Questo post di qualche giorno fa ha acceso un’interessante discussione. Animata anche da Francesca, che ci invitava a riflettere bene sul significato del termine “downshifting”, che dovrebbe rappresentare una scelta di decrescita consapevole e libera, non una conseguenza della disoccupazione femminile, come troppo spesso accade.
Per questo ci è venuto in mente di parlare proprio con Francesca, autrice del blog Il mio mondo nuovo, di un suo progetto familiare, di crescita in una nuova vita, più che di decrescita.
La storia di Francesca nasce da un evento fin troppo frequente, lo stesso di cui parlavamo in quel post precedente: una donna svolge il suo lavoro con competenza e passione, ma poi ha un figlio. E a quel punto l’ambiente di lavoro diventa ostile e si è fuori.
Da lì, ci si ritrova a prendere atto che è più logico stare a casa con i figli e lavorare sui propri consumi. E se questo, però, non fosse solo la soluzione di una donna, ma diventasse un progetto familiare? Se quel primo lavoro “normale” perduto, fosse la spinta per lasciare anche l’altro? Se l’autoproduzione diventasse produzione e poi impresa? E se una famiglia decidesse di cambiare vita?
C’era una volta una ragazza che lavorava sfruttando a pieno la laurea in ingegneria faticosamente guadagnata con 5 anni di studi e sudore. Poi, un bel giorno, lei e suo marito decisero di concepire un bambino: e fu così che lei perse il lavoro. Come per incanto il contratto che le garantiva un posto di lavoro per 4 lunghi anni svanì nel nulla e lei si ritrovò a dover scegliere tra un contratto a progetto con scadenza la data prevista del parto o niente. Scelse niente.
E questo è l’antefatto, ovvero la storia di come mi sono ritrovata a fare la mamma a tempo pieno.
Non mi sono messa a cercare subito un altro lavoro sia perché pensavo che donna+sposata+bambino piccolo fossero delle penalità sufficienti a non farmelo mai trovare, sia perché volevo a quel punto approfittare per godermi a pieno i primi anni di vita di mio figlio.
Era il 2008: due anni dopo è nata la nostra secondogenita.
Nel frattempo quello che ha continuato a lavorare è stato solo mio marito. Abitiamo fuori Roma e per il tragitto casa-lavoro trascorre numerosissime ore in macchina nel traffico.
Lui ha sempre fantasticato su una vita in campagna: appassionato di energia alternativa immaginava una casa indipendente dal punto di vista energetico, immersa nel verde.
Ma durante l’estate del 2010 ha espresso il reale desiderio di trasformare in realtà questo progetto, aggiungendo all’indipendenza energetica anche quella alimentare, immaginando un orto, un frutteto, degli animali.
Dalla fantasia alla realtà, quell’autunno abbiamo iniziato a cercare annunci di terreni agricoli in vendita e a girare i fine settimana per andarli a vedere.
E dopo settimane di ricerche, dopo aver visto terreni di tutti i tipi, finalmente eccolo: uliveto, prato, bosco, pozzo. E abbiamo investito buona parte dei nostri risparmi per acquistarlo: ora non rimane che costruirci sopra una bella casetta, in legno, e trasferirci a vivere lì.
Nel frattempo, io ho iniziato ad allenarmi a casa nell’esercizio dell’autoproduzione.
Una amica, saputo del nostro progetto, mi consigliò di leggere un libro intitolato “Scappo dalla città, manuale pratico di downshifting, decrescita, autoproduzione” e fu la prima volta che sentii il termine “downshifting”.
Una frase che mi colpì recitava più o meno “Se volete trasferirvi in campagna non potete pensare di andarci e basta, dovete andarci che sapete farvi il pane a occhi chiusi, perchè non avrete più il supermercato a due passi”.
E così ho creato la pasta madre e iniziato a fare pane e pizza in casa, poi ho iniziato a fare in casa anche il dado, il succo di frutta, e tante piccole cose che sembrano complicate perchè siamo abituati ad acquistarle ma che si rivelano più semplici del previsto da fare da soli.
E dato che mi piace molto fare le cose a mano, ho iniziato a non comprare più i regali per amici e parenti, mettendomi piuttosto alla macchina da cucire o con i pennelli per creare qualcosa.
Ho smesso di andare dal parrucchiere ma mi spunto i capelli da sola con forbici o macchinetta a casa.
Di detersivi ne compro pochissimi perchè li ho sostituiti con prodotti più naturali.
