Descrivere il Vikingo come bambino vivace è un eufemismo. Parlare di lui come un bambino capriccioso sarebbe semplicemente sbagliato. Dire che è un bambino difficile inizia a rendere l’idea, ma io preferisco dire che è un bambino ad alto bisogno, o un bambino impegnativo. Ma come sapete l’appellativo che lo descrive al meglio è quello di bambino amplificato, appellativo che è la causa principe che ha portato me e Silvia a fondare insieme questo sito. .
Mi capita spesso di incontrare persone che mi chiedono se il definire un bambino come amplificato, non contribuisca a mettergli un’etichetta e a perdere di vista l’individuo speciale che è in lui.
Questa settimana, in risposta al post pubblicato con la lettera di Marzia, sul mio profilo su facebook, Francesca mi ha scritto: “sarò sincera ma mi mette i brividi pensare di associare a tanti bambini (diversi tra loro) un’etichetta che li accomuna e suona come una malattia. che un test possa decidere se un bambino è “amplificato” o meno e di conseguenza se tu sia un genitore di bambino amplificato o meno mi mette altrettanto i brividi. non è ipermedicalizzazione (senza il medico)?”
Rossana ha aggiunto: “non c’è il rischio di rendere “patologici” (passami il termine) problemi difficili ma comunque normali che si affrontano durante la crescita dei proprio figli?”
Lo scambio è continuato per qualche commento, ma ho capito di non riuscire ad esprimere il concetto con le limitazioni di facebook, e quindi mi sono decisa a scrivere questo post per poter spiegare meglio il mio punto di vista sulla questione.
Prima di tutto vorrei chiarire che le stesse domande me le pongo anche io in continuazione. Però è un po’ come chiedersi se nasce prima l’uovo o la gallina. Io so per certo che mio figlio ha manifestato queste caratteristiche del temperamento dal primo giorno di vita. La sua necessità di movimento continuo, i suoi cambi di umore repentini con l’altalena emotiva che li accompagna, la sua paralizzante paura delle novità, la sua introversione che lo porta al limite del mutismo, la sua sensibilità ai rumori e alla luci che lo rende fragilissimo. No, non è un bambino diverso dagli altri bambini. E’ un bambino che ha le stesse paure, le stesse gioie, gli stessi passi dello sviluppo, solo che li manifesta in modo diverso, in modo amplificato appunto.
Francesca in un altro commento mi ha scritto: non so, conosco un sacco di cinni che per certi periodi sono stati molto pesi (la frollina stessa ha avuto fasi pesissime, con grandi attacchi di pavor nocturnus) ma con questo non ho mai pensato che fosse parte di una certa tipologia. Mi ricordo che mio padre da piccola mi diceva che ero insicura e così sono cresciuta insicura. Insomma, ho delle perplessità, perché se una cosa la vivi come assoluta, allora lo diventa. Capisco bene che ci possano essere genitori disperati, ma contestualizzerei un po’: si può essere disperati per periodi e avere figli angioletti per altri. Non vorrei che questo tipo di definizione (e quoto in pieno rossana quando parla di “patologico”) diventi un modo per ascrivere fenomeni tipici dell’infanzia e della crescita con cose fuori dal comune, amplificando (passami il gioco di parole) situazioni che invece sono solo la storia particolare di quella persona unica e particolare che è il bambino.
Il punto è proprio questo: gli altri bambini attraversano delle fasi difficili ma poi ne escono. Magari hanno un periodo oppositivo in cui tutto è no, ma poi tornano collaborativi. Queste sono fasi normali e anzi fisiologiche della crescita. Ogni bambino è unico e particolare, eppure tutti i bambini sono uguali nel senso che attraversano le diverse fasi della crescita più o meno negli stessi momenti. Per fare un esempio noto a tutti: il periodo dei terrible two, o dei meravigliosi due anni, come l’ho chiamato io. Ci passano tutti i bambini, e tutti i genitori sono ugualmente stupiti da questa fase oppositiva dei loro bimbi che improvvisamente pretendono di fare tutto da soli, che si rifiutano di collaborare, che testano le loro capacità e la loro pazienza. Eppure i duenni non sono tutti uguali tra loro, ognuno attraversa questa fase a modo suo, pur potendo riconoscere gli atteggiamenti comuni a tutti. Ecco, lo stesso vale per i bambini amplificati, ognuno con le sue peculiarità che li distingue e rende unici nel loro essere “uguali”. Solo che la fase dei terrible two per i bambini amplificati nasce dal momento in cui sono nati, e continua molto più a lungo che i primi 2 o 3 anni di vita.
