Tema del mese: compiti

Esiste un ambito nel quale noi genitori di figli in età scolare ci muoviamo con grandissima fatica: quello dei compiti.
Non vi saranno sfuggite le lettere aperte sulla “scuola di vita”, che hanno inondato i social media qualche settimana fa, e le reazioni stizzite di chi i compiti ai figli li fa fare, o degli insegnanti colpiti dall’atteggiamento di certi genitori e l’immancabile onnipresente: ai miei tempi. Ai miei tempi si facevano un sacco di compiti eppure sono cresciuto bene. Ai miei tempi nessuno si sedeva con me ad aiutarmi. Ai miei tempi nessun genitore osava criticare gli insegnanti.
La discussione, insomma, è una di quelle difficili da affrontare, perché crea diversi schieramenti: tra genitori e insegnanti; tra genitori tra loro, divisi tra quelli che sono convinti che i compiti a casa siano utili e quelli che li vorrebbero aboliti; ma anche tra genitori e figli, come terreno di conflitto e frustrazione.
I toni sono spesso aspri da tutte le parti e non è sempre evidente chi abbia torto e chi ragione.
I compiti a casa sono quell’elemento che mette in contatto, in modo evidente e tangibile, la scuola con la famiglia e spesso, in una società in cui i tempi di convivenza tra i membri della famiglia si sono accorciati, diventano un ostacolo di difficile gestione al godimento del bene più prezioso dei nostri tempi: il tempo “libero”.

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Chiaramente non c’è nemmeno uniformità di schieramenti. E per ogni genitore che dichiara con orgoglio che i figli sono totalmente responsabili dei propri compiti e se la cavano egregiamente, c’è una schiera di genitori che si scambia messaggi su WhatsApp ogni pomeriggio per verificare se geografia è da pagina 14 a pagina 16, che forse il figlio ha scritto male sul diario, o per fare il conto degli esercizi di matematica da svolgere. Questo anche perché ci sono sempre molti aspetti diversi da prendere in considerazione, e la verità non è sempre una sola. Nella nostra cara pagina di genitorisbroccano ad esempio c’è lo sbrocco di una mamma che si è svegliata la mattina presto per finire la cornicetta sul quaderno del figlio, pensando di fargli una piacevole sorpresa, ma il figlio non ha apprezzato l’aiuto ricevuto. A volte facciamo qualcosa per i nostri figli, senza metterci veramente nei loro panni, e senza pensare che mentre pensiamo di aiutarli in realtà magari ci stiamo sostituendo a loro, e questo potrebbe giustamente irritarli.

E ieri, mentre ci accingevamo a scrivere questo post introduttivo, ben tre dei miei contatti facebook hanno scritto post sui compiti dei figli, ricevendo decine di commenti.
Il problema di fondo più evidente, infatti, sta sia nella capacità di delegare ai figli la responsabilità dei compiti, che in quella di delegare alla scuola l’educazione scolastica dei figli.

Poi c’è la discussione virtualmente senza fine se i compiti sono troppi o troppo pochi, senza contare chi dice con forza che i compiti sono totalmente inutili, addirittura costruendo su questo assunto movimento di pensiero social e petizioni.
Gli studi sulla pedagogia hanno fatto passi da gigante negli ultimi anni, e gli studiosi sanno oggi molto di ciò che è utile o ciò che è inutile all’apprendimento. Anche se la scuola non si è necessariamente adeguata agli sviluppi, proveremo a ragionarci su insieme.

Insomma in questo mese ci chiederemo a chi servono i compiti, cosa dice la pedagogia sui compiti, e naturalmente quale dovrebbe essere il ruolo dei genitori su questi argomenti. Quale gli atteggiamenti veramente utili al successo scolastico dei figli? E in cosa consiste questo successo: nell’ottenimento di buoni voti o di autonomie e competenze?
Ma vorremmo provare ad andare un po’ più in là: i compiti scolastici, non sono forse la rappresentazione di un più ampio concetto di dovere, che dovrebbe rientrare nell’educazione dei figli? Quali altri compiti, non scolastici, vorremmo che i nostri figli imparassero a svolgere? Quanto questo argomento è connesso con quello di responsabilità?

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