Quando arrivo davanti a scuola mi dicono che sono una mamma dall’aria leggiadra e solare.
Mi dicono che sorrido sempre e non me la prendo se intorno a me regna il delirio.
Mi dicono che cammino come sospesa su una nuvola, saluto tutti affabilmente, mi rendo disponibile a chi mi chiede un’informazione.
Mi dicono anche che ispiro calma e tranquillità, con le mie collane colorate e le mie sciarpe al collo, i miei anelli grandi e le mie borse pesanti come macigni.
Sara’. Senza volerlo all’esterno maschero le tensioni che porto addosso, i litigi interminabili che i miei figli consumano tra le mura domestiche.
Esco dal portone e mi affaccio al mondo come fuga dai contrasti che quotidianamente vivo.
“Ma guarda che è salutare”, mi ha detto qualcuno, “lascia che gestiscano da soli le loro dinamiche tra fratelli”.
Sara’, mi trovo a dire e a sospirare con rassegnazione.
Sara’, ma ugualmente a volte accettarlo e’ difficile.
Soffro nel vedere che non si riesca a godere di una cena in pace perché il litigio domina ogni istante. L’attenzione che ognuno riversa sui fratelli e’ più importante della bellezza del momento.
Li guardo e mi arrabbio.
Finiamo la cena e quando abbiamo sparecchiato a turno li lascio uscire e resto sola in cucina.
Mi attardo a finire il mio bicchiere di vino e resto seduta a guardare il muro verde di fronte e le foto di loro da bambini con gli occhi grandi e il sorriso accennato.
Fuggo, pur restando li’ seduta.
Fuggo con la mente a lidi lontani, ai prati sconfinati in cui correvo da bambina, alle montagne aspre e nascoste, all’acqua fredda e trasparente in cui mi rifugio d’estate.
Fuggo immaginandomi chissà dove, nei prossimi anni, su quali strade, con quali persone, davanti a quali orizzonti.
Mi chiedo cosa sto facendo con questi figli che a volte mi sembrano lontanissimi da me. Vedo il loro sguardo volitivo e il carattere imperioso, il sorriso aperto e la fisicità forte e necessaria.
Un continuo movimento, un vortice in cui a volte mi trovo impigliata senza riuscire a farmi trascinare serenamente. Inciampo nelle loro discussioni, a volte degenerano in insulti gratuiti e ferite nel mio cuore.
“I tuoi figli sono unitissimi”, dice una delle mie amiche
Lo credo anch’io, in fondo, lo vedo nelle pieghe delle loro parole, nelle frasi sconnesse e brutali, nei dispetti che si inseguono senza sosta.
Lo vedo, nonostante tutto questo.
Ma mi pesa lo stesso.
Reclamo le loro carezze, una dolcezza che non ho il piacere di vedere nella quotidianità, solo in alcuni momenti, tardi, la notte prima di dormire.
Fuggo a intermittenza, quando il cuore non ce la fa, e guardando le liti furiose e le frasi pungenti vorrei solo sparire, essere in un altro luogo, soccombere e ficcarmi sotto una coperta spessa e pesante.
Non riesco a risolvere, giro la faccia, vedo che gli arbitri studiati a tavolino ottengono solo un devastante effetto contrario.
I miei bambini sono la mia vita, sono le mie viscere e il mondo su cui ho ricamato intorno tutto il resto.
Sono ciò che da un senso a tutto il mondo intorno.
Esco con gli amici, nell’estate profumata ormai alle porte, ascolto felice il profumo dei gelsomini in fiore, sorrido con le amiche di sempre con in mano uno spritz e un pacchetto di patatine alla paprika, le mie preferite.
Sorrido, giro lo sguardo e vedo tre bambini che lanciano un pallone convinti, giocano con i loro amici e si sentono felici.
Ciò che sento ruota intorno a quest’immagine, ed e’ giusto così.
La mia legittima fuga e’ un’immagine che custodisco stretta, un azzurro che sfuma verso il blu e che sa di tempi lontani, castelli di sabbia e corse sulla spiaggia, quella torre, la strada che improvvisamente sale e rivela, come d’incanto, una striscia azzurro turchese.
Una fuga che ho fatto davvero, questo week end, lontano da tutto.
L’isola da cui tutto ebbe inizio, quella stessa bambina che adesso respira il mirto e la liquirizia, che percorre sentieri nascosti, guarda lontano, trova la sua dimensione in un tramonto silenzioso, che profuma di vento e di sguardi.
Mi ritrovo qui, e da qui riparto.
Quando tutto, a giugno, finalmente prova a chiudere il suo cerchio.