La genetica ha la sua responsabilità in questo, e non a caso gli stessi tratti del temperamento del Vikingo sono molto evidenti nel padre, nel nonno paterno e nella nonna materna.
Però è giusto chiedersi se mettergli il bollino dell’amplificato in realtà non contribuisca a considerarlo diverso, magari anche malato. Naturalmente è un rischio che si corre, e bisogna stare in guardia.
L’etichetta di amplificato a me è servita per trovare i confini e riuscire a definire una situazione che mi sembrava fuori dal mondo. Mi è servita proprio per capire che non c’è nulla di sbagliato in lui, e di accettarlo per quello che è: un bambino introverso, emotivamente fragile, altamente energetico, che ha un bisogno costante di aiuto per riuscire a crescere in equilibrio con se stesso. E la stessa etichetta mi ha aiutata a capire che non c’è nulla di sbagliato in me come genitore e come persona. Non sono io a renderlo così, non sono io a fargli venire le crisi isteriche perché non riesce a disegnare un pellicano. Non sono io a spingere l’altalena delle sue emozioni. Il sapere che ci sono altri genitori che stanno vivendo le mie stesse insicurezze, che si stanno ponendo le mie stesse domande, che stanno vivendo a tratti lo stesso sconforto, mi fa sentire un po’ più forte.
Detto ciò però è importante non fermarsi all’etichetta, e superare questa sensazione di impotenza, proprio partendo dall’accettazione del suo modo di essere. Il passo successivo, sul quale sto lavorando ogni giorno come genitore, è quello di riuscire a trovare il modo per aiutarlo ad esempio a trasformare la sua testardaggine distruttiva in tenacia che gli permetta di arrivare a raggiungere i suoi obiettivi.
Incanalare la sua energia invece di dissiparla a forza di salti in ogni direzione, sbattendo addosso a chiunque si trovi a passare di li, senza una direzione precisa, seguendo il vento che soffia in quel momento. E usarla invece per fare un grande salto e superare tutti gli ostacoli, e arrivare dove vuole lui, anche fin sulla luna.
Ieri sono andata a prendere i miei piccoli all’asilo alle 16. Sono disoccupata da poco più di una settimana e sono felice di potermi prendere cura di loro dopo l’asilo, compito a cui si è dedicato il padre negli ultimi 6 mesi. Avevo tutte le intenzioni di godermi un paio di ore di gioco gioioso con i miei due tesori. Il Vikingo era in giardino a giocare con L’AmichettoSuo (quello che gli insegna tutto di Star Wars, dissennatori e mummie che ti uccidono nella notte). Pollicino mi vede e trotterella felice verso di me, con il sorriso sulle labbra, e mi avvolge con il suo tenero abbraccio. Il Vikingo grugnisce un “sto giocando con L’AmichettoMio.” Non mi scompongo, sono anni che si va avanti così, e so che questo è un momento di transizione per lui, il passaggio da una attività ad un’altra, da un luogo ad un altro, e che ha bisogno di un po’ di tempo per abituarsi all’idea. Gli dico che può continuare a giocare mentre entro dentro a prendere delle cose e parlare con l’insegnante, ma che poi dobbiamo andare. Quando arriva il momento lui saluta il suo amico e mi segue tranquillo fino fuori dal cancello. Mentre varchiamo la soglia del cancello mi racconta allegramente che si è divertito a giocare con L’AmichettoSuo (cosa molto rara, perché lui normalmente non racconta nulla!). Gli rispondo “e si tesoro, ho visto che ti stavi divertendo con lui”. Tempo un nanosecondo e lui inizia a singhiozzare, IO, balbetta, NON VOGLIO, piange, ANDARE, singhiozza, VIA. Va in apnea emotiva, non respira ed è tutto rosso, io lo abbraccio, cerco di tranquillizzarlo, lui riprende a respirare, ma continua a sighiozzare, è stravolto. Io cerco di mostrare empatia. Gli dico che capisco che si stava proprio divertendo e che deve essere veramente frustrante per lui lasciare l’asilo mentre si diverte così tanto a giocare con il suo amichetto. Lui continua a sighiozzare, poi si arrabbia con me, urla “PERCHE’ DEVI VENIRE COSI’ PRESTO???”, mi da’ un pugno sulla spalla. Io gli fermo la mano e gli dico con fermezza che non si picchia. Che capisco che è arrabbiato ma non può picchiare. Poi continuo con l’empatia. Sono trascorsi pochi minuti e 100 metri dal cancello, ed è passato da allegria, a tristezza, e infine rabbia. Gli dico: “pensa al tuo amico L. che va via alle 3! Chissà se anche lui si arrabbia così tanto con la sua mamma che lo va a prendere così presto? perché tu almeno puoi rimanere a giocare li fino alle 4, che è un’ora in più di lui!” Lui smette di piangere, mi guarda in silenzio, sorride e dice “eh già” e mi inizia a raccontare di quello che ha fatto o detto L. come se nulla fosse.
