Assetto materno

Ecco il terzo post scritto per noi dalla dottoressa Elena Sardo. Dopo aver parlato di attaccamento, e dell’importanza dei limiti per costruire una base sicura, oggi parliamo di assetto materno, ovvero di cosa cambia in una donna quando diventa mamma.

risvegli-apnee-bambinoIl giorno in cui sono diventata madre per la prima volta ho capito che non sarei mai più stata sola, avrei avuto sempre qualcuno nei miei pensieri. Fulmineo, sbam!, è arrivato il secondo pensiero, quasi simultaneo: sarei stata preoccupata per il resto della mia vita. Due grandi emozioni contrastanti.

Così ho anche capito come mai Winnicott, per descrivere quello stato psicologico indispensabile perché la madre possa fornire le cure adeguate al suo piccolo, facendo si che il suo sviluppo proceda senza intoppi e senza traumi eccessivi, ha scelto di chiamarlo preoccupazione materna primaria.
Secondo Daniel Stern, psicoanalista contemporaneo, la nascita di una madre è un lungo processo, che comincia con la gravidanza e il parto e si completa “solo quando la madre è tornata a casa e si è dedicata al compito di nutrire, accudire e far crescere il neonato”.
Stern è stato il primo a dire una cosa quasi banale: la maternità trasforma la donna e le dà una nuova identità, che ha chiamato “Assetto Materno”, unico per ogni donna, condiviso da tutte le donne, che rende la donna-madre intrinsecamente diversa dalle altre donne.
La vita mentale che caratterizzava prima la persona viene, non cancellata, ma arretrata e l’assetto materno prende il sopravvento.

Mi è capitato spesso di sentir dire da neo mamme (e di pensarlo io stessa) “Non è da me” o “Non mi sembro più io” di fronte ad insicurezze, titubanze, nuove diffidenze, nuovi pensieri, nuove abitudini, reazioni nei confronti del mondo diverse da quelle di prima, che compaiono quando si comincia ad accudire un bambino: per un certo periodo della vita di una donna, il fatto di avere un bambino ne determina pensieri, paure, speranze e fantasie, a tal punto da influenzare emozioni e azioni e addirittura il sistema di valori e le relazioni preesistenti.
Come se non fosse già di per sé un “terremoto” questo nuovo assetto mentale, nella vita pratica una neomamma è chiamata ad apprendere tutta una serie di compiti, che seppur innati, istintivi e naturali, che accompagnano da sempre la nostra specie, sono comunque nuovi e appresi: allattare, prendersi cura del bambino, giocare, metterlo a dormire.
Essendo però una nuova identità, la nuova mamma è alla ricerca continua di conferme e legittimazioni, anche perché il suo compito è assicurare la sopravvivenza del bambino: un compito importante, un ruolo su cui tutti puntano gli occhi.

La sicurezza in se stesse come madri e la fiducia nelle proprie capacità di assicurare al bambino tutto ciò di cui ha bisogno, maturano lentamente, col tempo e man mano che si constata in modo tangibile la crescita del bambino.
Per questa ragione tutte le madri cercano conferme della loro nuova identità, anche attraverso la creazione di una rete di sostegno, fatta di persone che sanno cosa vuol dire aver a che fare con i neonati: è il modo migliore per “esplorare con sicurezza le proprie paure e di cominciare a distinguere più chiaramente i propri istinti e le proprie funzioni genitoriali”
E forse per questo le neomamme di oggi sembrano più fragili e più spaesate: invece di avere sostegno e conferme ricevono critiche, pareri discordi e nettamente contrastanti su cosa è bene e cosa non lo è, che riescono solo a disorientare e non sostenere la neomamma nel suo bisogno di conferme: una mamma ha solo bisogno solo di essere amata e rassicurata.

Per alcune donne è più facile adattarsi ad un nuovo stile di vita, fatto di azione, istinto e intuito, per altre più difficile, ma alla fine la spontaneità sarà la molla di tutte le mamme.
L’assetto materno, la nuova identità, ci accompagnerà per tutta la vita, ma non sarà in primo piano per sempre (parecchie settimane, parecchi mesi o addirittura molti anni): man mano che la vita pratica (ad esempio la necessità di rientrare al lavoro) richiederà attenzione maggiore e la crescita del bambino, con sempre maggiori autonomie, richiederà meno della nostra presenza, l’assetto materno arretrerà e occorrerà integrarlo con il resto della nostra vita. Lui, l’assetto materno resterà in attesa, pronto a balzare in primo piano e a farci “funzionare” secondo le sue regole e a farci reagire come madri, quando i nostri figli avranno bisogno di noi, anche se avranno 40 anni!

Questo aspetto è da tenere ben presente, perché spesso si corre il rischio di annullarsi come persone nella maternità, nel rispondere ai bisogni del proprio bambino.
Se è vero, che la risposta puntuale ai bisogni del neonato è fondamentale per uno sviluppo sano della personalità, è altrettanto importante per il bambino avere una mamma non solo mamma, una donna soddisfatta in tutti i suoi assetti mentali, una mamma che dopo un po’ si riprende spazi propri e soddisfa i propri bisogni, perché, oltre ad essere in tal modo una mamma più serena, è una mamma che insegna al bambino che tutti gli esseri umani sono portatori di bisogni e che crescere vuol dire trovare l’armonia tra il soddisfacimento dei propri bisogni e quelli degli altri.

