Una tecnica per superare la paura

Io da piccola avevo paura dell’acqua. Avevo così tanta paura che sono scappata dalla vasca il giorno della mia prima lezione di nuoto, e poi non ho più imparato a nuotare fino a molti anni dopo. Dopo anni di bagni al mare non fatti, mentre i miei amici si tuffavano in corsa, mi sono detta che quella paura era totalmente irrazionale e dovevo trovare il modo di superarla. Così mi sono iscritta ad un corso di nuoto per principianti. Avevo 20 anni e ho passato le prime lezioni seduta sul bordo, senza riuscire a decidermi ad entrare in acqua. Guardavo il mio mostro e cercavo di fare la sua conoscenza, lentamente. Ci è voluto un po’, lezione dopo lezione, anno dopo anno, centimetro di pelle dopo centimetro di pelle, e alla fine ce l’ho fatta: siamo diventate grandi amiche l’acqua e io. Ora amo nuotare e trovo che andare in piscina sia una delle cose più rilassanti del mondo. E quando ripenso alla mia paura che mi ha impedito di nuotare per 20 anni, penso a quanto fosse sciocca questa cosa, e finisce che me ne vergogno un po’.

Foto mumucs utilizzata con licenza CC

Rendere le paure concrete

Però c’è una cosa che ho imparato da questa battaglia: per vincere le proprie paure bisogna imparare a conoscerle a fondo, renderle concrete, trovarne i confini. Occorre mettere in atto un processo di trasformazione della paura dall’ente astratto, privo di forma e di definizione, ad una cosa concreta, tangibile, misurabile.

E’ stato questo processo di trasformazione che mi ha fatto capire che in realtà non avevo paura dell’acqua (che poi, a pensarci meglio, cosa diavolo significa paura dell’acqua???), quello che ho capito piano piano è che quella che chiamavo paura dell’acqua era in realtà paura di sentirmi fuori controllo. Quando entravo in acqua entravo in un elemento di cui non sapevo nulla, che non potevo controllare in nessun modo: gli schizzi d’acqua miei e degli altri, i movimenti di braccia e gambe che corrispondevano a spostamenti bruschi del corpo, i muscoli che devono rilassarsi invece di tendersi come mi veniva più spontaneo fare. La mia paura dell’acqua in realtà era la paura di non riuscire a controllare il mio corpo e l’elemento intorno a me. E’ solo quando ho capito questa cosa che ho potuto superarla davvero.

Quante volte ci troviamo a pensare di aver paura di qualcosa mentre in realtà abbiamo paura di tutt’altro. O per dirla meglio, la paura sembra sempre un ente astratto, dai contorni appena delineati, inafferrabile. Non è un caso che la paura spesso è rappresentata da ombre, ci avete fatto caso? E’ per questo che bisogna cercare di guardarla da punti di vista differenti, per trovarne i contorni e renderla tangibile. Solo a quel punto si può riuscire a superarla veramente. Mi piace pensarlo come ad un processo di solidificazione della paura, anche se forse bisognerebbe chiamarla razionalizzazione.

Aiutare i bambini a superare le proprie paure

Quando i miei figli mi dicono di aver paura di qualcosa, cerco di aiutarli a capire meglio di che paura si tratta. Se si piantano sulla porta della palestra di un nuovo corso di – karate, nuoto, tennis, calcio… – e dicono di aver paura ma non sanno nemmeno loro spiegare il perché o di cosa, il più delle volte si tratta in realtà di una o più paure molto concrete, ad esempio:

– non so se riuscirò a fare quello che mi verrà richiesto di fare
– non conosco gli altri bambini, saranno gentili con me?
– non so se avrò il coraggio di dire al coach che non voglio fare una cosa

Alcuni bambini non hanno nessuna di queste paure, alcuni le hanno tutte. Ma se un bambino mi dice che ha paura e io gli rispondo che non c’è nulla di cui aver paura, 10 volte su 10 non l’ho convinto. Così come nessuno è mai riuscito a convincermi che non dovevo avere paura dell’acqua, semplicemente dicendomi che non c’era nulla di cui aver paura. La tecnica quindi è di imparare a descrivere e circoscrivere queste paure, e nel momento in cui diventano paure concrete è possibile studiare insieme delle strategie per risolverle:

– quale è la cosa peggiore che può succedere se non riesci a fare una cosa?
– come puoi fare per fare amicizia con altri bambini?
– cosa pensi succederebbe se dicessi all’allenatore che non vuoi fare una cosa?

Dopo aver provato a riflettere su queste domande, cerchiamo di dare delle risposte pratiche, pensando a strategie concrete da mettere in atto. Un bambino timido, preoccupato di non riuscire a fare amicizia, può aver bisogno di immaginare alcune frasi per approcciare un nuovo bambino e rompere il ghiaccio. Una volta che si è riusciti nel processo di rendere concrete le paure, diventerà molto più semplice per lo stesso bambino riuscire a pensare a delle soluzioni.

E le paure di noi adulti?

A volte sembrano diverse ma non lo sono affatto. Certo, le nostre paure possono nascondere un grado di complessità maggiore rispetto a quelle dei bambini, ma spesso se si tenta un processo di solidificazione della paura si scopre che si tratta di cose molto molto più pratiche di quello che sembra. E una volta identificato il problema, diventa molto più semplice trovare la soluzione.

 

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