Passata la crisi continuiamoa camminare. Duecento metri dopo passiamo accanto al parchetto con i giochi normalmente popolato di bambini. Solo che non c’è nessuno a giocare, perché è già buio e fa freddo e sono già tornati a casa. E allora si rimette a singhiozzare e a piangere perché …sono andata a prenderlo troppo tardi!!!! Vi risparmio il resto, ma nel tragitto a piedi fino a casa l’altalena emotiva ha compreso 4 crisi di pari intensità, e si tratta di 600 metri di strada.
Alla fine anche Pollicino ha iniziato a dare i numeri, perché quando il fratello urla in quel modo lui giustamente alla quarta crisi si agita un pochino, che povera stellina ha solo 18 mesi, ed è stanco anche lui dopo una intera giornata di lavoro al nido, ed anche il suo capace buffer emotivo ha bisogno di ricaricarsi.
Vi dico la verità che arrivati a casa avevo già dimenticato la mia voglia di giocare gioiosamente con i miei figli.
Questa non era una giornata particolarmente difficile, ma solo una giornata come le altre, ne più ne meno, e vi ho raccontato solo 600 metri di strada. Non vi ho parlato della frustrazione di non riuscire a scrivere la lettera S, dell’acqua del bagno troppo calda, della cena che non gradiva, della ginnastica acrobatica nel salotto di casa per usare un po’ di energia fisica rimasta, del cocomero che non gli compriamo mai (ma è novembre!!!) e tutto il resto che è successo lo stesso giorno.
Un bambino non amplificato probabilmente si sarebbe dispiaciuto di andare via dall’asilo ma forse lo avrebbe espresso con un’intensità minore, e forse poi si sarebbe anche dispiaciuto di non poter giocare con gli amichetti al parco giochi. Magari una delle due volte si sarebbe anche messo a piangere se era particolarmente stanco. Ma la sua giornata non sarebbe oscillata pericolosamente tra momenti di gioia irrefrenabile e rabbia, o frustrazione. Vi confesso di essere molto provata e stanca di questa altalena emotiva, ma sopratutto non voglio che lui la subisca, perché è paralizzante. Penso che sia molto bello che lui riesca a provare sentimenti così forti, che riesca a vivere emozioni con tutto il suo corpo, e non voglio togliergli o negargli questo suo modo di essere. Vorrei solo aiutarlo a trovare il suo ritmo, per riuscire a cavalcare i suoi sentimenti, a farsi guidare dalle sue emozioni, invece di essere perennemente sopraffatto da esse. Credo proprio che questa sarà la nostra sfida più grande.
Come dicevamo, questo post è perfetto per questo http://www.mammaimperfetta.it/2010/11/16/scritto-da-te-una-bambina-impegnativa/ e il commento di Rosa è una chicca.
Sul termine “amplificato” io però devo dire una cosa: la prima volta che l’ho letto mi ha lasciato un po’ perplessa nel senso che mi ha richiamato un senso di diversità che non mi è piaciuto.
Però poi ci ho riflettuto. Si, Niccolò per tanti versi è differente dagli altri e questo non è per nulla un male, nè un bene. Semplicemente è.
