Decrescere, downshiftere, riavvolgere il nastro…

Questa sera tornavo a casa in modo poco ecologico: da sola, in macchina.
Vabbè, il tragitto è breve, la macchina è l’unica in famiglia ed è di piccola cilindrata… La piacevolezza di questi 10 minuti di auto sta tutta nella radio. Ascoltavo Caterpillar, su radio2, in particolare l’intervista a Maurizio Pallante, il guru della “Decrescita felice”

Per riassumere il contenuto dell’intervista, vi cito qui il manifesto della decrescita tratto dal sito del movimento ispirato da Pallante:
La decrescita è elogio dell’ozio, della lentezza e della durata; rispetto del passato; consapevolezza che non c’è progresso senza conservazione; indifferenza alle mode e all’effimero; attingere al sapere della tradizione; non identificare il nuovo col meglio, il vecchio col sorpassato, il progresso con una sequenza di cesure, la conservazione con la chiusura mentale; non chiamare consumatori gli acquirenti, perché lo scopo dell’acquistare non è il consumo ma l’uso; distinguere la qualità dalla quantità; desiderare la gioia e non il divertimento; valorizzare la dimensione spirituale e affettiva; collaborare invece di competere; sostituire il fare finalizzato a fare sempre di più con un fare bene finalizzato alla contemplazione. La decrescita è la possibilità di realizzare un nuovo Rinascimento, che liberi le persone dal ruolo di strumenti della crescita economica e ri-collochi l’economia nel suo ruolo di gestione della casa comune a tutte le specie viventi in modo che tutti i suoi inquilini possano viverci al meglio.

Nonostante una certa diffidenza congenita verso “movimenti” e “manifesti”, tutto questo mi obbliga a riflettere, anche sul percorso che abbiamo fatto fin qui, con i post di questo mese, soprattutto con i guestpost e le interviste.

[quote1]Un comportamento ecologico è l’unica innovazione possibile. Ma ogni atteggiamento ecologicamente compatibile è improntato al fermarsi e fare un piccolo passo indietro.
Silvietta usa i pannolini che usavano per lei quando era bambina: dopo un’evoluzione galoppante di fluff assorbenti sempre più tecnologici e sottili, ci è venuta voglia di fermarci, rimettere un po’ indietro l’orologio e tornare alle fibre naturali lavabili.
Caia Coconi usa saponi naturali, per lo più derivati dalla tradizione del nostro passato: dopo l’alta specializzazione di coloratissimi detersivi, ci è venuta voglia di tornare ad aceto, bicarbonato e lisciva.
Mammaemigrata ci ha parlato della sua casa di legno: dopo che nei nostri muri abbiamo infilato di tutto, perfino l’amianto, ora cerchiamo di non respirare più effluvi mortali ed abbiamo voglia di crearci un clima sano intorno.
Alessandra ci ha spiegato che una sola macchina può bastare a tantissime persone, anche tra loro sconosciute: dopo averne comprate due a famiglia come status symbol, ora sentiamo il bisogno di non preoccuparci di dove parcheggiare per la notte.
Gloria ci ha parlato della bella esperienza di autoprodurre il cibo: dopo aver costruito supermercati grandi come un quartiere, ci è venuta voglia di riappropriarci della nostra produzione, di essere un po’ autarchici, di comprare sfuso e sano.

Insomma, mi sembra che l’unico comportamento ecologicamente plausibile sia quello di riposizionare un po’ indietro le lancette, di rivedere e ridiscutere gli entusiasmi dei decenni del consumo e di riappropriarci dei nostri cicli energetici e vitali.
Ecologico è uno stile di vita che cerca di recuperare quello dei nostri nonni. Non quello dei nostri genitori: loro erano già nel pieno dell’ondata consumistica, loro si affacciavano agli anni sessanta o settanta da giovani neoconsumatori entusiasti. E’ alla generazione precedente che dobbiamo guardare: quella che era ecologica per economia.
Perchè in fondo siamo più simili a loro da un punto di vista economico: la prima generazione occidentale che ha meno risorse economiche di quella che la precede. E allora sì, siamo più simili ai nostri nonni e stiamo riscoprendo alcune loro assodate abitudini come innovazioni ecologiche.

Molti di noi riflettono sul down-shifting delle loro esistenze (per tutti vi rimando a questo post di Silvietta): siamo stati costretti a contrarre i nostri redditi per essere madri e padri, ci siamo trovati travolti da una poderosa crisi economica. Abbiamo cominciato a porci delle domande, a pensare che un’altra vita è possibile e forse non ci sta nemmeno dispiacendo troppo.
[quote]La nostra forma più potente di ecologia è fare economia.
E’ ridimensionarci: ridurre i consumi, ripensare gli acquisti, ridisegnare il lavoro, riappropriarci del tempo.

