Una punizione porta il punito a pianificare vendetta.
Una punizione fa sentire in colpa sia il bambino punito che il genitore che infierisce. E infatti si usa spesso la frase “l’hai voluto tu!” Che serve a liberare la coscienza al genitore, e a far infuriare ancora di più il figlio.
Una punizione mette a tacere ogni possibilità di dialogo tra le parti, essendo un percorso a senso unico.
Una punizione lascia un senso di rabbia nel punito e di insoddisfazione in chi infierisce.
Una punizione spesso non ha nulla a che vedere con la causa del comportamento, e a volte nemmeno con il comportamento stesso:
non fai i compiti allora non puoi andare agli allenamenti di pallone.
Chi riceve punizioni, viene spesso punito ripetutamente per lo stesso comportamento. Il che fa capire che la punizione non risolve nulla.
Una riparazione è un seguito naturale alle azioni.
Una riparazione ha il potere di dire al bambino che si ha fiducia il lui.
Una riparazione da’ la possibilità di recuperare ad un errore. Il che fa passare anche il concetto che errare è umano.
Una riparazione lascia una sensazione di giustizia sia nel bambino che nel genitore.
Una riparazione può essere effettuata sia dal bambino che dal genitore, a secondo di chi abbia fatto il torto.
La strada delle punizioni l’abbiamo adottata molte volte. E non c’è stata una volta in cui ho avuto la sensazione che funzionasse. Quando sembrava funzionare, non durava comunque a lungo. La minaccia di non potere vedere film attraversava mio figlio come una nebbiolina leggera del mattino. La privazione di qualcuno dei suoi giochi lo interessava come un documentario sulle piante del borneo. Il niente bicicletta era una boccata di vita, così poteva andare in monopattino. Il niente bicicletta o monopattino era solo una tortura per me che per farlo andare all’asilo dovevo inventarmi qualche altra cosa. Insomma, non sono mai riuscita a far funzionare le punizioni.
Un giorno è successo un fatto. Il Vikingo ha avuto un’idea di quelle che non hai nessuna possibilità di prevedere. Ha preso un coltello e si è avvicinato al pianoforte. Il mio cervello ha inviato un segnale di allerta alla mia bocca che ha iniziato a urlare” “VIKINGOOO NOOOOO!” Lui mi ha guardata e ha lasciato andare il coltello in una fessura facendolo cadere all’interno del pianoforte. Sia io che GG abbiamo iniziato ad inveire. Tra il “come diavolo ti è venuto in mente?!” e il “ma hai sentito che ti ho detto di no?!” lo abbiamo letteralmente aggredito. Per qualche ragione a me sconoscita mi è stato evidente subito che:
1. lui non aveva la minima idea del perché ci eravamo arrabbiati tanto
2. lui aveva agito d’impulso “c’è una fessura, vediamo se il coltello ci passa.”
3. lui non aveva la minima idea delle conseguenze possibili
Abbiamo iniziato a spiegargli che poteva anche essersi rotto il pianoforte. Che ora dovevamo controllare. Che anche se non si era rotto, comunque avremmo dovuto perdere un mucchio di tempo per aprire e controllare l’interno.
Lui era visibilmente colpito. Era incerto se scoppiare a piangere o arrabbiarsi con noi.
Poi ho pensato alle conseguenze.
Allora gli ho detto: ora papà deve perdere del tempo per vedere se si è rotto qualcosa. Il tempo è una cosa preziosa. Cosa puoi fare per far recuperare quel tempo a papà? Il Vikingo ha proposto di sparecchiare lui la tavola, e aiutare a sistemare la cucina.
Lo ha fatto con grande entusiasmo e attenzione. Ha sparecchiato tutto, e si è messo ad aiutarmi in cucina. Poi è andato dal padre tutto soddisfatto.
Attraverso il gesto di sparecchiare aveva potuto recuperare per un errore che aveva commesso. Questo lo aveva fatto sentire un bambino buono invece che un bambino cattivo. Se lo avessimo messo in punizione gli sarebbe rimasta la sensazione di essere incapace, di non ascoltare mai quello che dicono mamma e papà (etichette negative!) magari si sarebbe anche arrabbiato nei nostri confronti. Noi ci saremmo chiesti perché non riesce mai ad ascoltare, a fermarsi a pensare prima di agire, perché dobbiamo sempre punirlo. E invece dopo la riparazione, ci siamo sentiti tutti meglio. L’errore, assolutamente umano (nostro di non aver previsto l’imprevedibile, e suo di voler sperimentare con tutto), è stato riparato.
Certo il pianoforte non si è rotto, e non so come avremmo reagito altrimenti. Però il concetto di fondo è rimansto.