E ora, beh, ora questo aggettivo per me è consolatorio. Mi ha aiutato a comprendere questo suo essere “tanto” e anche ad amarlo nel giusto modo.
@MammaImperfetta io spesso penso a te che hai avuto l’amplificato come secondo figlio invece che come primo, e so che abbiamo sentito le stesse frasi ma opposte: “è perché il secondo si tende sempre a viziarlo di più” che per me è “è perché il primo figlio si tende sempre a viziarlo di più”. Dico bene?
Ma a te quando è nato il secondo hai pensato di essere impazzita te e di aver perso ogni tua facoltà di mammesca?
@Rossana il tuo dubbio è legittimo. Io però ti assicuro che leggendo quella email mi sono messa a piangere, perché sapevo esattamente di cosa lei stesse parlando. Lo so che è difficile capirlo, ma è così.
@Valeria stessa domanda che a mammaimperfetta. io a volte penso che se il Vikingo fosse nato secondo, non avrei fondato questo blog, ma forse non è vero.
@Fabiana grazie il senso è proprio quello, non di etichettare, ma di dare un nome, perché quando le cose hanno un nome allora posso inziare a parlarne.
@StranaMamma ti prego continua così. Il tuo racconto voglio rileggerlo ancora molte volte, perché ogni volta mi sento meno sola.
@mammadifretta i nonni qui l’hanno capito anche a 3000 km di distanza, basta fare i confronti con gli altri nipoti.
scusate non riesco a leggere tutti i commenti
secondo me la differenza tra “aggettivo” ed “etichetta” sta nell’intenzione di chi parla
cioè, se dico che sono amplificata, io voglio solo definire, semplificando, in una sola parola tutta una serie di caratteristiche
se invece mia nonna mi dice che sono maleducata lei intende proprio darmi una ben precisa collocazione negativa senza possibilità di recupero o revisione, e quella sarebbe un’etichetta
allora anche definire un bambino sensibile può essere un’etichetta, ma scommetto che quello non da fastidio a nessuno
@Serena: è perfetto quando dici che occorre passare un pò di tempo con i nostri figli per capire l’entità del “lavoro” fisico e psicologico che ne deriva quotidianamente. Inutile dire che la descrizione della tua giornata assomiglia drammaticamente a molte delle mie, sempre a camminare sulle uova, sempre a tirar fuori dal cappello reazioni da super mamma allenatrice emotiva empatica (che spesso non sono!). Colpita da stanchezza e senso di solitudine talvolta cado nella autocommiserazione e nella lagnosa cantilena “perchè mio figlio deve essere diverso da tutti gli altri”. E mi odio profondamente per questo.
Innegabile dire che mio figlio sia diverso, lo è per me, per le insegnanti, per la pediatra, per la psicologa, per i suoi coetanei … Innegabile come una condanna? Questo ora è un dubbio feroce. Cosa pensa di se stesso questo bambino a cui il mondo chiede incessantemente “perchè non parli?” e a cui i suoi genitori chiedono “perchè non riesci a stare fermo e tranquillo un attimo?”. Lui di etichette ne ha addirittura due: quella privata di bambino esigente, onnipresente, emotivamente esagerato, facilmente irritabile, e quella pubblica di bambino silenzioso, poco incline alla socializzazione, fisicamente controllato. Dev’essere pesantissimo per lui! Non è facile vederla in questi termini quando stai sopportando l’ennesima crisi di nervi ma ci dovrò provare più seriamente. Anche perchè credo che il suo percorso di crescita sarà ancora lungo e non si risolverà solo con il tempo. Avevo sottovalutato questo aspetto delle “etichette” quindi questo post mi è stato proprio utile, come sempre!
