Dall’asilo alla materna: l’evoluzione di un bambino amplificato

La biografia scolastica del Sorcetto, fin qui, non è stata una passeggiata, sopratutto ai suoi inizi.
All’età di 1 anno e 8 mesi decidemmo che era ora che si rendesse conto che l’universo non era sorcettocentrico e, quindi, che era ormai giunto il tempo di entrare nel grande mondo dell’asilo. Ovviamente l’avevamo deciso io e l’ingegnere: l’interessato, ci accorgemmo presto, aveva deciso il contrario.
Il periodo che va dal settembre 2005 al giugno 2006 è stato in assoluto uno dei momenti più difficili della nostra vita: l’impatto con la “sezione primavera”, nella quale fu inserito piuttosto precocemente, fu un totale disastro. Un piccolo amplificato letteralmente scaraventato in una classe di 20 bambini che condivideva buona parte della giornata con un’altra classe uguale (per un totale di oltre 40 bambini) ne risultò atterrito. Iniziò a piangere e ci dissero che era tutto normale, era il fatidico inserimento. Continuò a piangere per tutto l’anno, quasi 4 ore al giorno (ovvero l’intero orario in cui era all’asilo). In alternativa al pianto mordeva, picchiava, non toccava cibo e trascorreva 4 ore su 4 con il ciuccio in bocca: spesso trovavo i ciucci letteralmente sbranati. Ogni giorno le maestre mi facevano l’elenco delle cose terribili che aveva combinato (ma erano poi così terribili a pensarci adesso? non si potevano prevenire?) ed io mi sentivo sconfortata.
La maestra mi suggerì uno psicologo (guarda caso la scuola, privata, ne aveva uno…). La pediatra sentenziò che per portare nostro figlio di due anni da uno psicologo saremmo dovuti passare sul suo corpo.
Ed io? Non so come ho retto. Ed oggi, con l’inutile senno di poi, mi chiedo perchè ho retto. Il Sorcio soffriva ad essere immerso nella confusione, ad essere uno tra tanti, a dover interrompere un’attività per farne un’altra secondo i piani di altri: soffriva per quelle cose per cui soffre un amplificato, ipersensibile, introverso, persistente. Ma io allora non ne sapevo nulla. E l’ho lasciato li, a piangere, perchè l’inserimento si fa così e ti dicono che i bravi genitori resistono, si girano e se ne vanno, che tanto poi i bambini smettono subito…
Ancora oggi faccio fatica a parlare di quell’esperienza: mi sento in colpa per non aver capito, per non aver saputo allora che un inserimento non dovrebbe durare un anno, per non essere stata preparata. Ripenso ai suoi ciucci tagliati con i denti per sopportare quel semplice andare all’asilo e, vi confesso, mi viene da piangere.
L’anno dopo è stato quello della (mia) consapevolezza: almeno ho capito che dovevamo cambiare scuola per l’inizio della materna.
A settembre ci ritrovammo in una scuola di suore, con un’insegnante suora, piuttosto anziana, piccina come i suoi bambini. Io già misi le mani avanti sul soggetto terribile che le stavo affidando: scontroso, introverso, ribelle, iracondo. Lei mi guardò da laggiù (tra di noi ci saranno più di 30 centimetri di differenza d’altezza) e mi disse, con lo stesso tono che usa per i bambini di tre anni: “tu non ti preoccupare, vai via tranquilla, qui ci penso io”. Da giugno a settembre erano passati poche mesi: il Sorcetto era sempre lo stesso. Questa volta però l’inserimento durò una settimana.
Dopo una sola settimana, io salutavo ed andavo via e lui era li tranquillo per i fatti suoi.
Come tranquillizzava i suoi bambini, la suorina, tranquillizzava me. Con il Sorcetto aveva trovato da subito la strada giusta: lui non era mai lasciato inattivo. Raccoglieva i giochi e li metteva a posto, apparecchiava, sparecchiava, puliva i tavoli dopo la merenda o il pranzo, riordinava i pennarelli. Lo faceva lavorare come un muletto: e lui era contentissimo. Appena lo vedeva innervosirsi, gli affidava un compito. Se non voleva partecipare a qualche attività veniva aiutato a non sentirsi costretto, a pensare di avere una possibilità di scelta: chissà come, ma poi finiva per farle tutte.
Non furono tutte rose e fiori: ci furono zuffe e melodrammi. Ma ogni volta se ne usciva in qualche modo, con tranquillità, avendo imparato qualcosa.
Il Sorcetto è entrato nella scuola materna da bambino difficile e ne è uscito come uno che sa concentrarsi, che accetta le regole, sufficientemente scolarizzato (non mi sbilancio, lo vedremo ora), molto interessato ad ogni attività.
Ecco qui la riflessione finale, ora che la scuola materna è finita, che il Sorcetto ha conosciuto altre due maestre oltre la nostra suorina e con tutte si è adeguato, perchè ormai si sentiva a casa, ora che siamo proiettati verso la prima elementare e non sappiamo cosa ci aspetterà: l’esperienza, l’intuito, la professionalità e la preparazione delle educatrici e delle maestre fa la differenza. Tutti gli educatori dovrebbero avere gli strumenti per capire i bambini che hanno davanti: non dovrebbe essere una botta di fortuna trovare l’insegnante che capisce un amplificato o qualsiasi altro temperamento.

