Dalla parte delle bambine


Qualche tempo fa ci ha contattate Mamma Cattiva chiedendoci se avevamo mai parlato di un libro che lei ama molto. Io quel libro l’ho letto la prima volta a 15 anni, e mi ha accompagnato durante la mia crescita personale come donna.
Quel libro l’ho amato molto anche io.

Dalla parte delle bambine, di Elena Gianini Benotti è uno di quei libri che ha fatto molto discutere, e che nonostante sia stato scritto circa 30 anni fa, continua ad essere molto attuale, tanto da ispirare Loredana Lipperini a scriverne una versione moderna per le bambine di oggi: Ancora dalla parte delle bambine. Abbiamo quindi chiesto a Mamma Cattiva se aveva voglia di scrivere quel post per noi, lei non ha scritto una recensione, ma una ricca condivisione di idee e pensieri sull’impostazione dei rapporti e delle conversazioni.

Io sono una bambina cattiva.

Che io sia bizzosa e fuori controllo è noto a chi mi conosce bene, nel senso che sembro buona e cara ma quando, nel privato, mi ritrovo immersa in conversazioni che non condivido, parto per la tangenziale (sto scherzando, lo so come si dice…) e inizio a girare vorticosamente, nelle mie personali rotonde.

Uno dei temi che da sempre, da quando sono nella pancia di mia madre e decido di uscire, nel lontano 1968, di piedi e senza cesareo, mi fa uscire di senno è che esistano caratteristiche, indoli, preferenze intrinseche al sesso di un bambino, che esista una natura femminile e una natura maschile.

Mi spiego. Io non credo che i maschi e le femmine siano uguali. Sono cattiva mica scema. [pullquote]Io non credo che i maschi e le femmine siano uguali. Sono cattiva mica scema.[/pullquote] Penso molto banalmente che tutte le differenze tra maschi e femmine si riconducano semplicemente e banalmente al fatto (ed è un fatto) che gli uomini hanno un apparato sessuale e le donne ne hanno un altro che, per di più, la natura ha destinato a riprodurre gli individui. A parte questo io parlo sempre di persone e di individui unici e che siano maschi e femmine a me importa molto poco. Sono molto più attenta e in ascolto dei contesti storici, sociali e culturali.

Per me questo è un approccio alla vita, è una scelta di conversazioni, è un modello che applico nella mia famiglia fatta della sottoscritta, di un doc e di due bambini, un maschio e una femmina. Oltre questo nucleo, più passa il tempo, invece di intestardirmi e arrabbiarmi sempre di più, tendo a scoraggiarmi e a chiudermi sempre più in me stessa. Oltre il nucleo c’è una famiglia esterna, inattaccabile, di maggioranza. Siamo circondati da persone che ci amano e che sono sangue del nostro sangue (altra definizione che mi fa inorridire) ma che quanto a pensiero sono ai nostri antipodi. Questo non mi autorizza a farne dei nemici ma tutto diventa più complicato.
Oltre questo nucleo ci sono gli amici, quelli che ti scegli, quelli che ti fanno ridere, quelli intelligenti e quelli meno. Poi ci sono i conoscenti e più allarghi il raggio e più l’orecchio si apre agli estranei, agli sconosciuti, quelli che ascolti sull’autobus o all’autogrill al tavolo accanto.

Ecco, io faccio una gran fatica a trovare qualcuno che la pensa proprio come me.
Nei momenti più negativi mi sento proprio sola tanto che comincio a pensare di sbagliarmi, che tutti voi la fuori avete ragione e io sono una povera scema frustrata che si ostina a mettersi di traverso nelle cause perse.

Poi questa estate ho letto un libro. Un libro degli anni 70 che per il titolo avevo sempre snobbato. Come se un libro lo giudichi dal titolo, come se una persona la potessi pesare dalle prime parole che dice. Pensavo fosse superato un libro degli anni 70, come se una persona anziana nelle cose che dice possa essere non ascoltata. [pullquote]Pensavo fosse superato un libro degli anni 70, come se una persona anziana nelle cose che dice possa essere non ascoltata. [/pullquote]Combattere contro i luoghi comuni premia sempre. E’ come dare una chance in più a una persona bollata di una sola etichetta.

