Avete sentito l’ultima novità? Pare che i bambini allattati al seno almeno 4 mesi sviluppano meno problemi comportamentali a 5 anni di età. Sto parlando di problemi gravi, non che sono più indisciplinati degli altri!
State sorridendo anche voi? Anche io me lo sono chiesto: ma con tutto quello che succede nella vita di un bambino, ma come si fa a mettere in relazione due momenti così distanti tra loro?
Un po’ divertita per l’ennessima scoperta mediatica, ma anche curiosa come una scimmia, sono andata a leggere qualcosa sull’argomento. E ho scoperto che lo studio è stato effettuato all’Università di Oxford (quindi mica pizza e fichi, eh!), e quindi ancora più curiosa sono andata a leggermi questa notizia direttamente dalla fonte.
Molti dei vantaggi dell’allattamento al seno sono noti, dal fatto che aiuta contro la depressione post partum, alla diminuzione di incidenza di tumore al seno, ai vantaggi per l’osteoporosi. Eppure in qualche modo ho una resistenza a mettere in relazione un problema comportamentale con l’allattamento, come se si trattasse di due sfere diverse. Eppure forse così non è.
Lo studio si intitola Breast feeding and child behaviour in the Millennium Cohort Study e analizza i dati del Millenium Cohort Study in UK, in cui 10037 coppie madre-figlio, di cui 9525 nati a termine e 512 nati prematuri, sono state intervistate sull’allattamento del bambino all’età di 9 mesi, e sul suo comportamento a 5 anni.
In pratica nel primo incontro quando il bambino aveva 9 mesi si sono raccolte informazioni circa il suo allattamento, se ci sono stati o meno tentativi di allattarlo al seno o se si è utilizzato il latte artificiale sin dall’inizio, e in caso per quanto tempo si è allattato al seno. Quando lo stesso bambino ha compiuto cinque anni, si è chiesto al genitore di valutare il suo comportamento facendo un test chiamato the Strengths and Difficulties Questionnaire (SDQ) che ha lo scopo di valutare deviazioni significative dal comportamento medio tipico di quell’età. Questo test viene considerato un ottimo mezzo per identificare bambini con problemi comportamentali seri, che includono problemi emozionali, problemi di condotta, iperattività, problemi con i compagni, e comportamenti prosociali. Più il punteggio è alto più seri sono i problemi del bambino.
Il 15% dei bambini appartenenti a questo campione mostra una deviazione comportamentale significativa, contro il 12% dei bambini nati a termine. Gli studiosi hanno cercato la correlazione tra questo dato e l’allattamento al seno, ossia detto brutalmente hanno controllato quanti di questi con alto punteggio al test sul comportamento sono stati allattati al seno e quanti no. Poi hanno fatto una analisi statistica per verificare se questa correlazione può predire il risultato del comportamento a 5 anni.
Dall’analisi nuda e cruda risulta che la correlazione c’è ed è significativa e che servono almeno 4 mesi di allattamento materno per diminuire la probabilità di sviluppare problemi comportamentali. Però poi hanno controllato altri fattori, quali situazione socio-economica della madre, madre single o sposata, fumatrice o meno, lavoratrice o meno, se il bambino è stato messo al nido alla nascita o meno, insomma hanno preso in considerazione gli altri fattori che sono notoriamente correlati con lo sviluppo comportamentale del bambino e hanno ricontrollato i dati corretti per questi fattori. Il risultato, seppur attenuato, resta comunque significativo: i bambini allattati meno di 4 mesi o non allattati affatto presentano una probabilità maggiore di sviluppare problemi comportamentali significativi a 5 anni, almeno nel campione di bambini nati a termine.
Il campione di bambini nati prematuramente invece è troppo limitato per raggiungere risultati statisticamente validi, ma si nota la stessa tendenza anche in questo campione di bambini, ossia l’allattamento al seno sembra prevenire problemi comportamentali a 5 anni.
Resta da capire come tutto ciò sia possibile. Un’ipotesi presentata dagli autori dello studio è che la composizione del latte materno, con la presenza di catene di acidi grassi e ormoni che hanno un ruolo importante nello sviluppo del sistema nervoso centrale, si ripercuota nello sviluppo comportamentale del bambino. Purtroppo nello studio manca il dato relativo al tipo di latte artificiale utilizzato, ma la maggior parte dei latti da un decennio a questa parte contengono questi grassi, e non differiscono in maniera sostanziale dal latte materno in questo aspetto. Un’altra ipotesi fatta è che i bambini allattati con LA hanno subito più infezioni e quindi siano stati ospedalizzati, ma anche questa ipotesi è difficile da verificare, perché non si hanno dati in merito.
