Intervista ad una professoressa

Com’è il rapporto tra noi genitori e gli insegnanti dei nostri figli? Come ci vedono gli insegnanti e come vorrebbero poter parlare con noi genitori?
Vi proponiamo un’intervista a Maria Carmela, insegnante di lettere in una scuola media di Roma e mamma di due bambini, il più grande in prima elementare e l’altra alla scuola materna.

Qual è oggi il rapporto dei genitori con la scuola? Troppo presenti o troppo distanti?
La scuola attualmente ha aumentato nel corso dell’anno scolastico le occasioni di incontro “docenti-famiglia” al fine di stabilire e stimolare un dialogo costante, la conoscenza reciproca, l’ascolto, la valorizzazione delle potenzialità per la migliore crescita formativa dell’alunno.
La scuola si colloca, quindi, in un quadro formativo che riconosce alla famiglia la corresponsabilità educativa dei ragazzi. Si pone, inoltre, quali obiettivi imprescindibili, di promuovere una maggiore partecipazione dei genitori alla vita scolastica, nonchè di suscitare un atteggiamento di fiducia verso l’istituzione che permetta loro di sentirsi meno soli nell’affrontare il difficile compito dell’educazione.

Quali sono le maggiori difficoltà per un insegnante nel rapportarsi con i genitori?
Molti genitori sono consapevoli del fatto che la scuola non sia solamente un luogo deputato alla formazione culturale dei ragazzi, ma che faccia parte di un più vasto progetto educativo.
La missione dei docenti e dei genitori fallisce se non si aprono, se non si confrontano, se non collaborano e se non si assumono consapevolmente delle co-responsabilità.
Le difficoltà che incontra l’insegnante sono il più delle volte legate al fraintendimento di questi principi di base. Spesso si relega l’equipe pedagogica ad una sorta di “tribunale” capace solamente di registrare voti, insensibile al vissuto dell’alunno.

Come definiresti i diversi ruoli di scuola e famiglia nella vita di un bambino e poi di un ragazzo?
La scuola indubbiamente è l’esperienza più complessa e formativa della vita di un ragazzo.
E’ in questo ambito che questi impara a rapportarsi agli altri, siano essi adulti o pari e ad incontrarsi e scontrarsi con un’autorità diversa da quella genitoriale. A scuola il ragazzo impara ad essere responsabile delle proprie azioni, pagandole anche con strumenti differenti da quelli usati in casa (per esempio le note) e a crescere e maturare in un ambito variegato, sia dal punto di vista affettivo (simpatie e antipatie), sia da quello emotivo (entusiasmo e preoccupazione, sforzi e appagamenti).
Le dicotomie, quindi, in ambito scolastico sono tante ed è per questo che vivere tale esperienza ha un valore formativo, educativo e di crescita. I genitori devono, pertanto, comprendere che gli scontri “civili” tra pari, gli insuccessi, segnano sempre e comunque un passaggio evolutivo necessario.
La fase più difficile e imbarazzante per un insegnante è, spesso, dover affrontare con le famiglie discorsi che riguardano le difficoltà sia didattiche quanto emozionali dei ragazzi. Giustificare e proteggere i propri figli non significa trovare buone soluzioni agli ostacoli, ma evitare un dialogo costruttivo e una cooperazione.

Prova a leggere anche:

Previous

Inserimento al nido: il distacco

E se a scuola non ci andasse? Cos’è la “scuola paterna”

Next

Leave a Comment