Il libro è: Dalla parte delle bambine di Elena Gianini Belotti

Mi sono subito chiesta perché mai mia madre non l’avesse letto. Magari le avrebbe suggerito una strada diversa, diversa dal sacrificio gratuito. Ma forse era troppo presto. Io l’ho letto nel 2000 ed è stato troppo tardi. Non è cambiato quasi nulla da allora, forse solo la possibilità di conoscerlo prima il sesso di un bambino e così preparare in tempo il corredino rosa o celeste.

Riga dopo riga la mia teoria, cresciuta in me spontaneamente senza l’influenza di alcuna lettura, quando ero troppo piccola per scegliere, ha trovato innumerevoli conferme. Perché la differenza chiave tra un carattere genetico e uno ambientale è che il primo non è modificabile e te lo tieni per quello che è, mentre il secondo è argilla malleabile e lavorabile. Se fin da piccoli ci convincono che alcune cose di noi fanno parte del nostro DNA, biologicamente, siamo destinati a rimanere fermi e a rassegnarci nei nostri limiti. Se invece abbiamo la consapevolezza di avere un carattere, un talento, un temperamento, un’opportunità svincolata dal nostro sesso abbiamo in mano il timone del cambiamento e quindi dell’autorealizzazione. [pullquote] Se invece abbiamo la consapevolezza di avere un carattere, un talento, un temperamento, un’opportunità svincolata dal nostro sesso abbiamo in mano il timone del cambiamento e quindi dell’autorealizzazione.[/pullquote]

I pregiudizi sono profondamente radicati nel costume: sfidano il tempo, le rettifiche, le smentite perché presentano un’utilità sociale. L’insicurezza umana ha bisogno di certezze…*

E io sono nemica dei pregiudizi, degli stereotipi, delle tipizzazioni.

La tipizzazione prestabilita in senso biologico è tale esclusivamente nei riguardi della procreazione; tutto il resto è culturale, fino a dimostrazione contraria.*

Fino a prova contraria. Per me non esiste il proverbio popolare che “l’eccezione conferma la regola”. Per me esiste il metodo empirico della scienza per cui ogni eccezione confuta la teoria.

Non me ne vogliano le persone che amo, che stimo, che frequento. Tutte quelle che nelle loro conversazioni usano continuamente frasi inutili e indimostrabili, senza fare lo sforzo di chiedersi se hanno senso, se esiste un’alternativa. Non sono quelle che mi impediscono di amarle e di frequentarle. Prevalgono altre ragioni per cui continuo a tenerle strette nella mia vita.
Ma dentro di me sono veramente cattiva e non riesco a fare mie quelle frasi, quelle conversazioni.

Provate a dimostrarmele e io ho sempre l’ultima parola, come dice sempre mio padre.

Per quanto riguarda le bambine, perché non lasciare a quelle che potevano avvertire il bisogno di affermazione una parte aggressiva e attiva di se stesse la possibilità di identificarsi liberamente con il personaggio del lupo? E’ questa libertà che si dovrebbe concedere, cioè di scegliere secondo i propri personali bisogni di individuo, invece di pretendere dai bambini che aderiscano per forza agli stereotipi inventati dalla nostra cultura e che sacrificano senza alcuno scopo positivo qualità ed energie umane preziose, che possono appartenere indifferentemente all’uno o all’altro sesso.*

*Dalla parte delle bambine di Elena Gianini Belotti

Se ti fosse venuta voglia di leggere questo libro, compralo cliccando qui: Dalla parte delle bambine. L’influenza dei condizionamenti sociali nella formazione del ruolo femminile nei primi anni di vita e aiuterai questo sito a crescere.

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Un post tutto rosa

Il ruolo dei genitori negli stereotipi di genere

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67 thoughts on “Dalla parte delle bambine”

