Dalla potestà alla responsabilità dei genitori

La relazione giuridica tra genitori e figli è cambiata drasticamente negli ultimi anni, passando dal concetto di “potestà” a quello di “responsabilità”.

compiti_genitoriNel 1975 venne attuata una riforma del diritto di famiglia, che determinava un profondissimo cambiamento culturale: spariva per sempre dal nostro diritto il concetto di PATRIA POTESTÀ, ovvero un diritto/potere di indirizzare le scelte relative ai figli, attribuito solo al padre.
Fino a quel momento, in caso di disaccordo tra i genitori, la volontà del padre prevaleva su quella della madre. La madre aveva comunque un potere di indirizzo, ma superabile da quello paterno. La disparità tra i genitori era enorme.

Nel 1970 in Italia era arrivato il divorzio: dopo cinque anni appariva sicuramente impossibile gestire i conflitti tra coniugi separati attribuendo un potere maggiore al padre. Così nel 1975, appunto, la nuova formulazione della relazione genitori-figli divenne: POTESTÀ GENITORIALE.
Nessuno dei due genitori poteva prevalere sull’altro nell’esercizio del potere di indirizzo sulla vita dei figli. I conflitti andavano risolti o per accordo, o demandandoli al giudice.

Se, come me, siete nati prima del 1975, avete trascorso un periodo della vostra infanzia in cui vostra madre non avrebbe potuto far prevalere le sue decisioni su quelle di vostro padre. Ve ne eravate mai resi conto? Oggi sembra incredibile.

Fino all’anno scorso, dunque, abbiamo agito, lavorato, vissuto, cresciuto i figli avendo su di loro la “potestà genitoriale”, appartenente in modo paritario ad entrambe i genitori, a prescindere dal legame matrimoniale.
La potestà genitoriale è un potere attributo ai genitori esclusivamente nell’interesse dei figli minori, nei cui confronti hanno, prima di tutto, il dovere del mantenimento, dell’istruzione e dell’educazione, nel rispetto delle loro inclinazioni e desideri.

Nell’esercizio della potestà, quindi, sono attributi poteri tanto in funzione degli interessi personali che degli interessi patrimoniali del figlio: il genitore, infatti, ha un potere-dovere di cura della persona, di sostegno e di vigilanza, ma ha anche l’amministrazione dei beni del minore e la rappresentanza per i diritti patrimoniali.

Per questo motivo, la potestà, in casi di gravi comportamenti che ledono i diritti dei figli, può essere sospesa, con provvedimento del Tribunale per i minorenni.
Attenzione alla confusione che spesso si ingenera: l’affidamento esclusivo di un bambino, non significa decadenza dalla potestà, oggi responsabilità, genitoriale che ha su di lui il genitore non affidatario. Si tratta di due istituti del tutto diversi, ma che hanno ricadute uno sull’altro.
L’affidamento esclusivo a un genitore, che oggi è ipotesi residuale e che deve trovare valide motivazioni nell’interesse del minore, comporta che il genitore affidatario esclusivo eserciti la potestà, oggi responsabilità, in via esclusiva, ma l’altro non ne è decaduto.

Con il D. Lgs. n. 154 del 2013, entrato in vigore nel febbraio del 2014 (lo stesso che ha sancito l’equiparazione tra figli legittimi e naturali, prevedendo la scomparsa di tali diciture, in favore di “figlio” e basta), l’ordinamento ha recepito un ulteriore cambiamento culturale: i genitori non hanno un potere sui figli, bensì hanno delle responsabilità nei loro confronti.
Per questo dal 2014 si deve parlare di RESPONSABILITÀ GENITORIALE nei confronti dei figli minori, cadendo definitivamente ogni riferimento alla potestà, al potere.

