Aut aut: metodo educativo o ultima spiaggia?

Quando ci troviamo a minacciare i bambini se non si comportano in un certo modo, siamo facendo un sopruso o stiamo dando un insegnamento? In alcuni casi  l’aut-aut potrebbe non essere completamente sbagliato.
aut-aut-metodo-educativo
Sorcio smettila…”
Sorcio, non ti sembra di esagarare?”
Sorcio…. cerca di finirla…
Sorcio, ora basta: guardami in faccia… capito? BASTA
Ok, Sorcio, facciamo così: ancora uno strillo/spintone/ipnosi da tv/sciatteria sul quaderno e ce ne andiamo da qui/ togliamo di mezzo per sempre questo gioco/ ci asteniamo da questo cavolo di videogioco per 3,5,7 giorni/ rifacciamo i compiti da capo dopo averli finiti (si, lo so, questa è davvero crudele… messa in pratica rarissime volte).
Insomma, il solito repertorio che ognuno di noi calibra ed adatta alla personalità dei nostri bambini…
Non saprei come definirle: punizioni? Ritorsioni? Minacce? Si, perchè un termine positivo proprio non mi viene in mente: dove non arriva il time-out, c’è l’aut aut!
Il lato positivo sta nell’insegnare a prendersi le proprie responsabilità: se vuoi continuare a comportarti in un modo che in questa famiglia non è ritenuto accettabile, nonostante ti sia stata data la possibilità di rendertene conto e di desistere, allora accettane le conseguenze. Insomma: ogni azione ha delle conseguenze, che siano positive o negative può dipendere in buona parte da te.
Il lato negativo sta nel dimostrare che si è un po’ alle corde: genitore con nervi scoperti usa l’ultimo brandello di lucidità per minacciare orride ritorsioni.
Indubbiamente non è il mio metodo educativo preferito, ma non siamo in un mondo perfetto…. e, spesso, funziona! Astenersi da qualcosa che funziona è, obiettivamente, molto difficile.

L’impiego dell’ aut aut, secondo me, mantiene la sua dignità di metodo educativo, quando risponde ad alcune linee guida essenziali:

1. Ha senso solo da una certa età in poi.
Minacciare una conseguenza spiacevole ad un bambino che ancora non ha stabilito una linea temporale tale da fargli comprendere il senso di causa ed effetto, non ha senso.
Ma quando è il momento in cui questi concetti sono compensibili? Ovviamente ogni bambino è diverso anche in questo. Sicuramente fin dalla più tenera età un bambino è in grado di riconoscere una reazione ferma del genitore, di capire un limite, ma non è detto che riesca ad applicare l’insegnamento ad altre azioni future simili.
Se a due anni il genitore toglie di mezzo il giocattolo per il quale il figlio si stava azzuffando pesantemente con un coetaneo, privandolo di quell’oggetto per far capire che, o si trova una mediazione, o sparisce l’oggetto del contendere, non è affatto detto che la volta successiva il bambino saprà riapplicare l’insegnamento a fatti analoghi.
L’importante però è essere perseveranti: se riaccade, lo tolgo di nuovo. Perchè comunque si stabilisce in quei momenti la propria affidabilità di genitori: e questo servirà non ad incutere timore nei nostri figli, ma anzi a renderli certi della nostra presenza e coerenza.
Quando arriverà l’età della comprensione duratura del meccanismo causa/effetto (vogliamo dire intorno ai 4 anni?), avremo posto le basi su cui fondare questo dialogo sulle responsabilità reciproche.

2. La conseguenza “promessa” deve avere una certa attinenza con l’azione.
L’incoerenza tra la conseguenza e l’azione è decisamente incomprensibile e destabilizzante. Meglio che ci sia un nesso diretto: è più accettabile, è comprensibile e, di conseguenza, resta più nella memoria.
“Se continui a litigare con tuo fratello per i giocattoli, niente gelato a merenda”, a me non suona molto bene: che c’entra?
“Se continui a litigare per quel gioco, lo togliamo di mezzo (così non sarà nè tuo, nè suo)”, in questo modo c’è un senso logico: se non riuscite a gestire l’oggetto del contendere, vi prendete le vostre responsabilità. Io genitore devo evitare la lite e le sue conseguenze, quindi sta a voi: riuscite a venire a patti, magari anche con il mio aiuto per orientarvi nella trattativa, o volete continuare a picchiarvi come fabbri rinunciando per sempre al gioco?

