Vi è mai capitato di vedere un bambino con una disabilità fisica che lo costringesse su una sedia a rotelle e pensare “beato lui!”? No? Sapete perché non vi è capitato? Perché non vivete in India.
Vivere con una disabilità fisica o mentale è difficile ovunque, ma può esserlo infinitamente di più in zone del mondo molto povere e depresse. Non solo perché accedere agli strumenti che servono a un disabile per ottenere una qualità di vita accettabile è impossibile, visti i loro costi, ma anche perché l’assenza di cure costanti e continuative, rende alcune disabilità più gravi e impedisce il raggiungimento anche di minime autonomie.
Una stessa disabilità ha un impatto diverso a seconda del contesto sociale in cui vive l’individuo: in una società “del benessere” ci sono forme di assistenza sanitaria e ammortizzatori sociali che permettono a tutti di accedere alle terapie, ai presidi medici e consentono di ottenere il miglior stato di salute possibile. In una società povera o con forti differenze sociali o territoriali, dove non ci sono forme assistenziali o dove vi accede solo una parte della popolazione, la stessa disabilità diventa un ostacolo insormontabile per una vita dignitosa: le persone con disabilità sono fuori dal contesto sociale, sono degli emarginati che non possono pensare a una vita autonoma e pesano sulla famiglia di origine, già poverissima.
In questi contesti, nasce un paradosso come quello di cui parlavo all’inizio: una sedia a rotelle, così come un ciclo di fisioterapia, o un paio di scarpe ortopediche, o un tutore, o una protesi, o un programma di logopedia, sono privilegi. Quelle stesse cose che noi vivremmo come un peso, se non addirittura come una disgrazia, sono un sogno per molti bambini con disabilità.
Visto come può cambiare la percezione del mondo, semplicemente cambiando punto di vista?
Nelle regioni più povere, come il Bengala occidentale, in India, la disabilità minorile costituisce una barriera all’istruzione: i bambini con problemi fisici o mentali sono emarginati e non hanno a disposizione infrastrutture in grado di aiutarli.
Non solo: la povertà e la mancanza di sostegno sociale non sono gli unici ostacoli alla conquista di una qualità della vita dignitosa. Entrano in gioco altri fattori culturali, come la superstizione nei confronti della disabilità e l’esclusione del disabile e della sua famiglia, in quanto soggetti che costituiscono un peso non solo economico, ma anche morale per la società.
Fondazione L’Albero della Vita Onlus opera proprio in questo contesto, gestendo una struttura preziosa per il territorio: un Day Care Center a Batuipur, che accoglie attualmente circa 50 piccoli che hanno deficit sia mentali che fisici ed è l’unica struttura nel raggio di decine di chilometri in cui si insegna ai bambini a curarsi e a sviluppare le proprie capacità grazie ad esercizi specifici e alla fisioterapia.
Inoltre, nel centro si supportano le famiglie sia dal punto di vista psicologico, che con visite specialistiche a domicilio, con la distribuzione di cibo e con consigli pratici per beneficiare delle agevolazioni offerte dal Governo (una attività essenziale dove gran parte della popolazione è in condizione di analfabetismo e disinformazione).
Come storia emblematica e simbolo, che racchiude in sé tutte le storie dei bambini passati per il Centro, è stato scelto Souvik: un bimbo affetto da paralisi cerebrale. Prima di andare al Day Care Center, non riusciva a stare seduto senza sostegno, né a tenere la testa dritta. Grazie agli esercizi di fisioterapia, Souvik ha imparato a stare in piedi da solo, ha iniziato a camminare e può finalmente afferrare gli oggetti e giocare con gli altri bambini.
Al momento il Centro di Batuipur non ha strutture, né personale, né attrezzature, per poter accettare altri bambini. E invece numerosissime famiglie ogni settimana affrontano viaggi estenuanti per cercare di essere ammesse alle cure per il loro figli.
Il progetto ha bisogno di essere potenziato per:
– garantire il trasporto dei bambini disabili dal loro villaggio al Centro;
– estendere l’orario e i giorni di apertura del Centro;
– aumentare il numero dei bambini curati nel Centro;
– assumere un nuovo fisioterapista;
– acquistare nuove attrezzature per la fisioterapia dei bambini;
– portare i casi più gravi in ospedali attrezzati dove possano essere sottoposti a intervento chirurgico.
Un’attività che si protrae nel tempo e ha bisogno di risorse costanti.
Per questo Fondazione L’Albero della Vita Onlus non cerca donazioni occasionali, ma, con la campagna #BeatoLui vuole promuovere una nuova modalità di intervento: il sostegno regolare di una causa con un contributo mensile. Perché a Souvik, ai suoi amici del Dai Care Center e a tutti i bambini del Bengala occidentale che ancora non hanno potuto curarsi, serve un sostegno costante.
I contributi proposti sono di modesta entità e fortemente finalizzati alle esigenze dei bambini. Questo il link per ottenere maggiori informazioni: sostieni a distanza #BeatoLui
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