  • Cosa significa in teoria.
    Le implicazioni culturali possono essere molte. Prima di tutto la legislazione appare sempre più “figlicentrica”, soprattutto nei confronti dei minori.
    Già con la riforma del 2004 che investiva i principi posti alla base del procedimento di separazione e divorzio, si era detto che ogni decisione presa dal giudice nel momento della crisi familiare, dovesse tener conto in via prioritaria degli interessi dei figli minori.
    Oggi si sancisce questo interesse prioritario per i bambini, ponendo i genitori nella posizione di custodi responsabili dei loro figli.
    Dal punto di vista della coppia, questo concetto realizza ancor di più un principio di assoluta parità: nessuno dei genitori può esprimere un potere, una potestà e addirittura un diritto che sia svincolato da quello dei figli. Quindi non c’è alcuno spazio per prevalere sull’altro genitore.
    I genitori condividono, alla pari, una responsabilità e non una posizione di privilegio o di supremazia. Ogni scelta operata nei confronti dei figli, li coinvolgerà entrambi: anche escludere l’altro genitore in modo illegittimo, costituisce un elemento di responsabilità nei confronti dei figli.

  • Cosa significa in pratica.
    In pratica il cambiamento non ha effetti dirompenti. Questa modifica segue un orientamento giurisprudenziale che già aveva fatto della potestà genitoriale un diritto/dovere fondato sulla responsabilità nei confronti dei figli: insomma, si tratta di un adeguamento a una mentalità già operativa.

    Il codice non definisce tale la responsabilità per una precisa scelta (il concetto potrà evolvere con l’evoluzione sociale e giuridica della società). Questa è esercitata di comune accordo da entrambi i genitori e sempre di comune accordo i genitori stabiliscono la residenza abituale del minore. Non cessa a seguito di separazione, scioglimento, cessazione degli effetti civili, annullamento, nullità del matrimonio, scioglimento del vincolo di fatto.
    Se uno dei genitori è impossibilitato all’esercizio della responsabilità (lontananza temporanea, incapacità, altro impedimento fisico o di salute) la responsabilità è esercitata in modo esclusivo dall’altro.

    Se non c’è accordo sull’esercizio della responsabilità, ma solo su questioni di particolare importanza, ciascuno dei genitori può ricorrere senza formalità al giudice indicando i provvedimenti che ritiene più idonei.
    In questi casi il giudice, sentiti i genitori e ascoltato il figlio minore che abbia compiuto i 12 anni (ma anche di età inferiore ove capace di discernimento), suggerisce le determinazioni che ritiene più utili nell’interesse del figlio e dell’unità familiare.
    Se il contrasto permane il giudice attribuisce il potere di decisione a quello dei genitori che, nel singolo caso, ritiene il più idoneo a curare l’interesse del figlio (dalle situazioni di empasse, è necessario uscire in qualche modo).

    Poiché non ci sono più differenze tra figli nati nel matrimonio e gli altri figli, il genitore che ha riconosciuto il figlio esercita la responsabilità genitoriale su di lui.

    Quando vi sia un genitore che non esercita la responsabilità genitoriale (perché ne è stato giudizialmente privato – decaduto – o è impossibilitato), questi ha comunque il diritto (/dovere) di vigilare sull’istruzione, sull’educazione e sulle condizioni di vita del figlio.

    La responsabilità genitoriale si esprime, in concreto, attraverso una serie di diritti e doveri che gravano sui genitori esercenti tale responsabilità:
    – dovere di mantenimento, in proporzione al reddito, che comporta il diritto del figlio di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni;
    – dovere di crescere il figlio in famiglia (nei limiti del possibile, ma comunque nel senso di non delegare a terzi senza motivo);
    – dovere di far mantenere al figlio rapporti significativi con i parenti;
    – rappresentanza del figlio minore e amministrazione dei suoi beni;
    – usufrutto sugli eventuali beni del figlio minore.

Come vedere l’argomento si dirama in moltissimi altri, che meritano ognuno un analisi più approfondita. Per ora vi ho offerto questa carrellata su temi che certamente avremo modo di approfondire. Anzi, aspetto suggerimenti su quale affrontare per primo.

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