3. Se prometto, poi mantengo.
Non importa quanto vi costi: se avete promesso (/minacciato) qualcosa e non c’è stato l’effetto sperato, bisogna mantenere (/eseguire), senza cedimenti. Se non il meccanismo diventa incoerente e, quindi, inefficace se non addirittura dannoso.
Illustro con un episodio.
Agosto, spiaggia. Il Sorcetto pianta una grana inenarrabile per non ricordo quale motivo.
Le sue grane corrispondono a grida belluine che catalizzano l’attenzione di tutta la spiaggia… intendo tutta la spiaggia del paese… circa 3 Km… “Sorcio di mamma, se continui così dobbiamo andare a casa perchè non si può stare in mezzo alla gente gridando in questo modo: sono tutti qui per rilassarsi e tu, francamente, stai proprio esagerando…“, insiste, “Sorcio di mamma, o te la smetti e parliamo con un tono di voce accettabile o si va a casa, perchè qui disturbi“, continua, “Sorcio! O parli più piano o passi la giornata a casa, ok?“, persevera, “Sorcio, ho l’aria di una che scherza? Forza, maglietta e ciabatte e a casa!!”.
Sono le 11 del mattino… la prospettiva di una giornata d’agosto in 40 mq con un cinquenne avvelenato dalla punizione mi atterrisce, ma dato che quella è stata la conseguenza logica da opporre al suo comportamento decisamente inurbano, mi tocca eseguire. Mi trascino così il Sorcio piangente a casa e ne usco solo a sera (beh, concedetemelo: ho fatto credere che la punizione riguardava solo il giorno…).
Qualche tempo dopo, stessa scena, stesso copione. Stessa garbata e logica “minaccia”, ma la risposta è del tutto diversa: “No mamma, no… ho capito… mi posso calmare”.
E non mi dite che questo non può essere considerato un successo…

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11 thoughts on “<em>Aut aut</em>: metodo educativo o ultima spiaggia?”

  1. Marzia, sei il mio clone… Arrivo a casa ogni giorno dal lavoro col sorriso, pensando “oggi sarò serena e non lascerò che mi rovinino la giornata” Poi basta un capriccio, e tutto svanisce. Per non parlare dell’aria di sfida della mia cinquenne, che riesce a spiazzarmi su tutto…
    Ieri pomeriggio ci siamo dedicati a lei, voleva andare in bici col papi, poteva, l’ha presa e portata a spasso, facendole vedere questo e quello, poi gelato, due ore di idillio. POi sono tornati a casa ed è diventato un inferno. Niente di che, solo agitata, ma come si vive bene se in 5 minuti devi dire almeno mille no? E come puoi non dirle no se sale in piedi sul tamburello, se mette in bocca le pietre, se raccoglie gli smarties da in terra per mangiarli, se colora il pavimento, se salta sul passeggino, se schiaccia il naso alla sorella, se ti salta addosso buttandoti giù, ecc… In continuo, semplicemente esagitata, io che non riesco a contenerla, lei che inizia con i “che noia che sei, che barba” e sbatte le porte, o quel che trova… E non perché facesse cose che non voleva, siamo andati in biblioteca (che adora) e il tragitto ne ha fatte di tutti i colori, poi a casa, ha voluto giocare da sola sul nostro lettone, ok, sei sicura? Si. Va bene… poi la cena, sembrava di avere un grillo di 17 kg a tavola, e dopo ancora peggio…
    E non c’è conseguenza che tenga, out out che la fermi, punizione che abbia senso. E la voglia di prenderla e urlarle che non ne puoi più è tanta.. E poi sono giorni, oggi magari sarà di nuovo dolce e stupenda, ma cavolo, una via di mezzo no? E va bene, ci sarà un motivo, ma trovarne uno ogni giorno, e risolverlo, non è più vita, è un martirio!

