Una mamma fatta così e la sindrome di giù

Barbara è una mamma speciale non (solo) perché il suo bambino, Killò, è speciale, ma perché sa raccontare la sua storia di famiglia con una schiettezza e un’ironia che la rendono un’eccezione nel panorama dei blog mammeschi. Non c’è traccia di autocompatimento o di pietismo quando parla delle lacrime e del pugno in faccia che ha ricevuto con la notizia della disabilità del bambino che aspettava. Non c’è ricerca di consenso o di complimenti quando per la prima volta pubblica la foto di suo figlio. Nei suoi post ci sono allegria, condivisione, ricerca, speranza. Barbara mette alla prova le nostre certezze, i nostri pregiudizi e i nostri timori, e poi li smonta con grazia: le etichette? “Mamma speciale? Già, si usa dire così e a me va pure bene. Preferisco mamma speciale a mamma pessima; una giornata importante? “Ieri abbiamo scelto una bella t-shirt, abbinata alle calzine, abbiamo spalmato una cremina su quel visetto sempre secco, abbiamo pulito bene i nostri splendidi occhialini e ci siamo raddrizzati il ciuffo biondo con un po’ di gel”.

La reazione alla notizia della disabilità, la paura di affrontare questo viaggio nel mondo “di Là”, i progressi di Killò, le discussioni sull’integrazione e sull’accettazione della diversità, i sorrisi: trovate tutto nel blog di questa “mamma fatta così”. Io ho voluto approfondire con lei alcuni aspetti, in 3 domande, su passato, presente e futuro della famiglia speciale.

Non torneresti indietro, ovvero non cambieresti tuo figlio con un bambino con tutti i cromosomi a posto, come tutte le mamme del mondo, ma cosa diresti alla te stessa incinta di Killò?
Era la fine di maggio del 2008 quando, nel giro di pochi giorni, abbiamo avuto la conferma che Killò aveva la Sindrome di Down e una malformazione al cuore. Dopo lo shock iniziale, fatto di lacrime e di silenzi, ho sentito l’esigenza di informarmi, di conoscere ogni testo, ogni articolo sull’argomento.
Non avevo alcuna esperienza diretta di disabilità e un’idea vaghissima della Sindrome di Down, legata per lo più a stereotipi e a pochi incontri casuali. Così mi sono trasformata in una ricercatrice compulsiva di informazioni, durante la gravidanza e anche dopo. Ho scandagliato la rete, trovando molto materiale sugli aspetti più prettamente sanitari, sullo sviluppo cognitivo, sulla riabilitazione, sulla legislazione.
In realtà, ciò di cui sentivo il bisogno erano storie di vita vera, che mi raccontassero la quotidianità con un figlio con la SdD, che mi facessero intravvedere un mondo di cui non avevo esperienza. Cercavo le testimonianze dei genitori e soprattutto dei fratelli e delle sorelle.
Non ho trovato molto, mi sono tenuta le mie paure e ho anche smesso di cercare.
Oggi non avrei dubbi: alla me stessa di allora, direi di andare a vedere il blog di Kelle Hampton.
Lì c’è tutto, racconti e immagini, e la bellezza di una delle vite possibili.

