Qualche anno fa, uscendo da un funerale della mamma di una mia amica – immaginate dunque lo stato d’animo -, percorrevo una strada piuttosto isolata, ma in pieno giorno, per recuperare la mia auto.
Appena salita in macchina, proprio accanto al parcheggio, una coppia stava litigando in modo da richiamare decisamente l’attenzione. In realtà non stavano litigando: lui, un ragazzino di circa 16/17 anni stava letteralmente braccando lei, poco più giovane, in un angolo tra due muri, tempestandola di insulti e impedendole, circondandola con le braccia, di muoversi. La bloccava nell’angolo con il suo corpo e inveiva con tale violenza che lei non proferiva neanche una parola: piangeva singhiozzando e cercava di divincolarsi, senza riuscire a uscire dallo strettissimo cerchio delle braccia di lui puntellate sui muri. Appena provava a forzarle, lui le dava una spinta e la rimetteva nell’angolo, bloccandola di nuovo.
Sono entrata in auto, uscita dal parcheggio e mi sono accostata a loro. Mi sono rivolta solo alla ragazza e le ho chiesto se avesse bisogno di aiuto: se voleva venir via poteva salire in macchina e l’avrei portata a casa.
Lui si è girato verso di me con gli occhi di fuori: era impossibile che davvero mi stessi mettendo in mezzo.
Senza pensarci due volte, ha raccolto un casco integrale da terra ed è venuto verso il mio finestrino, dal lato passeggero, che avevo tirato giù per parlare con la ragazza. E’ quasi entrato dentro con tutto il busto per minacciarmi: avevo più di 40 anni, ero vestita in modo serio e formale (visto da dove venivo) e ho continuato a guardarlo fisso negli occhi, parlandogli con voce calma. Insomma, lui aveva si e no 17 anni (il casco, inadatto a una moto 50 cc, mi fa supporre che avesse più di 16 anni e un mezzo più potente) e io avrei dovuto incutergli timore, invece mi minacciava, mi diceva che me ne dovevo andare e che mi avrebbe trovata, che adesso mi menava, eccetera eccetera, farcito di troia e varie.
Nessun freno inibitore, nessun timore.
Lei intanto era scappata: mentre io gli facevo pronunciare il suo sproloquio, lei aveva approfittato per andarsene di corsa. Brava. Suppongo abitasse nelle vicinanze e spero sia tornata di corsa a casa. Poi spero ne abbia parlato con genitori e abbia mandato lui al diavolo per sempre e magari abbia imparato, per il futuro, che gli uomini così, che abbiano 17 anni o molti di più, vanno lasciati, subito, senza indugio.
Quando ho visto che si era allontanata abbastanza, ho detto al ragazzino che stavo andando a denunciarlo, ho messo in moto e lui si è dovuto per forza sfilare dal mio finestrino. E’ andato subito nella direzione presa da lei, ma erano passati dei minuti. Ho fatto poi diversi giri in macchina per tutte le strade limitrofe per verificare che non l’avesse raggiunta, ma non c’erano più. Da questo ho dedotto che lei si fosse infilata nel suo portone, a pochi isolati, e lui avesse ripreso la moto, che purtroppo non ho identificato.
Avevano assistito alla scena (sia alla lite prima ancora che arrivassi io, che all’aggressione successiva nella mia macchina) due sessantenni, da dentro una piccola officina. Mi sono accostata anche a loro e gli ho detto, con calma, che erano due emeriti vigliacchi, dato che non avevano mosso un dito. Uno dei due ha ridacchiato “ma tra moglie e marito non si mette il dito”. Ho risposto che la “moglie” in quel caso, aveva l’età che certamente aveva sua nipote: ero quindi certa che non avrebbe “messo il dito” neanche se fosse stata lei, vero?
La storia è finita così. In realtà non avrei saputo chi denunciare: non avevo riferimenti se non una descrizione di due ragazzi normali, magari dei loro vestiti e del casco, ma erano dati ridicoli per una denuncia.