Non compro più l’olio di oliva perchè a novembre raccogliamo le olive del nostro uliveto e le portiamo al frantoio ottenendo un dorato prodotto genuino.
Non so se il termine “downshifting” possa essere applicato al nostro caso: mio marito ed io siamo sempre stati degli appassionati del fai-da-te, lui in casa se serve fa l’elettricista, l’idraulico, il muratore, il falegname e io autoproduco tutto ciò che riesco ma queste cose le abbiamo sempre fatte perché ci piace, abbiamo una buona manualità e ci divertiamo. L’autoproduzione per noi non è nata da una esigenza economica né è stata strettamente collegato al progetto di trasferirci in campagna.
Poi siamo due ricicloni da sempre, un oggetto in casa nostra non si cambia né si butta finchè funziona: gli amici ci prendono in giro perché abbiamo un vecchissimo televisore in salone e non uno di quei bei televisori ultrapiatti, ma la nostra risposta è “Ma ancora funziona”. E abbiamo lo stesso cellulare da anni, non lo cambiamo solo perché è uscito il nuovo modello con più funzioni.
Forse queste nostre caratteristiche hanno fatto si che ci potessimo ben adattare a un progetto come quello che abbiamo in mente.
Il progetto prevede che per i primi tempi dopo il trasloco mio marito continuerà a lavorare dove lavora adesso, dopodiché metteremo in piedi una attività agricola, che per il momento prevede solo la produzione di olio extravergine di oliva, e vedremo se riusciremo solo con quella a renderci economicamente indipendenti.
Un ultima cosa: gli amici e i parenti ci prendono per pazzi per il progetto che stiamo portando avanti, le critiche che ci muovono più spesso sono “è troppo lavoro per voi due, non ce la farete mai, e chi ve lo fare”.
Se non avessi perso quel lavoro, pensi che avresti preso comunque in considerazione un cambiamento di vita come quello che vi aspetta oggi?
Se non avessi perso il lavoro non so come sarebbero andate le cose, perchè al giorno d’oggi rinunciare a un posto di lavoro spontaneamente, e quindi fare del vero downshifting, è una scelta molto difficile. Sicuramente gli orari che facevo quando lavoravo,ovvero uscire di casa la mattina alle 8 e tornare la sera alle 19-20,non erano compatibili con quella che per me poteva essere una vita di qualità con i miei figli, quindi indipendentemente dal progetto che è venuto anni dopo avrei cercato di fare qualcosa per adattarli alle mie
esigenze di mamma oltre che di donna.
Le competenze che si accumulano nella propria vita lavorativa, che si tratti di lavoro fuori casa o lavoro in casa, sono una di supporto all’altra? O meglio: oggi sei una valida autoproduttrice, avviata verso l’imprenditoria agricola, perchè prima sei stata un ingegnere? E il tutto si è unito perchè sei diventata anche una madre?
Quando ho perso il lavoro non sono mai rimasta con le mani in mano e ho sempre cercato di migliorarmi imparando cose nuove, che fosse un programma di grafica digitale o l’utilizzo della macchina da cucire. Tutte le competenze acquisite nel corso della vita si completano a vicenda e fanno di noi delle persone con un buon bagaglio culturale.
Non so se in particolare l’aver studiato ingegneria mi aiuterà nel gestire bene l’attività agricola, sicuramente sono studi che mi hanno arricchito e dato delle utili conoscenze.
La vostra scelta di decrescita (nel senso di riduzione dei consumi) non è solo un “tappabuchi” per risolvere la mancanza delle entrate del tuo lavoro precedente, ma è un progetto a due, che ha un suo svolgimento programmato e che coinvolgerà anche la vita dei vostri figli. I ruoli familiari (uomo/donna, madre/padre) come sono oggi e come pensi che evolveranno?
Per quanto riguarda i ruoli, al momento sono distinti come spesso succede in Italia ovvero con il papà che lavora e porta a casa lo stipendio e la mamma che sta a casa con i bambini. In futuro evolveranno sicuramente perchè io sarò sempre più coinvolta nella gestione dell’attività agricola mentre mio marito inizialmente continuerà il suo attuale lavoro. Questo cambiamento è ciò che mi ha spinta a sposare con entusiasmo il progetto che era inizialmente di mio marito.
Nel mio caso non si può quindi parlare di decrescita nel senso di “riduzione di lavoro”, ma sicuramente sarà un lavoro scelto da me stessa e da svolgere per la mia famiglia e non per un datore di lavoro esterno: questo è un punto importante quando si parla di downshifting,
che non significa necessariamente “licenziarsi per lavorare meno” ma lavorare meglio e con più soddisfazione.