Beh, credo che i bambini amplificati siano sempre esistiti, e nessuno è morto per essere amplificato, nè è diventato un assassino psicopatico. Solo che magari si tendeva a considerare le loro reazioni come capricci, e magari si usavano metodi più spartani (punizioni, magari anche botte…). Qui abbiamo dei genitori che cercano di rendergli la vita meno difficile e migliore, cercano di abituarli a gestire le loro emozioni per vivere la propria infanzia più felicemente, a inserirsi nella società in modo meno traumatico, e cercano il modo migliore per farlo, magari risparmiandosi loro un esaurimento nervoso…
Ciao Serena,
ho letto questo post che mi ha molto colpito. Metto subito le mani avanti: non sono venuta qui a voler dire ‘anche io ci sono passata’, ‘tutti i bambini passano queste fasi etc etc…’ Siccome conosco il tuo blog e ho letto spesso del tuo bambino, volevo solo condividere la mia esperienza nei primi 3 anni di vita del mio secondogenito.
Ho vissuto quasi tutti i giorni giornate simili a quella descritta da te fino ai 3 anni di età. Poi è cambiato, lentamente, ma totalmente, senza che facessi niente se non stargli vicino e cercando di capire il motivo della sua rabbia, isteria etc etc. E’ un bambino testardo, questo sì, ma con reazioni di rabbia e sconforto ‘normali’. Ma se lo incontri oggi non ha niente del bambino ‘capriccioso’ di due anni fa.
Dico ‘capriccioso’ perché quello che i nonni, parenti e amici mi dicevano, quando assistevano a queste scene, era che io lo viziavo troppo e quindi lui ne approfittava.
Tutti i giorni quando si svegliava, per un nonnulla (che poteva essere la colazione che non gli piaceva o il peluche che non trovava) scoppiava in pianti disperati, crisi di rabbia, per mezz’ora e più. Lo andavo a prendere al nido e ogni giorno all’uscita per una scusa qualsiasi scoppiava in crisi isteriche, tanto da buttarsi sul marciapiedi in preda all’isteria. A volte chiamavo mio marito perché venisse ad aiutarmi a portarlo a casa. Io ero provata, come puoi immaginare. Ma all’asilo e con altre persone non si comportava quasi mai così, solo con me. Poi lo riuscivo a calmare, e in qualche modo andavamo a casa. Dove, qualsiasi cosa non andasse per il verso giusto, la crisi isterica era assicurata: un gioco non trovato, un disegno non riuscito… Io imputavo il tutto al fatto che non dormiva la notte, e io con lui, eravamo stanchi e stressati entrambi… Il figlio grande ne risentiva, e devo dire che ho passato 3 anni pesanti.
Con questo non voglio venire a dirti nulla di più di quello che sai già vivendo con tuo figlio giorno per giorno. Volevo solo condividere con te questo aspetto della vita di mio figlio che mi ha creato non pochi problemi, e che è cresciuto e cambiato adesso. Non lo so, da totalmente digiuna di quello che tu invece hai studiato e analizzato, mi chiedo se non credi che crescendo, magari, si smorzeranno certi aspetti amplificati di tuo figlio.
@ITmom grazie, apprezzo molto le testimonianze di genitori che sono già usciti dal tunnel 😉
In realtà anche io vedo già dei miglioramenti, e probabilmente tutto il lavoro di presa di coscienza che abbiamo fatto, e i tentativi di trovare il modo di aiutarlo sono serviti. Però io riconosco gli stessi aspetti in mio marito, il quale ha l’unico vantaggio di riuscire a non scoppiare a piangere in mezzo alla folla (ma un paio di volte ho temuto che potesse iniziare a farlo 😉 )
Io credo che il tempo sia un grande alleato, ma da solo non risolve necessariamente tutto, soprattutto se a casa si lavora in modo sbagliato, usando ad esempio punizioni o metodi coercitivi invece di tecniche che lo aiutino a prendere coscienza di se e trovare le soluzioni adatte per lui.
@Barbara aggiungere evitare un esaurimento nervoso ai genitori 😀
@Marzia io so che tu sai che io so che tu sai
@Claudia sono parzialmente d’accordo con te. Il fatto è che l’etichetta normalmente si pensa solo come negativa, mentre un’etichetta è sempre etichetta. Anche se quelle positive sono migliori, esempio: tenace e testardo, sono un’etichetta positiva e negativa di uno stesso aspetto del carattere.