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25 thoughts on “Dall’asilo alla materna: l’evoluzione di un bambino amplificato”

  1. serena..tu e Silvia siete davvero cadute dal cielo..credimi…

    allora primo punto..pensa che me lo ha chiesto lui..mamma ma tu piangevi a scuola..mi ha chiesto..e gli ho detto..si’ all’inizio si’, poi pero’ mi divertivo

    Secondo punto..è la prima cosa che ho fatto..ben 2 libri!! “Lila va a scuola” e “Giacomino va a scuola!”… magari pero’ li riprendo in mano..va

    terzo punto..mezzo fatto…gli do qualcosa di mio..L’altra volta gli ho fatto un disegno..carina l’idea della foto..ci provo

    quarto punto, lo faro’…oggi mi metto li’ con GIBBo e BUBU e metto su un teatrino 🙂

    Oggi lo riportiamo a scuola..brr..dopo un giorno di pausa/respiro per lui..Incorciate le dita per me e domani vi faro’ sapere cosa ha detto il direttore!!!

    p.s. Appena le cose andranno meglio (DEVE ESSERE COSI’) e ci rilasseremo beh un regalo ve lo faccio!!!

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  2. Silvia, prima di tutto grazie per tutti i complimenti che hai seminato in giro per questo sito da ieri sera! Io non mi sono trovata a vivere i vostri disagi con la scuola con il Vikingo, perchè fortunatamente qui in Svezia sembra che l’approccio standard sia proprio quello di capire chi è il bambino e trovare il modo di integrarlo seguendo il suo ritmo. Però posso provare a darti un paio di idee per aiutare te e il tuo piccolo. Non conoscendovi sono solo idee che reputo buone in generale, ma ovviamente ogni persona è diversa quindi vedi te che vuoi farne.
    1. prova a parlare con lui cercando di empatizzare con il suo malessere. Lui non vuole andare a scuola, e devi riconoscerlo. Non cercare di convincerlo che la scuola è un bel posto. Inventati che anche te non volevi andarci da piccola e che ti ricordi che ti mancava tua mamma e tuo papà, che però poi alla fine hai capito che non era male.
    2. Trova un libro illustrato che parla di un bambino che non vuole andare all’asilo e leggetelo insieme
    3. Parlate insieme cercando strategie che possano aiutarlo a sentirsi meno solo quando sta all’asilo, facendo in modo che sembri che le abbia trovate lui. Ad esempio “cosa potresti fare se ti senti solo e hai solo voglia di piangere? Forse potresti trovare un gioco che ti piace tanto fare, e metterti a giocare con quello. Quale gioco di quelli che ci sono all’asilo ti piace tanto?”altre idee sono avere una foto di mamma e papà in tasca, un oggetto di conforto piccolo da poter tenere in tasca, un braccialetto magico scaccia tristezza, insomma tuo figlio lo conosci te, pensa a qualcosa che potrebbe funzionare
    4. fai parlare due pupazzi preferiti tra di loro. Uno che vuole andare all’asilo e uno che non vuole andare. E lascia che quello che non vuole andare esprima liberamente tutte le cose che succendono all’asilo che lui non ama. Cerca di indovinare cosa potrebbe dar fastidio a tuo figlio. Il Vikingo non ama avere troppa gente intorno a se, oppure il dover condividere i giochi con gli altri. L’idea non è che quello che vuole andare convince l’altro che l’asilo è un posto bello. L’idea è quella di tirare fuori emozioni negative e positive nei confronti dell’asilo. Quello che vuole andare potrebbe raccontare come fa lui a calmarsi quando non gli piace stare li (andare dalla maestra, fare un disegno, cantare una canzone sottovoce, eccetera).

