Che peccato, Ministro Gelmini!

Avevamo concordato con Serena che questo sito non avrebbe trattato temi politici. Non per evitare di prendere posizioni, ma per farne un luogo accogliente per chiunque, per non far sentire estraneo nessuno dei nostri lettori.
Oggi però sento il bisogno di dire due parole su una questione che, secondo me, non è neanche politica. Coinvolge una persona di rilievo nella politica italiana, ma non ha a che vedere con la politica: bensì con la cultura. Di cui la politica dovrebbe far parte, anche se in questo Paese, non è così da molto tempo.

L’intervista del ministro Gelmini al Corriere della Sera ha lasciato molte donne basite e deluse.
In rete si susseguono commenti e contributi, tra cui allcuni del tutto condivisibili:
Mamma felice;
Mestiere di mamma ;
Panzallaria;
Mamma Cattiva, di cui riporto una breve ed incisiva nota pubblicata sul suo profilo personale di facebook: “Leggo solo ora l’intervista alla Gelmini e mi unisco al coro dell’indignazione. Continuamo a parlare di maternità come sacrificio, continuiamo a parlare di maternità e non di genitorialità e famiglia, continuiamo a negare il diritto di congedo per madri e PADRI. Non parliamo mai di scelta. Trovo anacronistico e sterile che chi ci rappresenta al governo, per di più ministro dell’Istruzione, giovane, donna, madre usi un linguaggio d’altri tempi e non sia di esempio alla gente comune. Non mi ritrovo in una sola sua parola nonostante secondo i suoi schemi dovrei considerarmi privilegiata!

Un ministro giovane, donna ed incinta mi sembrava una sostanziale novità per questo Paese. Era una di quelle cose che mi davano un po’ di speranza. Ed invece si continuano a sprecare occasioni. Quanto meno quelle di tacere.

Questo il brano dell’intervista di cui si parla:

Ha seguito le polemiche per le sue dichiarazioni sul fatto di potersi permettere un rientro così rapido, a differenza di altre donne meno fortunate?
La gravidanza è una cosa unica, è proprio come dicono. Uno stato di beatitudine che dà una forza incredibile, che non conoscevo. Ti senti più forte di prima. Anch’io, come la D’Amico, ho più facilità di altre donne a tornare subito a lavorare senza trascurare mia figlia. Ma non vuol dire non essere una buona mamma, dovrebbero farlo tutte.

Però le donne normali che lavorano dopo il parto sono costrette a stare a casa.
Lo giudico un privilegio.

Un privilegio? Non è un diritto?
Una donna normale deve certo dotarsi di una buona dose di ottimismo, per lei è più difficile, lo so; so che è complicato conciliare il lavoro con la maternità, ma penso che siano poche quelle che possono davvero permettersi di stare a casa per mesi. Bisogna accettare di fare sacrifici.

Sapete cosa mi ha colpito, prima di tutto, prima ancora dei contenuti? L’assoluta inconferenza tra domande e risposte. La Gelmini risponde praticamente a casaccio. Le viene chiesta una cosa e lei risponde con dei concetti vaghi e frasi fatte.
Questo a me preoccupa molto: la vaghezza nelle risposte non è mai un buon segno. O non sai cosa dire, o hai in mente cose che è meglio non dire e ti arrabatti.

No, Ministro, la gravidanza non è uno stato di beatitudine: una mamma in attesa tutto può essere meno che beata. Magari felice, ma non beata: che mi da tanto l’idea di inebetimento. E non parliamo poi di una neo mamma. C’è poco da bearsi: c’è da fare.
Tutte le donne dovrebbero tornare al lavoro dopo dieci giorni dal parto? Eh, già… però c’è un piccolo particolare, Ministro. Alle altre donne non glielo permettono. Se anche un’impiegata volesse precipitarsi al lavoro dopo dieci giorni, per non farsi cancellare per sempre dall’organico aziendale, sostenuta dall’aiuto di non si sa quale amorevole parente o, cosa ancora più incredibile, facendosi sostituire dal compagno nel congedo…. beh, non ci crederà, Ministro: NON PUO’.
Davvero, glielo giuro, Ministro: non può farlo. E’ vietato. Non può mica scegliere, l’impiegata.
Lei può scegliere. Anche io posso scegliere, sono una libera professionista. Ma l’impiegata no.
Subito dopo, però, ci dice che stare a casa dopo il parto è un privilegio. No, Ministro, non lo è affatto: si chiama DIRITTO, non privilegio. E’ diverso: il primo è stato conquistato con secoli di sfruttamento, di lotte e di morti; il secondo viene concesso… senza regole e senza meriti.
Riporto un brano dalla lettera aperta di Mammafelice:
“Il vero privilegio, caro Ministro, in Italia, è quello di poter SCEGLIERE che tipo di madre essere: ed è un privilegio che purtroppo le mamme normali come me molto spesso non possono avere.
Perché le aziende non sono flessibili, perchè non esiste il telelavoro, perchè quando rientri in ufficio molto spesso non trovi più nemmeno la tua scrivania, perchè quando chiedi un aumento ti viene detto che ‘hai dedicato troppo tempo alla vita personale’, o perchè, molto più semplicemente, come è accaduto a me, il lavoro lo perdi appena rimani incinta.
Il vero privilegio, caro Ministro, in Italia, è poter SCEGLIERE. Scegliere se tornare al lavoro, scegliere se fare la madre a tempo pieno, scegliere se mandare tuo figlio al nido (naturalmente se c’è posto in graduatoria), scegliere se lasciarlo ai nonni, scegliere se allattarlo, se non allattarlo, e così via…