non entro nel merito della definizione, non sono un’esperta e non saprei dire se sia giusto chiamare un bambino ‘un pò difficile’ o ‘vivace’ usando un aggettivo di questo tipo, considerarlo come se davvero rientrasse in una tipologia. mi rendo conto che le ‘etichette’ ogni tanto sono necessarie e che semplificano alcuni concetti altrimenti difficili da spiegare e capire. sono d’accordo con Francesca che bisognerebbe sentire il parere di uno psicologo, del resto sono convinta che l’aiuto o il parere di uno psicologo sarebbe utile a tutti i genitori, una volta ogni tanto.
mi chiedo però se prendere coscienza che il proprio figlio possa essere un ‘bambino amplificato’ non possa costituire un alibi, per alcuni genitori, per poter fare a meno di guidarlo nel modo giusto, di educarlo correttamente, di insegnargli a reagire nel modo giusto di fronte a certe situazioni o difficoltà, e così via… non so è un mio dubbio, forse non ho ben compreso l’argomento e mi sbaglio…
Considerando che non è semplice dare un valore credo di poter affermare che siamo al limite estremo della vivacità!
baci, spero che riusciremo ad incontrarci 😉
In spagnolo i bambini come il Vikingo si chiamano “niños de alta demanda“. Mia figlia, che fra 2 giorni avra’ 10 mesi, ha qualche percentuale di questa cosa, i bimbi che entrano in questa “categoria” non sono 100% cosi’, dipende un po’. Non si tratta di una malattia, assolutamente no, neanche di una cosa che e’ dannosa o che la fara’ diventare delinquente o qualcosa del gener. I nonni da questo lato dell’oceano la definiscono “capricciosetta”. Quando era ancora piu’ piccola e’ stata durissimo per me avviarmi al suo ritmo, non so, avevo in testa che un neonato fosse lento… invece.
Devo dire che chiudiamo le giornate esauste, io, lei e anche papa’. La nonna la tiene un pomeriggio alla settimana e ha bisogno di tutti gli altri giorni per riprendersi : )
Per bambini come i nostri ci vuole molto buon umore, denti molto stretti di nascosto e molta forza (tipo la forza di Star Wars: “Che la forza sia con te”).
Io trovo che una bambina come la mia sia eccezionale, mi piace molto, anche se a volte quando la giornata tira sul nero la vorrei dare alla prima sciura che incrocio e gli dice: “Ma che bella bambina!”. Sicuramente arriva all’angolo e me la da’ indietro (LOL). Non dico che i bambini amplificati siano piu’ intelligenti degli altri o che abbiano chissa’ che poteri allo stile di X-Men, ma devo dire che sono bambini con “duende” cioe’, magia. Belli, vispi e che non stanno MAI FERMI. MAI.
A 9 mesi e 28 giorni, Emma ha imparato a mettersi in piedi sul seggiolone, anche a cinturino allacciato…
Io sono arrivata a Genitori Crescono cercando proprio informazione in italiano sugli “spirited babies”.
Il sito in spagnolo e’ molto bello (www.bebesaltademanda.com) e all’inizio mi ha aiutata molto, ho anche capito che Emma questa cosa ce l’ha nei geni, ha una madre amplificata, la madre di sua madre e’ anche una donna amplificata… che vuol dire che sono una mamma amplificata fatta su misura per la mia figlia amplificata : )
Chissa’ quando fara’ un figlio… maaaaaaammaaaaa!!… ho gia’ promesso di stargli vicino.
Ne approffito anche per invitarvi a un nuovo blog che ho aperto, si chiama mamma.190, e’ in italiano, il mio solito blog e’ in spagnolo e restera’ cosi’ perche’ mi serve per stare in contatto con la mia famiglia e i miei amici, anche perche’ li’ si trova tutta la mia storia. La tematica del nuovo blog sara’ variegata, andra’ dall’architettura all’attivita’mammesca, un po’ di foto, un po’ di crafting, un po’ di tutto. Tutto sul vasto mondo di una mamma amplificata con una bambina amplificata dentro la stessa casa : )
@arch190 una meravigliosa dinastia di amplificati 😉
@akari lo spero anch’io 🙂
@CosmiMummy no, l’alibi decisamente no. Il fatto che il bambino sia incapace di stare seduto mi impedisce di andare al ristorante, o se ci vado mi faccio un mazzo per intrattenerlo ed impedire che disturbi gli altri ospiti a meno di trovarmi in un agriturismo e poterlo far scorazzare all’aperto. La maleducazione non è una scusa. Detto ciò io trovo che a volte il livello di sopportazione nei confronti dei bambini sia eccessivamente basso, ma questa è un’altra storia.