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  2. Anch’io mi chiedo spesso “Perchè deve essere così complicato?”. Alle volte sono semplicemente stanca ma entro in casa con un sorriso per cercare di partire con il piede giusto con Nano. Ma so già che lui reagirà male al nostro rientro, che percepirà la mia stanchezza, che troverà il modo di scaricare la tensione arrabbiandosi per un motivo qualsiasi. Inoltre mi toccherà il racconto delle sue marachelle giornaliere.
    Dovrei essere preparata, dovrei essere corazzata, dovrei reagire sempre nello stesso modo e trovare forza nelle regole e nelle conseguenze da me e lui già stabilite … dovrei. Le conseguenze vengono attuate ma alla sua risposta di sfida classica “Tanto lo sai che questo non funziona”, dovrei avere una risposta serena ed adeguata.
    Sono ammirata da tanti commenti che leggo su questo e altri post, di mamme che sono riuscite a rispondere alla domanda fondamentale “Ma tu perchè realmente fai così? Cosa cerchi di dirmi davvero?”. Sono certa che questa risposta allenterebbe molte tensioni ed eviterebbe molti aut-aut ma io, mio figlio, faccio proprio tanta fatica a capirlo. Non ho mai avuto un bassa stima di me ma giuro che questo Nano di 5 anni riesce a mettermi in crisi “intellettuale”. La sua capacità razionale di rispondere ai nostri aut-aut è grande tanto quanto la sua incapacità emozionale di controllarsi. E’ come se in lui convivessero due entità, un bimbo timoroso in balia di forti emozioni e un mini adulto dalla autoconsapevolezza invidiabile e dalle osservazioni incredibili. Alle volte penso sia questa la causa della sua grande rabbia e delle sue esplosioni violente. Ma come faccio a farlo sentire meglio? Quale conseguenza può canalizzare in modo più positivo la sua forza? Come non avere la sensazione di mettere in atto una “punizione” in gran parte inutile, veramente “l’ultima spiaggia”?

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  3. Quello è il mio copione, solo che ancora non l’ho studiato bene… Uffa! E così poi nella furia del momento dò il solito castigochenonc’entraniente o indietreggio. Ma sto affinando la tecnica.

    Per quel che riguarda la controparte… Le pulci hanno un papi che è papi nel modollo, innamoratissimo, ma temo non gli abbiano mai spiegato il termine “dialogo” e tantomeno tecniche sofisticate per far capire le cose. Lui è essenzialista: io ti dico, tu fai, se non fai ti metto in castigo. Poi su quel che dice, sul perché fa o non fa, e su quale sia il castigo, come sul tono, sulle parole, ecc… beh, questo è un mondo che non gli appartiene.

    Sara mettiti la giacca. No. Ho detto la giacca, che è tardi. No. Allora oggi niente cartoni. Ehmbé. Non si risponde così, ora stai sulla sedia 5 minuti. Se poi gli faccio notare che non ha usato il perfavore che chiediamo a lei, che i tono era da caserma, che se è in ritardo i 5 minuti sulla sedia sono fuori luogo, che i cartoni non c’entrano, anzi diventano troppo importanti, che se si fermava a guardarla invece che urlarle dall’altra stanza, ecc… ecco, mi casca dalle nuvole, mi dice che ho ragione guardandomi con la faccia di chi si chiede “ma deve per forza essere così complicato?” e si impegna per la prossima volta. Sono almeno 4 anni che si impegna… chissà, prima o poi, con i nipoti…

    Però poi ogni volta a dirgli i come o i perché, mi sento più mamma che moglie, quando non ce la faccio intervengo (un giorno Sara gli ha fatto vedere un disegno per cui si è impegnata più di mezz’ora, lui stava facendo pucci pucci alla piccola, sguardo veloce, bellissimo amore, e poi pucci pucci. POverina, una faccia demoralizzata… lì non ho resistito! E lui mi ha detto “ah, davvero? Non ci ho fatto caso, ma tu dimmelo se succede”). Ecco, le buone intenzioni ci sono, e in fondo è un padre presente, gioca molto con loro, sta tanto con loro e le cerca ogni volta che può, in fondo mi chiedo: e se semplicemente si abituassero all’idea che non tutti sanno come esprimere al meglio le emozioni? Che il loro papi le ama ma sa amarle così e così va bene? In fondo questo le può aiutare un domani a capire meglio le persone che, come lui, vivono più di fatti che di pensieri e parole (insomma, l’avessero insegnato a me ora non faticherei con un marito che ha tutti i pregi meno che il romanticismo). O si chiede troppo a un bambino, e quindi è giusto che il genitore cambi?

    Bah!!!

    Scusate, mi sa che sono sempre in ot… 😉

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  4. si ho capito benissimo, anche perche’ anche i non amplificati hanno una bella serie di simpatiche manifestazioni 😛 e le grida e anche le sculacciate volano pure da queste parti. Pero’ e’ proprio quando riesco a relazionarmi con loro in termini di aut-aut che mi sento meno colpevole, perche’ sto avendo un comportamento razionale/ragionato, non so se mi sto spiegando?