Ministro, anche scegliere dovrebbe non essere più un privilegio, ma un DIRITTO.

Scegliere chi dei due genitori accudirà il figlio e in che periodi, scegliere di cambiare modalità di lavoro, scegliere orari sostenibili, scegliere di mettere a frutto le competennze acquisite con la maternità e la paternità.

Per scegliere ci vorrebbe sostegno: non solo alle famiglie, ma anche alle aziende disposte a far scegliere i propri dipendenti.

Perchè scegliere diventi un diritto, ci vorrebbe un progetto. Purtroppo la politica italiana di progetti non ne ha. Le riforme, anche quando necessarie, sono giganti con i piedi d’argilla, in ogni campo.

Ministro, Lei, giovane, donna, neo madre, ai vertici della politica italiana, con quattro frasi buttate là, ci ha rigettato indietro di anni luce. Ci ha tolto la speranza. Ha gettato via un’occasione per far sentire la voce delle Sue coetanee madri.

Ministro Gelmini… che peccato!

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41 thoughts on “Che peccato, Ministro Gelmini!”

  1. Carissima Mariastella.
    In questi giorni rimbalzano d’appertutto notizie sulla famosa intervista che hai rilasciato e sul fatto dei “privilegi” delle donne normali.
    Tu che non sai nemmeno lontanamente cosa significhi normalità.
    Ma non voglio essere polemica, voglio sperare che quell’esserino appena nato che hai dato alla luce sia,ora, il centro della tua vita e la tua priorità assoluta. Perché è un SUO DIRITTO.
    Ti parlerò perciò da madre.
    Da madre non piu giovane che ha avuto questa fantastica opportunità a 39 anni.
    Sono stata a casa per maternità anticipata, e non me ne vergogno.
    Ho provato ad andare al lavoro in autobus strapieni, con gente che mi spingeva, e dopo l’ennesima nausea e svenimento ho parlato con il ginecologo.
    Non era possibile, non potevo rischiare di mettere in serio pericolo la creatura che avevo in grembo.
    E sono fiera di quello che ho fatto, delle giornate a fare delle piccole passeggiate accarezzandomi il pancione, delle fiabe che già allora leggevo ad alta voce, dei sogni che dalla mia mente passavano alla sua.
    Poi è arrivato il giorno, un po’ presto, alla 35° settimana e con un cesareo d’urgenza è nata la mia meraviglia. 1 kg e 750 g. d’amore.
    Un amore così unico e grande che mai nemmeno per un secondo mi hanno fatto pensare ad altro.
    Pensavo solo a stare bene io (ho avuto un decorso duro) e soprattutto lei.
    Dopo un mese siamo tornate a casa, per 6 mesi mi sn dedicata a lei e credimi, non me ne pento.
    Perché continuiamo a dare sanzioni a poveri genitori che “abbandonano” dodicenni d’estate e nelle vacanze natalizie e poi quegli stessi dodicenni si ubriacano o si drogano, e invece non pensiamo che una mamma (o un papà) siano essenziali per crescere dei figli sereni che saranno gli adulti di domani.?
    Sono tornata al lavoro con la morte nel cuore, ma per fortuna ho trovato un nido (privato) dove la mia piccola è stata accolta come una figlia. Per fortuna non si è ammalata molto la mia piccola, perché ogni volta che stava male o io o il papà dovevamo stare a casa (a stipendio zero x malattia bambino). Non abbiamo né nonni ne parenti ne tate.
    Ho chiesto il part-time (con un mutuo ventennale credimi è tanto dura) me lo hanno concesso e da allora tiro la cinghia (tiriamo) su tutto.
    Ma nulla, davvero nulla mi darebbe la stessa felicità di mia figlia e dello sguardo amorevole che ha nei miei confronti.
    Stiamo crescendo, assieme, io e lei e il papà.
    Le insegno (IO e non qualche sconosciuto) le ragole, gliele spiego, facciamo tante cose insieme nei nostri pomeriggi.
    Al lavoro ovviamente sono stata mobbizzata, non faccio piu nulla di quello che facevo prima, ho chiesto il telelavoro (quello sarebbe davvero una cosa importantissima x le mamme), me lo hanno concesso un mese ma poi siccome i colleghi “brontolavano” me lo hanno tolto.
    E da allora ogni volta che si avvicina qualche chiusura scolastica (nel frattempo la mia piccola va alla materna-privata perché non potevamo permetterci di aspettare le graduatorie e di sottostare a scioperi, inserimenti lunghi e quant’altro), per noi è un incubo. Un incubo per trovarle una “sistemazione”.
    Nel frattempo continuano le cose di tutti i giorni:lavare, stirare, fare la spesa, far da mangiare…
    Tutto questo per dirti cosa?
    Due cose fondamentalmente:
    1-questa è la vita delle donne “normali”
    2-sta con tua figlia, che ha diritto ad avere una madre e dimostra a tutta Italia (e anche al mondo) quale contributo importante alla società sia quello di una madre che fa la madre.
    Credimi, tua figlia un giorno, se lo farai, sarà fiera di te.