Credo però che una cosa è dire mio figlio è fatto così e lo accetto (o lo accolgo per quello che è). Un’altra è lavarsene le mani e abbandonarlo a se stesso, ma mi pare che dai post che scriviamo qui ogni giorno questo dubbio sia abbastanza escluso dico bene?
@Serena infatti anche io mi stavo giusto ponendo il dubbio!
@Akari 🙂
Ecco il link al test sul temperamento: https://genitoricrescono.com/capire-il-temperamento/
@Serena dove trovo il test?
@Panzallaria pieno di adulti molto più che amplificati!
Proprio 5 minuti fa, nemmeno a farlo apposta, ho scoperto che una mia lettrice ha un blog bellissimo. Vi segnalo questa pagina sull’infanzia inconsueta. http://stimadidanno.blogspot.com/p/bambini-cattivi-scartati-ai-casting.html
Povera Serena, pacca sulla spalla… A parte scherzi, forse un punto di vista diverso sull’accettazione: ti rendi conto che sfogandosi con te, e ritrovando con te un equilibrio emotivo (che dura pochi minuti, magari, ma c’e’), il Vikingo deve avere in te una fiducia immensa e un amore viscerale? Se è difficile per te stargli accanto, pensiamo quanto debba essere difficile per lui vivere in questa altalena emotiva (aggravata dal fatto di essere un bistecchino, e quindi fisicamente imponente…) di per sè, e magari non trovare persone che lo sappiano guidare o anche solo accettare…
Confermo che con un bambino non amplificato ci sono momenti diciamo intensi, ma la via d’uscita si trova e si può avere una certa sicurezza che funzioni. TopaGigia fa una piccola scenata tutte le mattine arrivando all’asilo, e scenata simmetrica andando via. Anche lì poche centinaia di metri per arrivare a casa, ma subito dopo pranzo e prima del sonnellino, quindi a volte apriti cielo. E io mi sono inventata una routine, così uscendo lei sa cosa la aspetta, e ho cercato di renderla una routine piacevole, così magari le viene voglia. Uscendo la lascio camminare, poi la metto su un muretto che costeggia la strada ma solo fino a un certo punto (sempre quello per carità), poi la rimetto in passeggino e sfrutto il resto della camminata per fare qualche minuto in inglese con lei. Generalmente lei mi chiede lo status familiare (cosa sta facendo adesso papà, nonna, l’altra nonna, il cugino Alla sempre solo lui fra tutti i cugini, il bau, il miau) e alla fine della famiglia ci mette sempre la maestra Claudia… a quel punto c’e’ la crisi perchè sa di averla appena lasciata ma in genere siamo arrivate a casa ed entriamo in un’altra routine… Penso che la differenza fra un bambino amplificato e TopaGigia sia che questo per me funziona quasi sempre, con un amplificato non sai mai cosa succede, sai solo che sicuramente succede qualcosa…
A Vignola l’altra notte hanno tagliato con la motosega un castello di legno in un parco pubblico: i vicini si lamentavano del troppo chiasso dei bambini che ci giocavano.
Secondo me abbiamo un sacco di adulti che altro che amplificati…;-)
in bocca al lupo per tutto
scusami ma non sapevo che uno degli obiettivi primari del blog fosse questo e se offri sostegno a delle mamme, ecco è ottimo.
detto questo vorrei chiarire alla tua lettrice che ha commentato su fb che mia figlia nella vita reale non la chiamerei MAI frollina. Ha dei soprannomi come tutti i cinni, ma non quello, che ha a che fare solo con il mio personaggio virtuale su Panz (che è principalmente narrativo) e non con la nostra vita reale. E vorrei aggiungere che secondo me soprannomi e definizioni sono due robe diverse. giusto perché mi ha un po’ infastidito da parte di una persona che per altro non conosco, che si facesse riferimento al soprannome di mia figlia (e si pensasse di sapere delle cose che non ho mai raccontato io) senza nemmeno rivolgersi a me direttamente come persona.