Dal quel giorno abbiamo bandito le punizioni da casa nostra e istituito discussioni sulle conseguenze di certe azioni e di come fare per riparare per il danno o il torto subito da altri.
Certo non è detto che accetti sempre ogni condizioni. Però si può sempre discutere la cosa in qualche modo.
Se non vuole aiutare a cucinare o ad apparecchiare allora gli dico che non ne ho voglia nemmeno io, e quindi dovremmo accontentarci di non mangiare nulla per cena.
Se non vuole sistemare la sua stanza, allora gli dico che dovrò farlo io, e che quindi dovrò perdere del tempo che dovrà farmi recuperare con qualche altro servizio.
Se si rifiuta di dare un gioco al fratellino, allora basterà ricordargli che in tal caso nemmeno lui potrà prendere nessuno dei giochi del fratello, nemmeno il trenino elettrico che a lui piace tanto.
Se strappa di mano un gioco al fratellino, allora dovrà chiedere scusa, e oltre a restituire l’oggetto preso con la forza, prestargli uno dei suoi giochi (magari uno dei preferiti).
Ogni azione ha una conseguenza. Ogni torto una riparazione.
Non è rose e fiori, e richiede una buona dose di autocontrollo da parte nostra, e a volte perdiamo la calma, e torniamo ad inveire. Però quando riusciamo ad seguire questo schema, ci sentiamo tutti molto, ma molto, meglio.
Ieri mi sono fatta mille domande. In questi giorni sono molto nervosa io, problemi che non c’entrano con sara ma che mi martellano in testa. E ho pensato che magari lei lo sente. Ma indipendentemente da questo, lei è una che sfida. Poi come sfida si tira indietro, ma sfida e lo fa di brutto.
Ecco, Marzia, indipendentemente dal perché, come e cosa, non è quello che fa lei che mi butta giù, ma la mia incapacità di trovare una reazione sensata. Ieri alla fine l’ho presa di brutto per un braccio, l’ho trascinata di forza sulla sedia e le ho detto di non scendere perché avevo una voglia matta di suonargliele. Se fosse solo ieri pace, ma lei queste sfide le fa spesso, sceglie chi e va. Infatti ora che ha scelto me è tutta dolce con papà, poi a volte inverte i ruoli.
Non sono le scenate che mi stravolgono, ma il fatto di sentirmi impotente, incapace, di stare lì a guardarla aspettando una soluzione che non trovo, mi sento persa! In questi giorni ho cercato conseguenze, e non ne ho trovate. Stamattina è andata meglio, solita crisi del mattino, ovvia, io ho fretta, lei no, è normale. Ma l’ho potuta gestire. Non ti cambi? Va bene, andiamo all’asilo in pigiama. Non vuoi mangiare? Certo tesoro, ma poi fino a pranzo niente. E così si è cambiata e ha mangiato senza storie. Poi mi ha fatto una scenata per scarpe e calzini, le ho detto che non mi sentiva, che non riuscivo ad aiutarla, che la lasciavo sola, se voleva una mano smetteva di urlare e mi chiamava e altrimenti io ero pronta a uscire. In macchina non ho retto più e ho urlato di brutto per una cosa sbagliata, poi le ho chiesto scusa, e ci siamo fatte una passeggiata piacevolissima. Ecco, una mattina intensa, liti e pacificazioni, non è facile ma è normale.
Quando invece non trovo la strada, allora perdo il controllo, e di sicuro non aiuto lei…
Silvia, mi sa che sulla stessa barca ci siamo tutte, e i giorni no facciano parte del gioco. Se ti consola…
Si, sarà una congiunzione astrale… o forse sono meteopatici tutti quanti (ma in effetti i bambini lo sono davvero)…
La riflessione che ci propone Serena la stavo facendo proprio oggi (dopo diverse ore, dopo aver raccolto nuove forze): devo capire cosa non va. C’è qualcosa in lui che proprio non mi torna. Poi quando il contesto non aiuta (tipo la maestra che te lo presenta come un caso a rischio per poi contraddirsi un attimo dopo e dirmi di non essere troppo dura con lui…) si fatica a mantenere la calma…
Il Sorcio poi sta patendo seriamente la stanchezza di fine anno scolastico (quest anno, con la prima elemntare, gli è cambiato il mondo). Credo proprio che dovrò stare molto attenta a capire cosa succede… Però che fatica…
Evidentemente oggi c’era una congiunzione astrale sfavorevole. Inoltre freddo e pioggia da giorni non aiutano. Comunque arrivo a casa dal lavoro e trovo stranamente l’intero parco nonni, uno più arrabbiato dell’altro. Ho scoperto dopo che, per uno sciocco frainteso, Nano aveva dato di matto per due ore, distribuendo giochi su tutto il pavimento della sua stanza e dando botte a destra e a manca. Tra nonni paterni troppo tolleranti e nonni materni troppo intolleranti, Nano aveva dato il meglio delle sue performance. Anch’io “volevomorire”. Poi ho respirato, ho gentilmente mandato tutti a casa, ho preso il piccolo teppista e gli ho detto che prima lo avrei ascoltato poi lui avrebbe messo tutto in ordine. Lo ha fatto. Poi gli ho ricordato quanto la presenza dei nonni sia importante per lui. Può non essere sempre d’accordo con loro ma non può superare i limiti del rispetto. Ho resistito alla tentazione di promettergli di lasciarlo nell’odiato asilo fino alle 18. Mi ha chiesto scusa.