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  5. @supermambanana credo di capire benissimo quello che dice Silvia perché mi ritrovo spesso anche io a provare la stessa sensazione. Noi stabiliamo delle regole, che sono chiare prima a me e a lui ( o almeno così sembra). Io cerco di essere sempre vigile per prevenire il momento di crisi e agire, come dici tu, un attimo prima che la situazione diventi drammatica. Qualche volta ci riesco, ma più spesso no. E non perché non ci provi ti assicuro. Il più delle volte la velocità con la quale la situazione degenera non lascia spazio per dire ba…
    Non so se questo dipenda dal fatto che il Vikingo e il Sorcetto sono bambini amplificati, ma ti garantisco che i comportamenti indesiderati, dovuti a crisi emotive, si susseguono ad un ritmo vertiginoso. Crescendo imparano a gestirsi meglio, e quindi questa sensazione dell’aut-aut sparisce, perché a volte, come scrive Silvia, basta un richiamo alla regola (e magari un’esperienza precedente). Ma ci si rende conto che il più delle volte loro ci provano a controllarsi, ma le emozioni li investono come uno tzunami. A quel punto il portarli via dalla scena, applicando la conseguenza alla regola infranta, te lo fa sembrare una punizione, anche se la regola era stata definita a priori, perché ti rendi conto che il suo è un comportamento irrefrenabile.
    In questi casi devo ammettere però che io non mi sento mai un orrido Cerbero, ma mi rendo conto che ai suoi occhi lo sono. Per quanto io cerchi in ogni modo di fargli capire cosa sta succedendo, lo investa di attenzioni, coccole, e applichi ogni tecnica di allenamento emotivo.
    Insomma forse quello che vorrei dire è che lo stress non te lo leva nessuno 😉

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  6. no, questa sensazione in realta’ non mi capita – tutto il resto si pero! 🙁 Non vedo perche’ dovrebbero “fermarsi un attimo prima” se non sanno perche’ e percome 🙂 e se tu ti metti nell’ottica che cio’ che stai facendo e’ una “sentenza” da parte di “Cerbero” allora si che tutto l’esercizio diventa uno stress, per te e per lui! Per questo dicevo, magari intervieni con l’aut-aut un attimo prima che la situazione diventi drammatica?

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  7. Supermambanana, dicevo questo perchè a volte la punizione sembra un po’ una ritorsione, proprio perchè magari ci si arriva sempre quando si è ormai esasperati e ti viene quella rabbietta dentro quando pensi: figlio mio, ma perchè non lo capisci un attimo prima che è il caso di smettere e mi eviti di fare la parte dell’orrido Cerbero? Ogni volta che pronuncio la “sentenza” di condanna, penso sempre: ma perchè non me lo hai risparmiato?
    Tutto qui…
    Ma a voi non capita?

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  8. la cosa che non capisco ma magari son arrivata troppo di corsa e devo leggere meglio e’ perche’ dici che l’aut-aut non ti piace come metodo (dici questo?) che ti senti quasi costretta. A me pare che far assumere le proprie responsabilita’ (ad un bimbo in grado di capirlo ovviamente) sia sempre positivo. Certo e’ negativo se si arriva all’aut-aut all’ultimo momento, quando noi siamo esasperati. Magari conviene metterlo in atto prima, allora, prima che si diventi noi incavolati neri 🙂

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  9. Mamma Cattiva… dato che qui da noi i ruoli sono invertiti rispetto a voi, risponderti mi costringe ad una profonda autocritica…
    Io mi sono dovuta costruire queste tre regole proprio per evitare di attaccare alla cieca. Ma devo dire che, negli ultimi anni, di autocritica e di esercizi di autoconsapevolezza ne ho fatti parecchi e, forse, questo è proprio il punto centrale della mia maternità: mettermi in discussione.
    Vedi? Dato che, se fossi un uomo mi faresti il padre dei tuoi figli… io mi scopro molto simile al padre dei tuoi figli!! Che ci vuoi fare, nella vita si deve essere destinati! 🙂
    Probabilmente è questione di regole familiari acquisite e di temperamento. Sicuramente io vengo da un’educazone in cui si presentavano certe regole come assolutamente invalicabili, al di la di ogni disscussione, ripensamento, accordo… E così mi trovo istintivamente a porre la regola assoluta.
    Poi l’Ingegnere a volte mi chiede, ma perchè? Perchè questo dovrebbe essere vietato? Prima mi avveleno proprio perchè penso che stia vanificando i miei sforzi di dare uno straccio di educazione al Sorcio. Poi, se mi fermo a riflettere, mi accorgo che ci può essere anche un altro modo, un altro codice.
    E non può essere in vigore solo la mia legge dentro questa casa…
    Ma ti chiedo: lo capisci quale sforzo sovrumano mi costa??? E quindi ti chiedo: hai idea di quale sforzo sovrumano possa costare al Doc resnedersi conto che forse… sì… si potrebbe….?
    Io mi sono data le regole: punizioni adatte all’età, attinenti al contesto e poi perseveranza assoluta (ecco, sì, qualcosa di assoluto lasciatemelo… serve per la mia stabilità!).
    A quel punto, le “regole auree” mi permettono di rlassarmi. Posso smettere di stare in attacco, di pormi in modo aggressivo: mi sento più tranquilla. Durante il periodo “di punizione”, infatti, riesco a non essere ostile: è un dato di fatto, te la sei cercata, questa è la regola, ok, ora rispettiamola, magari insieme e coon il mio aiuto.
    Non dico che mi riesca sempre: io poi ho il viziaccio di tornare cento volte sullo stesso discorso finchè non mi sembra di aver messo il punto… Quindi mi verrebbe da tornare li a fare le prediche al Sorcio.
    Ma cerco di controllarmi.
    Che dire? Potresti far leggere quesrto post a Doc e anche quesrto mio outing?
    Doc, ti capisco… anche io vorrei polverizzarlo, anche io sono sopraffatta dalla rabbia di vedere come si butta via per una sciocchezza, però ci provo…
    Ora ve ne confesso un’altra: tendo ad arrabbiarmi tenendo il dito puntato con aria accusatoria e minacciosa… Mio figlio mi ha espressamente chiesto di abbassare quel dito perchè lo spaventa. Sono rimasta impietrita dal fatto che quel particolare avesse tanta importanza per lui… Ora cerco di tenermi le mani in tasca mentre lo sgrido…
    Doc, guardiamoci mentre siamo arrabbiati… forse potremmo cambiare qualcosa…

