Il babywearing e il benessere psicologico della mamma

Il babywearing è una pratica per trasportare i bambini che ha benefici sia per il bebè che per la mamma. Vediamo quali vantaggi offre oltre a quello puramente pratico, per il benessere psicologico della mamma.

Foto di proprietà ©Elena Sardo
Foto di proprietà ©Elena Sardo

Perché una prassi che coinvolge più di un attore sia considerata “buona”, i benefici devono esserci per tutti. Quali benefici ci sono per i genitori a portare i loro bimbi legati addosso?
Il Portare, dal punto di vista dell’adulto, può essere considerato parte di uno stile di accudimento, ma anche molto più semplicemente un mezzo di trasporto.

I vantaggi pratici del babywearing

Partendo da questo modo di intendere questa attività, si possono individuare per prima cosa i vantaggi di tipo pratico, perché spesso spostarsi con un bebè al seguito può diventare un’impresa titanica: avere il proprio bimbo legato addosso vuol dire non essere limitati dalle barriere architettoniche, avere entrambe le mani libere (per prepararsi da mangiare, tenere un ombrello o la mano di un bimbo), poter andare a fare pipì in un luogo pubblico che non sia l’Ikea, poter andare a fare la spesa o una passeggiata in qualsiasi tipo di ambiente con qualsiasi tipo di clima, sapendo che il bimbo sarà termoregolato dal contatto corporeo, e non doverlo mai lasciar da solo nemmeno per un secondo.
Nella quotidianità una neo mamma è chiamata ad apprendere tutta una serie di compiti, come allattare, prendersi cura del bambino, giocare, metterlo a dormire che, seppur innati, istintivi e naturali, che accompagnano da sempre la nostra specie, sono comunque nuovi e appresi; a tutto questo si aggiunge la deprivazione da sonno, e la puerpera è sottoposta ad una forte tensione fisica e psichica, legata al cambio dell’assetto ormonale e all’adattamento alla nuova situazione.

Benefici sul piano psicologico

I vantaggi di tipo pratico che il babywearing offre hanno delle importanti ripercussioni a livello psicologico: perché rendendo più facile la vita, aiutano a non isolarsi e a ridurre lo stress.

E’ indispensabile, però, trovare il supporto giusto, quello più adatto a noi, rispetto alla praticità d’uso, a dove, quando e quanto lo useremo, in modo da non trasformare questa opportunità in un ennesima prova da superare. Il Portare, però, non è semplicemente tras-portare, ma una pratica di accudimento propria della nostra specie e comune a tutte le culture.

Diventare madre per la donna, come evidenziato da Stern rappresenta vivere una nuova identità, che la porta alla ricerca continua di conferme e legittimazioni, anche perché il suo compito è assicurare la sopravvivenza del bambino, un compito importante, un ruolo su cui tutti puntano gli occhi ed esprimono opinioni.

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Poter creare un continuum tra il pancione e il nuovo essere vivente attraverso il contatto corporeo, aiuta anche la madre a vivere gradatamente il passaggio dalla vita intrauterina al mondo: anche le mamme hanno bisogno dell’esogestazione e di relazionarsi con il bimbo “fuori da sé” in modo intimo, imparando a conoscerlo senza strappi; e anche le mamme hanno bisogno di vivere in modo graduale la separazione dai propri figli, accompagnandoli verso l’autonomia e facendogli conoscere il mondo attraverso se stesse come filtro, prima e come base sicura a cui tornare nel momento del bisogno, poi.

Il contatto continuo, come già detto illustrando i benefici per il bambino, favorisce la produzione dell’ossitocina, alla base dell’allattamento e della creazione del legame di attaccamento: questo fa sentire la madre più sicura e competente nel suo nuovo ruolo, la aiuta ad imparare prima a riconoscere i segnali che manda il neonato e a rispondervi in maniera pronta.
La dipendenza assoluta del neonato richiede energie continue all’adulto, che spesso può vivere come un peso il suo ruolo, il suo lavoro a tempo infinito di contenitore, protezione e sicurezza. Attraverso il contatto, l’olfatto, il dondolio verticale e il dialogo tonico che si instaura tra il portatore e il portato, il bambino viene rassicurato in modo naturale e la madre può ritrovare spazi per se stessa senza dover delegare, senza dover scegliere se rispondere ad un proprio bisogno o al bisogno che il suo bambino ha di lei, cosa che può essere emotivamente lacerante.
Diventa chiaro, dunque, come questo modo di accudire, soprattutto un neonato possa rivelarsi un’ottima prevenzione del baby blues.

Il papà e tutti gli altri

Il portare consente anche ai papà di fare un esperienza intima e profonda con i loro bambini, molto vicina a quella della gravidanza, e di instaurare un precoce legame di attaccamento sulla base biologica della produzione di ossitocina e offre loro di “prendersi cura” in modo più che fisico, divenendo omologhi della mamma.
Consente ad entrambi i genitori (ma anche ai nonni o a tutti i caregiver che abbiano il desiderio di portare), di vivere un’esperienza gratificante, di relazione col bambino, in cui essere coprotagonisti.

Per me portare ha rappresentato la possibilità di rispondere al bisogno viscerale che avevo di tenere le mie figlie neonate sempre vicine, senza annullarmi in questo istinto; quando sono state più grandi è stato il modo per poter mostrare loro il mio mondo e condividere il mio amore per la montagna.
Vedere mio marito in grado di sostituirmi completamente (ad esclusione dell’allattamento!) è stata una fonte preziosa di rassicurazione e riposo.

– di Elena Sardo, psicologa e psicoterapeuta –

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