Perché ve lo racconto? Perché ieri abbiamo saputo dalla stampa che un diciassettenne ha ucciso la sua ragazza sedicenne e a me è tornata in mente questa vicenda. Una vicenda che appare molto diversa, ma che poteva anche essere simile.
Il ragazzo della mia storia era un ragazzo normale: eravamo in un quartiere bene, anzi, molto bene, ed entrambi erano i figli di quel quartiere. Ben vestiti, curati, carini a vederli. Di sicuro quella mattina avevano avuto qualcuno che gli preparava la colazione, l’avevano mangiata assonnati e annoiati e poi erano andati a scuola, in qualche liceo della zona o del centro. Magari avevano anche finito di studiare prima di vedersi sotto casa di lei e il giorno dopo saranno andati a scuola, saranno stati interrogati o avranno avuto un verifica.
Di certo non era il ragazzo in cura al SERT di cui parlano oggi i giornali e magari proprio per questo la mia storia è finita lì. Ma vai a saperlo…
Erano proprio uguali ai nostri figli.
Se li avessimo visti dieci minuti prima di incontrarsi o mezz’ora dopo, sarebbero stati due ragazzi come tutti quelli che frequentano i nostri figli.
In realtà potevano proprio essere I nostri figli. E questo fa paura.
Una la vittima, l’altro il carnefice.
Lei terrorizzata, lui senza remore. Non ci ha pensato due volte ad inveire contro una donna adulta, non ha avuto paura delle conseguenze, non ha neanche pensato per un attimo che stava sbagliando. Lei non avrebbe trovato altri, in quella via, disposti a intervenire: forse quei due vermi, se fosse accaduto qualcosa di peggio, avrebbero proprio chiuso la porta dell’officina, per essere certi di non essere messi in mezzo.
Poteva finire peggio. Stavolta è andata così.
Quando leggiamo sulle cronache che un diciassettenne ha ucciso una sedicenne, pensiamo sempre che a noi non può succedere. Non so nulla dell’educazione ricevuta dai due ragazzi che oggi sono sui giornali (anche se nel caso dell’omicida si parla come di un ragazzo già ritenuto pericoloso), non so nulla dei loro genitori, di quello che gli dicevano la sera prima di andare a letto o la mattina prima di andare a scuola. Non so nulla, ma ho chiaro che potrebbero essere figli nostri.
Non perché ritengo di essere stata disattenta nell’educazione di mio figlio, o penso che sia stato esposto a comportamenti violenti e ossessivi tanto da ritenerli normali. Non perché penso che sia lui un violento. Ma semplicemente perché quei due ragazzi che ho visto io, che forse sono diversi da quelli sui giornali, o forse no, erano proprio identici a mio figlio.
Magari no, non lo erano: lui era un arrogante, viziato e presuntuoso; lei era una debole, poco assertiva e dipendente da lui. Ma io che ne so?
Che ne so di come è fatto, di come si comporta a casa, di come va a scuola un ragazzino che poi esce e uccide la sua ragazza?
E allora non possiamo stare a guardare. Non possiamo più credere che non ci riguarda. Non possiamo più limitarci a educare noi in casa: dobbiamo pretendere anche dal contesto sociale messaggi diversi.
Non basto più io genitore responsabile, se là fuori media e istituzioni dicono che lo stupro è una messa in scena. Non basto più io genitore attento, se là fuori sui social media si tollerano messaggi razzisti e violenti. Non basto più io genitore solo, se neanche la scuola mi aiuta a parlare con i miei figli della varietà del mondo, terrorizzata dal fantasma del gender.
Non basto più e quindi devo pretendere che la società sia al mio fianco. E il mio livello di attenzione deve essere altissimo, sui miei figli, su quelli degli altri, sui messaggi che ricevono, su quello che pensano e dicono, su quello che leggono e ascoltano.
Leggo le vostre storie e sento sempre una stretta al cuore. Queste storie si somigliano tutte non c’è livello culturale o benessere che tenga. Il manipolatore nasce così.