Quindi qui abbiamo un risultato statistico che da un’indicazione precisa: i bambini allattati al seno per almeno 4 mesi hanno meno probabilità di sviluppare problemi comportamentali all’età di 5 anni.
Non abbiamo la minima idea del perché questo sia possibile, anche se la composizione del latte materno potrebbe essere una variabile molto importante.
Una nota importante prima di decidere se allattare meno o più di 4 mesi, proprio perché non si sa il motivo alla base dello sviluppo di problemi comportamentali, bisogna riflettere sul fatto che l’età di 4 mesi è semplicemente data dalla statistica di quelle famiglie britanniche che si sono sottoposte allo studio, e risulta che quella è la lunghezza in cui normalmente si allatta esclusivamente al seno in UK. Se ripetessero lo stesso studio in un paese in cui l’allattamento esclusivo dura più a lungo, si potrebbe scoprire che 6 mesi è meglio di 4 mesi. Spero con questo di non avervi confuso di più le idee.
Ora la domanda è: sapendo i risultati di questa ricerca, vi sforzereste di più a cercare aiuto per far funzionare l’allattamento? O pensate che sia solo un’altra cosa che va a pesare nella bilancia dei sensi di colpa materni? Ma in colpa non si dovrebbero sentire le mamme, ma le strutture di sostegno che non funzionano, i pediatri che danno informazioni sbagliate sull’allattamento, le ostetriche che danno le aggiunte in ospedale alla nascita, gli ospedali che non propongono il rooming in (assistito, non abbandonando mamma e bebé a se stessi)?
ATTENZIONE: questo è uno studio statistico e non uno studio deterministico. Questo significa che, ammesso che i risultati dello studio siano corretti, il figlio della signora Pina che allatta al seno può venire su con problemi comportamentali o meno tanto quanto il figlio della signora Maria che è allattato con latte artificiale. E’ come la storia dei polli: gli italiani statisticamente mangiano 2 polli a testa alla settimana, solo che io non ne mangio da un mese. Chiaro? Quindi vi prego di non farvi venire sensi di colpa sulla base di studi come questo che hanno ben altri scopi.
Allattare fa bene al bambino, ma con il latte artificiale si cresce bene lo stesso, e ancora di più se questo rende più tranquilla e serena la mamma!
Gekina, sai che leggendoti ho la sensazione che tu sia contraria a priori?
Non dico che la natura è sempre meglio, ma la natura è sempre giusta per sé stessa. Il bambino che muore a 4 anni non è uno sbaglio, è selezione naturale, qui c’è la durezza nel dire che non è un errore… Così come difficilmente una mamma in natura è stressata, ecco…
Poi noi ci siamo evoluti, e ci siamo distaccati dalla natura, e va bene così, santa penicillina, sante anestesie, assolutamente non sono per un ritorno indietro (non totale, parziale forse si, avanti per altro, ma questo è un altro tema).
Poi sono la prima ad aver detto che vorrei tanto si potesse dire “no, non ho allattato perché non ne avevo voglia” senza dover avere mille scuse come per le giustificazioni d’assenza a scuola! Perché no? Il LA non sarà come quello di mamma, ma ormai i bambini scoppiano di salute (a parte patologie che nemmeno il latte di mamma non evita) e sopravvivono alla grande. Certo che se il “non ne ho voglia” penalizza va bene, se è pigrizia va bene, ma appunto, io non sono scienziata, ma vedo fior di mamme che VOGLIONO allattare, e magari smettono prima di arrivare al delirio, ma per un motivo, magari dietro al non ho voglia ci sono altri due figli, un lavoro e tanta fatica, o magari un dolore che non si sopporta più, non ho mai sentito mamme dire “non ho allattato perché volevo andare in vacanza subito”. Ci saranno, ma tanto non è che cambi la testa della gente con uno studio così. Con uno studio così ridai solo una bastonata a chi non ce l’ha fatta, a chi ha mollato per mille motivi ma continua a ripetersi “se insistevo, se provavo anche quello, se…”. E non riesco a capire che utilità ci sia per giustificarlo, ecco…
io non trovo affato lo studio in questione “fatto bene”.
