Divisione di responsabilità a tavola

Il segreto del successo per educare i nostri figli ad un buon rapporto con il cibo è quello della divisione delle responsabilità: I genitori sono responsabili di cosa, quando e dove si mangia; i bambini sono responsabili di quanto e se mangiare. Vediamo ora come Ellyn Satter consiglia di affrontare alcune situazioni di conflitto che si vengono tipicamente a creare intorno al cibo.

patate fritte
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I bambini adorano il cibo spazzatura

Cibi schifezza, fast food e dolci sono ovviamente tra i favoriti, e sarà difficile trovare un bambino che preferisca broccoli lessi. Come abbiamo già discusso in Lotta dura al cibo spazzatura, un consumo moderato di questo genere di cibi non è certo la fine del mondo, e non bisogna drammatizzare. Ma come fare per evitarne l’abuso?
Con la divisione delle responsabilità, siamo noi genitori a decidere COSA si mangia, quindi in primo luogo è una buona idea non servire frequentemente cibi di scarso valore nutritivo. Supponiamo però che il menù comprenda anche un dessert. La Satter ci invita a non condizionare l’accesso al dessert dopo aver finito il resto. Questo equivarrebbe a dire che il resto del cibo non è buono e quindi ha bisogno di incitamento per essere consumato e questa è ovviamente una pessima pubblicità. La via d’uscita è di lasciare che il bambino decida se mangiare la sua porzione di dessert prima del resto. Secono la Satter il dessert è l’unica portata del pasto per il quale il genitore può (e deve) stabilire la quantità. Una volta definita la porzione, sta al bambino decidere l’ordine del pasto.
Ora per noi italiani, che abbiamo fatto dell’ordine delle portate una cerimonia rigidissima e immutabile nei secoli, questo è inimmaginabile. Ho assistito più volte a scelte (per me) disgustose da parte del Vikingo, il quale spesso inizia in pasto dall’insalata, continua con una banana per poi gustarsi la pasta ed infine la carne. Quando non decide di alternare bocconi di pietanze diverse. Però a pensarci bene, lasciargli la possibilità di sperimentare con il gusto è un passo verso la creatività degustativa che potrebbe estendersi a quella culinaria in un futuro da chef. La mia speranza è che il nostro esempio gli insegnerà le basi della tradizione italiana, e la sperimentazione gli darà un’apertura verso tradizioni culinarie diverse dalla nostra.

Diseducati ad essere selettivi

Quando il bambino è in grado di comunicare chiaramente le sue preferenze, può avvenire che arrivato a tavola, dopo aver scrutinato velocemente il menu, dichiari: “questo non mi piace. Voglio …..” Supponiamo che la sua richiesta sia una pasta al sugo, o un qualsiasi altro piatto di facile preparazione. Potreste essere tentati di mettervi ai fornelli e soddisfare le sue richieste. E se invece vi chiedesse un piatto elaborato? Ricordatevi che siamo noi genitori a decidere COSA. Se abbiamo preparato un menù ragionevole, allora il bambino dovrà decidere se c’è qualcosa di suo gradimento, oppure digiunare fino al prossimo pasto o merenda. Un menù a base di trippa al ragù con contorno di bieda, non è un menù ragionevole quanto piuttosto un menù diabolico (e sadico). Dobbiamo prevedere sempre qualcosa che gli potrà piacere o almeno, nella peggiore delle ipotesi, lasciamolo sfamare con il pane.

Capita poi di frequente che il bambino che mangia quasi tutto durante lo svezzamento, inizia a diventare più esigente durante la crescita, fino a ridurre i cibi che dichiara accettabili a poche varianti, normalmente piene di zuccheri e grassi. Questo viene incoraggiato dal fatto che i genitori iniziano a limitare gradualmente il menù ai soli cibi graditi, per evitare di trovarsi nella situazione di non vederlo mangiare. A forza di limitazioni, si arriva a pochissimi piatti.
Visto che però siamo noi a decidere il COSA, allora sforziamoci a non preparare solo i favoriti, ma ad offrire sempre una ricca varietà di alternative (che tra l’altro è anche alla base di una dieta equilibrata oltre che gustosa). I bambini che non amano le novità rifiuteranno qualsiasi piatto sconosciuto, finchè non diventeranno abbastanza famigliari da osare assaggiarlo. Per alcuni bastano un paio di volte, per altri anche 20 o 30 volte, ma alla fine cederanno alla curiosità. Potrà avvenire che un cibo gli risulti particolarmente ostico, ma in generale impareranno ad apprezzare più cibi tanto più è ampia la varietà del cibo che gli viene presentato. Per questo è importante non darsi per vinti dopo il primo (ma anche il cinquantesimo) rifiuto. Parlando del rapporto del Vikingo con la frutta, vi garantisco che dopo aver passato una fase della durata di mesi in cui rifiutava le mele in qualsiasi forma e si nutriva solo di Kiwi, siamo arrivati a rifiutare con insistenza i Kiwi e a mangiare solo mele. Torneremo sicuramente ai Kiwi un giorno, senza abbandonare le mele, così come ha fatto con altri cibi. E non finisce qui. Ieri ho pensato di aggiungere delle mele a pezzetti nell’insalata mista. Indovinate la sua reazione? Ha tolto tutti i pezzi di mela che ha trovato nel suo piatto e ha mangiato solo il resto dell’insalata. Se noi avessimo smesso di offrirgli mele, dicendo che tanto non gli piacciono, non gli avremmo dato la possibilità di ripensarci.

