So che state fremendo per sapere qualcosa di più della scuola in Svezia. Ah no, non è vero? Io comunque oggi voglio proprio raccontarvi come funziona il colloquio con i genitori, quello che ogni genitore italiano che io conosca teme come la peste, perché, beh, ecco perché è una di quelle cose che penso valga proprio la pena di raccontarvi, vista la sorpresa alla nostra prima volta.
Prima di tutto per il colloquio ci si prepara. Circa una settimana prima, il Vikingo è tornato a casa con un foglio di domande a cui rispondere in preparazione per il colloquio. Le domande erano di vari gruppi. Alcune riguardavano lui, tipo come si trova a scuola, se gli piace, se si diverte, se trova difficili le materie di studio, se trova difficili i compiti a casa, eccetera. Poi c’erano le domande sull’atmosfera in classe, se c’è confusione, se riesce a concentrarsi, se i suoi compagni di classe lo aiutano, e così via. Poi le domande sulla situazione in giardino durante l’intervallo, se si sente solo, con chi gioca, a cosa gioca, se si trova mai in situazioni difficili, e poi ovviamente anche sulla mensa, sulla qualità del cibo, sulla durata del pasto, sull’atmosfera a mensa. Insomma una panoramica generale sulla sua percezione della vita a scuola, e non solo dello studio. Io e il VIkingo ci siamo messi insieme a leggere le domande e già grazie a questo semplice esercizio ho avuto molte informazioni dirette su come se la vive e come funzionano le cose lì.
Poi è arrivato il giorno del colloquio. E qui abbiamo scoperto una cosa importante.
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Il colloquio, della durata di una mezzora circa, che però per noi si è prolungato un po’, non è tra maestre e genitori, è tra la maestra e l’alunno, che essendo minorenne avviene in presenza dei genitori.
La maestra ha letto le risposte del Vikingo e ha discusso con lui ogni singolo punto. Ha mostrato interesse in ogni cosa che lui dicesse, soffermandosi maggiormente sui punti critici.
Non c’è mai stato in nessun momento un rimprovero nei suoi confronti, o un invito ad impegnarsi di più. C’è stata molta empatia, e molta voglia di capire le sue difficoltà per porre rimedio. Ma anche moltissimo incoraggiamento per tutto ciò che riesce a fare bene, e tutti i progressi fatti.
La maestra ha mantenuto tutto il tempo il dialogo con lui, e praticamente mai direttamente con noi, se non per chiarire qualche riferimento specifico a una attività di cui noi non eravamo a conoscenza. Sembrava quasi di essere di troppo.
Ovviamente questa è una esperienza con una insegnante, in una scuola specifica, in quel di Stoccolma, e quindi non vorrei generalizzare troppo, anche se ho parlato con altri genitori e sembra che questo sia più o meno per tutti il modo comune di procedere.
Il rapporto è tra l’insegnante e il bambino, e così facendo si dà al bambino stesso la responsabilità del suo andare bene o male a scuola.
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Alla fine del colloquio maestra e allievo, discutono gli obiettivi da raggiungere nei prossimi mesi, e la strategia da adottare per raggiungerli.
E qui viene il bello, perché gli obiettivi sono individuali, non di classe.
Se un bambino ha difficoltà nella lettura il suo obiettivo sarà basato su questo, ad esempio dovrà leggere un po’ ogni giorno con lo scopo di arrivare dopo 2 mesi a riuscire a leggere un libricino di 10 pagine.
Se un bambino sa leggere bene ma ha problemi con la matematica, l’obbiettivo verrà fissato di conseguenza.
Le implicazioni di questo sistema sono incredibili.
– Il bambino non subisce confronti con il resto della classe ma impara a guardare ai suoi progressi personali e ai suoi obiettivi personali.
– Il bambino non si sente meno bravo perché qualcun altro fa qualcosa meglio di lui, perché impara sin dall’inizio che ognuno è bravo a fare qualcosa di diverso.