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  2. ciao Silvia, grazie per aver condiviso il link al mio post “partorito” (è il caso di dirlo 😉 con qualche giorno di ritardo. come scrivo nel mio post all’inizio non mi sembrava così assurdo pensare di avere il dovere di tornare a lavoro (in fondo ha degli obblighi e delle scadenze), ma poi mi sono detta: chi non ne ha? io sono tornata a lavoro dopo tre mesi e mi è sembrato prestissimo e rientrare a lavoro dopo solo dieci giorni in nome di uno stakanovismo malato e di impronta maschile mi sembra un errore madornale. Hanno detto tutte di quanto sia assurdo considerare un privilegio il congedo di maternità che è obbligatorio e rappresenta un diritto. Io dico che invece andrebbe promosso come un valore prezioso per il bambino, per la famiglia e per la società.

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  3. Io sono d’accordo con la Ministra. Sì, sono una privilegiata. Sono una privilegiata perché posso prendermi la maternità facoltativa e sopravvivere con il 30 per cento di stipendio senza arrivare alla fame. Sono una privilegiata perché i miei figli me li curo e me li godo io senza farli crescere ad altri. Sono una privilegiata perché non ho ricevuto pressioni sul posto di lavoro per tornare in ufficio prima di quanto ne avessi voglia. Sono una privilegiata perché se mio figlio non è entrato al nido comunale (4 posti disponibili) ci sono i nonni giovani e disponibili pronti a dare una mano (gratis) al mio rientro al lavoro.
    Sono una privilegiata, ma non mi sembra normale.
    Qualunque mamma, se lo vuole, dovrebbe poter godere di questi privilegi. Dove va un paese il cui stato sociale è delegato ai nonni?

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  4. @LGO: concordo in pieno. Il punto sarebbe la libertà. A me è servito un mese dal punto di vista fisico e un altro dal punto di vista mentale, ma poi mi sono trovata a dover affrontare altri 3 mesi a casa da sola, perchè ovviamente mio marito, i miei parenti e i miei amici lavoravano, e ti assicuro che, per chi ha vissuto un dramma come il mio, questo può essere peggio. Ci vuole la libertà di scelta. In questo caso sì che si dovrebbe parlare di maternità come diritto…

