Sabrina D’Orsi è madre di tre bambini di 2, 7 e 9 anni che frequentano la scuola steineriana. Da 10 anni è autrice di Vivere semplice, un blog in cui racconta come è cambiata la loro famiglia da quando hanno deciso di sottrarre tante cose inutili e di aggiungere senso alla loro vita.
Collabora con la rivista KIDS, un bimestrale in edicola per famiglie con figli in età scolare e un sito internet Mondokids, aggiornato quotidianamente con notizie, idee e suggerimenti per crescere e divertirsi con i propri figli.
Anche io ho un figlio amplificato, anzi in realtà ne ho 3. Tre maschi si, quasi tutti belli amplificati direi.
Il primo, che ora ha 9 anni, uscito dal nido pubblico dove era stato “tenuto come un gioiellino”, in un ambiente di gioco di qualità e di poche altre stimolazioni intellettuali, era arrivato alla materna pubblica dove aveva incontrato un mondo fatto di maestre col fischietto, bidelle col bastone (scherzeranno pure però il bastone ce l’hanno) e tante tante urla. Usciva di li che sembrava un pazzo. Solo la televisione lo spegneva, gli dava un po’ di pace.
Mi ero resa conto subito che quella scuola non faceva per lui e non ci ho messo molto a decidermi di cercarne una dove guardassero in faccia i bambini e proponessero loro delle attività più in linea con le loro necessità. Un bambino agitato non ha bisogno di passare la giornata a rincorrere i compagni intorno ad un tavolo, ha bisogno di essere messo al lavoro a fare cose divertenti e che impegnino le sue forze.
Alla scuola materna steineriana i bambini macinano il grano (seminato e raccolto dai bambini più grandi) nella macina di pietra e fanno il pane, si occupano del giardino, scavano buche nel fango per far passare le processionarie, seminano i bulbi di tulipano anche se fuori piove, fanno la tessitura, la maglia a dito, cantano e ascoltano tante storie raccontate a braccio dalla maestra, vivono in un’atmosfera dove nulla è gia pronto, è tutto da costruire. Ci sono assi di legno da mettere sulle sedie per fare passaggi segreti, i tavoli si possono spostare per costruire castelli, e ovunque ci sono ceste con mollette per appendere i tanti teli di seta o garza colorata che servono per fare i muri delle case oppure i mantelli dei re. Il gioco procede ad alti livelli, non avevo mai visto i bambini usare cosi tanto la fantasia come quando sono li.
A scuola invece si impara in un modo completamente diverso: per iniziare a contare ci sono le nocciole che sono le unità e le noci che sono le decine, ed è tutto un mercato fatto di scambi, sottrazioni e divisioni. Quando si arriva alle tabelline si imparano le conte saltando la corda perché il calcolo è una materia che si apprende con gli arti più che con il cervello. Non è un caso che per tutta la vita continueremo ad usare le dita per contare, anche senza farci caso. Quando poi si fanno le frazioni è tutto un taglio di torte e ogni giorno una mamma deve portarne una in classe per gli esercizi (e la merenda)
I genitori che hanno figli grandi che sono gia al liceo ci dicono che si, è vero, i loro figli sono diversi dagli altri ma questa è una forza più che un problema. I ragazzi abituati a ragionare e a dedurre il loro sapere da esperimenti crescono con una elasticità mentale, una propensione al pensiero autonomo e una facilità di adattamento ad altri metodi che è il vero valore aggiunto di questa scuola. A volte i ragazzi lamentano il fatto che al liceo ci sia da imparare solo tutto a memoria, senza che si discuta e si spieghi mai il perché delle cose.
La scuola steineriana non è una scuola privata dove vai, paghi la retta e aspetti i bambini fuori dal portone. E’ un’associazione di genitori e maestri che credono in una pedagogie semplice, molto intuitiva e di buon senso, che ti corrisponde oppure no. Ogni anno i genitori d’estate ripuliscono tutta la scuola, le aulee, incerano i parquet delle classi e mettono olio agli agrumi sui banchi, ridipingono i muri con colori pastello e tengono in vita il grande giardino. E’ faticoso e oneroso, non è sempre un divertimento, ma sento di appartenere ad una comunità che lavora in una direzione precisa: il bene dei figli. Mi piace che la scuola sia un’ideale proseguimento dei valori che porta la famiglia, mi piace che i genitori siano parte in causa, i bambini poi lo apprezzano moltissimo.