So perfettamente che questa è stata solo una breve pausa ma più che di lui sono stata contenta di me. Non ho alimetato la sua rabbia, non ho promesso pessime punizioni che poi non avrei applicato, ho indicato una riparazione (chiedere scusa, anche ai nonni, e mettere in ordine). Non ci riuscirò ogni giorno ma per ora mi basta una volta ogni tanto
Daniela… evidentemente noi oggi abbiamo passato lo stesso pomeriggio…
Ti assicuro: stessa voglia di disfarlo. Sono esausta.
Lui normalmente non è uno che sfida: al massimo rifà le stesse cose 100 volte perchè prima non ti si è proprio filato e neanche si ricorda che avevi già detto di non fare quella cosa. Oggi no, oggi ha deciso la sfida aperta.
Ha iniziato a scuola sfidando la maestra (volevomorire all’uscita di scuola…). Sgridato per un gesto inconsulto (davvero inconsulto) e avvisato che sarebbe stato riferito a me, ha risposto: “tanto mamma non mi fa niente!”.
Ecco… rivolevomorire… mi sono sentita la sconfitta pesantemente addosso (abbattuta addosso dalla maestra… che lo guardava come uno borderline: quello che un giorno andrà a scuola armato e farà la strage stile campus americano…)
Per fare i compiti ci sono volute due ore e mezza (in prima elementare!). Anche perchè: ad ogni azione, conseguenza. Se scrivi deliberatamente male, per me, ricominci da capo. Anche 10 volte.
Perdonami. Oggi non so risponderti. Mi sento davvero amareggiata. Ma capita, capita a tutti.
Raccoglierò le forze e cercheremo insieme le risposte.
Daniela, Silvia ho l’impressione che i vostri pargoli stiano cercando di dirvi qualcosa. Vi viene in mente nulla? Prese di posizione del genere suonano proprio come un campanello d’allarme. Andate a rivedere il post dei bisogni di bambini, e controllate quale dei bisogni fondamentali (o forse tutti) non viene soddisfatto in questo periodo. Accertatevi di soddisfare i suoi bisogni, prima di ricominciate con le conseguenze. Lo so che è dura. Lo so. Vi assicuro che partendo dalla soddisfazione dei suoi bisogni, le cose cambieranno molto più in fretta di quello che riuscite ad immaginare in giornate come queste.
Psss, vi consiglio fortemente la lettura del libro consigliato proprio nel post
Ho questo post che mi martella in testa ogni giorno. E’ un periodo un po’ difficile, e con la grande ovviamente la cosa si vede subito. Sono giorni di liti bruttissime! E ogni secondo cerco la conseguenza e non la trovo. O meglio, la conseguenza si, ma il rimedio no. Per esempio sbatte i piedi in terra, le dico che non si fa, che c’è la signora che abita sotto di noi (e dev’essere una santa se ancora non si è lamentata) e lei lo fa di più. La conseguenza è che sotto sembra ci sia il terremoto, ma ovviamente a lei non interessa. Il rimedio? Ieri mi sono davvero stancata e le ho detto che se l’avesse rifatto saremmo scese a suonarle per chiedere scusa. E la cosa ha funzionato. 10 minuti. POi ha ricominciato, e io ho realizzato che rompere le scatole a quella di sotto non mi andava e ho evitato minacce a vuoto. Ma non mi è venuto in mente altro. O quando mi risponde scocciata e altezzosa “ehmbé”, o “non me ne frega” o “oh, ma sei noiosa”? E non ditemi di parlarle, ho provato, non funziona. Anzi, si arrabbia di più.
Quali sono i rimedi in questi casi? Per le risposte brutte, per lei che pesta i piedi, per quando sbatte le porte (quanto mi irrita!), quando ti tira una ciabatta, quando le dici di non fare una cosa e continua ridendo… Oggi mi ha fatta impazzire davvero, l’ho letteralmente trascinata su una sedia e le ho ringhiato di non muoversi. Avevo voglia di disfarla!