  1. Anche io mi rendo conto, con 30 anni di ritardo, di essere cresciuta a suon di Gianini Belotti. Ho letto il libro mentre ero incinta e sono subito dopo andata a ordinare quello della Lipperini. Mi hanno aperto un mondo, ho visto nero su bianco le cose che mi erano state insegnate con l’esempio pratico. Tutte noi ci siamo scontrate, presto o tardi, con qualche discriminazione e le abbiamo combattute o subite. Ma vedere da dove arrivino la cultura e la tradizione maschiliste o anche solo di differenziazione di genere è stato assolutamente illuminante. Mi ha fatto un’enorme rabbia rendremi conto da quanto presto inizi la differenziazione, da prima ancora che i bambini stessi abbiano la consapevolezza delle differenze biologiche, e di quanto possa essere frustrante e tarpante (l’immagine della piccola Alessia tuffata nella scatola dei giochi con le gambine per aria che rovista rimarrà sempre impressa nella mia memoria).
    Credo, a differenza di alcune persone che hanno commentato questo post, che le differenze biologiche riguardino esclusivamente la gravidanza ed eventualmente l’allattamento, se fatto esclusivamente al seno. TopaGigia prendeva delle aggiunte, specialmente la sera, e io coinvolgevo il Prof in questi spazi aperti anche a lui (che tra l’altro sono stupendi e passano forse troppo in fretta). Tutto il resto è totalmente condivisibile, e sono convinta che prima il papà (o chi per lui) cominci a prendersi attivamente cura del neonato, meglio lo conoscerà e più facile sarà proseguire nella cura e nella crescita. TopaGigia ha 17 mesi, e ha già passato due fasi di papite intensissima (anche di mammite, ovviamente), la prima verso i 5 mesi. Se il Prof non avesse lavorato dall’inizio sul loro rapporto, le avremmo sicuramente tolto qualcosa e lui si sarebbe perso dei momenti preziosissimi.
    La Gianini Belotti ci mostra quanto siano importanti le figure maschili, anche e per certi versi soprattutto nella primissima età, e io condivido al 100% quello che dice. Non credo si possa avere una immagine equilibrata del mondo adulto maschile se lo si sente distaccato e non partecipe, e questo naturalmente vale sia per i bambini maschi che per le femmine.
    Il libro della Lipperini invece è proprio uno schiaffo in faccia. Ci fa vedere quanto poco ci siamo evoluti da questo punto di vista, e di come negli ultimi anni sia tornato a bomba un problema che era stato affrontato con una certa decisione nella generazione precedente. Il discorso sulla pubblicità, che fa leva sulle sicurezze sociali più radicate e di dove, quindi, le bambine sono quasi sempre ritratte al chiuso e impegnate in attività se non di cura comunque tranquille e pacate mentre i maschi sono sempre all’avventura, è stato per me una botta tremenda.
    Entrambe parlano delle favole, e anche qui sono convinta come altri commentatori che il messaggio si possa rettificare con una successiva discussione. Ma per ora, che con TopaGigia non posso discutere, a mia figlia cerco di proporre storie unisex (siamo molto presi da Dumbo in questo momento), che tanto da discutere c’e’ sempre (la mamma di Dumbo che, sebbene provocata, picchia la gente mi sta facendo vedere i sorci verdi…).
    Scusate, questi erano pensieri in libertà: avrei troppo da dire su questi due libri e su quello che c’e’ dietro. Grazie per aver proposto la discussione e grazie a MammaCattiva per il suo punto di vista.
    Ah, e bella l’iniziativa dei libri di scuola!! Peccato non poter partecipare…

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  2. Grazie per aver parlato di questo libro. L’ho letto a 13 anni, passatomi da mia mamma, una delle cose di cui la ringrazio di cuore. Dico spesso (non a loro, ma come provocazione) che voglio crescere i miei figli come se fossero femmine, insegnando loro a cavarsela sotto vari aspetti, a non nutrirsi di scatolette di tonno se si trovano soli, a stirarsi le camicie o a decidere di non farlo e portarle spiegazzate, a giocare con le bambole se vogliono o dei camion se preferiscono. Ma devo ammettere che quando si parla di questi argomenti mi fa paura la censura. E dire che io sono la prima ad applicarla, evitando di accendere a caso la televisione e selezionando libri e film.
    A scuola anche a me hanno dato modelli che a volte non coincidevano con quanto mi insegnavano a casa, io ne parlavo con i miei genitori e imparavo ad esprimere il mio spirito critico. Nell’ascoltare Biancaneve ho capito che per invidia si può uccidere, che la ricerca della bellezza non è un valore, che l’apparenza inganna. Io porto il 39 di piede pur non essendo tanto alta, con Cenerentola non mi potevo identificare, ma la mia mamma mi ha spiegato che i canoni estetici cambiano e sono relativi, e senza Cenerentola non avrei magari affrontato il problema. Al solito, il modello siamo noi, e vivere senza storicizzare, senza insegnare che anche se il mondo dice o ha sempre detto bah noi possiamo dire bih, questa è la lezione che voglio passare ai miei figli. Che poi potranno decidere di fare danza classica o imparare a lavorare a maglia ma a cui sicuramente voglio passare il messaggio che non esiste differenza fisica che debba obbligare qualcuno ad essere servo di un altro, come molte nostre ave sono state dei loro uomini.
    Aggiungo una piccola nota: non credo neanche che serva scontrarsi con gli altri famigliari per passare questo messaggio. In casa mia da parte dei nonni entrano solo macchinine, cavalieri, soldatini. Pace. Leonardo adesso dice che il suo colore preferito è il rosa, e io gli ho detto che è un bellissimo colore e non capisco perché lo mettano sono sui vestiti per le bimbe, e che se davvero vuole qualcosa di rosa e non la troviamo gliela faccio io.
    Mi rendo conto di essere un po’ polemica con il tono generale dei commenti, e non è da me, ma volevo portare la mia esperienza di bimba educata a suon di Giannini Belotti ma non solo che mi ha portato a fare un lavoro in cui la maggioranza degli impiegati è maschile ma anche ad amare il lavoro a maglia, che direi che è un discreto stereotipo femminile.