    Fammi sapere se provi a fare qualcosa di queste come va.
    In bocca al lupo!

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  3. Ma io ho dovuto aspettare tutto un anno, con le maestre “sbagliate!! E le cose non sono migliorate.
    Su, un bel respiro… due mesi per un bambimo molto “persistente” sono un’inezia. Lui non ha alcuna fretta: il suo scopo è non stare li e lo persegue con metodo. A voi fargli capire e sentire che li lui può stare bene creare un suo nuovo spazio personale insieme agli altri bambini…
    E fata turchina non me lo aveva ancora detto nessuno!!! Dovrò parlare con la mia parrucchiera del colore che mi ha fatto! 😀

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  4. Ma sei la fata turchina…. credimi…

    Lui mi dice solo : mamma non c’e’, papa’ è andato via e io ho pianto..Ma accidenti andavo via pure prima… quando stava a casa con la tata..
    Penso che il problema sia che debba dividere la maestra con altri bimbi e che quella stanza non è la sua cameretta dove ha passato mesi e mesi della sua vita…

    E che come dicevi prima segue suoi progetti personali, i suoi ritmi e non gli interessa quelli degli altri bimbi..

    e pensare che è un bambino cosi’ attento alle cose, cosi’ divertente… Si accorge di quando c’e’ la luna, vuole guardare con noi il tramonto e si mette ad applaudire alla fine..e’ davvero straordinario…mi spiace che la maestra lo conosca solo per le sue lacrime..

    Quello che mi sconcerta è che dopo 2 mesi!!! 2 mesi….non c’e’ stato alcun miglioramento a scuola….

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  5. Da quattordicenne vi aspetta un ragazzetto sveglio e consapevole del suo modo di essere. Uno magari un po’ chiuso, riservato, uno che ha bisogno dei suoi spazi, uno che magari studia solo quello che gli piace e tira a campare sul resto, uno che polemizza con i genitori e con gli insegnanti… insomma un quattordicenne! 😉
    Andate dal direttore chiedendo conto di quello che accade a scuola. Non significa difendere a spada tratta il proprio figlio sempre e comunque, ma parliamo di un bambino di 3 anni, che quindi: non può essere “cattivo”, non può essere “intrattabile”.
    Per cambiare scuola c’è sempre tempo: prova a cercare un dialogo qui.
    Parla, parla, parla tanto con lui. Cerca di fargli esprimere ciò che prova a scuola e forniscigli gli strumenti linguistici per spiegarlo. Aiutalo a dare un nome al suo disagio.
    Lo so che con la mancanza di sonno sembra tutto più difficile, ma ora affrontiamo un problemino alla volta! 🙂 Risolto con la scuola, tocca al sonno!

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  6. cara Silvia..sei una boccata di ossigeno dopo un giorno nero in cui – mi vergogno ammetterlo – ma me la sono presa con mio figlio…sotto sotto ce l’avevo con lui…lo so, sono terribile…

    Considera che io mi sveglio presto la mattina, molto presto..alle 4.30 per andare a lavorare e farmi pure 90 km di viaggio…Lui ha 2 – 3 risvegli da quando è a casa!!..quindi mancanza di sonno da 3 anni…
    avere anche l’ansia ogni giorno di quello che succederà a scuola..beh…credo che a Natale non ci arrivo..

    Hai ragione te…Mi stanno dando delle responsabilità – la scuola – che non dovrei avere..Io non voglio lasciarlo a casa.. Questa scuola era proprio sotto casa ed era pubblica… Che dici, provo con quella un pochino piu’ distante delle suore (che non ho mai amato molto, colpa di quando facevo la materna io..) e a pagamento per vedere come va???

    Cmq oggi che lo abbiamo lasciato con i nonni..sembra che abbia detto loro, che domani vuole andare a scuola e che non piangerà…
    Domani sentiremo cosa ci dira’ il direttore…. certo cche gia’ essere chiamati in presidenza con un bimbo che ha appena iniziato il suo corso scolastico,..che ci aspetta per quando sara’ quattordicenne???