Quali sono le sfide che quotidianamente ti trovi ad affrontare e quali invece le battaglie più impegnative?
Nel quotidiano, per i miei figli, io sono solo la mamma e l’unica caratteristica peculiare è che sono proprio la loro mamma 🙂 Voglio dire che non sono e non mi sento “speciale”. Le battaglie sono quelle di qualunque altra: trovare il tempo per tutto, organizzare e incastrare ogni impegno, farli vestire, arginare i capricci e riuscire in questo allegro caos a farmi una doccia.
Non voglio certo negare che Killò abbia bisogni speciali a cui tutti noi cerchiamo di rispondere e serve maggior impegno, anche solo in termini di tempo, per seguirlo. C’è la frequenza al centro riabilitativo, gli esercizi-gioco che facciamo a casa e c’è sempre il tentativo di tenere un equilibrio fra le attenzioni che dedichiamo a lui e alla sorellina. Non è stato facile e a volte ancora non lo è, perché ci vuole una grande energia, ma ormai è diventata una nostra routine, è il nostro modo di vivere.
Abbiamo già affrontato alcune piccole battaglie legate alla macchinosa burocrazia per ottenere ogni certificato, ogni esenzione che ci spetta per legge e abbiamo avuto qualche difficoltà nell’iscrizione a scuola. Ho costatato che questa è un’esperienza comune a molti genitori di bimbi disabili, ed è ancor più complessa per tutte quelle malattie o disabilità che non sono ufficialmente comprese nell’elenco delle Malattie Rare.
Abbiamo la fortuna di avere molte associazioni e centri specifici per la Sindrome di Down e, noi, che ne frequentiamo una da quando Killò aveva due mesi, abbiamo avuto grande supporto in ogni aspetto del nostro percorso.
Ci sono delle grandi battaglie in corso, da due anni, proprio a sostegno di questa Associazione che tanto amiamo. E’ il centro riabilitativo dove Killò può fare tutte le attività di cui ha bisogno, dove c’è un’equipe di specialisti che lo segue da quando è nato, dove ci sono progetti concreti di sostegno alla genitorialità. C’è l’aula computer, l’appartamento per i ragazzi più grandi, il supporto nell’inserimento scolastico.
Siamo un’associazione di volontari, 140 famiglie, che da quando le Ulss hanno deciso di interrompere le sovvenzioni, ci troviamo in bilico. Il direttivo combatte in prima fila, tutti gli altri nelle retrovie a raccogliere fondi.
Ho scoperto che sono abbastanza brava a vendere cioccolata e biglietti della lotteria.

Il 21 marzo si è celebrata la giornata mondiale delle persone con la sindrome di down. Tu hai scritto un post apprezzatissimo, con proposte concrete, e ci sono state varie iniziative non solo in rete, penso al supermercato che per quel giorno ha fatto lavorare solo ragazzi con la sdD, o alle pubblicità di prodotti per bambini con nuovi volti, tutti bambini come Killò. Devo dirti che a caldo mi sono sembrate stupende, poi ho pensato che il 22 marzo tutto torna come prima. Cosa ne pensi tu?
Sono convinta che un’iniziativa mediatica di inclusione della diversità fosse necessaria anche in Italia. Questa, organizzata dal CoorDown, ha dato grande visibilità alla Sindrome di Down.
Come mamma, ho seguito articoli, spot, trasmissioni con grande entusiasmo e mi sono commossa più volte durante quel 21 marzo. Mi è sembrato si delineasse una speranza.
Come donna, come persona, ho avvertito anche molta amarezza.
Qui in Italia la disabilità è ancora un argomento tabù, riscoperto solo in occasione di eventi straordinari, e poi subito dimenticato.
La televisione e la stampa potrebbero dare un contributo sostanziale alla diffusione della cultura della diversità, così come già avviene in altri Paesi, concedendo spazio a programmi e cartoni animati su questi temi e inserendo attori, presentatori e persone che vivono queste realtà. E questo potrebbe avvenire nella normale programmazione quotidiana e non solo per un giorno.
Spesso la malattie e la disabilità suscitano imbarazzo e paura, creando una barriera che impedisce di vedere le persone oltre il loro handicap.
Uno dei modi per superare questo disagio è iniziare a conoscere questo mondo, quasi invisibile: guardare i volti, ascoltare le storie, capire i sentimenti e la bellezza che racchiudono.
Il mondo della disabilità non è popolato di malattie terribili e ingiuste, che terrorizzano, ma di persone vere, che combattono, che ridono, che vivono. Forse ad alcuni queste considerazioni potranno sembrare banali, ma non lo sono per me, che le ho scoperte attraverso il mio bambino.
I media potrebbero far conoscere queste storie ad una grande platea, potrebbero rappresentare la diversità in tutte le forme che assume nella vita reale, potrebbero favorire l’accettazione e la conoscenza. Il loro contributo all’integrazione potrebbe essere prezioso, ma, spenti i riflettori, rimane una potenzialità inespressa. Così, l’entusiasmo per l’evento mediatico, alla fine, ha un gusto amaro.