– Il genitore non si sente mai accusato di come va il figlio a scuola, o di come si comporta in classe. Quella resta una faccenda tra insegnante e alunno.
– Il bambino viene responsabilizzato rispetto ai suoi studi, ai suoi progressi, e al suo comportamento in classe e con i compagni.
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Poi è chiaro che il genitore ha comunque il suo ruolo di controllo e guida, e soprattutto è utile essere presenti al colloquio per portare avanti la collaborazione con la scuola in modo efficiente.
Io finora non ho visto fattori negativi con questo sistema, se non una certa irrequietezza nostra, di genitori, che un po’ per il nostro background culturale, un po’ per l’ansia che ci contraddistingue, ricercheremmo volentieri il confronto con gli altri per avere una misura del livello di preparazione di nostro figlio. Però stiamo imparando a rilassarci, e a goderci questo sistema che ha i suoi vantaggi. E infatti quello che solo qualche mese fa ci impensieriva, si è risolto da solo nel giro di pochissimo tempo, grazie al fatto di rispettare i suoi tempi personali di sviluppo e di apprendimento, incoraggiando semplicemente la sua naturale curiosità. Voi che dite, vi piacerebbe che il colloquio con gli insegnanti si svolgesse in questa maniera?
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La rubrica scuole crescono è scritta anche grazie ai vostri contributi e vuole evidenziare buone prassi in ambito scolastico. Se hai un’esperienza positiva che vuoi raccontarci in quanto insegnante, genitore o alunno, scrivi il tuo contributo per quest rubrica inviando il tuo testo a info@genitoricrescono.com.
io vedrei in questi colloqui un mondo che da me non appare io dei colloqui non è che ho paura del resto seguo i miei bambini ma ho solo una ripetizione di quello che mi viene dette quasi tutti i santi giorni a questo punto mi chiedo possibile che gli insegnanti di oggi non siano in grado di tenere buoni i bimbi a scuola??? io vecchia scuola una sola maestra piccolina e magra ma non volava neppure una mosca in aula…..forse hanno un errore di format la nuova generazione???? mah
Sono rimasta molto colpita dal racconto sul colloquio in Svezia. Sono una studentessa universitaria prossima alla laurea e la mia tesi verterà proprio sulla relazione tra la scuola primaria e la famiglia con una particolare attenzione alle pratiche di comunicazione diffuse tra genitori e insegnanti. Leggendo questo blog ho trovato molti spunti di riflessione importanti per il mio lavoro, a tal proposito le chiedo se sarebbe possibile sentirci via mail per avere ulteriori informazioni in merito all’esperienza descritta.
Grazie per la disponibilità e per il prezioso materiale condiviso
A presto
Paolo ha colto nel segno! La scuola di oggi è troppo lontana dalla realtà! Il sapere nozionistico si reperisce ovunque e mille sono le occasioni per apprendere! Manca invece l’attenzione all’io, all’individualità che ti permette a vent’anni di sapere chi sei e non “cosa sai ” . Sarebbe ora di smetterla anche con i voti nella scuola primaria! Un bambino non ha bisogno di essere incasellato in un voto e messo in rivalità con gli altri. Un bambino ha bisogno di “imparare ad apprendere” con motivazione ed entusiasmo. E se è vero che non s’impara fino in fondo se non ciò che si sperimenta, sarebbe ora di ridurre drasticamente le lezioni frontali e promuovere alla grande i “laboratori del fare” anche nelle scuole di vario ordine e grado e non solo nella scuola dell ‘infanzia .
Illuminante lo condivido subito!
Grazie mille
Può funzionare con studenti adolescenti(15-19 anni?)