In fondo io a questa storia del rinascimento ci ho sempre creduto un po’: sarà che mi aspetto che prima o poi i Vulcaniani scendano sulla Terra ad illuminarci con la loro filosofia razionale per poter finalmente unirci nella pacifica Federazione.

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11 thoughts on “Decrescere, downshiftere, riavvolgere il nastro…”

  1. Complimenti per la tua attenta analisi in cui si toccano molti punti
    sensibili… Anche noi di dimmimamma abbiamo toccato oggi (http://dimmimamma.boomerangtv.it/blog_tv.asp) uno dei temi trattati da te: quello dell’ecologia, pur se in forma più easy, incentrandolo in particolare su chi questo mondo lo dovrà gestire domani.
    Crediamo infatti che noi genitori abbiamo la responsabilità di sensibilizzare i più piccoli attraverso i giochi e le piccole azioni quotidiane. Come dici tu “Un comportamento ecologico è l’unica innovazione possibile “. E a volte, per attuarlo, non servono grandi
    stravolgimenti…

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  2. La trekker che è anche in me si trova in completa consonanza. 🙂
    L’unica cosa che non condivido è il fatto che decrescere significa tornare davvero a vivere come i nostri nonni. Secondo me il progresso ci puó aiutare molto a ridurre le nostre esigenze. Io uso i pannolini lavabili di ultima generazione, la pentola a pressione e il surgelatore per cucinare e conservare le verdure che prendo ogni settimana dai contadini locali, la macchina per il pane, la centrifuga per fare in casa i succhi di frutta, la yogurtiera, la caldaia a condensazione. Ora possiamo mettere pannelli solari sul tetto e prenotare il car-sharing e i prodotti da ordinare con il GAS locale con sistemi automatici su internet. Forse non saró una down-shifter di quelle doc, ma penso che al giorno d’oggi autoprodurre e ridurre i propri bisogni sia piú semplice che al tempo di mia nonna. E poi ho notato che sobrietá chiama sobrietá. Fino a qualche tempo fa mi sarebbe sembrato pazzesco rinunciare allo shampoo di marca, ora ho provato il no-poo e mi sono resa conto di un altro bisogno indotto che avevo. Siamo tutti in cammino, pian piano diventerá un lungo pellegrinaggio verso una pacifica e volontariamente semplice Federazione. Senza bisogno di vulcaniani. 🙂

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  3. Di Pallante non ho letto nulla, in compenso ho letto tutto quello che è stato pubblicato in Francia da Latouche e non mi perdo un suo articolo o intervista, ovunque esso si trovi.
    Prima di scoprire Latouche avevo letto Francuccio Gesualdi, Sobrietà, dallo spreco di pochi ai diritti per tutti che già mi aveva dato spunti per immaginare un modo diverso di vivere, di consumare, di lavorare.
    Avevo così iniziato a rimettere in discussione le priorità da dare alle cose.
    Poi mi sono imbattuta nell’uomo che ha rovinato la mia vita :), Tom Hodgkinson, che con il suo L’ozio come stile di vita mi ha convinta definitivamente che il lavoro non è assolutamente una priorità, che l’etica del lavoro è in realtà una trappola che ci costringe a non porci domande sul nostro modo di vivere e non ci permette di cercare alternative.
    Poi ho scoperto che questa cosa si chiama semplicità volontaria, o dowshifting, e mi sono scoperta a praticarla senza nemmeno averlo deciso consciamente.
    Ho solo pensato che questo sistema di produzione e consumo (e di vita…) è quello che sta distruggendo il pianeta e le nostre vite. Questo sistema non è modificabile dall’interno. L’unica cosa che si può fare è cercare di uscirne e costruire al di fuori delle alternative.
    Non è facile. Anzi. Innanzitutto perché, come dice Latouche, occorre “decolonizzare l’immaginario”. Siamo così immersi in questo sistema che ci pare che uno diverso sia impossibile da realizzare, pena la perdita di tutto ciò che abbiamo e conosciamo. Eppure questo sistema ha circa un secolo di vita. Prima l’umanità ha vissuto altrimenti.
    E non è facile uscire vivendo qui. Forse trasferendosi nella Selva Lacandona sarebbe più semplice, ma nella ricca Emilia (o comunque in Italia) le difficoltà sono tante.
    Tranne momenti di sconforto in cui mi chiedo se non vale la pena scendere un po’ più a compromessi con il mondo per avere vita più facile, in generale sono contenta del mio percorso.
    Io e mio marito abbiamo il tempo di goderci nostra figlia, di fare da soli molte cose che altrimenti dovremmo comprare, di cercare di inventare nuove forme di socialità che servano alla condivisione di pratiche ed esperienze.
    E’ dura, ma qualcuno deve pur cominciare 😛

    (scusate il poema…)

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  4. Anche io Silvia mi sento sempre in bilico… da un lato a freddo e ragionandoci su, scelgierei la decrescita sempre e comunque, dall’altro i ritmi con cui viviamo rendono l’attuazione, come anche anche il ripensare certi atteggiamenti, veramente difficile.