Per la stessa ragione non ha senso nascondere appositamente le verdure nelle preparazioni culinarie per forzare i bambini a mangiarle (è diverso se la ricetta prevede la verdura per fare le polpette più morbide!). Se si accorgerà che abbiamo messo gli spinaci nelle polpette a sua insaputa, finirà per non fidarsi di noi (chissà quale altri terribili cose nascondete nel cibo!) e rifiuterà ogni cibo sospetto. E’ meglio servire gli spinaci a parte, e sperare che ad un certo punto inizi a mangiarli di sua iniziativa. L’esperienza insegna che la maggior parte dei bambini ad un certo punto lo farà.

Il temperamento

Tutti questi consigli e indicazioni devono naturalmente essere condite con un pò di buon senso, e “aggiustate” in base al temperamento del bambino. Se un bambino non ama le sorprese, è comunque una buona idea prevedere nel menù almeno un alimento di suo gradimento (ma continuare a presentargli il resto). Se il bambino è timoroso ed ha bisogno di incoraggiamento per lanciarsi su un cibo nuovo, fatelo pure, mantenendo però la divisione di responsabilità e siate pronti a fermarvi quando il rifiuto è chiaro. Se vostra figlia è test…. (oops!) TENACE, come il Vikingo, non incoraggiatela ad assaggiare nulla: potrebbe pensare che state cercando di fargli fare una cosa contro la sua volontà e finirà per rifiutarsi toutcourt. Al Vikingo basta che qualcuno inizi a dire “ummm! Come è buona questa frittata!” per farlo smettere di mangiare: un cibo che ha bisogno di pubblicità, non è sicuramente buono abbastanza!

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8 thoughts on “Divisione di responsabilità a tavola”

  1. Sono in crisi per il dessert. La Stellina per merenda mangerebbe sempre gelato (e vabbè, arriva a una pallina se ci arriva) ma prima di cenare mi chiede sempre il ”dessert”, io le rispondo che prima si cena, e poi c’è il dessert.
    Poi mangia poco, generalmente una cosa sola che trova nel piatto (o è la pasta, o è il formaggio, o la frittata) e mi chiede il dessert. Qualche volta con mio marito le chiediamo di provare almeno un boccone delle altre cose prima di darglielo, ma ha il pensiero fisso sul dolce, e scenate se le propongo frutta – ha quasi 5 anni e le ho fatto il famoso discorso dei bambini così poveri che muoiono di fame, devo dire che con mia meraviglia ha capito e si è mangiata l’arancia con un po’ di zucchero…
    Non avevo mai pensato a darle il dessert prima perché vedo che se per esempio mangia biscotti o qualcosa di simile alla merenda verso le 18, poi non cena praticamente più e ho sempre pensato che dandole un dolce prima si rovina l’appetito. Certo così si rischia di rendere il dolce una specie di premio.
    Sono veramente confusa. :-/

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  2. Ieri sono ripartita. Purtroppo era stanchissima (niente nanna all’asilo) quindi arrivavamo già da un’ora di crisi isteriche per tutto (ecco, ieri ero in vena, non ho mai urlato, non sai che paura avevo di scoppiare di punto in bianco!).
    Arriva a tavola tardi, le dico che non voglio più che succeda, che non è carino aspettarla, la si chiama, un momento se serve e si viene, sennò non si mangia. Si agita, si riagita, si sporge, scende, sale, gira, balla. Alla fine le ripeto “basta, così non ce la facciamo, vai in camera tua e ci vediamo domani a colazione”. Ma c’erano le fragole di frutta. Va via offesa, vuole le fragole, ma le dico che non mi interessa, se vuole a tavola ci sono un minimo di regole da rispettare. Se ne va (obbligata) e torna dopo calma anche se musona. Ormai il tempo del primo è passato, così le ripeto che “ci fa piacere se mangi con noi, ma vogliamo anche un po’ di rispetto, quindi se vuoi stare con noi vieni a tavola con noi e scendi con noi (15 minuti, per la cronaca!) e cerchi di non dare fastidio”. Si siede e mangia allegramente ridendo e scherzando salmone e poi le fragole. Con il chiarimento che è l’ultima eccezione, non mi piace che venga a tavola per comodo solo se c’è qualcosa che le piace, quindi le regole sono poche ma chiare: si sta a tavola tutto il tempo (ovviamente non se i pasti sono lunghi), non come statue ma senza invadere lo spazio degli altri, e senza dar noia. E ho anche messo regole per noi: si parla solo di cose in cui può intervenire anche lei (niente mutui, lavoro, ecc…), non si impone di mangiare (ma l’assaggio si, quello io lo chiedo, uno solo), non si urla.

