collaboranti (i “grandi” possono esserlo sia per le pregresse esperienze,che per problemi che per effetto dell’azione disvaloriale martellante dei media “negativi”), questa è un’altra storia.

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  13. Sono d’accordo al 100% (anche con Chiara). Aggiungo che secondo me noi genitori/adulti di oggi passiamo un sacco di tempo a preoccuparci di forgiare la personalità dei bambini, una cosa che comunque si sviluppa da sé CON I SUOI TEMPI, mentre tendiamo a dare meno peso a cose che se non si imparano da bambini, dopo sono più difficili da acquisire – impegnarsi davvero per riuscire a scuola è una di queste, ma non solo a scuola, anche nello sport, negli hobby… col risultato che niente riesce davvero bene e tutto è noioso.

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  14. Sì, sì, sì. Sono assolutamente d’accordo. Così come, anche se a tratti ho trovato fastidioso il tono, sono stata d’accordo con l’articolo di Lodoli che citi. Io non voglio che tutti gli insegnanti di mia figlia siano dei bravi psicologi (o, più precisamente, degli zelanti psicologi improvvisati, visto che non sono specializzati in quello). Voglio soprattutto che siano dei bravi insegnanti, appassionati, convinti, pieni di idee. Penso alla migliore delle mie insegnanti del liceo: non si poteva certo dire che fosse particolarmente empatica. Ma tutti noi ricordiamo alcune sue spiegazioni, che ci hanno permesso (sia pure a tratti) di incontrarla anche emotivamente sul suo terreno, nel cuore della materia che lei amava. Non voglio che gli insegnanti di mia figlia siano i suoi migliori amici. Voglio che ritrovino il loro ruolo e le insegnino quello che non sa ancora.

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