La pazienza è la stella polare.
Quella che ti guida attraverso la tempesta quando i tuoi figli si fanno strada nell’età adulta distruggendo in maniera sistematica tutto quello che siete state per loro sino ad allora.
È quella che ti aiuta mentre attorno a te altre persone, in altri contesti, con altre vite e altri problemi, ti spiegano comesifà arrabbiandosi poi moltissimo quando scoprono che infine hai fatto come volevi tu.
La pazienza serve moltissimo certi lunedì mattina ma diviene indispensabile durante quei sabati solitari – tuo marito lontano – in cui ti ritrovi a moderare pigiama party turbolenti e torna improvviso il ricordo di altri sabati pieni di amici, di risate e relax.
La pazienza è necessaria quando tiri fuori l’abito che hai indossato lo scorso Natale e scopri che non ti entra più, ché durante l’anno hai finito il cibo che i ragazzi lasciavano nel piatto perché tua madre ti obbligava a farlo indossando un’espressione supplice da “pensa a quei bambini che muoiono di fame” così mangiavi tu per loro e l’imprinting ti è rimasto.
La pazienza ti siede accanto mentre guidi di notte tra borghi umbri silenziosi e vuoti, circondati da ulivi e boschi di querce, unica auto in transito tra antiche case padronali dalle persiane sbarrate, i portoni chiusi, le strade buie, in cerca del locale tanto più trendy quanto più è nascosto dove tua figlia ti aspetta perché tu la vada a riprendere e curva dopo curva la pazienza – paziente fino a quel momento – piano piano si allontana per fuggire via di corsa quando un cinghiale ti attraversa la strada. Allora al posto suo arrivano sonori bestemmioni.
La pazienza, recita Wikipedia, è una qualità: la facoltà umana di rimandare la propria reazione alle avversità, mantenendo un atteggiamento neutro. La capacità di accettare le difficoltà, le avversità, le molestie, le controversie, con animo sereno e con tranquillità, controllando la propria emotività e perseverando nelle azioni.
Ecco, io temo che la mia scorta di pazienza finisca, prima o poi.
Per rimandare il momento mi ricarico ascoltando Wuthering Heights nella versione di Karliene, giovane cantante di origini celtiche che prima mi ha innervosito ma poi l’ho ascoltata più e più volte e adesso non riesco più farne a meno. Fatelo anche voi, abbiate pazienza.