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  3. Bellissimo post. Il connubio genitoricrescono-mamma cattiva è esplosivo.

    Mi sono scontrata spesso con questo tipo di stereotipi. Quando ho regalato a mio figlio una bambola Waldorf ho ricevuto numerosi avvertimenti riguardo alla sua futura “virilità”.

    Qualche tempo fa ho anche affrontato l’argomento delle favole , piuttosto controverso. Una delle cose che mi disturbano è proprio il fatto che alle bambine vengano proposti modelli come biancaneve (nella versione originale dei fratelli Grimm), bella ma stupida (scusate ma ci casca tre volte di fila nonostante i ripetuti avvertimenti!), che risolve tutto con un bel matrimonio basato solo sulla sua apparenza fisica.

    Riguardo ai libri di scuola, qui in Francia niente da segnalare: molto “politically (e anche ethnically) correct”…

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  4. Io l’ho letto da bambina, perché era un libro di mia madre. Con la convinzione che non ci fossero cose (troppo) da maschio o da femmina, escluse quelle che richiedono forza fisica, io ci sono cresciuta. I miei figli sanno che siamo abbastanza intercambiabili: entrambi sappiamo fare tutto, dallo stuccare una parete a riparare un lavandino a stirare e cucinare e, soprattutto, siamo intellettualmente alla pari. Vivendo, per scelta, praticamente senza televisione, per me è straniante rendermi conto di come siamo rimasti fermi, rispetto agli anni ’70.
    Io, personalmente, non ho notato nulla di particolare nei libri di scuola delle elementari (sulla scuola ci sarebbe altro da dire, in effetti). Trovo che il sessismo dei cartoni televisivi (per non parlare delle pubblicità) sia assai più pesante, esplicito, dannoso e pervasivo, per esempio. Ma quando si tocca la tv, tutto diventa più complicato.
    E poi, ancora, mi chiedo se la questioni “di genere” sono davvero prioritarie rispetto ad altro. Sì, per un certo verso lo sono. Ma ho l’impressione che fuori da questa piccola oasi che è la rete la vita, per la maggior parte delle persone, sia assai più squallida, e più dura.
    E poi ho un tarlo che rosicchia, da un po’. Ma se sono anni che si parla, si protesta, si denuncia, e si resta fermi al punto di partenza, non è che bisogna rimettere mano alle strategie? Creatività. Ci vorrebbe.

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  5. @Polly, l’imprinting culturale ricatta ma non è coercitivo. Ci può sempre essere il giorno in cui diciamo “sai cosa ti dico? Da oggi non ti servo (servire come lo intendi nel commento) più.” Le persone tirano fuori tutte le migliori doti quando sono in emergenza e possono farle solo da soli.
    Non pensiate che io non sia vittima dell’imprinting. Tutt’altro. Ma da quando ho capito che per colpa di quello mi sono preclusa un sacco di opportunità, l’ho mandato dove si merita.