E’ fatto malissimo e close ha ribadito bene il perchè.
Il campione è talmente “corretto” e le % a una cifra (3) e i bias non identificati tantisismi (alcuni persino accennati nello stesso studio) da squlificarlo in partenza.
@ LGO, perdona ma ilo mio blog è pubblico. Il mio nick riporta il link e chi vuole può andarci e leggere i miei giudizi sulla discussione che è nata qui su GC.
Non capisco dove stia la scorrettezza. Ora manco un’opinione si può esprimere?
A serena avevo già espresso il mio parere su certi facili entusiasmi. Non solo per questo post ma per la recensione dell’orrido libro – almeno per me – “Il cervello delle mamme”.
Abbiate pazienza. Capisco che allattare al seno è bello e i figli sono una gioia. Ma non si possono usare studi fatti male e tesi strampalate e per certi versi veramente reazionarie (il cervello delle mamme) per cercare di dare forza alle proprie idee.
Mi rendo conto che qualcuno può offendersi ma il dramma dell’essere madri quasi sempre è dovuto a certe strane idee, scientifiche spesso, che vorrebebro dimostrare certe presunte verità come oggettive.
@ Daniela
Che la natura sia perfetta è tutto da dimostrare, che l’uomo non riesca a superarla pure.
L’uomo è da quando ha scoperto la pennicillina che si è di fatto sganciato dal giogo della selezione naturale.
Oggi bambini debolucci, bronchiolitici, tetraplegici, possono non solo sopravvivere ma addirittura riprodursi.
I vaccini hanno fatto il resto.
E’m un male? E’ un bene? E’ terribile che un bimbo di 4 anni sopravviva a una disfunzione cardiaca congenita? La Natura in tutta la sua perfezione avrebbe riservato per lui un posto di 5 metri sotto terra prima dei 4 anni. L’uomo, a cardiologia peediatrica a Padova gli ha concesso la speranza di vivere una vita normale per almeno i prossimi 30 anni…
Perdonate se vi sembrerò dura… ma credo che con certi concetti (perfezione della natura) si debba stare veramente attenti. Che il latte di mamma sia il meglio non c’è dubbio. Ma che il latte di mamma elargito da una mamma stressata e piena di risentimento sia ancora il meglio… beh perdonatemi ma io ne dubito….
Mi sono tenuta fuori dalla discussione fino a ora perché non mi piaceva la piega che aveva preso, ma concordo pienamente con Close e con Daniela, soprattutto sull’ultima frase: ma davvero c’era bisogno di uno studio così, per quanto accurato? E, ammesso che ce ne fosse bisogno, non trovate che sia poco saggio presentarlo in questo modo? Anche a me piacerebbe che tante competenze fossero utilizzate per obiettivi più utili.
sto cercando di leggere tutto (anche se col tempo limitato è dura…). Ma concordo su Close.
Parlo schietta senza dati e senza pretese scientifiche. Che il latte di mamma fa bene lo sanno tutti, anche le nonne che suggeriscono l’artificiake. Quelle nonne sanno che il LA fa spesso bimbi più cicci, ma sanno benissimo che quello di mamma ha una marcia in più. Se anche non lo sanno non ci vuole uno scienziato: la natura è perfetta, non farebbe mai un latte per i suoi cuccioli che non sia più che adatto. Poi l’uomo è avanti, magari riesce ad avvicinarsi alla natura,magari la eguaglia, magari il LA è alla pari, potrebbe diventare un po’ meglio o un po’ peggio, ma quello di mamma non può fare male. Salvo eccezioni rarissime (malattie e simili…).