Scusate se mi inserisco in un ‘dialogo’ iniziato da tempo…Ho una lunghissima esperienza di ‘SCUOLA'(che amo tanto), di insegnamento, di tutor…in un momento ‘fulgente’ per la scuola Elementare…quindi mi sento fortunata e privilegiata.Ciò che si dice della scuola svedese io, a Bologna, l’ho portato avanti come ‘esperienza di avanguardia’, cioè come sperimentazione. Erano gli anni ’80 e forse avevamo tante risorse…Ritengo comunque che ogni insegnante debba avere anche colloqui con tutti i genitori perchè la classe deve continuare ad essere ‘un gruppo unito’, con un suo stile suo proprio…Sarebbe molto lungo il discorso ed io ho ancora ‘un sacco di cose da fare’… A più tardi, amici!
@Paolo, in realtà le riforme del sistema scolastico italiano negli ultimi anni sono state davvero troppe… così tante che chi ci lavora non riesce neanche a stargli appresso. L’attenzione verso il singolo sulla carta c’è (sulla carta), l’attenzione a competenze e abilità oltre che a conoscenze è anche nella burocrazia (tabelle di preparazione agli scrutini ed esami, etc) e da quello che vedo in giro anche nelle teste degli insegnanti, almeno un pò.
Ok, non voglio andare OT quindi mi fermo qui, volevo solo puntualizzare. Aggiungo solo che non penso che la scuola italiana sia perfetta, anzi, ma non penso neanche che siamo ancora agli anni ’20, ecco.
Nel 1929 Giolitti fece una riforma… è la stessa da allora. Lo scopo era alfabetizzare contadini perchè potessero andare nelle fabbriche, serviva omologazione e standardizzazione.
Da allora è tutto diverso… dissento dal commento devono essere eguali, io sostengo che alla fine dell’anno i talenti individuali devono essere esaltati… non omologati.
Le nozioni… ci servono ancora?
In un mondo in cui le cose invecchiano alla velocità dei bit, ci servono ancora le nozioni, oppure ci basta sapere dove trovarle?
In un mondo in cui arti e mestieri vengono persi, ci serve ancora il nozionismo? Oppure è il momento di sviluppare la capacità di essere e di saper fare?
In un mondo sempre più interconnesso, globalizzato, la relazione è strumento, il lavoro di gruppo è obbligo, di capacità di saper stare in gruppo, di leadership, di sostegno, di integrazione, sono imprescindibili…. e guarda caso sono la base per costruire una relazione personale stabile….
Mi fermo… tutto è stato messo nella scuola tranne l’essere umano, e non sapendo più chi si è, arrivati a 20 anni si è semplicmente persi, a meno che non si è uno di quei pochi fortunati che ha un sogno nel cassetto da sempre… ma se il talento personale inizia a svilupparsi a 4 anni????
Paolo
Mah ! Nella mia azienda più o meno si applica la stessa logica di valutazione delle risorse umane. Non so cosa pensare.
A scuola di mia figlia non è così, anche se io non ho mai temuto come la peste l’incontro con gli insegnanti.
Responsabilizzare il bambino va bene, i percorsi individuali pure, ma ho qualche perplessità sui percorsi di gruppo, il programma infatti dovrebbe portare a fine anno tutti allo stesso punto di arrivo. O no ? Senza contare che il confronto con gli altri non implica necessariamente e solo problemi, c’è l’aiuto, la condivisione dei problemi e la socializzazione. Non sono il tipo che vede l’erba del vicino sempre verde, non necessariamente qualcosa fatto da un altro è meglio. In questo caso si può prendere qualche spunto, ma forse anche da Stoccolma potrebbero prendere due o tre spunti da noi.
“il colloquio con i genitori, quello che ogni genitore italiano che io conosca teme come la peste”: già da questo si comprende il livello davvero infimo dell’articolo…
Un metodo questo che assolutamente condivido:responsabilizzare e abituare un bambino sin da piccolo,attraverso un colloquio esclusivo,intimo e personale con la propria maestra,consente di sviluppare al meglio le sue pontenzialita´ raggiungendo nel tempo obiettivi importanti ed in perfetta armonia con il resto del gruppo.