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  5. Io sinceramente mi incavolo addirittura un passo prima. Mi da’ estremamente fastidio, e trovo PROFONDAMENTE maschilista, considerare la maternita’ come una questione puramente femminile. Nella cultura italiana, la mamma e’ La Mamma, che fa tutto, pensa a tutto, e ti lava la biancheria fino ai 40 anni suonati. Naturalmente questo si deve conciliare con il lavoro, adesso che le donne hanno avuto la balzana (e malsana) idea di lavorare. Il fatto di poter fare delle scelta e’ una terribile arma a doppio taglio: qui gia’ se decidi di avere un figlio e resti incinta trovano la maniera di licenziarti o renderti la vita lavorativa impossibile (promozioni che comportano viaggi intercontinentali 2 volte al mese, e non ci si puo’ appellare alle promozioni eccetera).
    Insomma, con la storia di permetterci di fare le mamme ci hanno dato quella che a Roma si chiama una bella sola e hanno fatto ricadere solo e completamente su di noi le conseguenze della scelta di avere un figlio.
    Bisognerebbe piantarla conquesta storia, bisognerebbe cominciare a considerare la genitorialita’ come un diritto (e un dovere, una volta che la scelta e’ stata fatta, come avete gia’ detto sopra) DI TUTTI. Cosi’ almeno forse saremmo tutti uguali.
    Personalmente, avrei rinunciato volentieri a parte della mia maternita’ per tornare presto a lavorare se il padre di TopaGigia avesse potuto sostituirmi a fare il genitore. E come diritto lui forse avrebbe pure potuto, ma quale datore di lavoro avrebbe accettato? NON C’E’ LA CULTURA per queste cose, e nessuno sembra voler iniziare a costruirla.
    Oddio forse dovevo mettere questo commento su genitorisbroccano, scusate lo sfogo…

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  6. Chi è costretto a seguire le esternazioni del ministro Gelmini si è già reso conto da un pezzo che spesso parla senza avere idea di cosa sta dicendo. Purtroppo, anche gli atti del suo ministero spesso sono altrettanto vaghi e superficiali. Questo però non rende le sue affermazioni meno gravi: e la gravità secondo me sta anche nel fatto che a forza di dirle e ripeterle queste cose, le persone dimenticano quali sono i loro diritti e quanta fatica c’è voluta per otteenrli.

    Quanto alla maternità mi piace vederla come un dovere dello stato, che investe sul suo futuro tutelando i suoi cittadini più piccoli.
    Ma la vedo anche come diritto della persona – donna o uomo :-), parte integrante del diritto ad un pieno sviluppo della persona. No?

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  7. @PiccolaStella: d’altra parte sarebbe anche assurdo obbligare una donna che ha appena subito il trauma di una morte perinatale a tornare al lavoro come se nulla fosse. Si potrebbe magari lasciare aperta la possibilità (torna ancora questa parola: la scelta!) per chi vuole di farlo.

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  8. piccolastella, concordo in pieno. Cosi’ come non accetto situazioni in cui la madre (e ne ho una testimonianza di una persona che conosco) non si ‘prende’ la maternita’ appena il bimbo e’ nato e la ‘sfrutta’ poi due anni dopo, stando in congedo. La legge italiana, pare, permette anche ste cavolate, che sono appunto nell’ottica del ‘diritto della mamma’ che tanto non mi piace.

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  9. @supermambanana: su questo sono d’accordo con te. Non accetto solo il fatto che mi si parli di diritto quando diritto non lo è. E’ un dovere verso il figlio e questo mi sta bene e sono più che d’accordo, tanto che sono in attesa e non vedo l’ora di stare a casa con mio figlio. Però ci sono situazioni (come la morte di un bimbo) che andrebbero prese in considerazione perchè è assurdo obbligare, in questo caso, una madre a stare a casa!

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  10. Cercando di rimanere nei toni più pacati possibile, volevo aggiungere agli altri commenti questa annotazione: perchè il congedo di maternità è obbligatorio? Perchè non si pensa solo alla madre che deve riprendersi dal parto, dal dolore, dalle perdite post-partum, dagli sbalzi ormonali, da una gravidanza che forse non è stata così “beata” come quella della Gelmini. C’è una controparte: un cittadino minorenne totalmente indifeso che ha tutto il diritto di godere delle cure genitoriali almeno fino ai tre mesi di età. Mi piace ricordare che non mettiamo al mondo dei diciottenni, ma delle creature totalmente dipendenti dai genitori, e il loro diritto -che ci piaccia o no- almeno per i primi tre mesi è superiore al nostro, giuridicamente parlando. Quindi, secondo me, attenzione a dire “tornare a lavorare prima dei tre mesi è una scelta”: è una scelta che danneggia il neonato. Se ci deve essere una scelta, meglio che sia tra quale genitore torna al lavoro e quale rimane a casa, ma uno dei due -almeno- rimanga a casa ad esercitare il suo diritto-dovere di protezione di un essere debole per il tempo previsto dalla legge.
    Fermo restando che la Gelmini straparla, che inizi lei a fare sacrifici e si tagli lo stipendio a 1000 euro e rinunci a tutti i suoi bonus. Vediamo se continua ad essere così ottimista come ci augura di essere.
    Oppure la signora Gelmini ha una tremenda paura di perdere la poltrona?

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