Ora detto questo… potete tirare fuori mille numeri, mille dati, mille motivazioni, mille percentuali, mille cose. Ma non state parlando con scienziati, e non lo fa l’articolo, poi ovvio ci sono scienziati che leggono, anche esperti del settore, anche gente che ha dimestichezza con studi scientifici, ma ci sono anche mamme che faticano a tenere l’occhio aperto, che non sanno più se si sono messe la maglia al rovescio o meno, che sono assillate dal problema “come mi tolgo l’odore di vomito da dosso?” e non ce la fanno a stare dietro ai mille se, ma, numeri, percentuali, scarti, probabilità, opzioni, valutazioni…
A queste mamme resta una cosa sola: se allatto faccio bene, sennò ci sono problemi. Punto. POi aggiungici che va bene non allattare. Fallo pure. Ma ti credo se leggo dal titolo che se allatto mio figlio avrà meno problemi addirittura comportamentali? no, perché ho l’ormone a mille, mezza depressione che si fa sentire, i capelli bianchi, le occhiaie, e io capisco solo “non allatti quindi tuo figlio si ammala e diventerà un bambino difficile”.
Ok, è brutta anche detta così. Ma è l’impressione prima che ha dato a me (che ho allattato per 13 e poi 11 mesi) figuriamoci a una mamma che non è riuscita… o peggio che mai non ha voluto (qui scatta l’istinto omicida perché ti stressano).
Comunque ho allattato la prima 13 mesi. prima dell’anno influenze a iose, bronchite, faringite, otite, scarlattina, 4 cicli di antibiotico e il cielo solo sa quanti sciroppi. La seconda 11 mesi, e alla fine molto meno. Nemmeno un antibiotico da quando è nata.
Quel che mi chiedo è… se non vogliamo convincere le mamme che “devono” allattare, se partiamo dal presupposto che la maggior parte vuole farlo, che chi non vuole non si ferma per questi dati, chi non può fa come riesce, e che comunque ditemi quel che volete ma non credo che basti non allattare per avere un figlio con disturbi comportamentali a 5 anni, ma che senso hanno questi studi? Perchè? Quanti soldi? A che scopo, con che utilità? Per sapere? Che cosa, che il latte di mamma è meglio? Sotto tutti i punti di vista. Boh, io lo sapevo già, e non voglio fare la saputella… Però preferirei che facessero altri studi, ecco…
Supermambanana,
io non ero intervenuta nel dibattito precedente – cioè nel merito dello studio, per la ragione che sono stata via 😉
La questione che ho posto al mio primo commento e in questi due ultimi è un’altra, e rispondeva alla domanda di Serena nel post.
La mia personalissima sensazione è che Serena parta – logicamente – dalla propria esperienza personale di allattamento, e non so perché ma a sembra come voler convincere qualcuno dei benefici dell’allattamento al seno, dato che ci sono mamme che dicono alle figlie di non allattare al seno perché l’artificiale è meglio.
Non discuto che questo sia possibile, dato che stanno raccogliendo le perle di specialisti e pediatri sull’argomento.
Però vorrei far notare l’eccesso opposto: uno scarto del 3% (tre percento) in una ricerca – che molto onestamente mette le mani avanti sui correttivi e gli aloni nella selezione e del metodo – è sufficiente a far affermare, come nel titolo : “Bambini alattati al seno hanno meno problemi comportamentali”?
Con il risultato che qualche mamma fa l’inferenza opposta – “Ecco ci mancava anche questa, non bastavano gli anticorpi, il rapporto con mio figlio, la prevenzione ecc. ecc. ecc., adesso se non lo allatto ha più probabilità di diventare nevrotico”
E’ di questa reazione che io mi preoccuperei, e molto, e insisto: qualcuno qui sopra ha fatto notare che un bambino allattato al seno si ammala magari 5 volte all’anno anziché 6, è una questione statistica sui grandi numeri, ma non cambia la vita di un individuo.
Ma il senso di colpa che aleggia pesantemente sul rapporto madre-figlio è che per X motivi, tuo figlio non lo hai “protetto” abbastanza.
Allora vorrei permettermi di dire, alle mamme che vorrebbero allattare ma non lo hanno fatto, che io e mia figlia allattata fino ai 12 mesi ci siamo ammalati SETTE volte nell’ultimo inverno, e i figli della mia collega allattati fino ai 3 mesi non si sono mai ammalati. Sono stata allattata sempre con il latte artificiale, e mi sono fatta le normali malattie infettive, mi sono laureata, mi sono sposata, ho una figlia, e sono mediamente “normale”! Diciamole queste cose, perché a furia di ripetere che il latte materno è un magico elisir, si va – lì sì – a ravanare su sensi di colpa che hanno lunga vita nel rapporto madre-figlio.