Non voglio fare l’apologia della scuola, non è perfetta come vorrebbe essere, ma sono grata di averla incontrata perché ho visto germogliare la fantasia nei miei figli grazie a lei, e anche se amplificati rimangono li vedo scatenarsi in giochi dove l’elemento dell’immaginazione si fa negli anni sempre più complesso e articolato: credo sia la base della creatività, della capacità di intrattenersi, di essere curiosi, di conoscere il mondo.
@sabrina a me interesserebbe molto saperne qualcosa di più!
In ogni situazione di scelta occorre valutare più elementi, questo è indubbio. E magari a parità di elementi non è neanche detto che la scelta di una famiglia vada bene anche per l’altra.
Se volete vi racconto qualcosa in più della pedagogia e di come si puo’ portare (se interessati) un po’ della saggezza di questo “modo di intendere il bambino” anche in casa.
Mi piacerebbe parlarvi del ritmo, del gioco, delle regole, della tv, oppure forse preferite che vi parli del lavoro manuale, o del rapporto tra musica e matematica… si forse potremmo approfondire la questione del calcolo.
Dite voi se e cosa interessa…
@Sabrina sarebbe bellissimo se tu volessi approfondire questi temi. genitoricrescono è a tua disposizione 🙂
forse mi sono spiegata male, o meglio, per la fretta non ho spiegato bene quello che volevo dire.
sicuramente anche io non vorrei mai che mio figlio si “appiattisse” uniformandosi agli altri senza sviluppare una propria indvidualità o seguire le proprie attitudini indipendentemente da cosa fanno e pensano gli altri suoi coetanei.
ma non credo che la soluzione sia necessariamente fargli frequentare una scuola che non sia quella classica pubblica (che per quanto in profonda crisi è comunque abbastanza valida e poi, diciamolo, è quella più diffusa e più “a buon mercato”).
il mio pensiero si avvicina molto a quello di deborah, secondo me per alcuni bambini e in alcuni contesti va bene la scuola montessori o steineriana che sia, per altri anche no!
magari nel paesino dove abito e dove tutti i bambini si conoscono e frequantano dalla materna fino alle medie tutti insieme, spostare uno di loro in un’altra scuola totalmente diversa anche se migliore, probabilmente non gli gioverebbe.
Mia figlia che ha oggi 5 anni frequenta la scuola materna straniera. Mi sono resoconto della qualità dello iinsegnamento subito. Nel primo giorno di materna mia figlia era cosi felice che stato difficile portare lei via al termini della giornata scolastica, addiretura pianto per non andare via. Mia figlia a frequentato una materna privata al 3 anni enquanto aspettava di entrare nella materna straniera. Mia figlia quando tornava a casa era stressata aveva gli occhi triste, era dimagrita tanto e gritava molto. La differenza tra una materna e altra è notevole. Questo anno è il 2 anno di materna nella scuola straniera e lei gia sta se preparando per entrare nella primina e è tutta entusiasta e io sono orgogliosa di lei. Nella scuola straniera il bambino impara giocando e il giochi sono fato a posta e perfeisionato delle maestra. Vale a pena investire nella formazioni del proprio figlio. Nel mondo di oggi fa molta differenza.
Infelicemente le mamme che mi hanno domandato quale scuola frequenta la mia figlia sono state contrarie perché invece di vedere la qualità hanno visto solo il prezzo. La scuola straniera è buona per la mia figlia per la qualità di insegnamento e per me perché il 40% dei genitori sono stranieri cosi il razzismo se c’è non se vede.
E’ molto interessante ciò che dice Marzia, perchè alla fine le scelte che facciamo per i nostri figli non dovrebbe basarsi esclusivamente su presupposti ideali, quanto piuttosto su ciò che, in concreto, è meglio per loro in quel dato momento di vita.
Se ad esempio avessi iscritto mia figlia a una scuola montessoriana a 40 minuti da casa e l’avessi costretta a lasciare le amiche della materna, nonostante conosca i pregi del metodo montessori, non credo che, da un punto di vista umano, le avrei fatto un gran favore.