Il manipolatore è sempre in agguato. Insegnare ai nostri figli maschi:
1)Il rispetto sempre e soprattutto nell’amore
2)L’amore non è proprietà
3) fare l’amore è giocare ridere sognare e lasciare all’altro la propria libertà poi è anche sensualità e tutto il resto
Alle figlie femmine principalmente il rispetto di se stesse e tanto altro.
Ma alla fine noi femmine cerchiamo il “bello e dannato”. Molte di noi confondono la gelosia con l’amore, la morbosità con l’affetto. Accettiamo di farci cambiare nel nome dell’amore per poi ritrovarci spesso insieme a uomini che ci manipolano, narcisisti che vogliono imperare per sentirsi virili. Non è permessa alcuna ribellione, in questi casi, pena, la morte che si traduce in tanti modi anche, per esempio, nel sottrarre e manipolare il proprio figlio contro di te dopo la separazione.
Io sono stata 15 anni con un uomo narcisista eppure ero grande quando lo incontrai. Quando ho deciso di lasciarlo, dopo l’ennesima lite, mi ha “ucciso” manipolando nostro figlio finchè lui non ha più voluto vedermi nè sentirmi. Nostro figlio ha completamente cancellato gli insulti a lui e a me, le cattiverie e le minacce. L’attenzione di suo padre è passata da me a nostro figlio cosi in un batter d’occhio. L’iter è sempre lo stesso: annientare l’altro per alimentare il proprio potere. Questo non è e non sarà mai amore. L’amore non ha agnelli sacrificali. Ma finchè la legge non sceglierà di prendersi cura DAVVERO di ciò che comporta essere narcisisti…non sarà possibile condannare certi atteggiamenti maschilisti meschini e violenti. Violenza non è solo lividi. I lividi sono anche quelli dell’anima, più difficili da curare.
Quando avevo sedici anni sarei probabilmente potuta essere al posto di quella ragazza. Il mio primo fidanzatino, dopo avermi convinta che ero stupida e brutta e che mai, mai, avrei avuto qualcun altro che mi avrebbe voluto bene, aveva iniziato a manipolarmi. All’inizio si trattava di piccole cose: mettiti le lenti a contatto, sei più carina, perchè non ti vesti così, staresti meglio! E all’inizio effettivamente aveva ragione e io gli ero grata per quei saggi consigli, visto che ero una tipica adolescente ancora mezza bambina che non sapeva proprio come trattare quel suo nuovo corpo. Poi, pian piano, ha iniziato a pretendere di controllare ogni momento della mia vita e quando ho provato a ribellarmi sono iniziate le botte. Ancora oggi a distanza di dieci anni, se il mio attuale ragazzo, persona adorabile e rispettosa e che non si permette neppure di alzare la voce contro di me perchè sa quanto la cosa mi spaventi, alza il braccio di scatto, magari per scacciare una zanzara, ho paura. Verso la fine del nostro rapporto sono addirittura arrivata a finire in ospedale con tre punti per una gomitata sulle labbra e più i miei sostenevano che fosse lui, più io mi chiudevo e non raccontavo nulla a nessuno e negavo l’evidenza. Credevo che nessuno mi avrebbe mai più voluto e che in fondo non valevo molto. Oggi ho faticosamente superato tutti gli strascichi emotivi di quella storia, ma ogni tanto leggo queste cose e capisco bene cosa prova lei. Credo davvero che sarebbe importante parlare ai ragazzi degli abusi e delle relazioni, molto molto prima che ci finiscano in mezzo senza sapere come gestirle
Cara Moonyreader,
Trovo stasera le tue parole e le rileggo piu’ volte per capirle davvero. Hai scritto qualcosa che lascia senza fiato, che tocca delle corde molto profonde.
La prima emozione che mi fai attraversare e’ la tristezza, il dolore, che una ragazzina si sia sentita cosi sola e invisibile da poter essere manipolata in una maniera cosi meschina, e violenta.