…oddio a leggere meglio la tua giornata Serena mi sembra un poco anche la mia…. non esattamente ma insomma neanche troppo distante, quindi anche il mio Alex rientrerebbe in questa definizione?
E io che ho sempre pensato che facesse parte del suo esser bambino! 🙂
@akari se vuoi divertirti prova a fare il test sul temperamento. Ma se tu lo vivi come parte del suo essere bambino allora nno è che l’etichetta di amplificato ti serva a molto 😉
@Panzallaria ma veramente hanno buttato giù il castello con la motosega? Ma tra l’altro dovrebbe essere denunciabile, no? Anche io chiamo il Vikingo così solo qui sul blog, a lui non lo dico mai, e nessuno lo chiama il Vikingo, ci mancherebbe. E non gli dico mai e poi mai che è un bambino amplificato, quella è una cosa che mi tengo per me, e di cui discuto qui sopra. Sono d’accordo con te: c’è differenza tra etichette e soprannomi. Sulle etichette ho scritto a suo tempo un post che potrebbe piacerti Non etichettiamo i nostri figli, please!.
Per quanto riguarda il sostegno ad altri genitori…non hai idea di quante email riceviamo di ringraziamento per la nostra “definizione” di bambino amplificato, e per l’aiuto che diamo a mamme e papà disperati che sentono di stare per impazzire e invece qui si ritrovano tra “amici”. Spero di poter continuare ancora per molto.
@akari mi viene anche in mente di aggiungere che spesso il fatto di riuscire a viverlo come normale o meno dipende da chi ti circonda e non tanto da chi sei tu come adulto (ma è chiaro che anche quello è importante). Se tutti i bambini che sono intorno a te si comportano in modo “normale” il più delle volte i dubbi ti vengono. E allora da li a pensare che è colpa tua che non sai gestire tuo figlio è un attimo.
E aggiungo anche che ho conosciuto molti genitori (non dico che è il tuo caso) che mi hanno detto “ma anche mio figlio fa così” e poi quando ho conosciuto il figlio ho capito che non sapevano di cosa stessi parlando. E quando loro hanno conosciuto mio figlio hanno capito di cosa io stessi parlando 😉
grazie per aver voluto spiegare meglio. è una definizione che come dici giustamente tu, serve a te per descrivere i confini. mi auguro che altri non ne “abusino” ma possa essere d’aiuto. quando qualcosa è di aiuto, fa bene, punto.
e sul modo di essere genitori e figli nessuno ci deve mettere becco. mi piacerebbe però sentire anche il parere di un “esperto” tipo psicologo dell’infanzia sulla definizione generale e se ha senso farla: ti sei mai confrontata con qualcuno che abbia una formazione specifica su questa cosa? magari può essere utile a tuo figlio e anche ai lettori…
baci grandi
Grazie a te Panz per avermi pungolato sulla necessità di chiarirmi. Ho indicato spesso la Kurcinka come la maggior esperta in materia avendo lei stessa coniato il termine spirited kid, e avendo scritto un libro sull’argomento circa 30 anni fa. Più di recente mi viene in mente Tracy Hogg, ma si limita ai neonati. Ogni “esperto” trova il suo nome, “bambino ad alto bisogno” è quello usato da Sears. Noi abbiamo il nostro “bambini amplificati”, che ci sembra naturalmente molto meglio di tutti gli altri 😉
Ma il punto è proprio quello di riconoscere che sono bambini come gli altri, solo un po’ PIU’, e proprio per questo non c’è bisogno di nessuna diagnosi, solo di sostegno e aiuto ai genitori, che si sentono chiaramente frustrati e spesso incapaci e soprattutto giudicati costantemente. Perché il bollino purtroppo lo mettono gli altri: maleducato, capriccioso, dispettoso, sono solo alcuni esempi.
Io per fortuna vivo in un paese in cui c’è moltissimo rispetto e accettazione dei bambini, e non mi sono mai sentita giudicata in nessun momento per il comportamento di mio figlio. Ma ogni viaggio in Italia mi accorgo che è tutto un’altro mondo purtroppo. Ecco spero proprio di riuscire a dare questo sostegno ad altri genitori che si trovano nella mia stessa situazione. E questo è un po’ il senso di questo blog.