Barbara è una donna che sceglie il sorriso e la consapevole felicità. E ditemi se quello che scrive non è poesia:
In questi 3 anni e mezzo ho imparato qualcosa sull’accettazione del diverso e ho imparato che è un concetto che va a braccetto con l’accettazione di sé e voglio provarci.
Voglio dirvi che so di avere queste paure, perché le sento nello stomaco, e accetto che ci siano, ma non voglio che mi impediscano di provarci.
Nei miei sogni di gloria ho immaginato che passassero di qui una giovincella con il pancione, in attesa di una bimba con la Sindrome di Down, o una mamma con in braccio il suo neonato con la Sindrome di Down e che queste due donne trovassero un conforto nelle mie parole.
Che trovassero scritto, nero su bianco, che quei pensieri terribili che fanno, sono pensieri normali, che ho fatto anche io, che fanno in tante, e che non intaccano l’amore infinito che provano o proveranno.
Voglio che trovino un messaggio di speranza.
A voi tutte, mamme speciali e normali e medie e solo mamme, voglio dire che quando ho iniziato a scrivere questo strano post, Killò era seduto sul divano, con tutti i suoi libri di Barbapapà attorno, e li stava “leggendo”. E io lo guardavo.
Io lo guardavo e non pensavo: “è un bambino down”.
Pensavo: “è un bimbo con il raffreddore, con gli occhietti umidi che lacrimano, con la candela gialla che pende, con la febbre”. E quando lui mi ha guardata, mi ha sorriso e mi ha fatto ciao con la mano dicendo “Ao”, ho pensato: “E’ bellissimo ed è mio figlio”.

– di Chiaradinome

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21 thoughts on “Una mamma fatta così e la sindrome di giù”

  1. Chiara l’intervista è bellissima. Grazie!!!!
    Di Barbara che dire??? Avete già detto tutto voi. Posso solo aggiungere che ha colpita anche me fin dal primo passaggio sul suo blog tanto che le ho dedicato un post….non potevo farne a meno!!!

    Moonlitgirl

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  2. Anche io fan di Barbara, della sua ironia, della sua capacità di scrivere e trasmetterci messaggi importanti dal “mondo di là”. Sono sicura che una ipotetica mamma in attesa di un bimbo speciale potrebbe avere molto conforto da lei, ma anche che ne possano avere tutti (mamme, o non mamme, esseri umani con il loro mondo più o meno speciale alle spalle ma sempre unico), perchè le sue parole riempono di speranza per un mondo fatto di differenze che smettono di essere fardelli pesanti e convivenze serene qualsiasi sia il distinguo.

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  3. Questo post mi ha commossa per molte ragioni, grazie Barbara di aver pensato a condividere. Sperando di offrire un contributo alla condivisione segnalo un blog dedicato ai genitori speciali, o come dice l’autrice Orsatosta, “Genitori Tosti”: http://genitoritosti.blogspot.it/

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  4. Anche io fan del blog di Barbara! Sono contenta che l’abbiate intervistata 🙂
    Io amo il suo modo di scrivere, come han già scritto sopra: pare che sia nata per scrivere. Riesce a trasmettere entusiasmo, emozioni, coinvolge le persone in progetti strani… Non ho mai visto così tante persone tutte insieme mettersi a cercare calzini spaiati e trasformarli in pupazzetti ah ah!

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  5. Una Bella persona che ha trovato un modo per uscire da una difficoltà chiamata “diversità”… e questo modo si chiama Amore!! (E un bel chiletto in più di intelligenza!!)

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  6. Che dire…queste parole piene di amore, gratitudine e gioia sono uno schiaffo in faccia agli stupidi “problemi” quotidiani che così facilmente intaccano la bellezza della vita.
    Mi sono commossa leggendo le ultime righe…e mi sono un po’ vergognata di come sono.
    Ma ti ringrazio di cuore per entrambe le cose!

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