Regolamenti scolastici contro la discriminazione di genere

La serietà delle intenzioni di una istituzione che vuole combattere discriminazioni e disuguaglianze spesso viene misurata da quanto esplicite e dettagliate siano le norme con cui si autoregola. Ecco un esempio di regolamento anti omofobia e anti sessismo nelle scuole primarie inglesi.

regolamenti-scolastici-discriminazionePiù che la “legge”, se c’è un mantra che contraddistingue, denota e caratterizza ogni contesto in UK, è la nozione di regolamento, o “policy“. Trovi un regolamento per tutto, ogni compagnia, ogni istituzione pubblica, è invitata, e si sente invitata, a mettere nero su bianco protocolli e politiche di varia natura.

In particolare, per legge, ogni scuola in UK, non importa se statale o meno, deve redigere, e rendere pubblici, una serie di regolamenti che riguardano il funzionamento scolastico. Alcuni regolamenti devono essere presenti obbligatoriamente, fra cui quello sulla sicurezza nell’edificio, la protezione dei dati acquisiti sugli alunni, la gestione di bimbi con bisogni educativi speciali, la libertà di informazione, le procedure per sottomettere reclami, il programma di educazione sessuale. Per altri non esiste un obbligo specifico, ma ugualmente la maggior parte delle scuole si sente in dovere di averli a disposizione. Tutti questi sono tipicamente disponibili in segreteria, e scaricabili dal sito web della scuola, se presente.

Regolamenti Scolastici: il genere in primo piano

Ispirata dal tema del mese, ho provato a fare un esercizio di raccolta e comparazione dei regolamenti scolastici sul tema genere ed orientamento sessuale di alcune scuole primarie, fra cui quella cui vanno i miei bimbi, esplorandone i siti web. Ho scelto scuole a varia denominazione, sia di stampo religioso (una cattolica e una anglicana) sia quelle completamente sotto l’egida della pubblica amministrazione. In tutte ho trovato un documento che esplicitava una “Equality Policy“, un regolamento sulle politiche di uguaglianza e discriminazione.

Vorrei riportare qui alcuni stralci, tradotti, di questi documenti, alla voce, appunto, “genere e orientamento sessuale”. Vorrei anche sottolineare che il testo è essenzialmente identico fra i vari tipi di scuola, incluse quelle religiose, il che mi fa pensare all’adozione di un testo, e quindi di una normativa, a carattere nazionale.

Alla voce “genere“, i regolamenti richiamano il “Gender Equality Duty” del 2006, che impone alla scuola lo specifico onere di educare al fine di eliminare discriminazioni e molestie sulla base del genere, e promuovere pari opportunità fra, cito: “alunni maschi e femmine, e fra uomini, donne e transgender“. Questo si traduce anche, ad esempio, nell’impegno che “il programma scolastico promuova modelli e ruoli con cui gli alunni possano identificarsi positivamente e che riflettano la diversità di genere, etnia e disabilità”  e nell’attivo monitoraggio degli alunni per genere, per valutare l’efficacia delle misure prese in tal senso.

Alla voce “orientamento sessuale“, i regolamenti richiamano le “Equality Act (Sexual Orientation) Regulations” del 2007, che ribadisce l’illegalità di operare discriminazioni, in termini di ammissioni, servizi o altre attività scolastiche, sulla base dell’orientamento sessuale. E si impegnano, nel programma di educazione sessuale, a tenere conto della varietà di orientamenti sessuali.

Discriminazioni e molestie: interventi

Nel recepire queste normative, i vari regolamenti elencano le norme che gli istituti si danno per identificare e trattare episodi di discriminazione o molestia, e nel fare ciò cominciano con definire cosa si intende per “episodio di discriminazione”. Si rifanno esplicitamente in questo ad una definizione riportata in quello che è noto come “Stephen Lawrence Inquiry Report“, il rapporto finale, pubblicato nel 1999, dell’inchiesta sulla morte di Stephen Lawrence, un ragazzo diciannovenne nero ucciso per motivi razziali mentre aspettava l’autobus in un quartiere di Londra. In un caso diventato emblematico, il rapporto stabilì che il modo in cui tale omicidio fu gestito dalle forze dell’ordine fu “istituzionalmente razzista” e servì a dare vita a tutta una serie di riforme ai codici penali e civili in materia di discriminazione.

Dunque, in base a questo rapporto, un episodio discriminante è definito come “un episodio che è percepito come tale dalla vittima o da qualsiasi altra persona”. Una definizione banale forse, ma anche molto potente nell’uso del termine “percepito come”: quello che conta è come la vittima si sente, non le intenzioni di chi perpetra l’atto.

Comportamenti Discriminatori

I regolamenti delle scuole passano ad elencare esempi di incidenti discriminatori, e fra questi troviamo:

  • Assalto fisico verso una persona o gruppo a causa di colore, etnia, nazionalità, disabilità, genere o orientamento sessuale;
  • Uso di nomi dispregiativi, insulti, o battute umoristiche;
  • Graffiti razzisti, sessisti, omofobici, o discriminatori;
  • Comportamento provocatorio, ad esempio indossare spillette o abbligliamento con messaggi razzisti, sessisti, omofobici o discriminatori;
  • Introduzione di materiale discriminatorio nella scuola;
  • Minacce o abusi verbali;
  • Incitazione a discriminare o a bullizzare sulla base di colore, etnia, nazionalità, disabilità, genere o orientamento sessuale;
  • Commenti discriminatori nel corso di una discussione;
  • Tentativo di reclutare altri in organizzazioni o gruppi discriminatori;
  • Ridicolizzazione di differenze individuali, per esempio nei gusti o tradizioni musicali, o alimentari, religione, abbigliamento eccetera;
  • Rifiuto di co-operare con altri sulla base di colore, etnia, nazionalità, disabilità, genere o orientamento sessuale.

Il regolamento impone a tutto lo staff di familiarizzare con i concetti di “pregiudizio” e “stereotipo” (le scuole offrono tipicamente corsi allo staff su Diversity and Equality), dal corpo insegnanti al personale amministrativo e di mensa, di essere a conoscenza di come identificare tali comportamenti,  come supportare ogni alunno sulla base delle sue esigenze individuali, e quale procedura utilizzare, e a chi riportare eventuali episodi, in una scala che parte dal personale che è nel momento a contatto con gli alunni, e procede fino all’insegnante responsabile, i presidi, la famiglia, ed eventualmente i governatori della scuola e l’autorità locale. Il tutto corredato da una modulistica che riporta le varie misure prese, nei casi in cui una semplice reprimenda non basta.

La mia esperienza personale è che il regolamento viene preso molto sul serio, non è soltanto una scartoffia fatta per adempiere ad un obbligo. Lo penso perché, in otto anni di frequentazione scolastica, corredata da naturali episodi di scaramucce in palestra, dispetti in sala mensa, o litigi all’intervallo, magari anche con spintoni, che a volte capita, una ed una sola volta abbiamo ricevuto a casa una telefonata dalla preside, quando con tono severo e fermo ci annunciò che il nostro primogenito, allora poco più che ottenne, era stato ripreso per aver usato la parola “gay” con intento offensivo.

Inutile sottolineare la lunga ed estesa chiacchierata a seguire.

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