La scuola senza zaino (spiegata a zia Ersilia)

Sapete cosa è la scuola Senza Zaino? Non semplicemente una scuola dove si va senza corredo scolastico, ma un sistema educativo complesso che si basa su tre valori cardine: ospitalità, comunità e responsabilità. Ed è un progetto che si sta diffondendo in molte scuole d’Italia

foto di Brad Flickinger utilizzata con licenza CC
foto di Brad Flickinger utilizzata con licenza CC

Attenzione. Il seguente post è un po’ lungo. Ma la conversazione di cui state per leggere la trascrizione è realmente accaduta. Quindi, capitemi.

DRIIIIN
“Pronto? Ehi, prozia Ersila (un nome un programma. Io vi ho avvisati), che piacere! Dimmi.”
“Certo che ti dico, altrimenti non ti chiamavo, no? (Io ve l’avevo detto…) Allora, Nina ha iniziato la scuola?”
“Sì, certo: Nina ha iniziato la prima elementare (lo so, si dice primaria: ma spiegatelo voi alla prozia centenaria…). Va alla scuola Senza Zaino, come sua sorella Tita.”
“Oddio, povere figlie! Niente zaino… Avrai mica comprato loro una cartella brutta come quella rigida e verde marcio che hai voluto per la tua prima elementare???”
“Ma no, prozia. A parte che era una cartella bellissima… E comunque Senza Zaino nel senso che…”
“Non me lo dire! Libri sottobraccio tenuti insieme con la cinghia come in Saranno Famosi. Ma hai quarant’anni, figlia. Vogliamo smetterla con questi innamoramenti adolescenziali? Che ci stavano 30 anni fa, ma ora…”
“No, prozia. No. Primo: lasciami stare Saranno Famosi. E poi: Senza Zaino è un modello educativo. Si chiama così perché si parte dal gesto reale di togliere lo zaino per arrivare al significato simbolico che questa cosa ha. Ti spiego. Innanzitutto il primo giorno di scuola hanno dato alle bambine una borsina di stoffa, uguale per tutti, per portare avanti e indietro merenda e diario, anche questo uguale per tutti…”
“E l’astuccio? E i quaderni? E…”
“Aspetta. Una cosa per volta. L’astuccio non serve perché l’aula e gli altri ambienti utilizzati sono stati arredati con mobili funzionali e dotati di vari strumenti didattici, in modo che i docenti possano sfruttare diversi stili e metodi di insegnamento e far così leva sui differenti modi di apprendere che i diversi bambini hanno. In pratica in aula hanno a disposizione non solo quaderni, penne e matite, ma anche linee dei numeri per fare somme e sottrazioni, scatole di lettere manipolabili, libri da consultare, giochi di società, computer e così via. E tutto il materiale rimane in classe, perché è lì che viene usato…”
“Ah. Quindi in pratica si evita di far diventare le bambine dei piccoli sherpa. Mi sembra un buon inizio…”
“E infatti è solo l’inizio, prozia. Come ti dicevo, togliere lo zaino ha anche un significato simbolico, nel senso che questo modello prevede che vengano messe in atto pratiche e  metodologie innovative basate su tre valori: la responsabilità, la comunità e l’ospitalità
“Ah sì, certo! Tutti ospitali con la casa degli altri. Tanto poi tu lavori e tutti i compagni delle bambine si riversano a casa di tua madre. Santa donna…”
“Ma no, prozia. Cioè… Sì. Ma a questo lei c’è abituata… Anzi. Mi ha abituata lei sin da quando ero piccola a fare così. Comunque, dicevo… No. Ospitalità significa innanzitutto un’aula curata, con ambienti differenziati e polivalenti per accogliere le intelligenze, le potenzialità e le differenze di ciascuno: nell’aula ci sono un’agorà per le discussioni corali o a piccoli gruppi; laboratori delle parole, dei numeri, di arte, di scienze e di informatica attrezzati con materiali specifici; grandi tavoli quadrati per il lavoro in gruppo e una piccola scrivania decentrata per il docente. Questa attenzione agli spazi, poi, sviluppa anche l’autonomia dei bambini e li aiuta a diventare artefici del proprio processo formativo, mentre l’insegnante fa un po’ da “regista”.
E visto che ho la tua attenzione, prozia (strano… Molto strano… Mi aspetto una bordata da un momento all’altro…), ti dico anche che il secondo valore su cui si basa il modello Senza Zaino, la comunità, emerge nella cooperazione tra docenti che alimenta una formazione continua e una comunanza di pratiche, nella partecipazione dei genitori a sostegno delle attività e nella co-progettazione realizzata da docenti e alunni che rende tutti responsabili di ciò che accade a scuola.
E a proposito di responsabilità, che poi è il terzo valore su cui si basa il modello Senza Zaino, sono fondamentali e vengono valorizzati il rispetto della comunità come interazione con compagni e adulti; l’ascolto e la fiducia del e nell’altro; la messa in campo delle diverse risorse cognitive, emotive e motivazionali di ognuno per raggiungere gli obbiettivi comuni; la stesura di regole non imposte ma scoperte e concordate insieme; la determinazione di incarichi personali per la gestione comune dell’aula; le competenze trasversali e gli apprendimenti cooperativi e metacognitivi”
“Metache???”
“Metacognitivi. Vuol dire imparare a imparare.”
“Oh. È tutto molto bello, eh? Ma esattamente, poi, questa bambine in classe cosa fanno?”
“Intanto ti dico cosa non fanno: non subiscono lezioni frontali. E in sostituzione a questo fanno tanta attività cooperativa insieme ai compagni: a rotazione o in contemporanea, con materiali uguali o diversi, a coppie o a gruppi; e poi fanno tante esperienze collettive, che vuol dire che coi loro compagni esplorano, costruiscono, si muovono, mimano, ascoltano, simulano, toccano, manipolano, interpretano, rappresentano, sperimentano, provano… In pratica usano l’esperienza per costruire la loro conoscenza, aiutati dagli insegnanti che mettono l’accento sull’apprendimento invece che sull’insegnamento e sul come rispetto a sul che cosa. In termini tecnici questa cosa si chiama sviluppo del curricolo globale e integrato, che poi significa ottenere un sviluppo integrale dei bambini perché possano approcciarsi meglio alla complessità della realtà”

