Quando ero molto piccola, i miei genitori si separarono e dopo qualche anno persi mio padre. Lui mi manca ogni giorno, da ventidue anni. Ho odiato mia madre per tutta l’adolescenza. Le dicevo che Lui sarebbe stato meglio di lei, come genitore. E lei, orgogliosa e ostinata, non rispondeva, lasciando che io ergessi quel muro.
Poi come capita a tutti, l’adolescenza mi è passata senza lasciarmi grossi danni cerebrali (o almeno, così mi pare), e ho provato a perseguire la strada dell’onestà intellettuale.
Diventata adulta, non senza sforzo, l’ho ammesso: quando mio padre se n’è andato di casa, la mia vita non è peggiorata.
Perché lui mi faceva paura. Almeno quanto il buio, i punk e la mia prozia. Non perché fosse particolarmente cattivo, ma perché ai bambini gli adulti che litigano fanno paura. Pensano di essere anche un po’ colpevoli, nel loro innocente egocentrismo. Pensano di meritarselo, quel malessere che provano, quando vedono i genitori, che è tutto quello che hanno al mondo, lanciarsi improperi e vituperi, se non stoviglie.
Però che possiamo farci, noi adulti: il litigio è uno dei modi in cui ci esprimiamo; càpita che in alcune coppie il litigio, a volte addirittura il sopruso o la violenza, fisica, psicologica o verbale, siano vere e proprie modalità di interazione. Certo, la violenza psicologica è quella più sottile da individuare, ma non crediate che i bambini non lo sentano nell’aria, il disagio.
Quando ciò accade, è possibile che ci si separi.
A mio avviso, per un bambino, la decisione unilaterale o consensuale dei propri genitori di s-comporre la famiglia è, oltre che una fonte di dolore, un insegnamento “emotivo”.
E’ fargli capire cosa possiamo tollerare e cosa no; è dare profonda dignità alla parte debole (se c’era) che subiva il sopruso; è privilegiare la qualità della vita di fronte a scelte meno traumatiche e altre più coraggiose; è prenderci la responsabilità del benessere di tutte le parti coinvolte, anche correndo il rischio di far male a qualcuno. A volte è solo lasciar vincere la vita, che ci porta sempre dove le pare, anche quando ci aggrappiamo ostinatamente a ciò che era.
Credo non serva, ma ricordarlo male non fa: separarsi è un lutto personale enorme, non conosco persone che si sono lasciate alla leggera, in presenza di figli. In questa rubrica non vi voglio convincere che se vostro marito/vostra moglie porta i calzini bianchi, allora separarsi è una forma di educazione emotiva per i vostri figli. Anche se portare i calzini bianchi, certo, è una colpa piuttosto seria, io ci rifletterei sopra.
Però se è accaduto, chiedetevi come ne siete usciti, ai loro occhi.
Davvero pensate che sia stato un fulmine a ciel sereno? Davvero i vostri figli non soffrivano terribilmente per i vostri musi, i vostri malumori, le vostre frecciatine? Se ora voi vi sentite meglio, si sentiranno meglio anche i vostri figli (a patto che non li utilizziate come traghettatori infernali di dispetti al/la vostro/a ex, naturalmente).
I vostri figli sono già abbastanza grandi per giudicarvi? Lo faranno sicuramente, qualunque decisione abbiate preso: partire o restare.
Non sono ancora abbastanza grandi per giudicarvi? Lo faranno sicuramente, a posteriori.
Dunque non siate parchi nel parlare dei vostri sentimenti: dite la verità, lasciando spazio anche alla verità dell’altro genitore, mostrate chi siete e quello che provate senza caricarli di responsabilità che non possono prendersi.
Vi potranno giudicare per aver racimolato ogni mese troppi pochi soldi; vi criticheranno per la disorganizzazione con cui prendete il vostro compito di uomo e donna di casa; diranno che avete trovato troppo in fretta/ troppo lentamente un nuovo compagno, ma almeno non vi accuseranno di non aver provato a essere felici.
E forse ne dedurranno che la felicità va cercata attivamente, anche sacrificando qualcosa che sembrava bello e poi non lo è stato più, e che valiamo abbastanza per non tollerare quello che ci fa male o che non è giusto per noi.
La felicità, la nostra e la loro, è anche poter dire: “Sorry, ho sbagliato, ricomincio da capo”.
– di Valentina Santandrea aka pollywantsacraker –
non so se qualcuno mi puoò rispondere, il mio compagno a tre giorni che è andato via, ha proposto a mia figlia di prendere un gattino che lui ha trovato chiedendole :vuoi prenderti cura di lui?mia figlia il giorno prima stava male , ma lui nn è venuto a trovarla!!!Mah, gli animali ci piacciono e abbiamo un cane trovatello, ma mi auguro che il padre non voglia sostituirsi con iun gatto!!!??? cosa ne pensate? Angela