Gekina, non so se devo dirlo o no, le conversazioni in rete ad un certo punto diventano piuttosto difficili. Però… Trovo scorretto che tu continui altrove una conversazione iniziata qui senza che gli interlocutori ne siano al corrente. Trovo scorretto che tu continui a dare giudizi confondendo il metodo con il merito e trovo scorretto che tu attribuisca a chi ha commentato questo post pregiudizi/commenti/parole che mai si è sognato. Entrambe le conversazioni virtuali che ho avuto con te mi hanno lasciato lo stesso senso di insoddisfazione, mi sembra di intravedere una chiusura verso le posizioni degli altri e una tendenza ad etichettare le persone che forse (forse) potrebbe essere controproducente per le battaglie – importanti – che stai portando avanti.
Questo è solo il mio giudizio personale, e chiedo scusa a Silvia e Serena per l’uso personale che faccio del loro sito.
ragazze, close, famose a capi’. Il dibattito su come questi studi siano manipolati in fase divulgativa e portino l’acqua al mulino di (a) piuttosto che (b), e su come la divulgazione giornalistica sia da strilloni invece che ponderata e informata e’ sempre aperto, cosi’ come il fatto che le mamme debbano sentirsi ingiustamente colpevoli per ogni cosa e’ un problema aperto. Questo NON e’ pero’ il dibattito cui si stava partecipando negli ultimi 30 commenti a questo post, il dibattito in questi ultimi 30 commenti era diverso, riguardava la ricerca, in quanto tale (ricerca in senso generico, non la ricerca relativa a questo post in particolare). Questo dibattito, che prescinde dall’oggetto della ricerca stessa per quanto mi riguarda, e’ un meta-dibattito di metodo, frammistato a filosofia delle scienze, diventa a questo punto sicuramente OT per questo forum, per una serie di motivi, e mi pare non sia il caso di tornare a ravanarci.
Prego. Il fatto è che l’ultimo paragrafo di questo post proprio non mi è piaciuto. Saranno presi di mira i sanitari, ma la frase sottolineata riguarda le mamme… penso a me, io ho potuto andarmi a leggere i consigli della Leche League su Internet quando ho avuto i primi veri problemini dopo un mese, non di certo i primi due-tre giorni quando ero in panico totale, avevo la pupa in braccio e mi sono attaccata al telefono del nido dell’ospedale… se avessi trovato degli incompetenti come è capitato a suo tempo a mia mamma, ma quanti numeri di telefono puoi farti passare in una sera o due ?
ciao close 🙂
Al di là dei problemi comportamentali… da decidere su che base siano delle “patologie” o semipatologie (fino a qualche anno fa un bambino con l’argento vivo addosso era semplicemnete un bambino vivace, oggi in alcuni paesi gli somministrano lo psicofarmaco…), mi donando quanto il senso di fallimento che riporti giustamente, influenzi quel campione di mamme a latte artificiale.
Onestamente spero che il dibattito si riapra.
Ciao Close 🙂 pure qua ci si becca, il web è veramente piccolo 🙂
Serena ma allora le fate veramente le corone di fiori per la Midsummmer ? 😮 Mi domandavo se fosse una trovata dell’Ikea 😉
Vorrei partire dalla riflessione di Cecilia del # 21 June 2011 at 1:38 pm.
Ho felicemente allattato in modo esclusivo fino a quasi sei mesi. Ma il senso di colpa di una mamma che vorrebbe allattare ma non c’è riuscita, io l’ho vissuto di riflesso con mia mamma, e a distanza di anni con mia suocera: l’idea che tu non stai offrendo a tuo figlio il meglio, vorresti tanto ma il corpo non ti segue, è un’esperienza che puo’ veramente rimetterti in discussione come PERSONA. E’ un po’ come avere un cesareo quando vuoi il naturale, con la differenza che lì puoi razionalizzare perché ci va di mezzo la salute o la vita di tuo figlio, con l’allattamento no. QUESTO SI’ puo’ compromettere tante cose nel rapporto con tuo figlio: il senso di colpa e l’ansia, il timore recondito di essere “sostituibile” perché tutti possono dargli da mangiare. Poi si aggiungono tante cose, ma se alla base c’è un terreno fertile, credo che sugli slogan che poi finiscono ai corsi preparto bisogna davvero stare attenti, perché sono buoni tutti a dirti che bisogna allattare ma sappiamo quanto puo’ essere impegnativo.