La seconda emozione e’ la commozione per come hai saputo crescere, uscirne, sbocciare nonostante tutto quello che ti era stato gettato addosso. La tua forza e’ ammirevole, stupefacente. Io spero che tu sia almeno un po’ orgogliosa di tutto quello che hai fatto.
Infine c’e’ l’ammirazione, per la tua consapevolezza e per la tua capacita’ di identificare davvero dove, e quando, e come, far mettere le radici a una stima di se’ che possa essere barriera a certi incontri che purtroppo talvolta la vita ti fa fare. Non ti meritavi di incontrarlo, sei stata straordinaria a fare tutta la strada fino a qui. Grazie, di avercelo raccontato. Profondamente, grazie
Grazie a voi piuttosto, perchè ne parlate. è tanto, tanto importante che i ragazzi capiscano bene a distinguere le situazioni di abuso, fisico e psicologico.
Oggi Amore del cuore ha detto che sono una creatura speciale, forse anche per quello che ho imparato da questa esperienza. Io mi fido di voi. 🙂
Moonyreader anch’io vedo solo ora e mi ricordi il brutto periodo con la figlia ventenne di una mia cara amica. Non sappiamo davvero se il suo ragazzo abbia alzato le mani, ma sicuramente l’ha manipolata, buttata giù, fatto prendere decisioni sbagliate per il suo futuro, e lei ha lasciato l’università. Di fatto era riuscita a convincerla che tutto il mondo era contro il loro amore e solo rinchiudendosi loro due staccandosi dal resto, lei aveva un futuro. Di quello che dici, da persona esterna che vuole bene a una ragazza giovane che non è mia figlia, riconosco appunto quel dover parlare e muoversi con i piedi di piombo, il terrore che si chiudesse e smettesse di raccontarci. è purtroppo un grosso limite e spero, da genitore, di riuscire a inculcare fin dalla prima infanzia ai miei figli che loro valgono, che sono persone importanti. Non so se funziona ma uno incrocia le dita e spera di aiutarli a farsi dei sensori. Ti auguro un mondo di bene e la speranza che la vita, l’amore per te stessa e quello degli altri nei tuoi confronti riescano a farti cancellare anche gli ultimi strascichi dei ricordi.
e scusami se mi permetto, ma per me è una domanda importante: dopo che hai superato questa storia, l’esperienza ti ha aiutato a identificare eventuali persone sbagliate per evitarle? Me lo chiedo sempre per la ragazza di cui ti dicevo, che adesso ha un nuovo fidanzato che non conosciamo, che sicuramente la rispetta e la ama, ma appunto, fino a quando non ce lo fa conoscere una sta sempre con il timore se sia un bravo ragazzo. Se è una domanda troppo privata, scusami e dimenticala.
E come vogliamo valutare il messaggio agghiacciante dato da istituzioni e stampa, dopo questo ennesimo, tristissimo ed inaccettabile femminicidio? La madre della ragazza aveva denunciato DUE VOLTE il ragazzo, senza ottenere alcun risultato; o meglio, come ha prontamente segnalato la stampa “ottenendo come unico risultato di inasprire ancora di più i rapporti tra le due famiglie”.
Ovvero: inutile denunciare i comportamenti violenti, i fidanzati e i mariti che alzano le mani; tanto la polizia non fa niente, e in più peggiori la situazione, magari quelli poi ti uccidono, a causa della tua denuncia!!!! Ottimo, direi.
Infatti, non vedo proprio cosa c’entri…Quella è ironia!
A me è capitato di chiamare la polizia per un uomo che prendeva per i capelli la sua compagna per strada, ‘mandiamo una volante che è in zona’…
Si, la societä ü sempre pi# violenta, volgare e brutale. Penso alla ultima pubblicitä , quella dell´asteroide…
Uccidere e´ normale.
Mah, davvero la pubblicità dell’asteroide mi sembra qualcosa di completamente diverso. Anzi, la società è problematica proprio quando non riesce a distinguere tra questo e quello.