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  6. Grazie per il suggerimento, comprerò sicuramente il libro e magari lo regalerò alla suocera, che a volte ha queste classiche uscite sulle cose da maschi e femmine…
    Concordo che i luoghi comuni siano duri a morire e anch’io mi arrabbio quando mi ci scontro. Penso che quelli peggiori non siano tanto i commenti sessisti espliciti, ma quelle frasi apparentemente innocue che avete ben descritto e che celano tutto un retroscena di preconcetti e “inscatolamenti”.
    Credo che ci sarà sempre qualcuno che dirà “questo non è da maschio/femmina”, credo che per le donne sarà sempre un pelo più difficile che per gli uomini.
    Però le cose cambiano e continueranno a cambiare, ne sono certa. Gradualmente ma (spero) inesorabilmente.
    Sono convinta poi dell’importanza fondamentale della famiglia: io sono del ’73 e sicuramente all’epoca c’erano più vincoli di oggi, però grazie ai miei genitori sono cresciuta libera e indipendente.
    Non ricordo nessuno che mi abbia mai detto “se sei una brava bambina non devi…”. Sicuramente qualcuno l’avrà detto ma, dato che in famiglia mi hanno cresciuto come una persona e non come una bambina, non ne ho memoria.
    Bisogna avere più fiducia nei nostri figli e insistere per la nostra strada, è vero che i bambini sono delle spugne, assorbono tanto ma perdono per strada le cose inutili… 😉

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  7. Emmiseria MammaCattiva pure le favole?!!?
    Allora che facciamo, aboliamo tutta la letteratura?
    Non leggiamo più Dante, ci scordiamo le Bronte e poi che altro?
    Forse lavorare sull’oggi, sul quotidiano, sui libri di testo a scuola è più utile.

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  8. Non so chi mi disse che una donna, perchè-donna-in-quanto-donna- è più portata agli aspetti di cura.
    Ho strabuzzato gli occhi, perchè io ho imparato a curarmi dell’altro solo quando è nata mia figlia. E ho fatto una gran fatica, accidenti!A mio marito veniva subito molto naturale, anche lo spirito di sacrificio, per me è stata una conquista.
    Ho letto “Ancora dalle parte delle bambine “con molto interesse. Certi modelli ci vengono proprio appiccicati addosso, questo è il punto.
    Quando mi dicevano quanto ero fortunata ad aver avuto una figlia femmina, perchè in quanto femmina sarebbe stata più tranquilla, avrei voluto mettermi a urlare. Altrochè. Lei che ha l’argento vivo addosso.
    L’ho già scritto, ma lasciateci essere un po’ Ulisse! Penelope per alcune di noi, non riscuote proprio nessun interesse.

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    • @Mamma Cattiva quella delle favole è anche bella tosta, e ne stiamo parlando con Piattini Cinesi (in settimana il secondo post!). Qui proviamo a concentrarci su una cosa alla volta, altrimenti rischiamo di disperdere le energie. Io la proposta di Giuliana l’ho già lanciata su facebook. Che fate stasera ci mandate le foto?

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  9. @Bonzomamma, @Gloria Proprio nel post dico che mi sento molto sola. Talvolta rispondo puntuale e finisco per litigare, altre preferisco starmi zitta e andare oltre.
    Tutta la mia famiglia e quella del doc è un continuo luogo comune e intervento sessista. Anche alla materna non tutte le maestre sono illuminate e infilano sempre la frase “giusta” e i bambini sono così assorbenti. Basta pensare a come imparano velocemente e a memoria le storie dei libri. Le nostre conversazioni sono piene di questi assiomi. Proviamo a scansionarle
    Probabilmente la prima cosa da fare è quella di non scoraggiarci a casa nostra dove le regole le dettiamo noi; e non con aggressività o paura di quello che diciamo ma con la stessa ragionevolezza che stiamo utilizzando adesso. I bambini ascoltano anche noi. Poi magari arriva l’adolescenza e i momenti di attrito ma se la penso io così perché non sperare di convincerli? Oltre la nostra personale coerenza che trovo potentissima, dobbiamo individuare delle azioni comuni, tipo quella che ha proposto Giuliana (fare cose, vedere gente, giusto @Giul ;)? ).