Serena, su FB quante mamme che non hanno potuto allattare hanno risposto mortificate a questo post?
E se l’obiettivo non sono le mamme, ma i sanitari, veramente pensi che questo potrebbe far cambiare idea ai pediatri ignoranti in materia di allattamento?
Perché nello studio citato io trovo una serie di parametri come dicono i ricercatori stessi, pieni di aloni e correttivi, e tutto per ottenere una percentuale di scarto di BEN IL TRE PER CENTO. Per giunta nessun bambino riscontra problemi gravi, giusto?
Allora se i parametri sono questi, mi viene da chiedermi se i famosi pediatri piemontesi non abbiano voluto mettere in evidenza che anche le percentuali sulla più bassa morbilità dei bambini allattati al seno sono altrettanto basse. Qualcuno le ha?
Inizio a domandarmi se l’atteggiamento di sufficienza che sembrano avere alcuni pediatri rispetto all’allattamento al seno possa venire anche dalla lettura di studi in cui si riportano scarti percentuali minimi, che poi non hanno incidenza reale sulla vita della singola persona.
Il campione dello studio è talmente corretto da rappresentare una parte dell’intera popolazione media mammesca.
Sono escluse dallo studio:
le madri sotto i 24 anni
le madri con bassa scolarizzazione
le madri straniere
le madri di gemelli
le madri di prematuri
le madri che si possono permetetre di restare a casa oltre i 4 mesi d’età del pupo
L’elenco potrebbe continuare. Aggiungiamo che lo stesso studio mette in guardia: potrebebro esserci alri bias non ben specificati.
aggiungo io: tra i 0 e 5 anni i disturbi comportamentali possono insorgere perchè si scopre che babbo natale è tuo nonno travestito, perchè non hai una sorella o hai un fratello prepotente ecc…
In questo senso il campione non è rappresentativo. Perchè quella % di bambini non disturbati grazie al latte materno (secondo la pratica induttivista) interessa una piccola parte di una maggioranza eterogenea di cinquenni.
Il rischio che questi studi creino a tavolino il campione c’è. E’ dibattuto in sede congressuale e nelle università. Le critiche alle ebm sono condensate in articoli interessnti di federspil e Cavicchi (il primo un medico che da poco ci ha lasciati, il secondo un filosofo della medicina) solo per citare due autori nostrani.
De3tto questo anch’io prometto di non scrivere più nulla. Evidentemente non c’è nessun interesse a crescere. I genitori osservano e plaudono ai risultati. Rivestire un ruolo è sicuramente più confortante.
Mi domando se esista un numero massimo di commenti e se si arrivi mai alla pace dei sensi. Probabilmente sì, basta decidere arbitrariamente che l’argomento è stato sufficentemente dibattuto e che si è giunti a una conclusione:
I Bambini allattati al seno hanno meno problemi comportamentali a 5 anni.
Lo dicono le statistiche. Lo conferma il vangelo.
@serena, hai ragionissima su tutto, e quindi giurin giurello non scrivero’ piu’ niente sotto questo post 😀
perdona supermambanana,
credo che siamo in due a difendere/demolire lo studio.
A te Bach piace anche quando stecca mi par di leggere.
Sul sistema sanitario inglese. Immagino tu abbia figli sani.
Una nostra cara amica (inglese doc) ha una figlia con distrofia muscolare. Per farle frequentare le scuole pagano un’insegnante di sostegno privata che si aggiunge a quella fornita dal SSN. Idem per la fisioterapia (quella aggratis è insufficente).
Goldacre critica aspramente il sistema scolastico inglese. Ma è un aprere, come il tuo.
la scuola orientata al singolo bambino, con una pletora di metodi di sostegno per i bambini in difficolta’, e’ quella che sto sperimentando qui in UK per i miei due bambini, mi trovo infatti molto bene
sul 13 e 14 ti rispnderò a giorni… devo scapapre adesso!
Fomunque grazie a tutte per lo scambio. Confrontarsi è sempre utile, anche quando nessuno si smuove di un cm. Perchè il confronto fa maturare pensieri e opinioni e non è mai tempo perso a prescindere dai risultati (ma poi si dibatte senza voler necessariamente far cambiare l’idea all’altro no?)