Scrivere le lettere - foto della maestra Ginetta Latini
Scrivere le lettere – foto della maestra Ginetta Latini
Agorà - foto della maestra Ginetta Latini
Agorà – foto della maestra Ginetta Latini

Area scienze - foto della maestra Ginetta Latini
Area scienze – foto della maestra Ginetta Latini

“Guarda che lo so cosa stai facendo, eh?
“Cosa zia?”
“Stai usando tante belle parole sperando che questa vecchiarda si addormenti e non ti faccia le domande scomode”
“Che sarebbero?”
“Che sarebbero due: ma i voti li danno? E i compiti li fanno?”
“Cavoli, prozia! Ma lo sai che sei veramente sul pezzo?”
“Non mi circuire. Rispondi”
“Ok. Scusa. Allora: voti numerici non ne danno, tranne che sulla pagella (che si chiama scheda di valutazione, lo so, ma tenete sempre conto della simpatica vecchietta con cui sto parlando) perché sono obbligatori. Durante l’anno però no. E nemmeno lettere o artifici vari, perché dare 10 o A o sorrisone è comunque usare una scala, è i bambini questo lo capiscono più in fretta di certi grandi. In realtà quello che le insegnanti fanno è lavorare col bambino all’autovalutazione del suo lavoro e al processo messo in atto per arrivare al prodotto, ovvero in pratica domandano al bambino: sei riuscito a fare quello che ti era stato chiesto? Come ci sei arrivato? Sei soddisfatto della strada che hai scelto? Pensi che avresti potuto fare meglio? E via così…”
“Bello. Responsabilizzante. Ma… Compiti ne hanno?”
“Certo che li hanno. Ogni obiettivo da raggiungere è fatto di compiti da realizzare. I compiti che danno loro si chiamano autentici,  e consistono nel risolvere problemi “veri” utilizzando le proprie capacità e la propria creatività…
“Non provarci. Dicevo i compiti a casa”
(Accidenti. Un osso duro la vecchina) Beh, questo dipende da tanti fattori. Per esempio, visto che le bambine fanno il tempo pieno e stanno a scuola otto ore, in settimana di compiti a casa non ne hanno. Nina, che è piccola, non li ha nemmeno nel weekend, mentre Tita spesso li ha, ma in quantità adeguata al fatto che poi si riesca a fare anche altro, fosse anche solo annoiarsi sul divano insieme a mamma e papà. Durante le vacanze lunghe ne hanno un po’ di più, e in genere sono ancora compiti autentici e anche parecchio divertenti come accudire una pianta e osservarne l’evoluzione, sfidare la mamma a un gioco di coloritura che preveda l’uso della logica, raccontare una giornata particolarmente avventurosa e cose così“
“Mmhh. Sembra tutto molto bello, non c’è che dire… Ma bada! Bada a te! Basta che non me le fai diventare vegane (disse la zia di Parma…). Ti saluto.”
CLIC.

Oh. Non è che si può avere tutto. Io ho già il Senza Zaino. La prozia Ersilia me la tengo così com’è.

– guestpost di Francesca Olivini, scienziata, curatore museale, mamma di bimbe senza zaino e instagramer (ma il post è anche un po’ di zia Ersilia) –

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3 thoughts on “La scuola senza zaino (spiegata a zia Ersilia)”

  1. Bellissima opportunità come posso approfondire per proporlo alla dirigente delle mie figlie?

    Le scuole dove applicano questa metodologia sono pubbliche o private?

    Grazie

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    • Ho inserito adesso il link nel post, che mi era sfuggito: http://www.senzazaino.it/
      Qui trovi tutte le informazioni dell’associazione che promuove il progetto. C’è anche la mappa delle scuole che hanno aderito e si tratta di scuole sia pubbliche che private. Le pubbliche sono molte.

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