Il rischio per molti genitori in assoluta buona fede è quello di passar sopra i figli, solo perchè si vuol dar loro il meglio!
@Serena, hai ragione a dire che è interessante la paura di far sentire il proprio figlio diverso…Pensa che quando abbiamo parlato ad alcuni amici della possibilità di mandare nostro figlio in un asilo Steineriano è stata la prima cosa che ci hanno detto.
Però, se la scelta (assolutamente personale e non legata alle condizioni della scuola pubblica)di fargli fare un percorso “particolare” equivale, per noi, alla possibilità di offrirgli delle possibilità notevoli di formazione personale, perché dovrebbe essere un problema essere “diverso”?
Sabrina:
Grazie 🙂
Allora ero io che avevo capito male. Da come lo descrivi, è quello che fanno anche i miei figli (che frequentano la scuola pubblica normale, e verso la fine delle elementari hanno spontaneamente abbandonato l’uso delle dita).
Sono sempre stupita della tendenza a fare di ogni scelta una questione di schieramento. Io sono convinta che ogni scelta derivi da una serie di fattori unici, se i fattori fossero stati diversi molto probabilmente avremmo fatto scelte diverse. Io mi trovo nella stessa situazione: perchè due genitori tendenzialmente agnostici mandano il figlio in una scuola cattolica (pagando la famosa retta)? Perchè è stata l’unica che ha ascoltato i nostri personalissimi problemi, ci hanno pensato sù e poi mi hanno detto “ok, vi diamo una mano”. E hanno mantenuto la parola. Se mi fossi trovata con un bambino diverso, con un sistema scolastico locale diverso, se e se … allora non mi sarei neppure sognata di fare questa scelta. Quindi può anche accadere di scegliere una scuola non solo perchè se ne accoglie al 100% la filosofia e i metodi ma perchè è la risposta migliore alle proprie necessità. Forse moralmente non sarà un discorso perfetto ma la “mia” dirigenza scolastica pubblica mi aveva solo prospettato un insegnante di sostegno. Questo non mi fa dire che la scuola pubblica sia un disastro in generale o che la scuola privata/paritaria sia sempre una scelta preferibile, assolutamente! Per la scuola materna ad esempio non avevo messo in discussione l’istituto pubblico di zona ma è stato un tale disastro che mio figlio non ricorda neppure le sue insegnanti quando le incontra per strada, credo abbia rimosso! Ma molti altri bambini erano felicissimi. Insomma quello che io cercavo era una maggiore capacità ad accettare chi è un pò “diverso”, per assurdo io l’ho trovata in un ambiente notoriamente restio alla diversità …
@sabrina conosco perfettamente la questione “proprio per rafforzare la propria scelta (difficile) di stare al di fuori degli schemi. Ma è solo una strategia difensiva” :
https://genitoricrescono.com/libera-i-tuoi-demoni/
😛
@LGO: guardando mio figlio che è in quarta, a me sembra che apprendere la base del calcolo usando il corpo faccia si che il bambino immagazzini a livello di organizzazione fisica concetti che si imprimono fortemente: non è memoria è qualcosa di più. Capiscono non imparano solo.
Quindi poi i calcoli a mente si fanno più spigliati, il ragionamento matematico in generale, l’intuizione, la soluzione dei problemi diventa qualcosa di acquisito.
le dita le usi finchè ti servono, ognuno con i suoi tempi. quello che conta è: li sanno risolvere i problemi, li fanno i calcoli, le sanno le frazioni? si.
@Francesca e Close: forse, a scanso di equivoci, è meglio chiarire il contesto 🙂
Una legge dell’anno scorso prevede programmi di formazione degli insegnanti della scuola pubblica finalizzati all’individuazione precoce di dsa (dislessia etc). Questa cosa del contare sulle dita ci è stata ripetuta diverse volte dai formatori specializzati che tengono il corso nella mia scuola: il che non vuol dire, immagino, che chi conta con le dita è sicuramente discalculico, è solo uno degli elementi da tenere sotto controllo.