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  10. Sono allineata su tutto il fronte. Se fossi un uomo ti farei il padre dei miei figli e qui anticipo la mia domanda che magari merita un post (o magari lo avete già scritto e io me lo sono perso): e quando ci sentiamo sicure su questo approccio/metodo e riusciamo (più o meno) ad applicarlo e ce lo sentiamo cucito addosso, come facciamo quando la controparte (il padre nel mio caso ma potrebbe anche essere il viceversa) oppure parenti molto vicini e “influenti” (nonni, zii/zie che si frequentano) agiscono nel modo che non condividiamo? Come facciamo a non entrare in contrasto con loro?
    Nel mio caso il doc fa spesso gli errore del tipo 1 e 2, molto spesso, e a me viene di criticarlo. Mi fa proprio saltare i nervi perché agisce in modo diverso da me e può anche vanificare un mio percorso. E’ un padre eccezionale, da clonare ma è molto rigoroso e severo. Ha un approccio per il quale per educare deve per forza avere un atteggiamento in attacco. Sia ben chiaro non usa forza fisica. Nella massima escalation è capitato lo schiaffo o la sculacciata. In misura molto minore è capitato anche a me, ma lavorando su me stessa sono riuscita a non arrivare più a quel punto. Non riesco a fargli capire che può esserci una via di mezzo.
    Anche nell’atteggiamento fisico, la posizione delle mani, l’espressione del viso è sempre in attacco. Io li chiamo i “picchiatori” che anche senza mai usare le mani sembra che prima o poi lo facciano.
    Tipicamente quando provo a spiegarglielo mi risponde “ok, allora fai loro fare quello che vogliono”.
    Secondo me la giusta via di mezzo non è qualcosa di impossibile ma è esattamente quella che descrivi in questo post ma io non sono l’unica a educare i miei figli e vorrei un fronte comune.

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    • MammaCattiva un post proprio su questo argomento specifico non lo abbiamo ancora scritto, ma ce l’ho in testa da parecchio, quindi quanto prima cercherò di farlo. Ne avevo scritto uno qualche tempo fa a proposito dei nonni, che lo so che non è proprio la stessa cosa, però puoi dare un’occhiata e vedere se ti ispira https://genitoricrescono.com/come-affrontare-conflitti-nonni/

      Aggiungo al volo perché sono un po’ di fretta: La sua risposta alla tua critica mi fa pensare che si stia mettendo mooolto sulla difensiva, come se ci fossero solo due fronti, il suo e il tuo, e tu stia implicando che il tuo è l’unico giusto. Prova a mettere in discussione il tuo modo di porgli la critica (non lo critichi mai davanti ai bambini vero?). “Non mi è piaciuto come hai reagito oggi con i bambini” è ben diverso da “quando ti sei comportato così oggi con i bambini ho notato che loro hanno reagito blabla, e mi stavo chiedendo se non ci fosse un modo migliore blablabla” Proponi di discuterne insieme e valutate insieme i pro e i contro di entrambi i metodi. L’educazione dei figli è un processo di crescita di entrambi i genitori, e fa bene ad entrambi mettersi in discussione in continuazione.
      Spero di essere stata chiara. Poi magari ne riparliamo.

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