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  10. mannaggia, non ho letto il libro, però mi hai incuriosito ed è una cosa che, parlando appunto di libri, non avviene tanto spesso perchè sono una snob abbestia.

    io la vedo come te: nel senso che al di là della biologia, tutte le differenze tra uomo e donna sono squisitamente culturali, antropologiche.
    però,
    siamo sicuri che l’imprinting culturale non sia altrettanto “coercitivo”, imprescindibile quanto la natura stessa? voglio dire: dove ci porta operare delle distinzioni precise? io, con tutta la mia razionalità e se vuoi il mio femminismo, non riesco a fare a meno di dire quasi sempre sì e di fare la schiava come faceva mia nonna.

    mi piace la protesta di giuliana. organizza, io partecipo.

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  11. Uno dei dubbi più grandi che è venuto anche a me leggendo il libro è proprio riflettendo sulle influenze esterne, oltre che sulla educazione che abbiamo ricevuto noi (e quanti luoghi comuni ho ritrovato). Il punto è che aivoglia noi a cercare, in casa di applicare una logica. Quando poi già in famiglia (nonni, zii), a scuola (ancora un po’ meno, le mie sono piccole, ma alle elementari?), con gli amici (i figli dei genitori che queste riflessioni nemmeno se le immaginano) come facciamo?
    Perché fino a che sono in famiglia qualcuno posso permettermi di correggerlo (i nonni, gli zii o i parenti già no). Ma in società?
    Spesso ci penso e mi pare di non trovare la soluzione.
    @Giuliana: bellissimo spunto, quello dei libri di testo.

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  12. mi aggancio agli ultimi commenti sull’influenza dell’ambiente esterno sull’educazione di genere dei nostri figli. ma voi li avete visti i libri di testo delle scuole elementari? praticamente un’accozzaglia di luoghi comuni sessisti, evidentemente finalizzati alla costruzione dei ruoli.
    ovviamente la cosa è funzionale all’acquisizione di corrette regole culturali (e qui si apre lo spinoso campo del perché e del per come una casa editrice si prende l'”appalto” per i libri di testo e un’altra no, ma su questo qualcuno del settore saprebbe essere sicuramente più bravo di me, che sono troppo incline alla dietrologia).
    la mia proposta un po’ provocatoria e un po’ no è questa: prendiamo le pagine dei libri dei nostri figli, fotocopiamole e spediamole alla casa editrice, spiegando i motivi per cui non ci stanno bene. poi condividiamo il tutto in rete. magari salta fuori qualcosa, magari no.
    (è un po’ che ci penso, prima o poi bisogna che lo faccia)

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    • Grande Giuliana! Io che navigo nella mia beata svedese ignoranza, non ho idea di cosa tu stia parlando, ma questo non mi fermerà dall’indagare la cosa ulteriormente. Lancio subito l’invito sulla nostra pagina facebook per condividere quelle pagine stereotipate dei libri di scuola, e vediamo di organizzarci. Mi piace 🙂

      A tutti i genitori in ascolto su questo post: sfogliate i libri dei vostri figli, fate una foto alle pagine più stereotipate e sessiste che trovate e condividetele sulla nostra pagina di facebook: http://facebook.com/genitoricrescono, incluso titolo del libro e casa editrice!

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  13. A casa mia facciamo del gran ridere sul fatto che il grembiule era un attributo di mio marito, perché lui lo metteva per lavare i piatti e io no (infatti mi bagnavo, ma il grembiule di cerata mi dava proprio fastidio).
    Nella mia famiglia, le mansioni si dividono sulla base delle nostre inclinazioni: io cucino e pulisco il bagno, Luca lava i pavimenti e rifà i letti, ecc.
    La cosa che mi fa imbestialire è che, nonostante questo, la responsabilità della pulizia della casa è mia, agli occhi degli altri. Nel senso che, se qualcuno entra in casa mia e la trova sporca (hai voglia) o disordinata (eccome), biasima me. Anche se io a casa ci passo meno tempo di mio marito.
    Questo significa che, anche in una famiglia paritaria come la nostra, ci saranno sempre influenze esterne a “contaminare” la visione dei miei figli sulle differenze di genere.

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  14. Io ho da poco comprato il sequel della Lipperini, adesso ho una spinta in piú per leggerlo!

    Anche io odio gli stereotipi di genere e spero tanto di essere d’aiuto per mia figlia assicurandole la maggior libertá di scelta possibile nel nostro socio-sistema fatto di famiglia, familiari, asilo ed amicizie varie…speriamo!

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