Generalmente si incoraggia l’uso delle dita per contare in una fase iniziale di apprendimento, mi chiedevo solo quanto dura questa fase nella scuola steineriana. Nell’ottica di un possibile passaggio dalla scuola steineriana alla scuola pubblica, per esempio (perché poi la scuola steineriana è anche abbastanza costosa, magari uno non se la può permettere a lungo 😉 )
“noi si che… la scuola pubblica invece…” vade retro…
Pero’ hai ragione… questa è una cosa che io per prima critico di chi fa una scelta “altra” come quella steineriana.
Molti tendono a gettare fango sulla scuola pubblica proprio per rafforzare la propria scelta (difficile) di stare al di fuori degli schemi. Ma è solo una strategia difensiva.
Inoltre quando paghi una retta ti scatta un meccanismo perverso: la tua scuola DEVE essere meglio per forza ma a volte è meglio solo in teoria.
@serena ma il fatto che i tuoi figli come i miei del resto sono gia’ “non uniformati” per definizione, dobbiamo per forza pensarla cosi’ senno’ ci spariamo (o torniamo in italia)!
@sabrina, grazie per la risposta – in un certo senso a me sarebbe invece piaciuto che si approfondissero i principi dietro la pedagogia, piu’ che le pratiche in se’, ma va bene cosi’. Solo, se posso permettermi un commento sull’ultimo tuo intervento, nei molti post che abbiamo letto con molto interesse questo mese, c’e’ stata spesso la tentazione di cadere nel “noi si che… la scuola pubblica invece…” che purtroppo alimenta il crearsi di fazioni tutto sommato futili, sappiamo tutti che ci sono maestri bravi e cattivi, che in molte scuole pubbliche la cosa funziona egregiamente, e tutti siamo coscienti che il bene dei bambini viene innanzitutto, come genitori, ma anche come maestri. A me piace questa serie di post che GC ci sta offrendo proprio come vetrina delle varie possibilita’ educative.
@Serena, la penso esattamente come te, ben vengano le diversità soprattutto se sono SANE, positive, semplici, innocue!!!
Ciao a tutte
l’idea di utilizzare le buone idee anche nella pubblica è sicuramente condivisibile, a patto che si capisca il senso profondo del perchè si fanno le cose e il motivo per cui vengono fatte.
ad esempio il lavoro manuale (come fare il portamatite ai ferri o il portaflauto all’uncinetto) non è un passatempo per tenere buoni i bambini, e non viene fatto solo per allenare la manualità fine, ma ci sono motivazioni molto più profonde e sensate che ora non potrei dire in due parole ma che possono riassumere molto sommariamente con la frase: esercitare la volontà.
inoltre una caratteristica essenziale delle scuole waldorf è l’autoeducazione del maestro, ovvero tutto un lavoro che il maestro fa su se stesso (piu interiore con l’autocontrollo e l’uso della volontà e anche esteriore con un particolare uso della voce, della postura, della gestualità…) e’ ovvio che poi ogni maestro porta la sua individualità ma di solito si tratta di maestri che hanno capacità incredibili di coinvolgimento dei bambini perchè hanno lavorato tanto sulle loro capacità relazionali.
questo elemento alla scuola pubblica come lo risolfi? i neomaestri che entrano in classe si sono mai posti almeno 5 minuti il problema? forse quelli con esperienza hanno imparato a forza di sbagliare che urlare (o al contrario fare gli amiconi) serve e poco e che ci vuol ben altro per ottenere attenzione, entusiasmo e partecipazione da parte dei bambini…
i bambini danno attenzione a chi se la merita!
Interessante questa paura diffusa di rendere il proprio figlio diverso! Io invece mi trovo spesso a pensare che spero proprio di riuscire ad aiutare i miei figli a non uniformarsi 😉
A me piace pensare alla diversità come ad una ricchezza. Non possiamo sperare che non si vestano (ridicoli?) come gli altri, che non si buttino dal ponte come gli altri, che non seguano mode insensate come gli altri, e poi aver paura che si sentano diversi, non credete? E’ un po’ la critica che mi viene mossa ogni volta che dico che viviamo senza la TV: “e non hai paura che i tuoi figli si sentano diversi?” E io rispondo: “lo spero bene”