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  5. mi unisco al coro di commenti stra positivi: il mio blogroll era statico, per fortuna MammaCattiva ha fatto in modo che non mi perdessi questo post!

    Mi piace come rileggi tutti gli stimoli che avete dato in questo mese dandone una veste razionale. A volte mi sembra che molti argomenti di decrescita ed ecologia diventino facile preda di spinte all’essere “alternativi” a tutti i costi, mentre il pianeta e noi non abbiamo bisogno di ulteriori due fazioni che si scontrano ma di gente che sempre più sappia vivere bene … magari con i vulcaniani!

    grazie a presto silvietta

    last but not least: grazie per le citazioni, troppo buona!!

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  6. In realtà mi sento ancora ibridamente in bilico tra due modelli…
    Questo post mi è uscito fuori in dieci minuti, come se fosse una necessità interiore ed ho capito che, di questo bisogno di riappropriarmi di diversi cicli vitali, devo tenerne conto. Ovviamente da entusiata tecnologica, perchè non credo che le cose siano contrastanti, anzi: abbiamo strumenti in più.
    Poi perdonerete il fatto che sul finale sia uscita la trekker che è in me!

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  7. Ho letto il post stamattina e ho scritto a Silvietta. Abbiamo condiviso che il tuo punto di vista è speciale. Questo articolo si aggiunge alle mie riflessioni crescenti sulla scelta di decrescere. Prima o poi troverò un modo, di dire la mia e poi di fare qualcosa di coerente.

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  8. Il manifesto della decrescita felice, ed in particolare il libro di Pallante “La decrescita Felice” sono un’occasione di spunto e riflessione notevole.
    Anche se poi, nella pratica, mettere in pratica la decrescita non è poi così semplice ed immediato!

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  9. Penso che fosse inevitabile… il “progresso” è ancora giovanissimo, ed è naturale che ci siano aggiustamenti da fare… in fin dei conti, i nostri genitori sono la prima generazione che è nata in pieno progresso, e in piena euforia da boom economico… normale il fatto che nessuno (o pochi) si sia chiesto “Ma dove ci porterà tutto questo?”. Dopo generazioni intere nate e cresciute a stenti, a lavoro manuale, era logico che si sentissero finalmente liberi da tanti vincoli, liberi di consumare, di comprare, di buttare, come un bambino a cui si dica “tutto il negozio di giocattoli è tuo, prendi quello che vuoi”.
    Ed è anche logico che iniziamo a pagarne le conseguenze, cercando di riflettere e capire come si può migliorare… Certo, come dici, dobbiamo fare un passo indietro, ma abbiamo anche il vantaggio di poter conciliare le tradizioni passate alla tecnologia presente. Non tutto ciò che è stato fatto è un male, ci permette oggi di capire quanto abbiamo fatto di buono, e di utilizzarlo per migliorarci veramente la vita… Ora certo, ci sono anche altri problemi che si pongono: se tutti facessimo lo stesso passo indietro, sarebbe veramente un bene? Per esempio, è appurato che se dovessimo tutti quanti nutrirci solo con alimenti ecologici, quasi la metà degli abitanti del pianeta avrebbero ancora meno da mangiare che ora: l’agricoltura e gli allevamenti bio hanno bisogno di più terre, serve più tempo per far crescere le cose, e gli alimenti a disposizione diminuirebbero drasticamente. Direi che forse la cosa più intelligente da fare per ognuno di noi è pensare a quello che possiamo migliorare nel nostro piccolo, facendo magari quello che crediamo essere un piccolo passo indietro, ma che invece è già un gran passo in avanti!

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  10. Riflessioni che accompagnano anche me quasi tutti i giorni… e sento in questa condizione un po’ forzata di “fare economia” una potenza intrinseca, perché è vero che possiamo tornate a stili di vita ispirati ai tempi dei nostri nonni eppure c’è molto di cambiato, questo modo di comunicare per esempio, la rete, l’innovazione tecnologica, e quindi penso bene di questa contingenza storica anche se lì per lì mi scoccio un po’ di essere costretta a non poter spendere e spandere – semplicemente perché non c’ho proprio cosa spendermi… sarà tipico di chi vede il bicchiere mezzo pieno, tra i quali patologicamente mi annovero?

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