Tema del mese: odio

Foto Hernán Piñera utilizzata con licenza Flickr CC
Foto Hernán Piñera utilizzata con licenza Flickr CC

Il tema dell’odio è diventato di attualità nel dibattito sui social media, con riferimento alle manifestazioni violente che si esprimono online: hate speech, espressioni di odio razziale, odio di genere, odio nei confronti di una persona in vista, odio verso una persona più debole, verso una categoria sociale.
Il fenomeno degli “hater” è diffuso e preoccupante: persone che si scagliano violentemente contro altre, pubblicamente, a volte mostrando apertamente la propria identità, altre volte con identità false, quindi senza esporsi.

E’ un odio particolare questo, è un odio debole. Non perché poco dannoso, anzi, è particolarmente insidioso, perché ramificato, invasivo, capace di instaurare catene di emulazione. E’ distruttivo nella sua efficacia persecutoria, ma è un odio debole in quanto vigliacco.
Non è l’odio epico, quello contrapposto all’amore: non ha nulla a che vedere con la passione, ha a che vedere con la frustrazione, con l’incapacità di fare i conti con la propria vita e con le proprie responsabilità.

A questa forma d’odio, però, possono facilmente essere esposti i nostri figli, sia come vittime, che come hater loro stessi, ma anche solo come spettatori di espressioni e catene d’odio sui social media che frequentano. Gruppi che si uniscono nell’unico comune interesse di essere violentemente contro qualcosa o qualcuno. Video o post che diventano virali e quindi quasi simbolici, destinati a deridere o diffamare.
“Fermateli!” “Vi prenderemo” “Pestiamolo!” “Stupriamola!” “Non scapperete!”
Uno degli aspetti caratteristici dei rapporti attraverso i social media è la caduta dei freni inibitori, e se in alcuni casi questo è il motore positivo di una esperienza creativa o emotiva, in altri casi è causa di manifestazioni odiose e deliranti. Credersi onnipotenti dietro uno schermo crea mostri e crea vittime.

Ma ricordiamoci sempre che il web e i social media sono solo un mezzo. La comunicazione dell’odio è diffusa in ogni ambiente sociale. Il linguaggio politico è linguaggio di odio verso l’altro, il linguaggio giornalistico è carico di stereotipi basati sulla contrapposizione tra categorie, il linguaggio del lavoro è carico di espressioni mobbizzanti, il linguaggio comune è pieno di “noi” e “loro” destinati a una presunta competizione insana, che genera odio.
Quando poi l’odio trova rappresentanti nelle istituzioni politiche più rilevanti, allora la preoccupazione per i nostri figli non è più soltanto un problema di esposizione a un linguaggio, diventa un problema concreto, di fatti e vita quotidiana: quando, per una legge, per una scelta politica, noi non saremo più “noi” e diventeremo il tanto odiato “loro”?
Quando i nostri figli saranno esclusi, allontanati, derisi, esposti alla pubblica gogna, se non anche picchiati e uccisi? Dite che esagero? Non erano forse figlie di qualcuno le tante donne uccise “per troppo amore” o per “gelosia”? Non sono figli di qualcuno i ragazzi che si suicidano? Non sono figli di qualcuno quei ragazzi spaventati che hanno attraversato l’inferno e mezzo mondo per salvarsi?

Poi c’è l’odio forte e intenso delle emozioni. Quello è un’altra cosa, è la natura umana, è la vita. Non è meno intenso e a volte pericoloso: l’odio è potente, come il suo opposto. L’odio
“Mamma, papà, io vi odio!”. Odio la mia vita, odio i miei fratelli, odio voi, odio questa casa, odio la scuola. Odio, odio, odio, c’è forse un’età dell’odio “buono”, quello che fa sentire vivi e fa appropriare della propria vita, quello del taglio del cordone ombelicale, quello della partenza per altri luoghi che siano ovunque ma non qui e adesso.
Fa male a chi odia e a chi è odiato. Il primo e ogni “ti odio!” non può lasciare nessuno indifferente.
L’odio personale è un sentimento che vive e prolifera nelle famiglie, anche e soprattutto quando la famiglia si scioglie: l’odio tra due persone che stanno dolorosamente sciogliendo un legame e prendendo atto della fine di un’epoca della loro vita, spesso rimbalza e si riversa sui figli e ne fa delle vittime dei loro genitori, che pure professano di amarli sopra ogni cosa.

Non sarà facile parlare di odio: sarà scomodo, fastidioso, duro. Lo faremo per un mese e cercheremo di coglierne diversi aspetti, perché pensiamo sia necessario educare non solo i figli, ma noi stessi a un linguaggio che rinunci all’odio in ogni ambiente in cui viviamo.

Prova a leggere anche:

Previous

Come vivere il cambiamento in adolescenza e non solo

Il bello delle vacanze fuori stagione

Next

2 thoughts on “Tema del mese: odio”

  1. Salve, sono un haters
    definirlo odio debole non so ai molti, si tratta di una questione di volontà propria che agisce. Se ne ho, posso sia convincere che sbattere al muro chi voglio io.
    Non la definirei di branco, sarebbe un errore, sarebbe qualcosa di stupido e ingenuo da dire, facile da banalizzare, la definirei piuttosto simile ad auto lesionismo. La volonta e un potere che ci sovrasta, una corrente e se la sfrutti sarà questa che domani ti usa come vuole.

    L’oppresso e il posseduto.
    chi lo subisce chi lo usa a bene placido o palesato gratuito.

    I miei genitori non si aprono sopratutto mio padre per questo ritengo che la parola vile o vigliacco non centra proprio, solitam il padre in famiglia e il piu temuto.

    L’odio è diretto, non fa perno, piu che essere insidioso non fa altro che rispondere a una domanda, interviene in mia difesa quando chiedo aiuto, quando la vita non da risposte, quando son solo a calpestare i miei diritti mal volentieri, ( espressione di volonta altrui mediante dogmi oppure obblighi ),

    è ovvio che se un figlio ha necessita di parlare va ascoltato e se non compreso del tutto almeno risposto , trovare un accordo, fare del dialogo di grazia famigliare, le famiglie dove accadono questi imprevisti sono famiglie chiuse, persone avide, infami, fanatiche dove risiede il germe della pazzia che ha la maggiore sul terreno della finta pace, il mio urlo a mio padre, tu vai cercando pace ma non dimenticarti hai due figli e una moglie, non la conosci la solitudine per mancanza la pace che tu cerchi non è il lieto adagiarsi.

    Ho detto la mia, vi ringrazio, per chi trova interessante anche i commenti otre la breve descrizione arredata non benissimo a mio avviso, ecco, ho lasciato qualche spunto di riflessione in piu.
    Ciao
    Anatra Pillai
    1985 old age SARDO

    Reply

Leave a Comment