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  7. Ma non sai quanto ti capisco…
    Però io, una volta acquisita la consapevolezza di CHI fosse mio figlio, ho smesso di essere depressa.
    La scuola materna è un luogo particolarmente inadatto ad un bambino ipersensibile agli stimoli esterni e fortemente deciso a seguire i propri progetti piuttosto che quelli di altri. Ma non per questo deve rimanersene a casa, anzi: per lui è ancora più importante imparare da subito a fare i conti con se stesso.
    Dovresti iniziare a pensare che, quando lui è a scuola, smette di essere un tuo problema. Io sono stata salvata, come dicevo nel post, da una maestra che mi ha detto “tu vai via tranquilla, qui ci penso io” ed ha cercato la chiave per sbloccare mio figlio, trovandola anche in breve.
    Le maestre dell’anno precedente erano un po’ come questa tua maestra: “diche che non fa niente. Non disegna, non gioca con il dido’, non cerca gli altri bambini.” Diamine!!! E cosa fa questa maestra per lui e con lui???
    La maestra deve avere delle competenze professionali per integrare tutti i bambini, non solo quelli che le rendono il compito semplice.
    Il direttore ha chiamato voi genitori? Bene, chiedi conto al direttore del perchè tuo figlio non è messo in condizione di giocare e di ambientarsi.
    Quando il Sorcetto aveva 3 anni anche io ho provato un corso di psicomotricità: nulla da fare, prima lezione, immobile ad un angolo. Ho semplicemente detto “no, grazie” perchè quella non era una priorità. Andava già in piscina e li era contento e partecipe (l’acqua, ricorda, aiuta molto i bambini “amplificati” tranquillizzandoli), quindi il mini-gym non era essenziale. Era una battaglia inutile ed a me non piace disperdere energie!
    Abbiamo provato un corso di espressione musicale, intorno ai 4 anni. Peggio che mai. Anche qui, nulla di importante.
    A scuola è diverso. Dopo i tre anni è improponibile che un bambino se ne stia a casa e non inizi a lavorare sul suo modo di stare con gli altri. Allora questa è una battaglia che merita.
    Prima, però, scaricati dal peso di essere tu dalla parte del torto. Non accettare che si chieda a te cosa fare.
    Nessuno pretende che la maestra si dedichi esclusivamente a tuo figlio o che lo tratti in modo privilegiato. Però devi pretendere che venga trattato per quello che è, in modo che impari, anche a scuola, ad essere se stesso, ma insieme agli altri.
    Non deve chiudersi qui la storia della scuola materna, come tu dici. Sarebbe una perdita per il tuo bambino. Prova a cercare, prova a cercare altre amestre ed altri metodi, o cerca soltanto di dialogare con questa maestra.
    Presenta tuo figlio per quello che è e valorizza i suoi aspetti positivi. Impara prima tu a non etichettarlo, poi chiedi che non lo facciano gli altri.

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  8. Ciao omonima..vengo da una notte in bianco..Dopo 2 mesi di materna è il disastro..Siamo stati convocati anche dal direttore..ci parleremo domani..Stesso problema del tuo “sorcetto”..o forse di piu’: per 5 ore non fa che piangere: voglio la mamma, voglio il papa’…
    La maestra dice che non fa niente! Non disegna, non gioca con il dido’, non cerca gli altri bambini..E insomma credo che si chiudera’ qui la storia..Il problema è: ma puo’ stare a acasa con i nonni a non imparare niente??

    Sono affranta, ho pianto per tutto il tempo..Anche al corso di psicomotricità ieri un disastro…mi cercava sempre, non faceva niente…
    E accanto a me tutte mamme tranquille..contente..con i figli che si sono inseriti in un battibaleno…scusa sono un po’ depressa ogg

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  9. mi è piaciuto molto leggere il tuo post e mi sono emozionata. Stasera è la vigilia dell’inizio della scuola ,materna per Sara, l’anno scorso ha frequantato la sez primavera e tutto è stato perfetto. Guardandomi indietro penso che uno – anzi IL – motivo del successo sia stato che era per LEI il momento giusto, la situazione giusta, le maestre giuste … una serie di combinaziooni felici che ci hanno permesso di vivere l’anno serenamente. Quando si ammalava piangeva perchè voleva andare all’asillo, dopo ogni vacanzina non vedeva l’ora di ricominciare …. E’ stato perfetto anche il timing dell’inserimento: è coinciso con il mio rientro al lavoro dopo la seconda maternità e lei ha vissuto questa cosa dell’uscire insieme – io per andare a lavorare e lei all’asilo – come un momento tutto nostro … speriamo sia la stessa cosa da domani … maestre nuove, classe nuova … mamma un po’ diversa …