    Uff, per ora i risultati sono scarsi, ma già che ieri sera siamo riusciti a finire cena ridendo dopo crisi su crisi…

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  3. Uff, i problemi a tavola. Ho la fortuna di una bimba grande curiosa a scatti, oggi non assaggia niente e vuole solo pasta in bianco, e domani assaggia anche la cipolla cruda. E mi sta bene. Non mangia tutto ma una varietà accettabile e non mi lamento. Il problema è il come. Stare a tavola con lei equivale a stare nel lettone con lei: una prova di sopravvivenza. Abbiamo già provato più disposizioni, ma niente. Lei non ce la fa, non sta ferma, ma non è questo in sé il problema, il problema è il fatto che è una lotta! Perché ti trovi in un secondo con una bimba coricata sulla sedia a testa in giù, e allora non va, e se si alza ti becchi un calcio, e quando è riuscita a sedersi è passato un quarto d’ora di contorcimenti, e magari una caduta che davvero dopo ti viene voglia di dirle “te la sei cercata quindi incassa e basta”. Oppure sta seduta. Ma cambiando posizione delle gambe mille volte. E per quello di fianco qualche calcio è assicurato. O tiene ferme le gambe ma inizia a coricarsi sul braccio sul tavolo. Scivolando da una o l’altra parte. Con capelli nel piatto, piatti che cadono trascinati nello scivolamento, cibo in terra.

    Inutile dire che dopo 5 minuti già non la sopporto più, spesso sono litigate, o sopportazioni da guinnes, ieri ero tranquilla, ma avevo voglia di pace, le ho detto “Sara, stasera o stiamo a tavola in modo da non litigare (e sa che non vuol dire immobili) o non ceni con noi, ho voglia di stare bene, è pronto, decidi tu, io non ti chiamo più”. Non è venuta, e inutile dire che non ha sentito la mancanza della cena.

    Però stamattina le ho parlato e le ho detto “ti ricordi ieri che non abbiamo cenato insieme?” no… (ma dai?) “sai, a mamma è dispiaciuto, perché mi sei mancata. Puoi decidere cosa vuoi mangiare e se vuoi mangiare, puoi anche non mangiare niente, però mi farebbe piacere se ci fossi anche tu con noi a cena. Se ci dai davvero fastidio non si può, perché poi litighiamo ed è brutto, però se non ci sei mi manchi e vorrei che tu venissi e cercassi di stare bene con noi, così potremmo parlare tutti insieme e anche divertirci”. Non penso funzionerà, ma spero negli anni…

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    • Mi piace questo discorso Daniela. Come sai questo è un punto dolente anche per noi. Mi piace molto il fatto di spostare l’attenzione sul piacere di stare a tavola insieme, e quindi sull’esigenza di stare ferma non per ragioni di disciplina fine a se stessa, ma per il raggiungimento di uno scopo piacevole. Quindi prendo nota del tuo discorso, e mi riprometto di provare con il Vikingo. Lo so che non funzionerà nell’immediato, ma magari negli anni….

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  4. Serena, sono davvero interessanti questi due post. Il primo rispecchia completamente il mio modo di fare con i miei due figli. Dal secondo invece ho capito che alcune cose sono proprio da rivedere (tipo il nascondere la verdura). Divertente il consiglio di far mangiare senza un ordine prestabilito: il mio piccolo (di poco appetito) di sicuro approva!

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  5. Mooolto interessante….devo confessare che da un pò di tempo mi sono lasciata prendere dalla tentazione di obbligare i miei TENACISSIMI figli a mangiare almeno un pò di verdura e di frutta ad ogni pasto…ma questa tecnica della divisione di responsabilità mi sembra buona! la metterò in pratica e vi farò sapere…

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  6. Tra un paio di giorni seguirà proprio un post sulla partecipazione dei bambini in cucina alla preparazione del cibo e della tavola.

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  7. molto interessante questo post
    sono d’accordo
    ogni bambino ha il suo carattere e va rispettato. il curioso tenderà ad assaggiare tutto e a selezionare dopo aver provato, l’abitudinario avrà bisogno di vedere quel cibo varie volte prima di decidere che è un cibo abbastanza conosciuto che si può mangiare.
    bisogna insegnare ai nostri figli il rispetto per il cibo, e per la propria salute, ma anche il picare, la cretività, il gusto.
    credo che in ogni caso una buona tecnica sia quella di farli partecipare alla preparazione dei cibi, impastando condendo (per esempio mettendo a tavola diversi condimenti e lasciandoli pucciare dentro una carota o un pezzo di pane) e lasciando sempre una porta aperta ai ripensamenti

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