Cara Francesca,
ho letto con curiosità la tua intervista.
Anche noi siamo una famiglia in viaggio verso la decrescita, che è davvero una scelta culturale e sociale molto più che economica.
A volte è proprio questo che diventa difficile da capire, che lo si voglia fare e non che ci si è trovati in condizione di doverlo fare…
Buon lavoro e buon tutto!
A presto
Una mamma sempre più slow…!
Bellissima intervista! anche io da tempo seguo questo stile di vita…mi accontento di un lavoro part time mentre produco quanto più possibile da sola, dal cibo ai detersivi agli abiti etc…e cerco di acquisire sempre nuove abilità nella speranza di staccare completamente e trasferirmi in campagna con marito e i miei due figli…non è facile, soprattutto per i costi ….per il terreno ci si puo’ pure sacrificare ma poi dove si trovano i soldi per la casa? boh vedremo piano piano…ed è davvero ‘salutare’ leggere esperienze di voi che state riuscendo in questa impresa, infonde davvero fiducia!!!
@stefania: hai proprio ragione, ognuno deve seguire la propria strada e fare ciò che lo soddisfa.
@francesca: i miei la mattina vanno a scuola, fino all’una e mezza, così ho tutta la mattina libera. Per il resto, qualche momento durante il pomeriggio ce lo si riesce a ritagliare, magari coinvolgendo il bimbo grande mentre la piccola fa il pisolino.
Ammirevole. Ma come fai a fare tutto con due bambini piccoli? Io da quando è nato il primo non sono più riuscita neanche ad accendere la macchina da cucire; seguo tutto ciò che riguarda la casa e riesco anche a leggere un po’ prima di andare a letto, ma non riuscirei mai ad occuparmi anche di un orto o di confezionare regali di Natale, a meno di non giocare più coi bambini.
bello l’articolo, mi ha molto colpito in un momento in cui a me é capitato di fare l’inverso: lavorare a tempo pieno, dopo essere stata tre anni autonoma nel lavoro e nella gestione dei figli.
Bisogna assecondare le circostanze presenti, partire di li, per cercare la propria strada!+
ho condiviso l’articolo sulla pagina FB del Blog!
Grazie per le vostre risposte piene di entusiasmo: al momento siamo solo all’inizio del progetto ma abbiamo già affrontato il faticoso lavoro della raccolta e potatura di 370 alberi di ulivo praticamente da soli e ce la siamo cavata abbastanza bene. Direi che la prova iniziale è stata superata!
Francesca, già prima avevo un’immagine di te e della tua avventura lucida e luminosa ma adesso che leggo l’intervista mi si è ampliata la tua fotografia.
Non solo hai dimostrato la tua/vostra capacità di resilienza (a fronte di una difficoltà concreta) ma di più hai/avete esploso una creatività a 360°, applicandola non solo al lavoro ma anche alla vita di ogni giorno. A quello che per te ha sigificato la gestazione, la maternità, la famiglia, il lavoro, la fatica.
Ci sono persone che sentono la necessità di avere più tempo (e più spazio, e più possibilità….etc etc) di quello che il nostro ritmo di vita ci consente di fare, per me il downshifting è questo: permettersi di fare quello che fa stare bene, anche se dagli altri non è del tutto compreso o condiviso.
E’ una scelta attiva, consapevole, faticosa che però porta un primo oggettivo risultato: stare bene nella propria pelle.
Tu sei la dimostrazione vivente che si può (e come te molti altri nel web lo testimoniano), io (per il brutto mestiere che faccio) vedo spesso situazioni in cui questa decisione si DEVE prendere perchè si sta male. E non faccio neanche degli esempi, tanto quello/a che ha dovuto cambiare vita e ritmi per problemi di salute magari derivati proprio dallo stress lavorativo lo/la conosciamo tutti.
Sei un esempio per me! Piano piano ci arrivo anche io, non all’intero progetto, mi fermo prima, almeno al succo di frutta(a proposito, urge ricetta!).
E nel frattempo non vedo l’ora di passare le vacanze da voi!
Insomma, “si può fare”?
Franci hai fatto esattamente quello che sognamo noi da tempo!!
Bellissima ed interessantissima intervista, per colpa vostra ANCHE oggi rompero’ le balle a mio marito per cambiare vita!
Odile