Cibo e convivialità: insieme a tavola, insieme in cucina

Mangiare è solo assumere cibo? Il concetto della convivialità legata al pasto è antico quanto l’uomo: se già all’alba della specie umana per cacciare una preda era necessario un nutrito gruppo di omini indifesi, doveva poi condividersi anche la consumazione del pasto. E così, dalla condivisione della preda alla cena con gli amici dopo il calcetto, il pasto resta occasione sociale.
Eppure sembra che questo abbinamento cibo-compagnia sorga nell’istinto umano piuttosto tardi con l’età, perchè nei primi anni di vita (intesi in senso molto ampio, ovvero: dallo svezzamento o dall’autonomia motoria, alla prima cena fuori con una ragazza/ragazzo) il bambino e poi l’adolescente, tendono a deglutire più in fretta possibile il pasto in famiglia per tornare alle loro mille occupazioni: l’astronave intergalattica col lego da finire, il 56° livello di Prince of Persia lasciato in sospeso, la telefonata con la Betti per l’impellente necessità di raccontare quanto accaduto 32 minuti prima a scuola (dove ovviamente la Betti era presente)…
E così l’immagine tanto sognata della famiglia intorno al desco familiare, raccolta in amabile conversazione sulle vicende occorse ad ognuno nella giornata appena trascorsa, va beatamente a farsi benedire quasi ogni giorno!
Eppure io mi ricordo (ecco i segni evidente della vecchiaia: “ai miei tempi…”) che era regola consolidata che non si cominciasse a mangiare se non quando tutti erano a tavola e che non ci si alzasse fino a quando non si aveva finito tutti. E adesso mio figlio pronuncia il suo “mi posso alzare?” quando è già a metà corridoio…
Non dico che sia per tutti così: in un bellissimo post di “Mamme sull’orlo di una crisi di nervi”, Raperonzolo ci illustra le differenze tra figlio-uno e figlio-due, proprio in base al loro modo di stare a tavola (imperdibile!). Però i “figli in fuga” appena il loro stomaco ha smesso di protestare sono un gruppo molto nutrito.
Ritengo che sia un atteggiamento positivo e meritevole di qualche tentativo, quello di insegnare le gioie della convivialità e della conversazione a tavola.
Ma come? Francamente dovrei rispondere che non lo so, ma ci provo in continuazione!

Prima di tutto conta, come in ogni cosa, l’esempio. Se ci sediamo a tavola noi genitori, trangugiando la cena, muti, con la testa rivolta ai guai di lavoro, difficilmente risulteremo molto interessanti per i nostri bambini. Non solo è più difficile chiedergli di stare a tavola e mangiare con calma, ma mi sembra troppo anche pretendere che loro ci raccontino della loro giornata a scuola o dell’imminente gara di nuoto o del perchè hanno litigato con l’amichetta del cuore. Sediamoci a tavola convinti per primi noi che abbiamo voglia di chiacchierare e, magari, se risulta piacevole e interessante, sarà più facile proporla come “regola” familiare. Il giorno che proprio ci gira male, ammettiamolo con onestà: “oggi (ma sottolineando “oggi”) ho avuto una giornata pesante al lavoro e non ho tanta voglia di parlare, ma magari se tu mi racconti cosa hai fatto di bello a danza, mi farebbe molto piacere ascoltarti”.
L’abitudine a stare a tavola con piacere fa molto bene soprattutto a quei bambini che tendono a mangiare poco. Infatti, i bambini con poco appetito considerano una tortura lo stare a tavola: offrirgli un altro motivo per restare seduti davanti al loro piatto, che non sia solo mangiare, li aiuta a rilassarsi, a fargli sentire che non gli verrà imposto di ingozzarsi ed, alla fine, mangeranno senz’altro di più.

Secondo me non è secondaria neanche l’attenzione per la preparazione della tavola.
Un problema di molti bambini nell’accettare che è ora di cena e si va a tavola, sta proprio nella transizione tra quello che stavano facendo e la necessità di lasciarlo. Proviamo ad aiutarli, prima di tutto rispettando quanto possibile anche i loro tempi: se stanno finendo un disegno, facciamoglielo finire, magari proponendo di non metterci troppo o di finire un particolare e poi continuare dopo. E poi facciamoci aiutare, per abitudine, a preparare la tavola, che sia quella della festa o le quotidiane tovagliette all’americana con i tovaglioli di carta. Diamogli un compito commisurato alla loro età: dal portare il loro piattino di plastica, fino ai bicchieri di cristallo! Da noi per esempio, se una domenica abbiamo a pranzo nonni o amici, è ormai consuetudine che “servire” a tavola macedonia, dolce o gelato è compito esclusivo del Sorcetto. E vi assicuro che ci mette tanta attenzione che non gli è mai sfuggita neanche una briciola! Credo che lo aiuti ad essere più partecipe di quel pranzo e ad avere meno voglia di scappare via al più presto a giocare in camera sua.

Normalmente, poi, ho sempre l’abitudine di comunicare cosa c’è per cena: soprattutto ai bambini con poca voglia di mangiare o di stare a tavola, le sorprese piacciono poco. Io “annuncio” cosa c’è e spiego come è fatto: ormai, se me lo dimentico, mi viene sempre richiesto l’elenco degli ingredienti, oppure, se è un piatto consueto, ancora meglio: il divertimento mentre si comincia a mangiare è elencarli tutti, senza dimenticarne nessuno! Ovviamente bisogna scindere fino alle materie prime: pasta = acqua e semola di grano; pane = farina, acqua e lievito… e il lievito? insomma, e così via…

Ed infine, quando è possibile, cuciniamo insieme. Quando il Sorcetto si siede a tavola ed annuncia al papà che LUI ha infarinato quelle scaloppine, state certi che resterà seduto fino a quando non saranno sparite da ogni piatto, per controllare il gradimento fino all’ultimo boccone (ovviamente la farina in giro per la cucina la si fa ripulire al genitore che non ha partecipato alla preparazione!).
Cucinare insieme, poi, è un’altra occasione di conversazione e di condivisione. Si imparano tante cose cucinando: la precisione ed i limiti nei quali si può essere imprecisi senza rovinare il risultato, la manualità nell’uso degli utensili (per esempio girare un sugo senza farlo uscire dalla pentola), la collaborazione, il pericolo costituito da certi oggetti (coltelli, fornelli, ecc.) e poi… l’alchimia magica di comporre insieme ingredienti per la creazione di una cosa buona!

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2 thoughts on “Cibo e convivialità: insieme a tavola, insieme in cucina”

  1. Ciao! A proposito di ragazzi ed educazione alimentare ti segnalo un’iniziativa interessante, rivolta ai ragazzi, ma anche a genitori ed insegnanti, come strumento di aggregazione e confronto. Si tratta di Cibolando, progetto di educazione alimentare dove i ragazzi possono imparare a mangiare sano divertendosi.
    Ecco il link al progetto: http://www.cibolando.it/come-partecipare/sbs-scl/
    Buona giornata 🙂

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