Non avevo letto il post! Ottimo visto che è un libro che merita diffusione!
Serena, anche la “nostra” Serena ha scritto un post su quel libro:
https://genitoricrescono.com/bisogni-bambini-disciplina/
Il link per la recensione fatta da me dopo aver letto “Discilplina. Un gioco da ragazzi” è questo http://mammacanguro.blogspot.com/2010/03/disciplina-un-gioco-da-ragazzi.html
Ciao, si bello il post. A questo proposito vi consiglierei di leggere il libro di Brigitte Racine “DISCIPLINA UN GIOCO DA RAGAZZI”. L’autrice parla proprio di bisogni affettivi, fiducia, sicurrezza, tempi di esclusività, punizioni, riparazioni, ricompense. Un libro che suggerisce modi semplici, concreti e efficaci per la gestione della quotidianità. Sul mio blog, ho scritto una breve recensione del libro http://www.libreriadelsanto.it/libri/9788821565847/disciplina-un-gioco-da-ragazzi.html
serena (mammacanguro)
Quanto hai scritto è non solo splendido, acuto, di grande consapevolezza,
ma è anche quanto emerge in campo degli studi sull’apprendimento del comportamento da anni.
Le “conseguenze logiche” inducono nei bambini una disciplina interna, che a differenza di quella coercitiva ed esterna li rende responsabili del proprio comportamento. Suggerisco dosi massicce di lodi, premi, privilegi, attività piacevoli per tutte le volte che il bimbo si comporta nel modo giusto, non diamolo per scontato, specie all’inizio, quando comportarsi in modo adeguato a lui costa molto e quindi va rinforzato.
Per aiutarci quando ci accorgiamo di perdere il controllo, occorre pensare al nostro dialogo interno: stiamo forse ingigantendo la portata del danno o stiamo pretendendo troppo dai nostri piccoli? Se modifichiamo i nostri pensieri estremi, funzioniamo meglio, non dobbiamo reprimere la rabbia, perché in noi insorgerà poca rabbia. Come potremmo insegnare al bambino a controllarsi se perdiamo il controllo di noi stessi, come ad es. nelle punizioni date con rabbia? Che modelli saremmo?
E’ l’idea che ho io, e ci provo! Purtroppo poi sul momento, quando in più davvero sei già oltre al limite da un po’, perdi completamente la lucidità e l’unico imput è “qualunque cosa purché te la faccia pagare” 🙁 Però in linea di massima ci provo: disturbi a tavola, quindi non stai con noi, mi hai fatto perdere un’ora per andare a metterti il pigiama quindi ho poco tempo per la storia, hai allagato il bagno quindi ora devo pulire e non posso giocare con te… Il problema è che ci sono dei momenti che la conseguenza non la trovo. Ma è un’arte che sto affinando.
Vedo che i complimenti non mancano. Ed anch’io avrei voluto scrivere “splendido post”. Davvero, è una bellissima storia, e un bellissimo esempio di vita vissuta.
Indubbiamente è una bellissima svolta pedagogica che andrò sicuramente a mettere in pratica, perchè trovo sia migliore
Ma quante bottiglie di gocce di melissa e passiflora mi costerà.
E quanti OMM meditativi dovrò fare per riuscirci?
Qualunque sia il costo ne vale la pena!!!!
Questo post (e parlo da educatore e futuro padre) è fantastico.
La sensazione che ho è che nel concreto non è necessario che cambi qualcosa: se prima facevo sparecchiare la tavola a mio figlio come punizione, ora lo faccio come “riparazione”. La rivoluzione copernicana sta nell’atteggiamento, nell’approccio, nella motivazione, nel dialogo.
Una cosa, per un bambino/ragazzo, è pensare di essere punito perché mamma e papà sono cattivi, altra cosa è comprendere che nella vita le nostre azioni hanno delle conseguenze.
Per il resto hai già, abbondantemente, detto tutto tu.
Complimenti,
andrea
Magnifico post!
Il passaggio dalla punizione (versione pedagogica della famigerata legge del taglione) alla presa di coscienza delle conseguenze delle proprie azioni (e conseguentemente alla necessità di fronteggiarle) è l’equivalente di una rivoluzione copernicana in ambito educativo.
Solo dialogando (ovviamente utilizzando un linguaggio adeguato) con i nostri bambini potremo aiutarli a diventare degli adulti indipendenti e responsabili.
Grazie Paolo! Wow! Come mi piace pensare che sia una rivoluzione copernicana in ambito educativo. Mi aiuta a capire come mai a volte è difficile rimanere fedeli a questo schema, perché ogni rivoluzione ha i suoi tempi di maturazione. Ma veramente il risultato è sorprendente, e dal”osservazione dei risultati si prende la forza per continuare.