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  10. Il mio messaggio non voleva essere “se qualcosa va storto è colpa delle educatrici e basta”, tutt’altro. Come tu dici, Mammater, noi genitori ci mettiamo del nostro! Diciamo che, normalmente, dei tre soggetto in gioco, bambino, genitore, educatrice… quello che c’entra sempre di meno è il bambino. Un paradosso, perchè poi la scuola è essenzialmente sua.
    Volersi preoccupare a tutti i costi, però, non mi sembra un atteggiamento costruttivo. Se va tutto liscio, lasciamolo andare.
    Ho sempre cercato di impegnarmi nel dare fiducia a mio figlio (anche quando ho tremato nel lasciarlo fare) e a fare sempre un passo indietro per stimolarne l’autonomia. Lunedì prossimo (inizio prima elementare) sarà una delle tante rese dei conti!

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  11. Avete proprio ragione, purtroppo sono le educatrici che condizionano un inserimento, lo rendono cioè ben riuscito o meno, ma mi sto anche rendendo conto che spesso le preoccupazioni sono più nostre che dei nostri figli. Io stamattina ho accompagnato mia figlia al suo 2° giorno di I elementare, ero preoccupata e l’ho voluta accompagnare in classe anche oggi, lei serena si è seduta al suo banco, si è girata verso di me e mi ha detto:”Mamma, stai tranquilla, io qui sto bene, ora puoi anche andare!” Mi sono sentita un po’ in imbarazzo perchè mia figlia si è resa conto che io avevo bisogno di essere tranquillizzata da uno scriccioletto di 6 anni. Forse dobbiamo dare maggiore fiducia ai nostri figli?

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  12. E’ vero, sono le persone, sono le educatrici a fare la differenza.
    E’ un po’ come con i dottori o comunque con tutte le professioni che hanno a che fare con la persona: non dovrebbe essere una botta di culo trovare l’insegnante/medico umano e competente.

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  13. Ovviamente, a partire da lunedì prossimo, aspettatevi “un amplificato alle elemetari”, il serial! E speriamo sia una sit-com e non una fiction drammatica!
    🙂

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  14. Anche io con la Nina, che all’epoca aveva ben due anni e mezzo, ho provato uno spazio cuccioli.
    L’esperienza è durata due mesi, finchè, oltre al vomito, non si è pure fatta la pipì addosso.
    Allora mio marito, che è più saggio di me, mi ha mandato a quel paese (la volontà di inserimento era stata fortissimamente mia) e abbiamo ricominciato col baby sitteraggio da parte dei nonni.
    L’anno scorso iniziava la materna. Altra scuola, altre maestre, altri bambini. Io ero un po’ preoccupata;già mi aspettavo un calvario. E invece, ragazze!, è successo l’incredibile. Quasi non c’è stato bisogno di inserimento. E’ sempre andata felice e quest’anno non vedeva l’ora di tornarci.
    Il problema, se c’è stato, c’è stato più per le sante maestre che ogni tanto me la riconsegnavano con gli occhi fuori dalle orbite, tanta era la sua vivacità e, (per non chiamarla disobbedienza), “autonomia decisionale”.
    Spesso ho chiesto a mia figlia se allo spazio cuccioli era successo qualcosa di particolare, ma la risposta è sempre stata la stessa:non le piaceva. Punto.
    E’ stato di grande insegnamento per me, perchè a due anni la Nina aveva già i suoi gusti e le sue preferenze e adesso credo che, ove sia possibile ovviamente, forse è il caso di far decidere loro, i nostri figli, fidandoci delle loro scelte.

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  15. Silvia, come ti capisco! La puledrina non è proprio come il sorcetto, ma in alcune cose si assomigliano. Quante volte mi sento spiazzata! Quante volte in colpa per non essere riuscita a capirla, ma io mi ripeto che non siamo perfette e che purtroppo non possiamo conoscere tutto. Io non ho ancora esperienza di asili e scuola, ma quante volte ho capito troppo tardi! Ti auguro un primo anno di Elementari felice e sereno!

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