Infine è importante dare, man mano, di nuovo spazio alle “se stesse originarie” , perché siamo esseri sociali e i bambini un po’ alla volta cercheranno la compagnia degli altri, spinti dal piacere di stare in relazione da soli con altri (papà, nonni, zii) e simili a loro (i bimbi) e il rischio è di restare in una sorta di vuoto sospeso, in attesa che i nostri figli abbiano bisogno della madre, per tornare noi ad “esistere”.

– di Elena Sardo, psicologa e psicoterapeuta –

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13 thoughts on “Assetto materno”

  1. Come dire, i primi due capoversi , da cui prende spunto il post, sono pari pari a ciò che ho pensato e scritto io è prima di me mia madre e come noi credo la maggior parte, se non tutte le mamme.
    Ho letto quindi con vivo interesse il seguito.
    Mi piace la definizione di “assetto materno” e concordo con le tue conclusioni…anche se non è facile metterle in pratica!

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  2. Infatti la difficoltà di adattamento dipende anche da questa necessaria velocità di risposta: si deve fare senza riflettere
    ben sapendo l’importanza del nostro compito. Probabilmente le sue capacità introspettive l’hanno aiutata ad arrivare pronta ad agire in base al suo nuovo assetto mentale. Molto dipende anche dal nostro/a figlio/a però: come ben sanno Silvia e Serena (e ne so qualcosa anch’io sic!) ci sono bambini che nascono con uno spiccato temperamento che per quanto una si sia adattata a se stessa, viene messa in difficoltà dalla reattività del proprio discendente…è dai commenti di amici e parenti che ti fanno sentire come se stessi sbagliando qualcosa o, in generale, che sei responsabile (negativamente) del fatto che sia così (sempre inteso negativamente)

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  3. Ciao
    A me il pensiero del “se divento madre saro’ sempre preoccupata” e’ venuto anni prima di decidere di diventare madre. Diventi ricattabile, hai qualcosa che vale più di te.
    C’era un articolo bellissimo di Manuel casells su internazionale su come diventare genitori faccia diventare consapevoli della propria faLlibilita’ e mortalita’ (poi se riesco attacco il link).
    Poi mi sono detta che e’ un bel prezzo da pagare e mi ci sono buttata!

    Invece a me questo assetto materno ha dato nei mesi iniziali una grande forza e sicurezza. Non so se erano gli ormoni sballati, ma quando era appena nata sapevo che non potevo farmi prendere da troppe “seghe mentali” ma dovevo agire. Determinata e sicura di me come rare volte in vita mia. Pero non l’ho mai vissuto come “istinto materno” ma come necessita’ di dover prendere decisioni immediate e che le mie incertezze avrebbero destabilizzato la nana.

    Anyway. Complimenti per l’articolo. E anche a chi commenta! Non vedo l’ora di leggere l’articolo di nature (troppo pesante da mobile)
    Ciao
    V

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  4. Grazie molte per questo articolo, chiaro e ricco di spunti.
    Uno degli aspetti che mi ha più colpito è la frase “la nascita di una mamma è completa solo quando la madre è tornata a casa e si è dedicata al compito di nutrire, accudire e far crescere il neonato”.
    Quante volte ci dicono che fare la mamma è naturale e innato,(= facile), invece fare i papà è un’aggiunta, quindi richiede più sforzo e può essere al limite una scelta facoltativa (sminuendo così il ruolo del padre).
    Personalmente ritengo che ormai abbiamo ben poco di naturale e anche essere mamme è una cosa che si impara (o almeno ci si prova) nel momento in cui ci si trova a interagire e ad occuparsi dei figli.
    E spiegherebbe anche i dubbi e le difficoltà di ogni giorno perché se fosse veramente così innato e intuitivo avremmo già le risposte pronte…

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  5. “Eppure ho affrontato lutti prematuri, so che si può vivere bene accompagnati dalla dolcezza dei ricordi,”
    Forse è proprio per questo che il pensiero della morte non ti da pace! Il diventare genitore risveglia in noi tutto quello che ci ha lasciato nel profondo una ferita. Forse hai paura di far soffrire tuo figlio lasciandolo con la morte, perchè è quello che hai vissuto tu e quando è successo sei riuscita ad andare avanti attrezzandoti con le opportune difese…ma i bimbi ci fanno da specchio e nei loro occhi possiamo vedere noi stesse bambine con la nostra sofferenza di allora.
    Se il pensiero è diventato invadente, parlane con un professionista, perchè vuol dire che hai bisogno di sciogliere quel nodo emotivo che c’è dento di te.

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  6. Da quando sono mamma, in questo nuovo assetto mentale c’è un qualcosa che non mi dà più pace: il pensiero della morte. Ogni volta che guardo mio figlio e sento dentro una gioia ed una tenerezza incontenibile, immediatamente si affaccia il pensiero che un giorno dovrò lasciarlo solo e lo farò soffrire.
    Non so se è normale, ma sta diventando ormai così invadente questa sensazione che ho paura che stia prendendo una piega quasi patologica.
    Eppure ho affrontato lutti prematuri, so che si può vivere bene accompagnati dalla dolcezza dei ricordi, ma da mamma è un’altra cosa…forse perchè l’amore per un figlio è davvero incommensurabile, totale, quasi soffocante per la capacità di ingombrare mente e cuore.
    Un abbraccio a tutti i bimbi del mondo…noi ci proviamo davvero a difendervi dalle sofferenze e dalle cattiverie, ma anche mamma e papà hanno dei limiti. Possiamo solo donarvi gli strumenti che vi serviranno per affrontare da soli il mondo ed il calore di una carezza che rimane sempre nel cuore.
    Scusata la nota triste.

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